Fiume Bidente di Pietrapazza
Il Fiume Bidente di Pietrapazza nasce dal Passo di Massella (1200 m), posto sullo Spartiacque Appenninico tra Monte Cucco e il Passo dei Lupatti, e, dopo circa 8 Km all'altezza di Cà di Bogri (mt 469), dove si immette il Fosso delle Cannetole, cambia il nome in Bidente di Strabatenza; dopo ulteriori 3 Km incontra la frazione di Poggio alla Lastra e cambia il nome in Bidentino, infine percorre gli ultimi 4 Km e si unisce quale affluente di destra al Fiume Bidente formatosi poco prima dall'unione dei rami Bidente di Ridracoli e Bidente di Corniolo.
Testo di Bruno Roba (7/12/20 - Agg. 8/05/22)
Coordinate WGS84: Origine (P.so Massella) 43° 48’ 32” N / 11° 53’ 32” E - S.F. del Cancellino (km 3+500) 43° 48’ 34” N / 11° 53’ 32” E - Termine (confluenza Fosso di Strabatenza) 43° 52’ 11” N / 11° 53’ 31” E - Quote: Origine (P.so Massella) 1200 m - S.F. del Cancellino (km 3+500) 1150 m - Termine (confluenza Fosso di Strabatenza) 470 m - Sviluppo 8 km.
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto di Spartiacque Appenninico compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.
La valle del Fiume Bidente di Pietrapazza riguarda il ramo più orientale del Bidente delimitato: ad Ovest, da un primo tratto del contrafforte secondario che, distaccatosi da Poggio allo Spillo, va a concludersi con il Raggio della Rondinaia; ad Est da un primo tratto del contrafforte principale che si stacca da Cima del Termine diretto verso Cesena. La sua testata si sviluppa tra il Passo della Crocina e la vetta minore di Cima del Termine, estendendosi, ad Ovest, al tratto del contrafforte secondario compreso tra Poggio allo Spillo e Poggio della Bertesca, ad Est, al tratto del contrafforte principale, le Rivolte, compreso tra Cima del Termine ed il Crinale o Raggio del Finocchio; quest’ultimo, staccandosi presso la sella di Prato ai Grilli, posta prima del Poggiaccio, converge quindi verso l’Eremo Nuovo. Completa la delimitazione del sistema vallivo l’ulteriore convergenza delle dorsali che si diramano dagli opposti contrafforti. Da un versante si staccano dai Monti Moricciona e La Rocca, dall’altro versante proviene quella, rilevante, che deriva dal Monte Castelluccio e si dirige verso il Monte Casaccia terminando con il Monte Riccio (dove, strategicamente collocato, il Castrum montis Riccioli, almeno già dal 1321 sorvegliava ogni transito - ne restano vaghe tracce: «Anche sopra la via che va a Strabatenza, presso la località detta Ca’ di Veroli, ove dimora tuttora un ramo della famiglia Bardi, lassù rifugiatasi, fra i monti più alti, ai tempi delle famose contese medioevali, vedonsi i muri imponenti di un vecchio maniero, e quel luogo dicesi Montericcio» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 279). Qui, presso la confluenza dei Fossi di Strabatenza e Trappisa nel Bidente, a ridosso di Pian del Ponte, la Valle di Pietrapazza si restringe quasi a chiudersi creando una discontinuità con quella di Strabatenza, così rendendo possibile una specifica identità geo-morfologica. A valle dell’improvvidamente demolito ma mai idealmente rimosso villaggio di Strabatenza, pur senza soluzione di continuità morfologica, si modifica l’idronimo e il Bidente di Pietrapazza diviene di Strabatenza laddove confluisce il Fosso delle Cannetole, che ha origine dalla piega tra i Monti La Rocca e Marino.
