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Biserno

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : frazione
Altezza mt. : 556
Coordinate WGS84: 43 54' 08" N , 11 50' 41" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Secondo il Mambrini il nome deriverebbe da due chiese rette da due eremiti (bis eremum)
Castello citato nella descriptio romandiole del 1371 come appartenente a Selvatico e Carlo di Valbona, aveva la rocca, una torre fortissima e 10 focolari
da Indicatore topografico Toscana Granducale ed. Polverini FI 1856:
S. Andrea, prioria di lib. collaz., Dioc. S.Sepolcro - Nelle valli Transpennine - com. di s. Sofia, Canc di Galeata ..... Popolaz. 1845 ab. 214 - 1855 ab. 211

Testo di Bruno Roba (07/2017 – Agg. 30/06/2023) - Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.

La Valle del Fiume Bidente di Ridràcoli riguarda quel ramo intermedio del Bidente delimitato, ad Est, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si diparte da Poggio allo Spillo (collegando Poggio della Bertesca, Croce di Romiceto, i Monti Moricciona, La Rocca, Marino, Pezzoli, Poggio Busca, già Croce La Lastra, e il Monte Carnovaletto) per concludersi con il Raggio delle Rondini digradando a valle di Isola costretto dalla confluenza del Fiume Bidentino o Torrente Bidente di Fiumicino nel Fiume Bidente. Ad Ovest la valle è delimitata dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Oltre Poggio Collina, l’asse del contrafforte compie una leggera torsione più verso Grecale, NNE, - in coincidenza dell’area dove, in ere geologiche, si è verificato il fenomeno erosivo che ha determinato la formazione di quel terrazzamento orografico interglaciale della valle corrispondente ai dolci pendii di Biserno - e l’ampiezza della sua sezione trasversale diviene costante fino al suo termine, intorno a 1,7 km, con conseguente sostanziale parallelismo degli opposti assi fluviali (al netto di anse e meandri), oltre che simmetrica negli opposti versanti, infatti lo stesso asse del contrafforte si mantiene pressoché centrale puntando sull’ansa fluviale presso Metule, a metà strada tra Cabelli e Isola.

Sul margine meridionale dell’area si trova il Geosito di rilevanza locale Molino di Biserno, dove sono presenti affioramenti di interesse tettonico che raggiungono i 40 m di altezza, osservabili presso il fondovalle ai lati della strada provinciale. Si notano situazioni complesse con torbiditi sottili riferite al Membro di Corniolo della Formazione Marnoso-Arenacea implicate in deformazioni a fasce fragili e duttili legate alla linea di San Benedetto in Alpe.

Il bacino idrografico del Fiume Bidente di Ridràcoli, di ampiezza molto superiore rispetto alle valli collaterali e che vede il lago occupare una posizione baricentrica, con l’asta fluvio/lacustre f.so Lama/invaso/fiume posizionata su un asse mediano Nord-Sud, mostra una morfologia molto differenziata rispetto al suo baricentro. L’area sorgentifera, con la realizzazione dell’invaso artificiale, si differenzia tra quella che lo alimenta e quella a valle della diga che alimenta direttamente il fiume. A monte l’area imbrifera confluisce in cinque corsi d’acqua principali che costituiscono i corrispondenti bracci lacustri di cui si compone il lago. Essi sono il Fosso delle Macine, poi di Campo alla Sega, il Fosso degli Altari e il Fosso della Lama, l’asta torrentizia costituita dalla sequenza dei Fossi del Ciriegiolone, dell’Aiaccia e del Molinuzzo e il Fosso del Molino. A valle dell’invaso, in dx idrografica, il versante vallivo mostra una particolare complessità morfologica per la sequenza di impervie dorsali che si distaccano dal contrafforte secondario orientale, evidenziando vaste porzioni esposte di fitte stratificazioni marnoso-arenacee e separando le 8 vallate trasversali dove scorrono i principali affluenti fluviali. Da monte a valle si susseguono, i Fossi dei Tagli, Corneta, delle Casine, del Catinaio, delle Stolle, di Ronco Vecchio, di Val Spugna o Rio delle Valli e il Fosso delle Corneta, scorrenti in sistemi vallivi che, in prevalenza, si attestano sul contrafforte secondario o sue dirette diramazioni e che, a partire dalla Valle del Catinaio, divengono progressivamente profondi e fortemente accidentati, infatti mostrando, dalle aree di crinale verso la pianura, molti accavallamenti stratigrafici che interessano la Formazione Marnoso Arenacea con creazione di effetti paesaggistici di notevole risalto. In sx idrografica, il bacino idrografico si restringe invece in un’alternanza di pendii più dolci a prato-pascolo e di tratti intensamente deformati e brecciati, per la diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo, generando dapprima i complessi sistemi vallivi relativi al Rio Bacine, e ai Fossi di Lavacchio e di Canforchisio, quindi le ramificazioni di minore rilievo dei Fossi di Val del Nespolo, della Pucaja, di Biserno, di Balzaino, di Vignale, dei Soldoni, della Busca e del Cappellano.

Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur mantenendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate. Comunque, nel Settecento, chi voleva risalire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» e per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), consente di conoscere il tracciato della viabilità antica che raggiungeva Ridràcoli. Attraversato il Bidente di Corniolo presso Isola, con il Ponte dell'Isola, sul luogo del ponte odierno, essa si manteneva in sx idrografica risalendo subito a mezzacosta fino a raggiungere Biserno, per quindi ridiscendere nel fondovalle del borgo, dove si concludeva con un lungo rettilineo al cui termine si trovava Il Ponte di Ridràcoli. Tale viabilità, anonima nelle mappe citate, verrà poi denominata Strada Comunale Ridràcoli-Biserno e Strada Comunale Isola-Biserno; solo in occasione dei lavori di costruzione dell’invaso quest’ultima verrà ristrutturata e ampliata diventando parte della S.P. n.112. A monte di Biserno un’ottocentesca Strada comunitativa non rotabile, in corrispondenza del valico Biserno-Berleta, abbandonava il crinale per scendere nel fondovalle del Bidente di Corniolo, ma secondo il Catasto toscano a inizio ‘800 la strada si fermava a Castagnolo, mentre nella Carta d’Italia del 1894 è completa ma ancora rappresentata come sentiero e nell’edizione del 1937 come mulattiera; per giungere a Berleta attraversava allora come oggi il fiume a Casina, già Casa nuova. Nell’antichità, l’unico tracciato di viabilità secondaria sul versante in dx idrografica si distaccava da quella principale attraversando il Bidente all’altezza della Val Spugna diretto alle Case Monte di Valle: da esso si diramavano la Strada delle Valli e la Strada di Ronco Vecchio, che si inoltravano nelle rispettive valli risalendo verso il crinale montano. Un arcaico attraversamento fluviale pedonale c.d. “pedanca”, costituito da pile realizzate con tronchi di legno (quercia o castagno) terminanti a forcella cui si appoggiavano le travi longitudinali e il tavolato di assi, ora non transitabile, si trova presso il Molino della Sega, dove è presente pure un guado carrabile raggiungibile dalla S.P. 112 con deviazione presso il fabbricato detto La Maestà. Più a valle giungeva da Bleda la Strada dei Marroni riunendosi alla via proveniente da altra “pedanca” che si trovava (rimangono resti) all’altezza di Cosmedino, oggi noto come Gualchiera. La citata Strada dei Marroni secondo il Catasto Toscano risaliva subito il Monte Carnovaletto per ritornare al punto di partenza mentre la viabilità proveniente dal guado del Molino della Sega penetrava subito nella Valle delle Corneta (le citate passerelle su tronchi lignei erano idonee solo al transito leggero) tramite la futura S.Vic.le Campitello-Farneto-Poggio dell’Ulivo.

