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Casanova dell'Alpe

inserita da Appenninoromagnolo.it
Tipo : frazione
Altezza mt. : 971
Coordinate WGS84: 43 51' 31" N , 11 51' 58" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

La più alta frazione del comune di Bagno di Romagna (971 mt slm) posta sul crinale che divide le vallate del Bidente di Pietrapazza dal ramo del Bidene di Ridracoli.
Frazione documentata fin dal XIV secolo conosce il suo momento di massimo splendore nel corso del secolo XIX.
La popolazione era principalmente occupata nella lavorazione del legno, nello smacchio e nella fabbricazione del carbone di legna.
Nel 1850 si contavano 200 abitanti, e nel 1878 vi fu aperta un'osteria.
Nel 1944 fu teatro di scontri fra i partigiani e le truppe tedesche, in loco furono eseguite anche fucilazioni.
Nel dopoguerra sede di una scuola elementare.
Dagli anni sessanta subisce come tutta la zona circostante un progressivo abbandono che culmina nel 1980, anno in cui i residenti si azzerano.
Il piccolo borgo era formato dalla chiesa di Santa Maria del Carmine a cui è annesso ampio fabbricato e altro edificio posto di fronte. A fianco della chiesa l'edificio scolastico inaugurato nel 1960. Frazione abbandonata nel 1981, i fabbricati più antichi sono stati oggetto di recenti pregevoli ristrutturazioni, e la chiesa riconsacrata.
Così la descrive il Repetti nel 1832:'Giace sul dorso di uno sprone dell’Appennino, che scende dal giogo di Camaldoli fra i due Bidenti di Ridracoli e di Strabatenza.
La parrocchia di Casanuova di Bagno ha 157 abitanti.'

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Testo di Bruno Roba (19/01/2021 - Agg. 28/11/2023) - Il Fosso del Molino raccoglie il reticolo scolante dell’amplissimo bacino idrografico dei Fossi Rogheta e di Romiceto, tuttavia è piuttosto breve anche in relazione all’ampiezza del suo alveo e oggi diviene braccio lacustre in loc. Comignolo, quando ampio e tranquillo serpeggia compiendo una doppia ansa.

Il bacino idrografico del Fosso Rogheta è delimitato a settentrione dal tratto del contrafforte secondario che si prolunga dal poggio di Croce di Romiceto al crinale di Casanova dell’Alpe, avendo interposta la sella con la Maestà di Valdora e dalla dorsale compresa tra i Monti Moricciona, Cerviaia e Palestrina. A meridione è delimitato dalla dorsale che si stacca da Croce di Romiceto, proiettandosi verso il fondovalle del Rogheta.

Il bacino idrografico del Fosso di Romiceto è delimitato a settentrione dall’ulteriore tratto del contrafforte secondario compreso tra il poggio di Croce di Romiceto e Poggio della Bertesca e dalla citata dorsale che si stacca dal nodo montano di Croce di Romiceto, mentre il limite meridionale è determinato dalla dorsale di Poggio Fonte Murata, che nella piega creata con il contrafforte all’altezza del Passo della Bertesca vede l’origine del Fosso di Ponte Camera, affluente del Fosso di Romiceto.

Il bacino idrografico del Fosso del Molino è delimitato del versante meridionale del Monte Palestrina e dalle due diramazioni terminali della dorsale di Poggio Fonte Murata, una che si interrompe bruscamente con Poggio La Guardia, l’altra che si prolunga declinando presso i resti del Molino di Carpanone e la confluenza con il Fosso Rogheta.

Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di Ridràcoli e dei Fossi del Molino, Rogheta e di Romiceto.

Nei versanti vallivi favorevolmente esposti si resero possibili alcuni appoderamenti. Il podere di maggiore rilievo si trovava nella Valle del Rogheta e faceva capo a Casanova dell’Alpe, unico insediamento ancora frequentato; le prime notizie risalgono al XIV secolo grazie ai rapporti della Descriptio provinciae Romandiole, quando corrispondeva «[…] all’antico Castronuovo dei Conti di Valbona il quale nel 1371 conteneva 6 focolari. Ora la parrocchia di Santa Maria del Carmine di Casanova, diocesi di Borgo San Sepolcro, conta 157 abitanti.» (E. Rosetti, 1894, p. 170, cit.). Anche le prime notizie relative a Valdiorta derivano dalla stessa fonte: «1371 - Selvatico e Carlo, fratelli e figli del fu Leuzzino vendono il 30 gennaio in Strabatenzoli una pezza di terra nella stessa corte in un luogo detto Valdiorta (c’è ora Valdora in parrocchia di Casanova) per lire 6 […]. Il contratto fu stipulato nella rocca di Valbona.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, pp. 297-298). Altre antiche citazioni relative alla stessa valle risalgono agli anni 1545-47, sono riprese dai documenti dell'Opera del Duomo e riguardano Valdora Pratalino«[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Una presa di terra cerretata detta le Mandriacce e Romiceto confina con i beni censuati di Valbona dell’Opera e scende giù fino alla testa del raggio di Valdora e sono some 19 e 1 staio - Una presa di terra in Valdora in luogo detto alla Pozzaccia […] 1547 […] – Una presa di terra lavorativa e roncata con casa posta al Pratalino di some 15 […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 150, cit.). Pratalino, sebbene situato sul crinale della sella tra i Monti Cerviaia e Palestrina, al termine della S. Vic.le del Pratolino e lungo la Strada che dal Pontino va alla Casanova, nel Catasto toscano è però mappato nella sezione di Ridràcoli e ricade sul limite del bacino idrografico del fosso Il Fossone, oggi immissario lacustre. Successivamente sono documentati il Podere la Casa Nuova e il Podere del Castelluccio, appartenenti all’Opera, che dal 1605 al 1637 sono concessi in affitto, così come da un accurato elenco relativo al 1637: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenere allivellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] 40) Felcetino e Fossette terre tenute da redi di Antonio di Santino detto il Cordovano. L’anno 1636 il Felcetino fu distinto e separato dalle Fossette perché quello fu unito al Podere del Castelluccio e queste furono unite al podere della Palestrina […] 42) Castelluccio, podere tenuto da redi Riccardo Lollini. 43) Cerreta, terra tenuta da redi di Lionardo Cascesi unita al Podere della Casanova […] 48) Casanova, podere tenuto da Lionardo Cascesi 49) Casanuova, terre tenute da Lionardo Cascesi unite al podere Casanuova [...]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 411, cit.). Il Casone, La Casina e Cà di Rombolo o Romolo, appartenenti a privati e tutti diruti o scomparsi, sono documentati per la prima volta nel 1765/66 grazie ai registri delle imposizioni fiscali del Capitanato di Bagno e, nel 1818, nella descrizione dei confini territoriali contenuta negli atti del Contratto livellario tra l’Opera del Duomo di Firenze e il Monastero di Camaldoli.

