Il Castagnaccio
Testo di Bruno Roba (23/01/2022) - Il bacino idrografico del Fosso Fondo Rignone appartiene ad un tratto di versante orientale del contrafforte secondario, compreso tra Poggio della Bertesca, il terrazzamento orografico interglaciale di Pian della Saporita, l’area dell’Eremo Nuovo e la dorsale che staccandosi dietro Siepe dell’Orso si sviluppa fino al Bidente subito a monte di Pietrapazza, delimitando a Nord la valle dei Fossi del Vallone e dei Poderini, dorsale già detta Raggio di Valprandola, la parte alta e Raggio da Rignuno o Rignuni o di Rignone, il tratto inferiore. Questo brano di territorio è reso particolarmente impervio dal susseguirsi di diramazioni montane che danno origine ad un fitto e quasi indistinguibile reticolo idrografico, tra cui si identificano il Fosso del Castagnaccio e il suo ramo alto, che forse indentifica l’intero torrente, significativamente detto dal Piano al Fondo (ovvero da Pian della Saporita al Fosso Fondo), affluente del Fondo Rignone, e il Fosso di S. Giavolo, affluente del Bidente. Il ramo principale del Fosso Fondo Rignone (accoppiamento toponomastico accrescitivo del termine, dal latino classico, rivus e tardo latino rigus, con il significato sia di fossone, vallone sia di rigagnolo) ha origine dall’ampia sella del contrafforte al Paretaio, che costituisce passo montano di collegamento con la viabilità di crinale e con la Valle di Ridràcoli. Nel XVI secolo il Rignone era l’area più elevata che si estendeva fino all’Abetaccia e a S. Giavolo mentre l’Himo Rignone o Rignone Basso riguardava l’area della Casetta, estendendosi fino a Cà dei Conti, a Petrella e al Mulino Milanesi di Pietrapazza o di Cà del Conte. L’area fino alla zona dell’Eremo Nuovo era detta Sangiavolo. Nel XVIII secolo la parte elevata era semplicemente detta Monte e i coltivi di Siepe dell’Orso erano detti i Campi da Monte.
Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di Pietrapazza, Fiume Bidente di Pietrapazza e Fosso Fondo Rignone.
In base al Catasto Toscano (1826/34) nel sistema vallivo dei Fossi Fondo Rignone e di S. Giavolo, in ordine geografico, sorgevano i fabbricati di Siepe dell’orso, detto anche Mottoni, o Siepe all’Orso o Siepe dell’Orso di Sopra, oggi Siepe dell’Orso, restaurato, La Siepe dell’orso, poi distinto in Siepe dell’Orso di Mezzo e Siepe dell’Orso di Sotto, scomparso, Abetaccia o Albaraccio o Abataccio o Abedaccio, nella Carta d'Italia I.G.M. odierna declinato l'Abetaccia, Castagnaccio, nella Carta d'Italia declinato il Castagnaccio, Rignone o Rignoni o Rignuno o Rignuni e Casetta o Casetta di Cà del Conte, nel N.C.T. declinato La Casetta, ridotti a rudere. S. Giavolo, già S. Giavoli o Sangiavolo nella Carta d’Italia dell’I.G.M. precisato C. S. Giavolo, posto nel crinale di separazione dal fosso omonimo, e I Piani o Pian del Ghiro, posto nel crinale di separazione tra i Fossi di S. Giavolo e dell’Eremo Nuovo, sono anch’essi ridotti a rudere o pochi resti. In riva al Bidente, tra gli sbocchi dei due Fossi Fondo Rignone e di S. Giavolo, in un luogo già detto Macchia da Rignoni, si trovano i ruderi di Campo della Sega, già Campo alla Sega, c.d. dai caratteristici affioramenti delle stratificazioni marnoso-arenacee, a volte sporgenti e frammentati come denti di sega. Un ulteriore fabbricato scomparso era Il Baraccone, risalente all’epoca della ferrovia Decauville del Cancellino o della sua trasformazione in rotabile, cui si deve il lascito toponomastico relativo al sito dove sorgeva, presso il tornante stradale che aggira il contrafforte secondario e fronteggiante Siepe dell’Orso, evidente nelle vedute panoramiche. Sulle prime pendici orientali del Raggio di Rignone, scolanti sul Bidente ma anticamente appartenenti all’area di Rignone, si trovano Cà dei Conti, anticamente Casa del Conte e Cà del Conte, nel Catasto Toscano Cà de’ Conti, nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894) trascritto come oggi per intero, e Petrella, nella Carta d’Italia dell’I.G.M. odierna C. Petrella, altrimenti anonimo nella cartografia antica ma detto La Petrella. Presso Pietrapazza, in riva al fiume e di là dal ponte si trova il Mulino Milanesi o Mulino di Cà del Conte, presente ma anonimo nel Catasto Toscano, con il solo simbolo dell’Opificio a forza idraulica nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894) e con il solo simbolo del fabbricato in quella successiva del 1937.