In questo contesto storico-geografico, tra le alte valli bidentine quella di Ridràcoli è quella che meno ha subito il fenomeno dell’abbandono grazie alle caratteristiche ambientali e climatiche più favorevoli della sua parte meno elevata. Se il borgo principale, posto nel baricentro sia geografico sia del sistema insediativo, è quello più noto e frequentato, poco più a Nord si trova Biserno, coniugato anche Biserna, che è quello più abitato. Luogo particolarmente gradevole per le intrinseche caratteristiche ambientali e paesaggistiche, è un insediamento documentato già dal 1091, quando un signore del castello di Bleda, Ugo, dona all’abbazia di Isola varie possessioni tra cui due chiese in castrum Biserni, allora di proprietà dei Guidi del Casentino e nel 1227 anche Conti di Biserno, che, in base alla Descriptio Romandiole del 1371 è ancora dotato di roccham et turrim fortissimam, oltre che distante solo un miglio dal flumen Aqueductus (il Bidente di Corniolo), raggiungente 10 focularia e dipendente dai signori di Valbona, ma solo per ulteriori tre decenni infatti, nel 1404, è confiscato dalla Repubblica Fiorentina (come tutti i beni dei Guidi). Grazie alle visite apostoliche del 1573 e del 1595 si apprende che una delle chiese è dedicata a S. Andrea, i cui affreschi in occasione della visita apostolica del 1625 ormai sono appena visibili per cui viene dotata di nuovi dipinti, che alla visita del 1746 risultano una B. Vergine e i santi Andrea apostolo e Rocco all’altare maggiore, una B. Vergine e un S. Antonio da Padova su tavola. Nel 1625 Biserno risulta avere 250 abitanti, ridottisi a 145 nel 1746, poi il trend si inverte risultando 175 abitanti nel 1789, 234 nel 1894 e 350 nel 1931. L’odierno edificio della Chiesa di S. Andrea Apostolo è una ricostruzione del 1922-23 sulle fondamenta di quello antico, distrutto dal terremoto del 1919, con una facciata che fa presumere l’esistenza di tre navate e secondo uno stile pseudo-romanico che risente delle tendenze dell’epoca. Negli anni ’40 venne dotata di tre pitture di Giovanni Lovesio. Tra le rare testimonianze superstiti, il sopracitato dipinto mariano ad olio su tela ed un inginocchiatoio in legno di noce, entrambi del XVII secolo, oltre oggetti e tessuti di varie epoche. In un edificio a lato della chiesa ricostruito nel 1927 si trova una finestrella a mensole sotto il colmo del tetto con una targa dove si legge che vi si trovava la Chiesa di sotto: si tratta di una delle due case coloniche che la chiesa possedeva, danneggiate anch’esse dal terremoto. In un altro edificio sito poco distante, corrispondente all’altra colonica della chiesa, una targa recita CHIESA DI BISERNO / D. G. SPIGHI / F. A.D. – MCMXXI. Nel 1906 i resti delle mura e la cisterna del castello, luogo posto a 725 m di altitudine oggi noto anche come il Castellaccio di Biserno o, semplicemente, il Castellaccio, furono riutilizzati trasformandoli in due oratori sovrapposti, superiormente l’Oratorio di S. Vincenzo Ferreri, dall’improbabile stile neo-gotico e, in sotterraneo probabilmente come cripta, l’Oratorio di S. Antonio da Padova: essi dopo il terremoto sostituirono provvisoriamente la chiesa distrutta. In quello inferiore, nel 1928 per iniziativa privata, venne evidentemente riutilizzata la cisterna castellana per realizzare una struttura in pietrame ispirata alla grotta della Madonna di Lourdes. Per molti decenni il tragitto per raggiungere l’oratorio montano venne utilizzato per riti processionali con soste in diversi luoghi dei quali rimane memoria per la presenza di alcune maestà, le Maestà di Guaralda e la Maestà di Poggio (rappresentata già nella Carta d’Italia I.G.M. del 1937). La Maestà di Montepalestro è posta presso l’antico tracciato viario diretto a Ridràcoli. A Biserno è forte anche la testimonianza civica degli eventi della Grande Guerra (’15-’18) e della Resistenza, evidenziata dal curatissimo Parco 8a Brigata Garibaldi “Romagna”, già Parco della Rimembranza inaugurato nel 1923 insieme alla chiesa, arricchito da un monumento del 1994 commemorativo della Battaglia di Biserno dell’aprile 1944 quando le formazioni partigiane, in netta inferiorità numeriche, affrontarono le soverchianti truppe tedesche e repubblichine. Altre testimonianze di tali eventi si trovano lungo il crinale, teatro della più cruenta battaglia d’aprile ed oggi percorso anche dal Sentiero degli Alpini, dove, presso il valico Biserno-Berleta, si trova la Croce di Biserno, in ferro (rappresentata già nella Carta d’Italia I.G.M. del 1937), e il Cippo di Biserno, in effetti una maestà con lapide commemorativa del rastrellamento e dei caduti di Biserno del 12/4/44, mentre il luogo preciso dove caddero i partigiani è indicato dal Cippo Calata Partigiana, posto a circa 500 m verso SO. A Biserno si distinguono il nucleo di Guaralda, già Guavalda, e i fabbricati di Rota e Poggio, posto più in alto; inoltre vi sono, ugualmente distaccati, Ortali, già L’Ortale, Montepalestro e La Vertorta, già Lavintonta o C. Lavertorta, posta subito sotto il crinale, quest’ultima villa della famiglia nobiliare Giorgi, dove si trovano due camini in pietra lavorata, uno del ‘500 con tralci e rosette rinascimentali e uno del ‘600 con lo stemma di Simone Melini, retto da due putti scolpiti a bassorilievo. A breve distanza si trova il nucleo residenziale-rurale di Betania, risalente all’inizio del XX secolo (ma nel Catasto toscano già compariva un piccolo fabbricato) e, presso il Bidente, il Mulino di Biserno, risalente all’inizio del XIX secolo. All’area sono attribuibili anche gli insediamenti di Casetto e Balzaino, i cui fabbricati sono già presenti nella cartografia I.G.M. di fine XIX secolo, il primo rappresentato con un piccolo fabbricato già nel Catasto Toscano.

Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna riguardanti i fabbricati dell’area di Biserno, si possono schematizzare come di seguito elencato:

- Chiesa di Biserna nel Catasto toscano, o Biserno nella Carta d'Italia I.G.M. (1894), o Biserna nella Carta d’Italia I.G.M. (1937), o Biserno in quella moderna, o Biserno nella C.T.R.;

- assente nel Catasto toscano, o il Castellaccio nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937) e in quella moderna, o IL CASTELLACCIO nella C.T.R.;

- Lavintonta nel Catasto Toscano, o C.Lavertorta nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937), o la Vertorta in quella moderna, o Vertorta nella C.T.R.;

- Poggio nel Catasto Toscano, o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937), o Poggio in quella moderna, o Poggio nella C.T.R.;

- Guavalda nel Catasto Toscano, o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937) e in quella moderna, o Guaralda nella C.T.R.;

- L’Ortale nel Catasto Toscano, o Ortali nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937) e in quella moderna, o Ortali nella C.T.R.;

- rappresentato ma anonimo nel Catasto Toscano, o anonimo ma presente il simbolo Opificio a forza idraulica nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937), o il Mulino in quella moderna, o Molina di Biserno nella C.T.R.;

- assente nel Catasto Toscano, o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937) e in quella moderna, o Balzaino nella C.T.R.;

- assente nel Catasto Toscano, o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1894), o Betània nella Carta d’Italia I.G.M. (1937), o Betania in quella moderna, o Betania nella C.T.R.;

- assente nel Catasto Toscano, o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937) e in quella moderna, o Rota nella C.T.R.;

- assente nel Catasto Toscano, o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937) e in quella moderna, o Montepalestro nella C.T.R.;

- assente nel Catasto Toscano, o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1894), o Casetto nella Carta d’Italia I.G.M. (1937) e in quella moderna, o Casetto nella C.T.R.

Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Ridràcoli.