Gli unici insediamenti storici delle valli del Fosso di Romiceto e del suo affluente Fosso di Ponte Camera o delle Grigiole sono il Podere Romiceto (nel 1636 si dà conto per la prima volta dell’esistenza di una casa, tutt’ora utilizzata) e due fabbricati detti Capanna La Capannella (scomparsi, erano posti lungo l’antica via che conduceva a Valdora) e il Molino di Carpanone. Il sempre più fatiscente fabbricato de Le Grigiole, che pare sia sorto per servizio degli operai dell’Opera del Duomo di Firenze prima e dell’A.S.F.D. poi, appare però per la prima volta nella cartografia I.G.M. del 1937. La cartografia moderna e il PSC comunale ancora documentano, nei pressi, una Maestà (delle Grigiole), in effetti scomparsa. Fabbricati appartenenti alla Valle del Trogo ma evidentemente afferenti alla stessa area erano il Paretaio, tutt'ora utilizzato, e Il Poderino, di cui oggi non rimane traccia.

Il Casone è l’unico insediamento posto al margine del bacino idrografico direttamente scolante nel Fosso del Molino.

La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), da integrare per le Valli del Molinodi Romiceto e Rogheta con la Pianta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 – scala 1:20.000), consente di conoscere il tracciato della viabilità antica che raggiungeva Ridràcoli. Attraversato il Bidente di Corniolo presso Isola, con il Ponte dell'Isola, sul luogo del ponte odierno, essa si manteneva in sx idrografica risalendo subito a mezzacosta fino a raggiungere Biserno, per quindi ridiscendere nel fondovalle del borgo, dove si concludeva con un lungo rettilineo al cui termine si trovava Il Ponte di Ridràcoli. Vari itinerari trasversali collegavano Ridràcoli con la viabilità di crinale e le vallate adiacenti.

Il crinale che dal Passo della Crocina si svolge fino alla Rondinaia (in parte anticamente detto Strada che dal Sacroeremo va a Romiceto) incrociava presso Casanova dell'Alpe i vari itinerari di collegamento alle vallate laterali nelle varie epoche frequentati dagli operatori del settore del legname, lavoratori e commercianti. Un tratto dell'antica via ancora si ritrova presso la Maestà di Valdora in corrispondenza della sella formata con il Poggio alla Croce, rilievo così noto nel XIX secolo, come da cartografia dell’epoca e dal Contratto livellario del 1840 stipulato tra l’Opera del Duomo di Firenze e il Monastero di Camaldoli,: «N° 11 - Podere di Valdoria […]. Terreni. Un vasto tenimento di terre […] conosciuto per i seguenti vocaboli: […] il Poggio alla Croce […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 522-523, cit.). La Maestà di Valdora è stata «[…] rimpilata di recente.» (S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, 1987, p. 97, cit.), mentre della  Croce di Romiceto è scomparso ogni elemento storico, compreso il basamento in pietra che solitamente reggeva una struttura lignea, sostituito da una piccola ma pessima struttura metallica, con proliferazione di targhette commemorative di aspetti non pertinenti al sito (CROCE DI ROMICETO IN MEMORIA DI PAPA GOVANNI PAOLO 2° IL GRANDE - SCOUT RAVENNA 2005 e SAN GIOVANNI PAOLO II 2014).

