L'Appennino
romagnolo, costituito da rocce sedimentarie di prevalente origine
marina, è parte di
una catena montuosa relativamente “giovane” che si è formata
ed innalzata negli ultimi 15 milioni di anni tra la fine del Terziario
e l'inizio del Quaternario
Formazione
Argille Azzurre
(da 5,3 a 0,8 milioni di anni fa)
Nel
basso Appennino romagnolo l'unità geologica maggiormente
diffusa, dal Forlivese all'Imolese, è la Formazione Argille
Azzurre, un insieme di depositi sedimentari detritici, più o
meno fini, originatisi su un antico fondale marino tra il Pliocene
e il Pleistocene inferiore (tra 5,3 e circa 1 milione di anni fa).
I depositi argillosi, in seguito all'alternarsi sia di periodi
piovosi a periodi secchi sia da condizioni di alte e basse temperature,
si alterano superficialmente risultando estremamente aggredibili
dalle precipitazioni piovose che, dilavando intensamente il terreno,
tendono a mettere a nudo la parte di roccia sottostante, impermeabile.
Si formano così caratteristiche vallecole separate da crinali
estremamente sottili, con versanti e testate ripide e quasi completamente
brulle, i cosiddetti calanchi.
Questi perciò rappresentano
una particolare forma di erosione dovuta all'azione degli agenti
atmosferici, e in particolare delle acque piovane, su terreni a
prevalente composizione argillosa.
Lo “spungone”
La
Formazione plio-pleistocenica delle Argille Azzurre comprende,
oltre a rocce argillose vere e proprie, anche depositi più grossolani
quali conglomerati o arenarie. Tra questi uno dei più noti è certamente
il cosiddetto “spungone” (dal dialettale spugnò o spungò per
il suo aspetto “spugnoso”) un'arenaria calcarea riccamente
fossilifera costituita da un grossolano impasto di gusci
di conchiglie marine tenute assieme da cemento calcareo.
La sua genesi deriva da depositi marini di mare relativamente
basso – come ambienti di canali di marea o “scogliera” – insediatisi
durante il Pliocene Medio (circa 3,3 milioni di anni fa)
su zone rialzate del fondale marino relativamente profondo
che costituiva gran parte della “Romagna di allora”. Attualmente
lo “spungone” costituisce una sorta di piccola catena rocciosa
che si estende fra il torrente Marzeno (Brisighella) e Capocolle
(sulla via Emilia, fra Forlimpopoli e Cesena).
Gli affioramenti
più evidenti si possono osservare
nei punti in cui tale catena viene tagliata dal corso dei
fiumi, ed in special modo nella vallata del Samoggia, del
Montone nei pressi di Castrocaro (la stessa fortezza è costruita
sullo “spungone”), sul Rabbi all'altezza di Fiumana, e sul
Bidente-Ronco nei pressi di Meldola.
Per
la sua facile reperibilità e lavorabilità lo “spungone” è stato
utilizzato per secoli sia come pietra da costruzioni, sia
per produrre macine (peraltro di scarsa qualità),
sia come materia prima per la produzione, previa cottura,
di calce.
Formazione
a Colombacci (da 5.6 a 5.3 milioni di anni fa)
Ai
sedimenti che, depostisi nel Messiniano finale, si interpongono
tra le sottostanti evaporiti messiniane e le soprastanti Argille
Azzurre plioceniche viene affibbiato questo insolito nome per il
colore “grigio tortora” dei calcari di origine chimica che talora
inglobano.
Dal punto di vista paleoambientale tale unità indica
una serie di vari ambienti continentali e di transizione in
cui oscillazioni climatiche e/o tettoniche determinavano l'evoluzione
da condizioni di “lago-mare” salmastro a situazioni marginali di
delta-conoide fluviale (come per es. i conglomerati di Cusercoli)
fino a condizioni di lago e palude alcalina.