N.B. - Nel tardo Pliocene e nel Quaternario un intenso processo erosivo ha interessato l’Appennino romagnolo: «[…] cercai di calcolare (basandomi sullo spessore della coltre alluvionale padana) […] e trovai che non poteva considerarsi inferiore al valore medio di circa 650 metri (sulla superficie occupata dalla montagna e dalla collina) […] calcolato in un millimetro annuo circa, si ottiene come quoziente il periodo di 650.000 anni, […] corrispondente […] con buona approssimazione, alla durata del Quaternario, cioè di quel periodo geologico nel quale qui si è avuta  per cause diverse […] il più potente effetto erosivo.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 40, cit.). Le erosioni, unitamente ai fenomeni collegati alle oscillazioni glaciali, comportarono la formazione dei terrazzi orografici (antichi piani fluviali) a partire dal Periodo interglaciale Mindel-Riss, 350-300.000 anni fa, fino a poche migliaia di anni fa. «L’importanza dei terrazzi è notevole a livello antropico, in un territorio geologicamente e tettonicamente “giovane dove la morfologia dominante offre pendici scoscese e terreni instabili, anche per colpa dell’uomo, e quindi difficili condizioni ambientali. È sui terrazzi del Mindel-Riss che si trovano ubicati numerosi dei più antichi nuclei abitati alpestri, come Poggio alla Lastra, Strabatenza, Castel dell’Alpe, Pian del Grado-Celle, Biserno, Sasso ecc., […]» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi - a cura di, 1992, p. 28, cit.).

- Informazioni preziose riguardo luoghi e fabbricati si hanno grazie alla Descriptio provinciae Romandiole, rapporto geografico-statistico-censuario redatto dal legato pontificio cardinale Anglic de Grimoard (fratello di Urbano V) per l’area della Romandiola durante il periodo della 'Cattività avignonese' (trasferimento del papato da Roma ad Avignone, 1305-1377). Se la descrizione dei luoghi ivi contenuta è approssimativa dal punto di vista geografico, è invece minuziosa riguardo i tributi cui era soggetta la popolazione. In tale documento si trova, tra l’altro, la classificazione degli insediamenti in ordine di importanza, tra cui i castra e le villae, distinti soprattutto in base alla presenza o meno di opere difensive, che vengono presi in considerazione solo se presenti i focularia, ovvero soggetti con capacità contributiva (di solito nuclei familiari non definiti per numero di componenti; ad aliquota fissa, il tributo della fumantaria era indipendente dal reddito e dai possedimenti). In particolare, nelle vallate del Montone, del Rabbi e del Bidente furono costituiti i Vicariati rurali delle Fiumane.

- La visita apostolica o pastorale, che veniva effettuata dal vescovo o suo rappresentante, era una prassi della Chiesa antica e medievale riportata in auge dal Concilio di Trento che ne stabilì la cadenza annuale o biennale, che tuttavia fu raramente rispettata. La definizione di apostolica può essere impropria in quanto derivante dalla peculiarità di sede papale della diocesi di Roma, alla cui organizzazione era predisposta una specifica Congregazione della visita apostolica. Scopo della visita pastorale è quello di ispezione e di rilievo di eventuali abusi. I verbali delle visite, cui era chiamata a partecipare anche la popolazione e che avvenivano secondo specifiche modalità di preparazione e svolgimento che prevedevano l'esame dei luoghi sacri, degli oggetti e degli arredi destinati al culto (vasi, arredi, reliquie, altari), sono conservati negli archivi diocesani; da essi derivano documentate informazioni spesso fondamentali per conoscere l’esistenza nell’antichità degli edifici sacri, per assegnare una datazione certa alle diverse fasi delle loro strutture oltre che per averne una descrizione a volte abbastanza accurata.

- L’Appennino romagnolo era caratterizzato fino a metà del XX secolo (superata in qualche caso per un paio di decenni) da una capillare e diffusa presenza di mulini ad acqua, secondo un sistema socio-economico legato ai mulini e, da secoli, radicato nel territorio del Capitanato della Val di Bagno. Intorno al Cinquecento ognuno dei 12 comuni del Capitanato disponeva di almeno un mulino comunitativo la cui conduzione veniva annualmente sottoposta a gara pubblica a favore del migliore offerente. Nella valle del Bidente di Ridràcoli il Comune possedeva il Mulino di Sopra; a quell’epoca nell’area si registrano assegnazioni per 230 bolognini. La manutenzione poteva essere a carico del comune o del mugnaio. Alla fine del Settecento l’attività riformatrice leopoldina eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire altri mulini in concorrenza produttiva, cui seguì un progressivo disinteresse comunale con riduzione dell’affitto annuale dei mulini pubblici fino alla loro privatizzazione. Nell’Ottocento, con la diffusione dell’agricoltura fino alle più profonde aree di montagna, vi fu ovunque una notevole proliferazione di opifici tanto che, ai primi decenni del Novecento, si potevano contare otto mulini dislocati lungo il Bidente di Ridràcoli e i suoi affluenti (Molino della Segadi Spugnadi Bisernodi Sottodi Sopradella ForcaMolinuzzo, sul fosso omonimo e Molino del Carpanone sul Fosso di Romiceto). Dagli anni ’30, la crisi del sistema socio-economico agro-forestale ebbe come conseguenza l’esodo dai poderi e il progressivo abbandono dell’attività molitoria e delle relative costruzioni.