Oltrepassata Casanova dell’Alpe, dove sul limite del sagrato, di fronte alla chiesa, si trovava una croce in ferro battuto (documentata dalla Carta d’Italia I.G.M. del 1937), l’antico tracciato viario aggirava in alto la gola di origine del Fosso Rogheta (occorre immaginarsi la continuità del versante del Monte Moricciona prima del taglio della sterrata) e, come Strada che dal Pontino va alla Casanova, raggiungeva il crinale del Monte Cerviaia all’altezza della Maestà della Chiesaccia (presente nella mappa I.G.M. del 1894, dove un parziale restauro ha eliminato le tracce dell’incisione precedente M.M. 1919 (cfr. S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, 1987, cit.). Il restauro ha visto l’inserimento di una facciatina di mattoni rifiniti in modo da simulare un bugnato liscio che, benché ben riconoscibile e differenziato dal pilastrino (di fattura precedente), non pare conservare alcuna memoria dello stato originario della nicchia; inoltre è stata posta un’icona con targhetta MADONNA GRECA VENERATA A RAVENNA, datata agosto 2004, cosi dimenticando l'antico toponimo. Presso la grande Croce di Pratalino (in legno con grande basamento lapideo monoblocco, forato al centro per la sede crucifera, che è stato posizionato accanto in occasione dell'ottimo restauro filologico curato, come da targa, dall’Associazione Nazionale Alpini, GRUPPO ALTO BIDENTE “Capitano DINO BERTINI”), si imboccava la discesa verso Ridràcoli mentre la via di crinale raggiungeva Pratalino passando per luoghi detti la Chiesaccia o vestigie della Chiesa Vecchia (S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, 1987, pp. 100-106 cit.). Altre mulattiere permettevano i collegamenti con il fondovalle ed i vari insediamenti. A seguito dell’infrastrutturazione viaria del XX secolo venne realizzata una carrareccia che dal Podere Romiceto raggiungeva Valdora (come ad agevolare il suo contemporaneo abbandono), riutilizzando parte dell’antica Strada che va alla Casanova, e da qui discendeva nel fondovalle seguendo in dx idrografica il Fosso dei Bruciaticci fino al guado del Fosso Rogheta presso Il Castelluccio, quindi risaliva nell’area degli insediamenti probabilmente fino a Il Casone, forse nell’ambito dei programmi regionali dell’A.R.F. (Anni ’70) di contrasto all’abbandono del patrimonio edilizio nel Demanio forestale.

Nel contesto storico-geografico delle alte valli bidentine quella di Ridràcoli è quella che meno ha subito il fenomeno dell’abbandono grazie alle caratteristiche ambientali e climatiche più favorevoli della sua parte meno elevata. Il borgo principale, posto nel baricentro sia geografico sia del sistema insediativo, è quello più noto e frequentato e la frazione di Biserno è quella più abitata, ma le parti delle vallecole laterali più profonde e difficilmente raggiungibili sono trascurate e molti fabbricati oggi sono in stato di abbandono o ridotti a rudere o scomparsi, con vari casi di ristrutturazione interrotta, ma non fanno eccezione neanche le valli meglio infrastrutturate che, se hanno evitato il completo abbandono dei poderi, hanno scarsamente contribuito al riutilizzo dei rispettivi insediamenti, in prevalenza abbandonati o, al più, riutilizzati a fini turistici.

Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Catasto toscano, Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati della Valle del Fosso Rogheta si possono schematizzare come di seguito elencato:

- La Casanova nel Catasto toscano, o Casanova nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 ), o Casanuova dell'Alpe nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o Casanova dell'Alpe in quella moderna, o Casanova dell'Alpe nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Valdoria nel Catasto toscano, o Valdora nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o simbolo dei ruderi anonimo in quella moderna (ma l'area adiacente è detta VALDORA), o Valdora nel N.C.T., o assente nella C.T.R.;

Il Castelluccio nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o il Castelluccio in quella moderna, con simbolo dei ruderi, e nel N.C.T., o Il Castelluccio nella C.T.R.;

Cà di Rombolo nel Catasto toscano e nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 ), o assente Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937) e in quella moderna, o anonimo nel N.C.T., o assente nella C.T.R.;

La Casina nel Catasto toscano e nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 ), o assente Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937) e in quella moderna, o anonimo nel N.C.T., o assente nella C.T.R.