Per la relativa vicinanza dei due opposti contrafforti il bacino idrografico appare relativamente stretto, comunque presentando una notevole articolazione di crinali e controcrinali, a convergenza quasi simmetrica sull’incisione dell’asta fluviale principale orientata verso Nord, contribuendo a incrementare l’aspetto di progressiva ristrettezza e profondità della valle fino al suo sbocco di Pian del Ponte, dove tra il crinale in dx idrografica e la pari quota in sx corre una distanza di circa 500 m. Dalla diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo, negli alti versanti conseguono sezioni vallive a “V” e nei fondovalle, specie dove essi si fanno più tormentati, profondi e ristretti, si formano gole, forre, financo degli orridi, con erosioni fondali a forma c.d. di battello, mentre i tratti più ripidi dei rilievi mostrano la roccia denudata. Nel versante esposto a settentrione dello Spartiacque Appenninico principale (la c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), specie nella parte a ridosso delle maggiori quote, si manifestano invece fortissime pendenze modellate dall’erosione e dal distacco dello spessore detritico superficiale con conseguente crollo dei banchi arenacei, lacerazione della copertura forestale e formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati, talvolta con roccia affiorante, come il doppio rilievo di Poggio Rovino, con il canalone fortemente accidentato del Fosso del Rovino, che presenta quella vasta area adiacente di roccia affiorante con crollo dei banchi arenacei (cui probabilmente deve il caratteristico oronimo). Segue l’altrettanto caratteristico picco acuminato di Monte Cucco, toponimo considerato relitto linguistico dal latino cuccum, cucuzzolo, ma si pensa anche ad un‘origine onomatopeica dal latino cuculus, latino medievale cuccus, cuculo, romagnolo kòk (A. Polloni, cit.). Chiude la testata la Cima del Termine, rilievo anticamente detto Terminone, dove appunto “terminava” l’estensione della Selva di Casentino overo di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli donata (assegnata in perpetuo) tra 1380 e il 1442 dalla Repubblica Fiorentina all’Opera del Duomo di Firenze, all’epoca detto anche Le Rivolte di Bagno, infatti si “rivolgeva” bruscamente (data la morfologia improvvisamente impervia del sito) e dava inizio al tragitto in tale direzione. Al rialzarsi dei rilievi si alternano andamenti più lineari interrotti dalle selle dei Passi dei Cerrini, di Massella e dei Lupatti. Ai passi e alle incisioni dello Spartiacque Appenninico corrispondono i rami degli affluenti più montani del Bidente: oltre al Fosso del Rovino, già delle Capanne o Capannacce, con rami che si estendono anche al Passo della Crocina fino al Passo e Poggio della Bertesca, verso Est trovano origine il Fosso delle Ranocchie, lo stesso Fiume Bidente e il Fosso dei Segoni, già della Buca Prati o della Buca dei Preti, mentre i Fossi della Spiaggia o delle Spiagge e della Neve, che confluendo danno vita al Fosso della Bocca, già della Buca, hanno origine dal primo tratto del contrafforte principale tra Cima del Termine e lo stacco del Crinale del Finocchio. Il Fosso dell’Eremo, affluente del Fosso della Bocca con origine dal Crinale del Finocchio e il Fosso dell’Eremo Nuovo convergono da versanti opposti sul sito eremitico. I Fossi di S. Giavolo, dal Piano al Fondo o del Castagnaccio, Fondo Rignone già dell’Abetaccia, dei Pianelli, del Vallone, dei Poderini, di Cà Giorgio, di Cà dei Maestri, delle Fiurle, delle Case, del Poggiolo, delle Palaine di Mezzo, del Troghetto, del Trogo, del Paretaio, di Ricavoli e delle Cortine, nascono dal contrafforte secondario, quindi appartengono alla sx idrografica bidentina. Il Fosso di Rio d'Olmo o Ridolmo con i suoi affluenti della Capra, di Susinello e delle Graticce, e il Fosso del Lastricheto, nascono dal contrafforte principale, mentre gli affluenti del Lastricheto, i Fossi della Casaccia o Campaccia, del Podere, della Lastraccia e Castelluccio, nascono dal crinale Castelluccio/Riccio, come pure i Fossi di Michelone e dei Pozzetti, comunque tutti appartengono alla dx idrografica bidentina.
Come sopra detto, in base alla cartografia moderna, sia della Regione Emilia-Romagna sia della Regione Toscana, viene indentificata l’origine del Bidente di Pietrapazza tra una delle ramificazioni che incidono lo Spartiacque comprese tra quelle del Fosso delle Ranocchie e del Fosso dei Segoni e, per la precisione, trova origine in quella sella, compresa tra il Monte Cucco e il Passo dei Lupatti, che anticamente era detta Passo di Massella, laddove il sent. 60 CAI si innesta sul sentiero 00 di crinale, toponimo oggi scomparso o desueto e riportato unicamente nella Carta d’Italia dell’I.G.M. di primo impianto in scala 1:50.000, per l’area datata 1893-94; secondo tale mappa il Bidente pare avere origine dalla complessiva confluenza dei fossi provenienti dalla testata appenninica, che non vengono altrimenti identificati. Nella successiva mappa I.G.M. del 1937 più particolareggiata, essendo in scala 1:25.000, viene invece identificato il solo Fosso del Rovino mentre il tratto alto del Bidente pare corrispondere al Fosso dei Segoni. Nel Catasto Toscano del 1826-34 vengono identificati tutti i sopracitati fossi della testata appenninica, danti origine al c.d. Fosso Bidente, mentre non è rappresentato il suo ramo alto. Infine, secondo la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 - conservata presso il Nàrodni Archiv Praha), il fiume (detto anche qui fosso) aveva origine più a valle, ovvero solo dopo l’immissione del Fosso della Bocca, mentre il breve tratto a monte fino alla confluenza tra il Fosso delle Capanne (oggi del Rovino) e il Fosso della Buca Prati (oggi dei Segoni) era detto Fosso del Pian del Miglio (Pian del Miglio era il pianoro adiacente).
Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur mantenendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate. Comunque, nel Settecento, chi voleva risalire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» e per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). Inoltre, «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, 1992, p. 32, cit.). Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.).
La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Pietrapazza, ricordando che se per la realizzazione delle prime grandi strade carrozzabili transappenniniche occorrerà attendere tra la metà del XIX secolo e l’inizio del XX, il crinale che dal Passo della Crocina si svolge fino alla Rondinaia in gran parte venne fortunatamente salvaguardato dal distruttivo progetto dell’ingegnere granducale Ferroni che, tra le ipotesi di “strada dei due mari” che doveva unire la Toscana e la Romagna, indicava il tracciato montano Moggiona-Eremo di Camaldoli-Passo della Crocina-Casanova in Alpe-Santa Sofia (essendo ritenuto idrogeologicamente valido).
Sul contrafforte principale da Cima del Termine probabilmente già dal 1084 è documentata nel Regesto di Camaldoli la Via de Monte Acutum, come peraltro «[…] conferma un’opinione espressa nel 1935 dal Mambrini circa l’esistenza di una strada percorribile fra i boschi di quel perfetto triangolo, il Monte Acuto, costantemente rilevato nella documentazione medievale come punto di confine fra la Romània e la Tuscia […].» (C. Dolcini, Premessa, in: C. Bignami, A.Boattini, A. Rossi, a cura di, 2010, pp. 7-8, cit.). Il Mambrini fa un altro riferimento a tale strada nel trattare del Castello di Riosalso: «Il cardinale Anglico così lo descrive nel 1371: “Il castello di Riosalso è nelle Alpi in una certa valle sopra un sasso forte. Ha una rocca ed una torre fortissima ed è presso – circa un miglio – alla strada che mena in Toscana.” […] La strada qui ricordata era sul crinale del monte sopra il castello e per Nocicchio, passando a destra di Montecucco, per Badia Prataglia conduceva in Casentino. Qua e là restano gli avanzi di questa strada.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 288, cit.). Una relazione del 1652 conservata nell’Archivio dell’Opera del Duomo, che descrive la ripartizione delle aree in gestione in otto parti, è utile per ricavare un utile riferimento su tale sito: «L’ottava e ultima parte delle selve dell’Opera viene separate dalla precedente col Poggio della Bertesca e resta fra esso poggio e il Poggio delle Rivolte di Bagno ultimo termine di dette selve. » (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 263-271, cit.). In una mappa del 1637 allegata ad una relazione del 1710 del provveditore dell’Opera del Duomo di Firenze (riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, in A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.) si ritrova il toponimo Rivolte (oggi sent. 201 CAI), ulteriormente specificato nel Contratto livellario stipulato nel 1818 tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli: «Comunità di Bagno. Una vasta tenuta di terre nell’indicata comunità, abetata, faggiata, frascata, lavorativa, prativa, massata, trafossata come più e meglio verrà descritta in appresso sia nella qualità che nella quantità, alla quale la circonferenza confina: primo, con la Comunità di Bagno incominciando dal luogo detto le Rivolte e precisamente dal termine giurisdizionale delle Comuni di Bagno-Poppi, da questo termine calando per la scesa delle Rivolte fino al Prato ai Grilli; […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 461-463, cit.). Con il Catasto Toscano tale via diviene la Strada che da Montecarpano va alla Badia a Pretaglia. Al Giogo, come genericamente era detta la via sullo Spartiacque Appenninico, poi Via Sopra la Giogana o semplicemente la Giogana, si giungeva anche tramite il Passo della Crocina (anticamente Crocina di Bagno e Croce di Guagno o Guagnio) grazie all’antica Via Maestra che vien dall’Eremo, toponomastica della citata mappa del 1637 oltre che contenuta in una relazione del 1663 «[…] si venne per la strada del Poggio tra la Bertesca e Valdoria et il Pozzone et arrivati alla Croce di Guagnio e pigliato il Giogo tra il confino de reverendi padri di Camaldoli e l’Opera di Santa Maria del Fiore si seguitò detta giogana […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 315, cit.). Nel Catasto Toscano detta via maestra si trova per un tratto riclassificata Strada che dal Sacro Eremo va a Romiceto (oggi sent. 207 CAI), quindi era detta Strada Maestra di S. Sofia fino Casanova dell’Alpe verso Sud, e Strada che dalla Casanova va a Santa Sofia in riferimento al tratto Nord compreso tra la Ripa di Ripastretta e il Passo del Vinco: esso interessava il Monte La Rocca e raggiungeva il Passo della Colla, aggirava i Monti Pezzoli e Marino sul versante SE e scendeva a Poggio alla Lastra divenendo di fondovalle fino a S.Sofia. Dalla via maestra, al Passo della Bertesca si staccava inoltre Strada che da Camaldoli va alla Bertesca, giungente fino all’Eremo Nuovo, oggi in parte sostituita da viabilità poderale (sent. 205 CAI); quindi la Strada che dall’Eremonuovo va a Pietrapazza si ricollegava con la Strada che da Pietrapazza va a Bagno, nel versante bagnese detta Strada detta della Lastra che va a Monte Carpano, che valicava la Colla di Càrpano incrociando la citata Strada che da Montecarpano va alla Badia a Pretaglia. Questa viabilità doveva essere ritenuta di rilievo per i collegamenti tra S. Sofia e l’interno, tanto da essere l’unica riportata nella schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia insieme alla viabilità di crinale, mancando invece un tracciato di fondovalle tra Pietrapazza e Poggio alla Lastra, questo anche significando quale fosse il limite dell’area di influenza camaldolese.
Tra il XIX secolo e la prima metà del XX si assiste alla completa ri-organizzazione della viabilità locale e di crinale, che culminerà con la classificazione delle Mulattiere colleganti anche trasversalmente le vallate collaterali, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte di esse, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli (alcune strade forestali verranno realizzate solo al termine del ventennio successivo).
Il vecchio tracciato di fondovalle della Mulattiera de Bidente iniziava al Ponte di Cà Morelli, sul ramo fluviale di Strabatenza, in collegamento con il tracciato della Traversa di Romagna per Bagno, e correva vicino al fiume, attraversandolo spesso tramite numerosi ponti alla ricerca della situazione orografica più favorevole. A Pian del Ponte – la Bottega, c.d. «[…] per l’appalto di generi vari e di monopolio che v’era.» (G. Marcuccini, Le valli alte del Bidente: un cammino nella memoria, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p. 120, cit.), dove si trova un sistema di ponti antichi e moderni (Ponte del Faggio) e due cippi segnalano l’incrocio con la Mulattiera di Ridràcoli, iniziava il tratto intermedio Ponte Bottega-Pietrapazza della mulattiera di fondovalle e una colonnina indicava la deviazione relativa al tratto Rio Salso-S. Piero in Bagno. Sulle pietre cantonali delle case era incisa la distanza in km intercorrente in direzione Pietrapazza (p.es.: a Cetoraia km 0,610 fino a Campo di Sopra e qui km 1,200 fino a Cà Micheloni). Il Ponte Bottega o di Strabatenza, in pietrame ad arco a tutto sesto, posto all’inizio della Mulattiera di Casanova (insieme alla Casina del Ponte, che ne osserva il transito, costituisce un interessante scorcio paesaggistico) si può considerare il primo sul Bidente di Pietrapazza. Il Ponte al Mulino alle Cortine, in ferro ad una campata su pile in pietrame e tavolato ligneo, collegava le due mulattiere citate all’altezza di Cetoraia. Sotto Cà di Pasquino, un malandato Ponte al Mulino delle Graticce (il terzo dei mulini dell’antico Comune di Poggio alla Lastra, dopo quello di Pontevecchio e delle Cortine), in legno ad una campata su spalle in pietrame, eseguito secondo una tecnica costruttiva che doveva essere molto comune nell’area del Bidente (tra l’altro si trova codificata in una relazione di quell’epoca del comune di Bagno di Romagna), costituita da tre tronchi poggianti su pile laterali in pietrame a secco, tavolato protetto da un manto di pietrisco e parapetto in legno, attraversa ancora il fiume percorso dalla mulattiera per Cà dei Maestri/M. Roncacci ma è ormai intransitabile. Sul Fosso di Cà dei Maestri in prossimità della confluenza nel Bidente i resti di un ponticello mostrano ancora la modesta tecnica costruttiva delle passerelle costituite da una o due travi accostate senza parapetto su spalle in pietra.