- Nel passato anche recente l’ambiente montano veniva visto soprattutto nelle sue asperità e difficoltà ed avvertito come ostile non solo riguardo gli aspetti climatici o l’instabilità dei suoli ma anche per le potenze maligne che si riteneva si nascondessero nei luoghi più reconditi. Dovendoci vivere si operava per la santificazione del territorio con atteggiamenti devozionali nell’utilizzo delle immagini sacre che oltre che espressioni di fiducia esprimevano anche un bisogno di protezione con una componente esorcizzante. Così lungo i percorsi sorgevano manufatti (variamente classificabili a seconda della tipologia costruttiva come pilastrini, edicole, croci, tabernacoli, capitelli, cellette, maestà) la cui realizzazione, oltre che costituire punti di riferimento scandendo i tempi di percorrenza (p.es., recitando un numero prestabilito di “rosari”), rispondeva non solo all’esigenza di ricordare al passante la presenza protettiva e costante della divinità ma svolgeva anche una funzione apotropaica. Spesso recanti epigrafi con preghiere, sollecitazioni o riferimenti ad avvenimenti accaduti, oggi hanno un valore legato al loro significato documentario. Se la costruzione di manufatti di significato religioso a fianco dei sentieri affonda le radici nell’antichità, il culto sacrale della montagna e delle sue acque è stato sempre presente in tutte le società pastorali. A partire dalla fine del XIII secolo grandi croci furono erette su vari valichi alpini, ma molte tradizioni rituali giunte fino a noi si possono ritenere derivate dai culti longobardi (ben insediati anche in diverse aree appenniniche tosco-romagnole e già dai secoli VII e VIII ormai aderenti al cattolicesimo), tra cui i festeggiamenti sulle sommità delle alture e degli stessi luoghi degli antichi riti pagani, con probabile apposizione di croci, senza dimenticare gli allineamenti delle enigmatiche statue-stele conficcate nel terreno, risalenti all’Età del Rame (Eneolitico), rappresentanti immagini di entità protettrici o personaggi reali, poste con vario significato lungo grandi valli di collegamento ed in zone montane in corrispondenza di importanti vie di comunicazione preistoriche tra varie zone asiatiche, europee, l’arco alpino e, in particolare, le tipiche delle aree cerimoniali della Lunigiana, come l’allineamento che si immagina esistesse quasi 5000 anni fa, sulla sella del Monte Galletto e che non inaspettatamente ha recentemente restituito (marzo 2021) un reperto significativo (le statue-stele della Lunigiana spesso rappresentavano donne scolpite con il fine di “consolare” e “sedurre” i morti affinché non tornassero nel mondo dei vivi: la sessualità e la caccia erano infatti i due temi preponderanti dell’arte preistorica). Numerose croci di vetta furono posizionate in seguito su molte montagne delle regioni cattoliche tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XX, in particolare in concomitanza degli Anni Santi del 1900 e del 1950. A volte la presenza di una croce su un rilievo ne ha determinato il toponimo. La proliferazione di croci di vetta continua ancora oggi.