Casanova dell’Alpe, come sopracitato, era un insediamento risalente al XIV secolo, dotato del podere di maggiore rilievo della valle del Fosso Rogheta censita dalla Descriptio provinciae Romandiole: «Di seguito al castrum di Valbona vengono poi elencate tre piccole ville con una somma di focularia assolutamente trascurabile […]» (L. Mascanzoni, La Romagna toscana nell’ottica pontificia, in: N. Graziani, a cura di, 2001, p. 761, cit.). Nel testo Mascanzoni tra le tre ville cita Strabatenzoli mentre nella mappa allegata (p. 766-767) nell’area compaiono le altre due, Spogne e CastrinoviRosetti conferma che corrispondeva «[…] all’antico Castronuovo dei Conti di Valbona il quale nel 1371 conteneva 6 focolari. Ora la parrocchia di Santa Maria del Carmine di Casanova, diocesi di Borgo San Sepolcro, conta 157 abitanti.» (E. Rosetti, 1894, p. 170, cit.). Il toponimo rivela la sua origine nell’ambito delle pratiche riorganizzative del territorio basate sull’appoderamento spinto sempre più in quota: «Se le zone più vicine al crinale avevano un’importanza fondamentale nella vita delle comunità, […] si deve tuttavia precisare che gli abitati non si spingevano mai oltre una certa altezza. Nel 1371, […] c’erano: […] le “ville” di Strabatenza e Castelnuovo, attuale Casanova dell’Alpe, che dipendevano rispettivamente da Salvatico e Carlo di Valbona e da Francesco di Dovadola. Tuttavia l’aspetto francamente montano di molte di queste località non era determinato dalla loro altezza sul livello del mare, ma piuttosto dall’angustia e dall’opacità delle valli, dall’estensione dei prati e dei boschi, dall’incombere della montagna subito a ridosso degli abitati, dalle caratteristiche del clima.» (G. Cherubini, L’area del Parco tra Medioevo e prima età moderna, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p. 18, cit.). Successive documentazioni dell’Archivio dell’Opera del Duomo riguardano la concessione in affitto del Podere della Casanuova, o Casa Nuova, e del Podere del Castelluccio da parte dell’Opera, come da un accurato elenco relativo al 1637: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenere allivellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] 40) Felcetino e Fossette terre tenute da redi di Antonio di Santino detto il Cordovano. L’anno 1636 il Felcetino fu distinto e separato dalle Fossette perché quello fu unito al Podere del Castelluccio e queste furono unite al podere della Palestrina […] 42) Castelluccio, podere tenuto da redi Riccardo Lollini. 43) Cerreta, terra tenuta da redi di Lionardo Cascesi unita al Podere della Casanova […] 48) Casanova, podere tenuto da Lionardo Cascesi 49) Casanuova, terre tenute da Lionardo Cascesi unite al podere Casanuova [...]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 410-411, cit.). Seguono documentazioni del 1677: «[…] siccome li poderi di Romagna appresso notati cioè […] Casa Nuova tiene a livello Pier Soldini […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 329, cit.), del 1737: «[…] avendo Francesco di Pasquino Giovannetti […] fatto domandare in affitto […] il podere della Casa Nuova e Chiesaccia […] posto in Romagnia comune di Ridracoli […], il che essendogli stato concesso […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 428, cit.), del 1751: «[…] 17) Podere della CASA NUOVA tenuto in affitto da Gio Batta di Antonio. Questo podere […] va di anno in anno peggiorando a motivo di non mantenere aperte le fosse per reggere l’acqua ai suoi luoghi talmente che scorrendo questa a suo piacimento cagiona notabile danno alle terre […]. Il suddetto podere della Casa Nuova continuando in questo stato si scredita talmente che non si troverà da affittarlo ma dandolo a qualche signor Cappellano […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 437, cit.). Una documentazione non datata, comunque di fine ‘700, per la prima volta contiene una descrizione delle case rurali, tra cui la «[…] Casa del podere della Casa Nuova: Piano a terreno – Vien formato da una stalla per le vacche la quale ha l’accesso per mezzo di una loggetta a cui è contigua una piccola stanza. Piano a palco – Si entra in una loggetta di faccia alla quale vi è il forno e si passa in una stanza con il camino. Questa è in soffitta alla quale si ascende per mezzo di una scala a pioli ed è suddivisa con diversi tramezzi di tavole per comodo di letti.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 447, cit.). Nel 1765/1766 il podere è dato in affitto a Alessandro Brilli e lavorante Gio. Domenico Marianini, ma anch’essi ne fanno un cattivo uso solo a pascolo e senza coltivazioni, tanto che nel 1789, quando vennero affittati al parroco della chiesa di Casanova, da una relazione sui canoni da stabilirsi, risulta che i: «I soli poderi della Casa Nuova, […] potrebbero allinearsi e vendersi […] ma sono ridotti in tal cattivo stato dai passati affittuari […] e le case e stalle e capanne si trovano in stato rovinoso perché non si hanno fatti gli annuali risarcimenti dal 1730 […] sarei di preferire nell’affitto presente dei poderi Casanuova […] […] il parroco della Chiesa della Casanuova di padronato dell’Opera per essere il primo contiguo a detta chiesa […] il parroco suddetto può ricevere in quella parte abbandonata d’altre case, dal contadino della Casanuova una qualche assistenza ai suoi bisogni e può profittare per il suo servizio della stalla e forno dei quali stabili manca la canonica di detta chiesa […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441, 442, cit.). Nel 1818 venne stipulato un Contratto livellario tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli e in esso si trova un’ulteriore descrizione dei fabbricati: «Tutta questa tenuta  […] è composta dai seguenti terreni cioè […] 13° Un podere denominato della Casa Nuova […] con casa da lavoratore composta di numero tre stanze da cielo a terra, forno e fornella, loggia d’ingresso, aia; altra fabbrica di numero sei stanze, stalla e capanna e numero quattro stanze per uso delle guardie; tutto questo fabbricato è in cattivo stato […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 466, 470, cit.). Sciolto d’imperio il contratto del 1818 per inadempienze nell’applicazione di un rigoroso regime forestale ai possedimenti dell’Opera, nel 1840 il Granduca fece stipulare un nuovo contratto con il Monastero di Camaldoli, così si trovano ulteriori precisazioni: «Avendo S.A.I e Reale riconosciuto l’importanza del pubblico interessa di assoggettare la foresta dell’Opera di S. Maria del Fiore ad un rigoroso regime forestale, che ne garantisca in seguito la perpetua regolare conservazione, ed avendo considerato che ciò non era altrimenti compatibile coll’osservanza e continuazione del contratto di livello stipulato fra la detta Opera e i RR. Monaci di Camaldoli, […] comandò che il contratto medesimo si dovesse, a tutti gli effetti, considerare sciolto in tronco […] i suddivisati poderi […] si compongono come appresso: […] N° 12 – Podere detto la Casa Nuova, posto nella comunità di Bagno e nel popolo di Santa Maria del Carmine alla Casa Nuova. Terreni. Questo podere si compone parimenti di un solo tenimento di terra tutto costituito in poggio intersecato dal Fosso del Diavolo e da altri borratelli e stradelle conosciuto per i vocaboli: Pian di Varotto, la Borgonata, la Casa Nuova, i Fondi, le Busche del Ghiro, la Chiesaccia, i Campi sotto Casa, la Macchia, i Pratacci e le Bruciate dei Pianelli […]. E vi confina a 1° nella parte superiore sul crine del poggio Via maestra di Santa Sofia, 2° strada che dalla Casina sale alla Casa Nuova, 3° terre addette al podere di Valdora […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 505, 524, 525, cit.). Dalla descrizione dei confini si rileva come il podere ricadesse per intero nella valle del Fosso Rogheta.