Incidendo pesantemente sull’orografia dei luoghi, alla Mulattiera del Bidente (brevi tratti si riescono ad individuare in prossimità degli insediamenti) negli anni 1965-70 si è sovrapposta quasi ovunque l’odierna strada forestale che raggiunge comodamente una Pietrapazza ormai disabitata. Qui si trova (restaurato) il piccolo Ponte delle Graticce o della Cantinaccia, alla confluenza dell’omonimo fosso nel Rio d’Olmo e prima che questo si immetta nel Bidente. Risalente al 1898 ed eseguito in pietrame presenta tipologia ad arco circolare leggermente ribassato con pavimentazione in pietra arenaria posta di taglio, prima della sua costruzione la mulattiera guadava il fosso poco più a monte inizialmente aggirando il versante sx. Il ponte costituiva snodo di collegamento con le citate Strada che da Pietrapazza va a Bagno e Strada detta della Lastra che va a Monte Carpano che, impraticabili per molti mesi dell’anno, nel 1841 vennero parzialmente abbandonate (ma da Rio d’Olmo è tuttavia ancora possibile ritrovarne lunghi tratti tra i tornanti dell’ampia strada forestale) e sostituite dai tracciati più a mezzacosta della Mulattiera Bagno-Pietrapazza-Ridracoli. Nel versante di Ridolmo se ne vedono alcuni tratti sotto la rotabile oltre al cippo stradale presso il Passo di M. Càrpano. Da Pietrapazza risaliva sostando davanti alla Maestà della Casaccia (ma da Rio d’Olmo è tuttavia ancora possibile ritrovarne lunghi tratti ormai abbandonati tra i tornanti dell’ampia strada forestale) fino a valicare la Colla di Càrpano, dove consentiva una sosta alle Case di Monte Càrpano (anticamente M. Carpi) presso una nota, ma non documentata, Osteria: «Monte Carpano […] era un notevole luogo di transito: non a caso alla fine dell’Ottocento v’era un’osteria frequentata da quel piccolo mondo di mestieri e traffici col Casentino (fattori, sensali, mercanti di bestiame) e, soprattutto, con la foresta della Lama e Camaldoli per il rifornimento di legname per madiai e bigonciai, di “cime” d’abete per i coronai.» (G. Marcuccini, 1992, pp. 119, 120 cit.). Poco dopo il Ponte delle Graticce si distacca ancora inalterata (sent. 205 CAI) la citata Strada che dall’Eremonuovo va a Pietrapazza, attraversando il Rio d’Olmo su una passerella in legno e travatura in ferro (che sostituisce un ponte con una struttura principalmente in pietra ed un tratto in legno ancora documentata negli scorsi anni ’80). Essa risale sul Crinale o Raggio del Finocchio sostando davanti alla Maestà del Raggio o della Cialdella o di Pietrapazza, poi ridiscende presso il Bidente fino l’Eremo Nuovo superandolo sul Ponte della Chiesina, ricostruito, dopo il quale diviene ampia pista poderale fino alla Bertesca e all’incrocio con la S.F. del Cancellino (collegante con il Passo dei Lupatti, aperto nel 1900 in occasione della costruzione della ferrovia Decauville del Cancellino, poi trasformata in strada forestale.