- Riguardo l’aspetto toponomastico regna l’incertezza pur essendo luogo che si ritrova altrove ed essendo termine condiviso con una nota località maremmana, con una particolare formazione geologica tipica della Valle del Montone (il Membro di Biserno) ed avendo una derivazione onomastica (plurale) abbastanza diffusa. Considerando la seguente sequenza linguistica per il suffisso: romagnolo –ern, latino –ernus, italiano –erno (etrusco) da cui derivano toponimi come SANTERNO e QUADERNA, ed ipotizzando una radice etrusca sul tipo di bisacca, biforco, bivium, viene proposto un bi-serna, ovvero una doppia sarna o serna, ghiaieto o grava, comunque area dove l’aridità del suolo preclude ogni uso agricolo. Del tutto opposta l’ipotesi di derivazione da vices, vicernus, “terra a maggese in rotazione”, quindi coltivabile. Pare quindi più interessante l’ipotesi di derivazione per contrazione da bis eremum: «Forse da queste due chiese che saranno state custodite da due eremiti distaccati dalla celebre abazia ivi prossima, deriva il nome del castello nostro […]» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 249, cit.). Occorre ancora considerare che un altro Biserno fu castello altomedievale maremmano costruito dai Longobardi (poi dei conti della Gherardesca, nel Comune di Campiglia Marittima, di esso non rimangono tracce), per cui l’origine toponomastica va cercata anche in quella direzione (p. es., in antico alto tedesco, bizzen = arrabbiarsi; tra i termini longobardi, biskiz = discussione e helm = elmo: tentare un militaresco “bis-helm”?). Infine «[…] fonti ci mostrano che, sino all’età in cui perdurarono tracce di parlate liguri, si avvicendarono alcune particolarità linguistiche di cui le più sicure possono considerarsi i suffissi –rno, -rna […]» (P.L. della Bordella, 2004, p. 18, cit.).

- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

AA.VV., Indagine sulle caratteristiche ambientali suscettibili di valorizzazione turistico-culturale delle vallate forlivesi. Repertorio, C.C.I.A.A. Forlì, 1982;

E. Agnoletti, Viaggio per le valli bidentine, Tipografia Poggiali, Rufina 1996;

P.L. della Bordella, Pane asciutto e polenta rossa, Arti Grafiche Cianferoni, Stia 2004;

F. Faranda (a cura di), La Romagna toscana, SANTA SOFIA E IL SUO TERRITORIO, Edizioni ALFA, Bologna 1982;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;

A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

AA.VV., I Segni della Memoria e i luoghi della Resistenza nel Parco, Carta scala 1:60.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze 2005;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze

Parco nazionale delle foreste casentinesi. Carta dei sentieri 1:25.000, N.20, Monti editore, 2019

Link https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi;

Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni/pdf;

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

da Isola seguire la strada per Ridracoli, poi deviazione sulla destra per Biserno, km 6 circa.

foto/descrizione :


foto inviata da http://tracceinappennino.blogspot.com e qui riprodotta su segnalazione dell'autore



Parco 8' Brigata Garibaldi


Chiesa di sotto

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Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore

00A – Ubicazione dell’Area di Biserno nell’ambito dei bacini idrografici dell’Alta Valle del Bidente.

00a1/00a4 – Dal Canale del Pentolino e da Poggio Scali (dove si stacca il contrafforte che termina con Poggio Castellina), panoramica che si spinge fino all’Adriatico mentre, oltre il Crinale della Vacca, si nota la parte terminale della Valle di Ridracoli fino a Isola (e Santa Sofia), con scorci dove si notano Biserno ed il crinale dal Castellaccio di Biserno a Poggio Castellina (11/12/14 – 16/08/16).

00a5/00a8 - Da Poggio Aguzzo si percepisce lo sviluppo della valle da Corniolo verso lo sbarramento del contrafforte, che costringe il fiume compiere il “periplo” di Poggio Castellina, cui segue quel simmetrico ed ampio semianello, precedente S.Sofia, dove confluiscono il Bidente di Ridràcoli ed il Bidentino. Del contrafforte appare il tratto finale da Poggio Collina a Poggio Castellina (la cui vetta si confonde con quella del Monte Carnovaletto) e si riconoscono i tratti topici nonostante la deformazione prospettica. Aiuta l’indice fotografico: Uccellara e Pod. Collina sono poco oltre il crinale (25/04/18).