Riguardo la chiesa le prime documentazioni risalgono al 1685-95 quando, nel luogo di quella odierna, viene eretto l’Oratorio di S. Antonio da Padova che, in occasione della visita apostolica del 1720 risulta disporre di un dipinto, forse proveniente da Firenze, rappresentante la Madonna del Monte Carmelo, S. Antonio da Padova e S. Teresa (E. Agnoletti, cit.). A tale data risulta che nei pressi era stata costruita una casetta per il prete che giungeva saltuariamente. Previo adeguamento strutturale, nel 1784 diviene la Chiesa di S. Maria del Carmine che, in occasione della visita pastorale del 1786 risulta disporre di una campana del 1221 di provenienza non nota. Nel 1818 la canonica, nel frattempo ampliata, giunge a contare nove stanze, la descrizione si trova nel già citato Contratto livellario di tale anno: «Chiesa e Canonica della casa Nuova, Prioria. Questa Chiesa di proprietà dell’Opera di S. Maria del Fiore alla quale spetta il mantenimento viene compresa nel livello. Oltre la chiesa, composta di una sola navata, vi è la canonica formata di numero nove stanze da cielo a terra con un sottoscala. Tanto alla chiesa che alla canonica vi occorrono dei risarcimenti e segnalatamente di intonacare tutte le mura esterne […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 470, cit.). Con il già citato contratto del 1840 la parte edificata del podere venne esclusa definitivamente da ogni cessione in affitto: «N° 12 - Podere detto la Casa Nuova […]. Terreni. Si dichiara che la casa colonica di corredo al detto Podere della Casa Nuova e gli altri due fabbricati uno ad essa contiguo e l’altro separato e quasi a contatto della canonica della Chiesa di Santa Maria del Carmine alla Casa Nuova, restano unitamente ai loro resedi e allo spazio compresi fra questi fabbricati e la canonica e fabbrica della Chiesa predetta, esclusi dal presente livello e rimangono riuniti alla tenuta forestale dell’Opera di Santa Maria del Fiore […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 524-525, cit.). Nel 1842 la chiesa viene nuovamente ampliata ma la tessitura muraria non evidenzia interruzioni della ricucitura; in tale data risulta disporre di una campana che recava incisa data (1413) e nome del fusore: A.D. MCCCCXIII DOMINUS GUASPAR DE GALEATA ME FECIT. Nel 1883 avvenne un ulteriore ampliamento. Un inserto marmoreo in facciata specifica: 1899 OPA 1695. Evidentemente installato nella data più recente sebbene realizzato in stile sei-settecentesco, ricorda la data di edificazione del sopracitato primo oratorio. Dalla dettagliata descrizione della visita apostolica del 1901 si apprende che all’interno misurava m 13,00x4,60x3,85 di altezza, che dal retro dell’altare si accedeva ad una sacrestia con due piccole finestre, quindi alla canonica, dotata di due ingressi, uno di accesso a rimessa, stalla e cantina, l’altro alle scale per il P.1° con andito, cucina, dispensa, sala, stanza per la servitù e stanza del prete. I terremoti del 1818-19 danneggiarono tutti i fabbricati; la chiesa venne restaurata solo nel 1932 mentre la canonica era in cattivo stato ed un piccolo fabbricato stava per rovinare. Il campanile sarebbe stato costruito nel 1915, come da epigrafe in marmo: COSTRUITO DAI FRATELLI PAOLO E FRANCESCO MILANESI 1915, ma l’apposizione dovrebbe essere successiva così come la datazione pare incongrua (peraltro la pietra di colmo reca la datazione 2001). «La chiesa, […] fu sempre una Parrocchia poverissima e malagevole che metteva a dura prova la fede e i nervi dei preti della Diocesi di Sansepolcro: spediti tra questi monti, condividevano totalmente la solitudine, le fatiche e i disagi del loro popolo […]. Qui […] esperienza e saggezza consigliava loro di dividere il tempo tra l’uffizio e l’orto, tra la cura delle anime e la doppietta o il tresette.» (G. Marcuccini, Le valli alte del Bidente: un cammino nella memoria, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p. 121, cit.).

Nella «[…] raccolta manoscritta relativa alla Romagna granducale e al Casentino prodotta dia “pittori paesaggisti” Antonio Fedi e Francesco Mazzuoli – sotto la direzione del matematico Pietro Ferroni – nel 1788-89, durante i lavori di progettazione della Strada di Romagna da Firenze ai porti dell’Adriatico per l’Appennino tosco romagnolo. La Raccolta delle principali vedute degli Appennini del Mugello, Casentino e Romagna osservati dai punti più favorevoli sì dalla parte del Mare Mediterraneo, sì dall’opposta dell’Adriatico […] tipica del vedutismo pittorico di matrice rinascimentale – come dimostrano le numerose, suggestive scene di vita e le gustose figurine antropomorfe […]» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p. 39, cit.) e, in particolare, nella Veduta dell’Appennino e Monti secondari dell’Opera e Camaldoli dalla parte della Casa-Nuova in Romagna, del Mazzuoli, compresa in tale raccolta (1788, BNCF, G.F. 164 - Cfr. G.L. Corradi, a cura di, 1992, pp. 50-51, cit. e N. Graziani, 2001; p. 875, cit.), tra i siti individuati, oltre al Fosso di Romiceto chiamato Carpanone, che sbocca dipoi nella Lama, tra i rarissimi insediamenti antropici è rappresentata la Canonica e Chiesa Parrocchiale della Chiesa-Nuova dell’Opera di S. Maria del Fiore, sotto il titolo della SS. Vergine del Carmine.