Nelle varie epoche (fino alla demanializzazione delle foreste) nel baricentro economico-religioso di Casanova dell’Alpe si incrociavano gli itinerari di collegamento con le vallate laterali, frequentati dagli operatori del settore del legname, lavoratori e commercianti. Tra essi la Mulattiera di Ridràcoli, che valicava il crinale tramite il Passo della Colla (posto nella sella tra il Monte La Rocca e il Monte Marino), che scendeva a Strabatenza e a la Bottega e la Mulattiera della Colla, che risaliva invece sul Marino da Poggio alla Lastra riunendosi a quella proveniente da Strabatenza; complessivamente le due mulattiere nel Catasto Toscano costituivano la Strada che da Ridracoli va a Poggio alla Lastra. Da la Bottega la Mulattiera di Casanova risaliva la valle del Trogo, mentre la Mulattiera di Pietrapazza (qui incentrata) collegava Ridràcoli con Bagno di Romagna tramite la Valle del Rio d’Olmo e il Passo di Monte Càrpano, da un lato, e la Valle del Fosso Fondo Rignone e la sella Siepe dellOrso-Paretaio, dall’altro. Questo tratto, nel Catasto Toscano detto Strada che da Siepe dell’orso va a Pietrapazza, attraversa il Bidente sul Ponte al cimitero di Pietrapazza (restaurato), documentato ponte sul fiume Bidente al fosso dell’Eremo Nuovo quindi Ponte dell’Eremo Nuovo, o al Mulino detto di Cà del Conte, in muratura di pietrame ad un’arcata circolare a tutto sesto pavimentato con pietra arenaria posta di taglio, costruito nel 1895 dai Milanesi - rinomati scalpellini di Cà di Pasquino di una stirpe familiare di origine comacina localmente nota, «Vi lavorarono come muratori (lombardi, come si diceva in quel tempo) […]» D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 132, cit.) - in luogo di una struttura in legno ormai pericolante e già a fine ‘700 ridotta a «[…] una trave d’abeto coi mantingoli […]» (S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, 1987, p. 105, cit.). Oltre il ponte si trova il Mulino Milanesi o di Cà del Conte, così documentato per la prima volta nel 1741 in quanto eccezionalmente di proprietà dei suoi abitanti, anticipando di qualche decennio la riforma leopoldina che, alla fine del Settecento eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire mulini. Intercalata alle incisioni vallive del reticolo idrografico emerge una trama di dorsali minori di vario impatto morfologico, alcune delle quali si proiettano più evidenti verso il fondovalle concentrandosi verso il sito dell’Eremo Nuovo, con pendenze mediamente ripide ma alcune non tali da impedire la percorribilità di crinale. Tra esse, nella mappa del 1637 compare il disegno approssimativo di un altro antico percorso, la Via del Rovino, direttamente collegante il fondovalle del Bidente di Pietrapazza e l’Eremo Nuovo con il Giogo: dai raffronti cartografici e morfologici essa è da collocare prevalentemente sul crinale di quella citata lunga dorsale che si distacca da Poggio Rovino, ancora oggi segnata da evidenti tracce di trascorse (o rinnovate) percorrenze. L’Eremo Nuovo era pure collegato con i poderi in dx idrografica (Poderuccio, Buca) attraversando il fiume tramite il Ponte dell’Eremo, ormai in rovina, modestamente costituito da tre travi accostate (ne resiste una) su robuste spalle in pietra, che comunque certifica una certa importanza del tracciato non servito da un semplice guado, ma il percorso, nel catasto moderno corrispondente alla S. Vic.le Campo Rosso-Eremo Nuovo, raggiungeva le Rivolte di Bagno tramite il valico di Prato ai Grilli, con discesa a Campo del Rosso. Di un ulteriore difficoltoso percorso di crinale restano tracce sulla dorsale (interessata da siti anticamente detti Poggio di Magnano, Ripabianca e Piano dei Lupatti) che si stacca dai pressi del Passo dei Lupatti e delimita il versante occidentale dal ramo iniziale del Bidente. Ulteriore dorsale con tracce di percorrenze (interessata da siti anticamente detti Segoni e Legnamenti) si stacca dai pressi di Cima del Termine delimitando il versante orientale del Fosso dei Segoni andando poi a stringere sul Bidente.
Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.:- L’Appennino romagnolo era caratterizzato fino a metà del XX secolo (superata in qualche caso per un paio di decenni) da una capillare e diffusa presenza di mulini ad acqua, secondo un sistema socio-economico legato ai mulini e, da secoli, radicato nel territorio del Capitanato della Val di Bagno. Intorno al Cinquecento ognuno dei 12 comuni del Capitanato disponeva di almeno un mulino comunitativo la cui conduzione veniva annualmente sottoposta a gara pubblica a favore del migliore offerente. Nell’alta valle del Bidente di Pietrapazza il Comune di Poggio alla Lastra possedeva tre mulini, il Mulino di Pontevecchio, il Mulino delle Cortine e il Mulino delle Graticce; a quell’epoca nell’area si registrano assegnazioni per 230 bolognini. La manutenzione poteva essere a carico del comune o del mugnaio. Alla fine del Settecento l’attività riformatrice leopoldina eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire altri mulini in concorrenza produttiva, cui seguì un progressivo disinteresse comunale con riduzione dell’affitto annuale dei mulini pubblici fino alla loro privatizzazione. Nell’Ottocento, con la diffusione dell’agricoltura fino alle più profonde aree di montagna, vi fu ovunque una notevole proliferazione di opifici tanto che, ai primi decenni del Novecento, si potevano contare undici mulini dislocati lungo il Bidente di Pietrapazza e i suoi affluenti. Dagli anni ’30, la crisi del sistema socio-economico agro-forestale ebbe come conseguenza l’esodo dai poderi e il progressivo abbandono dell’attività molitoria e delle relative costruzioni.