00b1/00b5 - Dal Crinale delle Vacche, scorcio della valle di Ridràcoli dove si individua chiaramente il profilo del terrazzo orografico di Biserno, nella veduta ravvicinata si nota la traccia dell'antica via da Biserno a Ridràcoli; inoltre, vedute ravvicinate del Geosito Molino di Biserno affiancato, sulla dx, dal sito del mulino (in p.p. Canforchisio) (10/12/15 - 22/12/16).

00c1/00c6 - Da Ronco dei Preti, panoramiche dell’intero tratto terminale del contrafforte secondario, che digrada andando a terminare con Poggio Castellina, e veduta ravvicinata del Castellaccio, mentre Biserno rimane seminascosto (24/10/18).

00d1/00d4 - Dal Sentiero degli Alpini, sul crinale, vedute di Biserno con lo spettacolare fondale dell’opposto contrafforte e delle stratificazioni marnoso-arenacee di Poggio delle Stolle (27/12/16).

00e1/00e6 - Dal versante occidentale del Monte Carnovaletto, panoramica della parte finale della valle del Bidente di Ridràcoli e dell’ultimo tratto del contrafforte secondario dal terrazzo interglaciale di Biserno a Poggio Castellina, con viste ravvicinate di Biserno e del Castellaccio (24/07/18).

00f1/00f6 - Dalle prime pendici settentrionali della dorsale del Monte Dragone, vedute del versante opposto verso l’area di Biserno (24/07/18).

00g1/00g9 – Dai pressi di Poggio delle Stolle, panoramica frontale del versante di Biserno con vedute ravvicinate e indice fotografico (6/08/18).

00h1 – 00h2 – Dalla S.P. n.112, vedute della Valle di Ridràcoli verso monte nel tratto oltre Biserno; in p.p. si notano presso il fiume il Molino di Biserno e a mezzacosta Casetto (21/04/18).

00h3 – 00h4 – 00h5 - Dalla strada di accesso alla diga di Ridràcoli, scorci della valle con vista ravvicinata di Biserno; si scorge la traccia dell’antica via per Ridràcoli (21/04/18).

00i1 - Elaborazione da mappa ottocentesca evidenziante la morfologia del contrafforte secondario nell’ambito dei contrafforti che si distaccano dallo Spartiacque Appenninico.

00i2 – Schema cartografico dell’area di Biserno.

00i3 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, evidenziava esclusivamente il tracciato viario che da Isola raggiungeva Ridràcoli a mezzacosta transitando da Biserno. La toponomastica riprende, anche nella grafica, quella originale.

00i4 – 00g5 - Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con utilizzo di grassetto nero, e confronto schematico tra cartografia antica e moderna da cui si rilevano le modifiche planimetriche e alla viabilità intercorse nel secolo frapposto.

00i6 – Schema da cartografia della prima metà del ‘900, prima della realizzazione della viabilità moderna.

00l1/00l5 – Vedute del sito di Biserno (27/12/16 - 21/04/18).

00m1 – La chiesa di S. Andrea (27/12/16).

00m2 – 00m3 – 00m4 – Il fabbricato del podere di Chiesa di Sotto (27/12/16 - 21/04/18).

00m5 – 00m6 – Il fabbricato del podere Chiesa di Biserno (27/12/16).

00n1 – 00n2 - Il Parco 8a Brigata Garibaldi con il monumento commemorativo della Battaglia di Biserno (27/12/16).

00n3/00n6 – Le due Maestà di Guaralda e la Maestà del Poggio, poste lungo la via che sale al crinale e la Maestà di Montepalestro posta presso l’antico tracciato viario diretto a Ridràcoli (27/12/16 - 21/04/18).

00n7 – 00n8 – 00n9 – Sul crinale, all’incrocio con il Sentiero degli Alpini, la Croce e il Cippo di Biserno, in effetti una maestà con lapide commemorativa del rastrellamento e dei caduti di Biserno del 12/4/44 (27/12/16).

00n10 – 00n11 – 00n12 - Il Cippo Calata Partigiana, posto a circa 500 m verso Ovest dal passo, segnala e commemora il luogo preciso dove caddero i partigiani vittime del rastrellamento del 12 aprile ’44 (27/12/16).

00o1 – 00o2 – 00o3 - Il Castellaccio trasformato in oratorio (27/12/16 – 7/10/17).

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