Il Castagnaccio, La muntâgna la è bëla da vdē … «La montagna è bella solo a vedersi, detta un proverbio romagnolo […] , mentre è brutta per chi la vive e chi la pratica, testimoniano tanti toponimi peggiorativi […]» (E. Casali, Aspetti e forme della cultura folclorica, in N. Graziani, a cura di, 2001, p.405, cit.), rientrava tra i beni posseduti dall’Opera del Duomo di Firenze in Romagna e il relativo appezzamento è documentato fin dal 1545 nell’inventario eseguito dopo che l’Opera, avendo preso possesso delle selve “di Casentino e di Romagna”, dove desiderava evitare nuovi insediamenti, aveva costatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi che altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti e roncamenti non autorizzati; pertanto, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] Una presa di terra detto il ronco di S. Giavoli di là et un ronco detto il ronco di S. Giavoli di qua, un ronco detto il Castagnaccio e sono in tutti some 25 […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 150, cit.). L’appezzamento nel 1560 risulta già privatizzato però dotato di una casa. Le difficili condizioni ambientali, un vago poggetto sul ripido versante sx del Fosso del Castagnaccio, probabilmente portarono ad un abbandono del luogo per l’intero Settecento (C. Bignami, A. Boattini, 2018, cit.). Peraltro, una relazione del 1789 conferma quale fosse il tipo di interesse dell’l’Opera nel mantenimento dei poderi che … : « […] sono situati alle falde di vasto circondario delle selve d’abeti e sembra che sieno stati fabbricati in detti luoghi per servire di custodia e per far invigilare dai contadini di detti poderi dal fuoco, al taglio insomma alla conservazione di dette selve […] non ardirei mai di far proposizione di alienarli ma di seguitare a tenerli […] come si rileva chiaramente dalla loro posizione servendo di cordone e custodia alle macchie medesime ma […] potrebbero allinearsi e vendersi per essere […] ridotti in tal cattivo stato dai passati affittuari […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441, 442, cit.). Il Catasto Toscano del 1826-34 riporta il fabbricato in modo anonimo e come aggiornamento speditivo, infatti la rappresentazione planimetrica appare simbolica e approssimativa. Una mappa dell’Archivio Comunale di Bagno di Romagna datata 1888-1913 (cfr. AA.VV., 1989 e C. Bignami, A. Boattini, 2018, cit.), riguardante l’attribuzione delle numerazioni civiche, assegna al Castagnaccio il n. 17, quando la casa risulta composta di 3 vani. Ad oggi ancora riconoscibile nell’impianto, i suoi ruderi mostrano i resti dell’incatenamento strutturale (forse conseguente ai danni sismici del 1918) e del camino con forno incorporato, tipologia poco consueta, condivisa nell’area con Campo della Sega. Risulta abbandonato nei primissimi anni ‘60.
Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.: - Negli scorsi Anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Abetaccia, Cà dei Conti, La Casetta, La Pedrella, Rignone e S. Giavolo, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
- Il timore suscitato nell’immaginario collettivo dal possibile incontro con animali potenzialmente pericolosi rendeva frequente l’usanza di “battezzare” significativamente i luoghi di tali eventi: Cà dell’Orso, Cà D’Orso, Cà Orsarola, Fonte Lupaia, Fossa dell’Orso, Fossa del Lupo, Macchia d’Orso, Orsaiola, Orsaro, Passo dei Lupatti, Pian dei Lupi, Prato all’Orso, Tana all’Orso. A proposito si può citare l’inchiesta leopoldina del 1766 sull’economia locale del territorio, estremamente povera e di sussistenza specie nelle zone montane, eventualmente integrata con i prodotti della pesca e della caccia ai piccoli animali: se la caccia ai mammiferi maggiori era riservata ai grandi proprietari con riserva dei rapaci e delle loro uova al Granduca, ricompense venivano concesse a chi uccideva lupi e orsi bruni, questi ultimi segnalati ancora nel 1733 presso i confini geografici.
- Quando il toponimo compare con anteposta l’abbreviazione “C.” presumibilmente si è manifestata l’esigenza di precisarne la funzione abitativa; in base alle note tecniche dell’I.G.M., se viene preferito il troncamento Ca, deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
AA.VV., Il popolo di Pietrapazza, C.C.I.A.A. di Forlì, Cooperativa culturale Re Medello, Forlì 1989;
C. Bignami, A. Boattini, La Gente di Pietrapazza, Monti editore, Cesena 2018;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997;
M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Piano Strutturale del Comune di Bagno di Romagna, Insediamenti ed edifici del territorio rurale, 2004, Scheda n.675;
Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
In sponda sinistra fosso Castagnaccio su sentiero non segnato sottoil sentiero CAI 221 Pietrapazza - Siepe dell'Orso.