- Il toponimo “bidente”: «[…] due denti, sta ad indicare lo strumento agricolo a forma di zappa con due denti; ma anche l’animale, di solito pecora, che è alla seconda dentizione, cioè di due anni: generalmente esso veniva ucciso nei sacrifici più comuni dei romani (latino, bidens, bidentis). L’attribuzione di questo termine all’alto corso del fiume risulta però problematica. Alle ipotesi più conosciute si può, con più attendibilità, aggiungere quella che vede la parola bidente derivare dalla caduta della vocale iniziale di obbediente, come risulta chiaramente dai documenti relativi alla Romagna Toscana dei secoli XVI-XVII, dove l’alto corso del fiume viene detto per l’appunto “Obbediente”» (AA. VV., 1984, pp. 27, 28, cit.). Ma è «Seducente riportare gli idronomi Bedesis, Bidens … Bedes ad alterazione dell’età volg. di una radice celtica, bedo/bede/bidi = canale, biàlera dei mulini […]» (A. Polloni, 1966-2004, p. 42, cit.). Secondo E. Rosetti Plinio chiamò il fiume Vitis, nome che si vorrebbe derivato dalla vite, coltivazione tipica della vallata, e Tito Livio lo chiamò Utens o Vitens, da cui Bitens e Bidente. Il nome di Bedente comparve la prima volta nel Pontificale ravennate di Andrea Agnello (detto Agnello Ravennate), storico ravennate del principio del secolo IX: «[…]vogliono alcuni che questo nome sia una storpiatura di Bedese, nome applicato da Plinio probabilmente al Montone, mentre altri credono che derivi piuttosto dal nome Vitis, attribuito dallo stesso Plinio al Ronco […] Quindi non è difficile che da Bedese […] e poi in Bedente, sia derivato il nome di Bidente. … Dopo il secolo IX il Vitis o Bidente prese il nome di Acquedotto, forse perché costeggiava l’acquedotto di Trajano, che da Meldola conduceva acqua potabile a Ravenna, ed è solo dopo il secolo XII che nei documenti ravennati compare col nome attuale di Ronco […] Non è da tacersi infine che alcuni storiografi zoologici fantasticarono che il nome Bidente potesse derivare dalle capre e pecore, che pascolano nelle sue vallate.» (E. Rosetti, 1894, rist anast. 1995, pp. 143, 665-666).
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
AA.VV., Il popolo di Pietrapazza, C.C.I.A.A. di Forlì, Cooperativa culturale Re Medello, Forlì 1989;
C. Bignami, A. Boattini, La Gente di Pietrapazza, Monti editore, Cesena 2018;
C. Bignami, A. Boattini, A. Rossi (a cura di), AL TEMPE DEL COROJJE - Poderi e case rurali nel territorio parrocchiale di Bagno di Romagna - Immagini e storie di altri tempi, Edizioni Nuova S1 Il Girovago, Bologna 2010;
A. Bottacci, La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, 1959-2009, 50 anni di conservazione della biodiversità, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, Pratovecchio, 2009;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, I sentieri dei passi perduti. Territorio e mulattiere tra alta Val Savio e alta Val Bidente nel Comune di Bagno di Romagna. Storia e Guida, Coop. Culturale “Re Medello”, C.M. dell’Appennino Cesenate, S. Piero in Bagno 1987;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;
E. Rosetti, La Romagna. Geografia e Storia, Ulrico Hoelpli, Milano 1894, rist. anast. University Press Bologna, Castel Bolognese, 1995;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008, Monti Editore, Cesena;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Link servizimoka.regione.emilia-romagna.it/mokaapp/apps/cst2h5/index.html;
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp;
Testo di Bruno Roba - Oltrepassato per circa 500 m il Passo di Lupatti, posto dopo 2,9 km di ampia strada bianca dalla sbarra in loc. Cancellino, al km 198+500 circa della S.P. dei Mandrioli, la curva stradale attraversa una trincea oltre la quale si notano, distanziati di 90 m, i rami di primo impluvio del Bidente di Pietrapazza, a monte provenienti dal Passo di Massella. Il tratto fluviale terminale di fondovalle è facilmente osservabile dalla S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza, sterrata transitabile di circa 10 km. Il tratto mediano si può osservare da Pietrapazza seguendo il sent. 205 CAI fino all’Eremo Nuovo, 2,3 km; da qui si può osservare il tratto anticamente detto Fosso del Pian del Miglio (per esperti) fino alla plurima confluenza dei Fossi del Rovino, delle Ranocchie e dei Segoni, 700 m.