Formazione
Gessoso-solfifera (da 6 a 5.6 milioni di anni fa)
Diffusa
lungo tutta la Penisola, tra gli affioramenti più spettacolari
di tale Formazione non possiamo non citare la nota Vena del Gesso
romagnola, caratteristica dorsale gessosa che si estende, con sviluppo
lineare di circa 20 chilometri, tra le province di Ravenna
e Bologna venendo interrotta trasversalmente dalle valli del Lamone
a Brisighella (RA), del Sintria a Zattaglia (Brisighella), del
Senio a Borgo Rivola (Riolo Terme), del Santerno a Borgo Tossignano
(BO) e del Sillaro nei pressi di Gesso (BO).
L'origine di questa
spettacolare catena di scintillante gesso macrocristallino risale
a circa 6 milioni di anni fa (Messiniano), quando il Mediterraneo
rimase isolato dall'oceano Atlantico a causa di un innalzamento
del fondo marino nei pressi dello Stretto di Gibilterra.
Nel Mediterraneo
di allora, trasformato in un gigantesco “lago
salato” scarsamente alimentato dai fiumi e dalle piogge, si innescò un'intensa
evaporazione - favorita da un clima più caldo dell'attuale
- che trasformò il mare in una moltitudine di bacini sovrassalati.
Le soluzioni saline si concentrarono a tal punto che prima i carbonati
(calcare), poi i solfati (gesso = CaSO 4 .2H 2 O) e infine anche
i cloruri cominciarono a depositarsi sui fondali.
Periodicamente
l'ingresso di nuove acque marine poteva interrompere la deposizione
evaporitica, portando alla deposizione dei sedimenti fini (argille
bituminose) che troviamo intercalati ai grossi strati gessosi.
Infatti osservando tale Formazione si possono notare fino a 15
- 16 strati di gesso selenitico (cioè a grossi cristalli)
spessi da uno a oltre 20 metri, intervallati da strati di argille
bituminose; ogni coppia di strati argilla-gesso rappresenta un
ciclo di evaporazione.
All'inizio del Pliocene (5,3 milioni
di anni fa) si riaprì definitivamente
lo stretto di Gibilterra e la cosiddetta “crisi di salinità messiniana” cessò definitivamente:
si formò un ambiente di mare profondo dove riprese la sedimentazione
(per tutto il Pliocene e almeno metà del Pleistocene) di
depositi (Argille Azzurre) molto ricchi di fossili, che ricoprirono
la Formazione Gessoso-solfifera.
Formazione
Marnoso-arenacea (da 15 a 8 milioni di anni fa)
“L'ossatura” dell'Appennino
romagnolo risulta prevalentemente costituita da una monotona sequenza
di migliaia di strati di due soli tipi di roccia, la marna e l'arenaria,
compresi nella Formazione Marnoso-arenacea.
La marna non è altro
che un “antico fango marino” (argilla)
consolidato da percentuali variabili di calcare, mentre l'arenaria
deriva da sabbie indurite da un cemento prevalentemente calcareo.
L'origine
di questa unità geologica deriva dalle innumerevoli “correnti
torbide” di detriti che, per milioni di anni (perlomeno tra 15 e 8 milioni
di anni fa) si depositarono sui piatti fondali marini che si trovavano
al posto dell'attuale catena appenninica: dalla decantazione di tali
particolari “torbide” sottomarine andarono individuandosi strati sabbiosi
(le arenarie) alternati ad altri di tipo argilloso (le marne). Questa
attività sedimentaria, protrattasi per oltre 7 milioni di anni,
ha dato luogo ad un corpo sedimentario di notevole spessore, potente
oltre 3 km!
Una delle caratteristiche più evidenti,
in questa Formazione, è la
relativa compattezza degli strati arenacei in confronto a quelli marnosi,
assai più disgregabili: perciò questi ultimi, maggiormente
intaccati dall'erosione, lasciano sporgere i più compatti strati
arenacei creando un caratteristico profilo scalinato “a dente di sega”.