Dal confronto tra i documenti del 1789, del 1818 e del 1840 (dove vengono descritte prima “le case e stalle e capanne” e un “forno” poi, più precisamente, una casa colonica e altri due fabbricati, uno contiguo alla casa e l’altro separato e contiguo alla canonica della chiesa, infine il numero delle stanze e il loro uso, da dividersi tra i due fabbricati sotto strada), il Catasto Toscano del 1826, le diverse fotografie degli scorsi anni ‘40 e la situazione odierna, si possono individuare le consistenti modifiche: la casa colonica principale del podere pare forse ampliata e il fabbricato “ad essa contiguo”, pare ricostruito e traslato in parziale aderenza come annesso-fienile; l’altro fabbricato “separato e quasi a contatto della canonica della Chiesa” non è riconoscibile nell’odierno annesso posto lungo strada a lato della canonica e probabilmente solo planimetricamente corrisponde al fabbricato a torretta su due livelli, sporgente ad ingombrare la via, che si nota in alcune foto d’epoca (nel 1932 pericolante, evidentemente è stato ridimensionato). Nel catasto antico ovviamente non compare l’ampliamento della chiesa (risalente al 1842), avvenuto sia anteriormente, spostando la facciata in avanti (ben evidenziato dalle mappe), sia sul retro realizzando l’aderenza con la canonica (che sempre da una foto del 1940 pare evidenziata dall’esistenza di una leggera differenza di quota della gronda del tetto). A Casanuova aprirono due osterie che si rifornivano di vino da Badia Prataglia, lo Spaccio di Vino di Paolo Milanesi aprì nel 1878 nella Casa di Guardia (localizzata nell’edificio sotto strada ancora esistente), sostituito nel 1891 dal Ristorante Alpi di Dina o Giustina Tacconi, conseguentemente l’osteria si trasferì alle Fiurle; nel 1915 aprì l’Osteria di Simone Rossi. Dal 1940, cessata la guardiania, nell’edificio vi abitarono alcune famiglie fino all’abbandono nel 1970 (altre notizie in: C. Bignami, 1994, cit.) ma, entro 20-25 anni l’edificio verrà attentamente ristrutturato per uso residenziale saltuario. Nel 1956 fu costruita la nuova scuola rurale, prima operante nella canonica «[…] la buia stanzetta che accoglieva – si fa per dire – la scuola elementare di Casanova dell’Alpe. […] nel 1957, […]» (M. Bartolini, Ricordi di un maestro, in A. Bignami, 1994, p. 61, cit.) e, tra il '59 e il '69, arrivò anche la strada sterrata, inizialmente con la deviazione dalla S.F. del Cancellino poi con la S.F. Grigiole-Poggio alla Lastra, quando il borghetto ormai era disabitato, con la scuola in chiusura (1968). Il cimitero (non è nota la datazione, ma ovviamente è conseguente alla riforma napoleonica del 1804), è stato restaurato e conserva alcune pregevoli lapidi storiche.

Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.

N.B.: - Informazioni preziose riguardo luoghi e fabbricati si hanno grazie alla Descriptio provinciae Romandiole, rapporto geografico-statistico-censuario redatto dal legato pontificio cardinale Anglic de Grimoard (fratello di Urbano V) per l’area della Romandiola durante il periodo della Cattività avignonese (trasferimento del papato da Roma ad Avignone, 1305-1377). Se la descrizione dei luoghi ivi contenuta è approssimativa dal punto di vista geografico, è invece minuziosa riguardo i tributi cui era soggetta la popolazione. In tale documento si trova, tra l’altro, la classificazione degli insediamenti in ordine di importanza, tra cui i castra e le villae, distinti soprattutto in base alla presenza o meno di opere difensive, che vengono presi in considerazione solo se presenti i focularia, ovvero soggetti con capacità contributiva (di solito nuclei familiari non definiti per numero di componenti; ad aliquota fissa, il tributo della fumantaria era indipendente dal reddito e dai possedimenti). In particolare, nelle vallate del Montone, del Rabbi e del Bidente furono costituiti i Vicariati rurali delle Fiumane.

- Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo la presa in possesso l’Opera aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.

- Negli scorsi anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Il Castelluccio, Il Casone, Podere Romiceto, Pratalino e Valdora, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo tranne il totale riutilizzo di Podere Romiceto. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.