Testo di Bruno Roba - È raggiungibile con difficoltà (per esperti) dal Sent. 221 CAI dal Paretaio, all’intersezione con la S.F. Poggio alla Lastra-Grigiole, transitando davanti a Siepe dell’Orso (200 m) o all’Abetaccia tramite sentieri non segnati o con soli bolli rossi percorrendo circa 1,1 km. Qualora si giunga da Pietrapazza, dove si perviene dalla S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza (sterrata di circa 10 km), si risale il Sent. 221 CAI per giungere a Siepe dell’Orso in 2,7 km, poi come detto. È raggiungibile con difficoltà anche dalla S.F. del Cancellino (sterrata non transitabile di 20 km che si distacca al km 198+500 della S.R. 71 Umbro-Casentinese) lungo la quale si trova, poco più a Sud del km 7/13, l’innesto del Sent. 205 CAI che conduce in 700 m ad un tornante da cui parte una mulattiera con bolli rossi che in 1,5 km conduce a S. Giavolo da dove tratti di mulattiera raggiungono l’altro versante del Fosso del Castagnaccio fino alla meta.
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00a1 - 00a2 - 00a3 - Dal Monte Piano si può avere una delle più ampie viste dell’intero Spartiacque Appenninico e del contrafforte secondario che si stacca da Poggio allo Spillo/Passo della Crocina, con il suo tratto iniziale della Bertesca aggirato dalla S.F. del Cancellino al Baraccone, nel punto apparentemente sormontato dal Monte Penna; Poggio della Bertesca costituisce con evidenza il vertice della valle del Fosso del Castagnaccio dove, tra la macchia del versante soleggiato, si notano due o tre abeti isolati presso i quali si trova Castagnaccio (1/01/12).
00b1 – 00b2 - 00b3 – Dal Monte Castelluccio, oltre il crinale che digrada dal Monte Càrpano, vedute frontali del versante a solatìo della valle del Fosso del Castagnaccio dove si individuano chiaramente le tracce innevate della mulattiera, gli abeti e il poggetto dove sorge Castagnaccio, per la precisione sulla sx degli abeti e a monte dell’area prativa (1/01/12). (1/01/12).
00c1 - 00c2 - Dalla S.F. Nocicchio-Pietrapazza, presso il Poggiaccio, panoramica del sistema vallivo con indice cartografico di localizzazione degli insediamenti (16/02/17).
00d1 - 00d2 – Dalla dorsale di separazione tra le valli dei Fosso Fondo Rignone e del Vallone-dei Poderini, già Raggio di Valprandola e Raggio da Rignuno o di Rignone, veduta della valle del Fosso del Castagnaccio con indicati, a sx, il sito di S. Giavolo e il sito del Castagnaccio, presso gli abeti (8/09/20).
00e1 – 00e2 - 00e3 - Dalla Mulattiera di Pietrapazza (sent. 221), presso Rignone, veduta frontale della valle del Castagnaccio: anche da qui gli abeti segnalano il sito del Castagnaccio (9/05/13).
00f1 – Schema cartografico del bacino idrografico del Fosso dell’Eremo Nuovo e adiacenze.
00f2 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, evidenziava esclusivamente i tracciati viari di crinale che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, il tracciato di fondovalle S.Sofia-Poggio alla Lastra che poi si riconnetteva al tracciato di crinale ed il tracciato trasversale che collegava i Passi della Bertesca e di Monte Càrpano transitando da Pietrapazza. La toponomastica riprende, anche nella grafica, quella originale; integrazioni in neretto a fini orientativi.
00f3 – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale. Qui compare anche la toponomastica della viabilità principale di fondovalle e di crinale.
00i4 – Schema del sistema viario storico principale al XIX secolo, che nella prima metà del XX secolo venne integrato con il sistema delle mulattiere, su base cartografica dei primi decenni del XX secolo, prima della realizzazione dell’invaso di Ridràcoli e della viabilità provinciale interna.
00i5 - Schema da cartografia della prima metà del ‘900, corrispondente alla situazione odierna.
00g1/00g7 – Tracce di mulattiera tra S. Giavolo e Castagnaccio (29/06/16).
00h1/00h14 – Vedute di Castagnaccio; si notano gli ormai inutili incatenamenti strutturali, il caratteristico camino con forno incorporato, che indicano la posizione della cucina, e una rampa interna di scala in pietra che pare anche scendere in un interrato (29/06/16).
00i1/00i4 – Veduta del sito prativo di Castagnaccio, posto sul bordo del poggetto (che si nota nella precedente veduta dal Monte Càrpano), da cui si aprono scorci verso l’opposto crinale di S. Giavolo (29/06/16).