Marne
di Verghereto
Rappresentano
un particolare aspetto della Formazione Marnoso-arenacea e sono costituite
quasi totalmente da terreni marnosi privi o quasi di intercalazioni arenacee;
per la caratteristica litologia risultano facilmente erodibili da parte
degli agenti atmosferici, che possono modellarle dando luogo a morfologie
di tipo calanchivo che ricordano, in qualche modo, i calanchi sviluppati
nelle più recenti
Argille Azzurre.
Argille
Scagliose (Coltre Ligure)
Sono costituite da una prevalente matrice
argillosa, che sembra formata da tante piccole “scaglie” (tanto che
nel 1840 il geologo Giuseppe Bianconi utilizzò per la prima
volta il termine di “Argille scagliose”),
a cui sono mescolati inclusi rocciosi di varia natura e con età anche
assai differenti.
Danno luogo a “colate”, di aspetto generalmente calanchivo,
che in Romagna ritroviamo sia al margine nord-occidentale (“colata del
Sillaro”) che
in quello sud-orientale (“colata del Marecchia”).
Tali depositi si sedimentarono,
tra 100 e 60 milioni di anni fa, sui fondali di un “oceano preistorico” ligure-piemontese,
in seguito scomparso: la definizione di Coltre Ligure, preferita attualmente,
richiama la loro lontana area di origine, assai distante da quella
di affioramento (depositi alloctoni). La chiusura di questo piccolo
braccio oceanico e l'insorgere dei processi tettonici che avrebbero
giocato un ruolo importante nel costruire la catena appenninica fecero
spostare lentamente le Argille Scagliose, per tutta la durata dell'Era
Terziaria, verso nord est e per moltissimi chilometri (fino a oltre
200!), quasi sempre in ambiente sottomarino.
Raggiunto il margine padano
romagnolo nel corso del Pliocene, si sono conservate maggiormente in
corrispondenza delle due vallate sopracitate che, rispetto al restante
Appennino romagnolo, costituivano porzioni di catena più ribassata.
Ofioliti
Talora
inglobate nelle “Argille Scagliose”, sono rocce generalmente di colore
verde e prendono il nome di ofioliti dal greco ophis (serpente)
e lithos (roccia). Di origine magmatica sottomarina, sono rappresentate
da lave, basalti e gabbri variamente alterati (serpentinizzati):si
sono generate principalmente nell'antico oceano ligure-piemontese durante
il Giurassico, oltre 150 milioni di anni fa, e costituiscono le rocce
più antiche dell'Appennino romagnolo.
Presenti principalmente nell'Appennino
ligure ed emiliano, in quello romagnolo si trovano quasi esclusivamente
nei pressi del passo della Raticosa (BO) e più precisamente sul
versante opposto a Piancaldoli (Sasso della Mantesca) e pochi chilometri
dopo Piancaldoli proseguendo verso il passo, ai margini della strada
(Sasso San Zenobi).
Depositi
epiliguri
Durante
il suo lunghissimo processo di deformazione, accavallamento e traslazione verso nord-est, la Coltre Ligure, in condizioni sottomarine per gran
parte dell'Era Terziaria, accolse sul suo “dorso” una
serie di depositi sedimentari detritici, più o meno fini.
Questi andarono sedimentandosi soprattutto in piccoli “bacini satelliti”,
di forma allungata parallela a quella della catena stessa, che per
la loro posizione stratigrafica relativa vengono definiti epiliguri ,
cioè che stanno “al
di sopra” della Coltre Ligure. In particolare, durante il Miocene inferiore-medio
(circa 18-15 milioni di anni fa) ebbero notevole sviluppo depositi
epiliguri di mare poco profondo rappresentati prevalentemente da arenarie
calcaree, calcari organogeni e marne arenacee (localmente anche molto
fossiliferi) e inclusi nelle Formazioni di San Marino e del M. Fumaiolo.
A tali terreni appartengono gli “scogli calcarei” che caratterizzano
il paesaggio della val Marecchia, dal monte Fumaiolo ai Sassi Simone
e Simoncello, San Leo, San Marino, Scorticata ecc. |