- Nel passato anche recente l’ambiente montano veniva visto soprattutto nelle sue asperità e difficoltà ed avvertito come ostile non solo riguardo gli aspetti climatici o l’instabilità dei suoli ma anche per le potenze maligne che si riteneva si nascondessero nei luoghi più reconditi. Dovendoci vivere si operava per la santificazione del territorio con atteggiamenti devozionali nell’utilizzo delle immagini sacre che oltre che espressioni di fiducia esprimevano anche un bisogno di protezione con una componente esorcizzante. Così lungo i percorsi sorgevano manufatti (variamente classificabili a seconda della tipologia costruttiva come pilastriniedicolecrocitabernacolicapitellicellettemaestà) la cui realizzazione, oltre che costituire punti di riferimento scandendo i tempi di percorrenza (p.es., recitando un numero prestabilito di “rosari”), rispondeva non solo all’esigenza di ricordare al passante la presenza protettiva e costante della divinità ma svolgeva anche una funzione apotropaica. Spesso recanti epigrafi con preghiere, sollecitazioni o riferimenti ad avvenimenti accaduti, oggi hanno un valore legato al loro significato documentario. Se la costruzione di manufatti di significato religioso a fianco dei sentieri affonda le radici nell’antichità, il culto sacrale della montagna e delle sue acque è stato sempre presente in tutte le società pastorali. A partire dalla fine del XIII secolo grandi croci furono erette su vari valichi alpini, ma molte tradizioni rituali giunte fino a noi si possono ritenere derivate dai culti longobardi (ben insediati anche in diverse aree appenniniche tosco-romagnole e già dai secoli VII e VIII ormai aderenti al cattolicesimo), tra cui i festeggiamenti sulle sommità delle alture e degli stessi luoghi degli antichi riti pagani, con probabile apposizione di croci, senza dimenticare gli allineamenti delle enigmatiche statue-stele conficcate nel terreno, risalenti all’Età del Rame (Eneolitico), rappresentanti immagini di entità protettrici o personaggi reali, poste con vario significato lungo grandi valli di collegamento ed in zone montane in corrispondenza di importanti vie di comunicazione preistoriche tra varie zone asiatiche, europee, l’arco alpino e, in particolare, le tipiche delle aree cerimoniali della Lunigiana, come l’allineamento che si immagina esistesse quasi 5000 anni fa, sulla sella del Monte Galletto e che non inaspettatamente ha recentemente restituito (marzo 2021) un reperto significativo (le statue-stele della Lunigiana spesso rappresentavano donne scolpite con il fine di “consolare” e “sedurre” i morti affinché non tornassero nel mondo dei vivi: la sessualità e la caccia erano infatti i due temi preponderanti dell’arte preistorica). Numerose croci di vetta furono posizionate in seguito su molte montagne delle regioni cattoliche tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XX, in particolare in concomitanza degli Anni Santi del 1900 e del 1950. A volte la presenza di una croce su un rilievo ne ha determinato il toponimo. La proliferazione di croci di vetta continua ancora oggi.

- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.

RIFERIMENTI    

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

E. Agnoletti, Viaggio per le valli bidentine, Tipografia Poggiali, Rufina 1996;

C. Bignami (a cura di), Il popolo di Casanova dell’Alpe, Nuova Grafica, Santa Sofia 1994;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, I sentieri dei passi perduti. Territorio e mulattiere tra alta Val Savio e alta Val Bidente nel Comune di Bagno di Romagna. Storia e Guida, Coop. Culturale “Re Medello”, C.M. dell’Appennino Cesenate, S. Piero in Bagno 1987;

M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;

A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;

E. Rosetti, La Romagna. Geografia e Storia, Hoepli, Milano 1894;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Piano Strutturale del Comune di Bagno di Romagna, Insediamenti ed edifici del territorio rurale, 2004, scheda n. 229;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze

Parco nazionale delle foreste casentinesi. Carta dei sentieri 1:25.000, N.20, Monti editore, 2019;

Regione Toscana – Progetto CASTORE – CAtasti STOrici REgionali;

Pianta Geometrica della Regia Foresta Casentinesehttp://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11479;

URL http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;

URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Dalla Provinciale del Carnaio, strada per poggio alla Lastra, a ponte del Faggio girare a destra, superare  Strabatenza proseguendo in salita fino a raggiungere un bivio (prendere a sinistra) proseguire poi sempre diritto fino al passo del Vinco.
Oppure dall'abitato di Ridracoli per sterrata che in 6,3 Km in salita raggiunge il passo del Vinco (mt 926) - al passo prendere a destra e proseguire per circa 2 Km su crinale.

foto/descrizione :
450

foto del 2006


foto del 2020

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Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

00a1/00a8 – Dal Monte Piano, sul contrafforte principale che si stacca da Cima del Termine, panoramica del pressoché intero contrafforte secondario da Poggio allo Spillo fino a Monte Pezzoli, con vedute ravvicinate del sito di Casanova dell’Alpe con il fondale dello Spartiacque Appenninico (1/10/12).

00a9 – 00a10 – 00a11 – Dal Monte Castelluccio, risalendo il contrafforte principale, panoramica del tratto del contrafforte secondario da Poggio della Bertesca e Monte La Rocca, con vedute su Casanova dell’Alpe (27/11/11 – 1/10/12).

00a12/00a15 – Dal Poggiaccio, risalendo ulteriormente il contrafforte principale, panoramica del tratto del contrafforte secondario da Poggio della Bertesca e Monte Marino, con vedute su Casanova dell’Alpe (si nota la scuola) (3/10/11).

00b1/00b5 - Dal Monte Penna, panoramica sulla valle del Bidente di Ridràcoli con vedute ravvicinate sulla valle del Fosso Rogheta, con un tratto del contrafforte secondario con il sito di Casanova dell’Alpe, oltre il quale l’effetto prospettico fa emergere il complesso dei Monti Marino e La Rocca apparentemente morfologicamente autonomi (7/02/11 - 26/01/12).

00c1 – 00c2 – 00c3 – Da Poggio allo Spillo, sul crinale dello Spartiacque (con asse visuale spostato di 1,3 km rispetto al M. Penna), panoramica del tratto del contrafforte secondario che si snoda tra Croce di Romiceto e i Monti Moricciona, La Rocca, Marino e Pezzoli, con veduta ravvicinata di Casanova dell’Alpe (10/05/21).

00d1/00d4 – Da S. Paolo in Alpe, vedute del versante occidentale del contrafforte secondario parzialmente occultato dal crinale (evidenziato) che collega i Monti Cerviaia e Palestrina; dietro la vetta del Cerviaia si trova Casanova dell’Alpe (24/10/18).

00d5 – Da Ronco dei Preti, panoramica dell’intero tratto terminale del contrafforte secondario che va a digradare con il Monte Carnovaletto e il Poggio della Rondinaia (in lontananza si vede S. Sofia) (24/10/18).

00d6 – 00d7 – Dalla collinetta de Il Poggiolo, scorcio verso Casanova dell’Alpe (si vede la ex-scuola) (27/07/20).

00e1/00e4 - Dalla pista che raggiunge Pratalino ed oltre verso il M. Palestrina (sentiero 235 CAI), panoramiche sulla valle del Fosso Rogheta e un breve tratto di contrafforte secondario tra il Monte Moriccione e il sito di Casanova dell’Alpe (19/07/16 – 16/10/16 – 4/07/17).

00e5 - 00e6 – Dai pressi di Casanova dell’Alpe, vedute verso la testata valliva del Rogheta tra Casanova e il Monte Moricciona (7/08/20).

00e7 – 00e8 – Dai pressi di Pratalino, vedute del sito di Casanova dell’Alpe (19/07/16).

00e9 – Elaborazione pittorica tipo olio da foto d’epoca (Anni ’80) dove si nota lo stato del sito di Casanova al termine di una lunga epoca di disboscamenti.

00f1 – 00f2 - Schema cartografico del bacino idrografico del Fosso del Molino evidenziante le aree sommerse dal bacino lacustre, con particolare del bacino del Fosso Rogheta

00f3 - 00f4 - 00f5 - Schema da mappa dei primi decenni dell’Ottocento evidenziante il sistema insediativo-infrastrutturale ed idrografico, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con i principali rilievi (identificati da utilizzo di grassetto nero), da cui si rileva la viabilità convergente su Casanova dell’Alpe e confronti schematici tra catasto antico e moderno da cui si rilevano le modifiche planimetriche e alla viabilità intercorse nel secolo frapposto e tra cartografia antica e moderna da cui si rileva la presenza di croci e maestà.

00g1/00g9 – Casanova dell’Alpe, vedute del nucleo religioso con la canonica e particolari vari; si intravede la scuola moderna (27/06/12 - 27/09/16).

 

00g10 – 00g11 – Particolari del cantonale della chiesa dove ancora si legge la distanza da Bagno di Romagna tramite la mulattiera Ridràcoli-Bagno (km 12,358): Maestà di Valdora-Siepe dell’Orso, Pietrapazza, Rio d’Olmo, Passo di Monte Càrpano (27/09/16).

00g12 – Elaborazione pittorica tipo olio da foto d'epoca dell'interno della chiesa .

00g13 – 00g14 – Confronto tra elaborazione pittorica tipo olio da foto d’epoca e foto odierna del sagrato della chiesa, dove si rileva la presenza della croce su base lapidea, già comparente nella cartografia antica, nel posizionamento degli anni ’60 e la collocazione odierna.

00h1 – Planimetria schematica di confronto tra catasto antico e situazione odierna.

00h2 – 00h3 – La parete esterna della chiesa e la gronda del tetto, ben restaurate, non evidenziano particolari utili ad identificare gli ampliamenti (5/10/16).

00h4 – Elaborazione pittorica tipo olio di particolare di foto d’epoca (Anni ’40) da cui si rileva la piccola differenza di gronda del tetto che evidenzia l’ampliamento posteriore, oggi eliminata, ed il fabbricato a torretta sul fondo della strada, oggi notevolmente modificato.

00h5 – L’antico fabbricato colonico, anche Casa di guardia, oggi accorpato all’ex fienile e ristrutturato (27/06/12 – 27/09/16).

00h6 – L’annesso che sorge sul sito del vecchio fabbricato a torretta, di cui sopra detto (27/09/16).

00i1/00i10 – Il cimitero di Casanova, perfettamente restaurato con recupero delle antiche lapidi (27/06/12).

00l1/00l4 – Il cippo stradale e abbeveratoio della Mulattiera di Casanova, oggi sentiero 211 CAI che, tramite le Fiurle, il Trogo e il Molino delle Cortine, scende nel fondovalle del Bidente di Pietrapazza al Ponte Bottega (27/09/16).

00l5 – 00l6 – Il cippo stradale della Mulattiera di Pietrapazza, già Via Maestra di S. Sofia che, tramite Maestà di Valdora e Siepe dell’Orso, raggiungeva Pietrapazza per proseguire nel fondovalle.

00l7 - 00l8 - Elaborazione pittoriche tipo olio da foto panoramica moderna di Casanova e di particolare di foto d’epoca (Anni ’40) dove si nota l’effettiva consistenza della Via Maestra di S. Sofia che, in luogo della moderna strada forestale, da Casanova risaliva il crinale sul versante occidentale verso Maestà di Valdora e Croce di Romiceto.

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