foto del 2010 all'altezza di Pietrapazza, inviata da Walter Donati
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Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.
00a1 - 00a2 - 00a3 – Dal Poggiaccio e suoi pressi, sul contrafforte principale che si stacca da Cima del Termine, vedute panoramiche dello Spartiacque inciso dalle ramificazioni degli affluenti di testata del Bidente di Pietrapazza, tra cui lo stesso ramo alto del fiume (3/10/11).
00b1/00b4 – Dal Crinale del Finocchio, vedute di parte della testata del Bidente di Pietrapazza tra il crinale medesimo e Poggio Rovino (agevola l’indice fotografico) e dell’alta valle all’altezza dell’Eremo Nuovo (12/07/16).
00c1/00c4 - Dal sito de Il Finocchio, posto su una diramazione dell’omonima dorsale, si hanno le vedute più prossime al tratto di Spartiacque inciso dalla ramificazione di testata del Bidente (7/04/18).
00d1/00d4 - Dal sent. 205, che dalla S.F. del Cancellino sale al Passo della Bertesca, poi dalla Bertesca, scorci sul tratto dello Spartiacque inciso dalla vallecola del ramo alto del Bidente, evidenziata dall’abetina (16/07/12 – 28/10/20).
00e1 – Schema cartografico del bacino idrografico dell’alta valle del Bidente di Pietrapazza.
00e2 – Schema cartografico della bassa valle del Bidente antecedente alla realizzazione della S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza.
00e3 – Schema da cartografia di fine XIX secolo dove al Bidente pare venga attribuito anche il corso dell’odierno Fosso dei Segoni.
00e4 – Schema da cartografia di metà del XIX secolo dell’alta valle del Bidente di Pietrapazza con repertorio della toponomastica antica, dove il Bidente è preceduto dal breve Fosso del Pian del Miglio.
00e5 – 00e6 - Schema da cartografia di inizio XIX secolo dove il Fosso Bidente inizia dalla confluenza dei fossi alto-montani, con particolare dell’area a ridosso dello Spartiacque con la rappresentazione dell’origine del Fosso Bidente come conseguenza della confluenza dei fossi alto-montani.
00e7 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, riguardo la viabilità principale evidenziava esclusivamente i tracciati viari di crinale che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, il tracciato di fondovalle S.Sofia-Poggio alla Lastra che poi si riconnetteva al tracciato di crinale ed il tracciato trasversale che collegava i Passi della Bertesca e di Monte Càrpano transitando da Pietrapazza. La toponomastica riprende, anche nella grafica, quella originale; integrazioni in neretto a fini orientativi.
00e8 – Schema del sistema viario storico principale al XIX secolo, che nella prima metà del XX secolo venne integrato con il sistema delle mulattiere, su base cartografica dei primi decenni del XX secolo, prima della realizzazione dell’invaso di Ridràcoli e della viabilità provinciale interna.
00e9 – Schema cartografico dell’area tra Pietrapazza e il Monte Càrpano dove è riportata la viabilità storica principale e sono evidenziate la Strada che da Pietrapazza va a Bagno, la Strada detta della Lastra che va a Monte Carpano e la Mulattiera Bagno-Pietrapazza-Ridràcoli.
00f1 – 00f2 – 00f3 – Il Passo di Massella, sullo Spartiacque, con il primo impluvio del Bidente di Pietrapazza (30/09/20).
00g1/00g4 - Il ramo orientale del primo impluvio del Bidente visto dalla S.F. del Cancellino (26/05/16 - 6/10/20).
00g5 - 00g6 – 00g7 – Il ramo occidentale del primo impluvio del Bidente visto dalla S.F. del Cancellino (26/05/16 – 6/10/20).
00h1/00h13 – All’altezza del sito anticamente detto Pian dei Lupatti, la dorsale che delimita il ramo alto del Bidente compie una decisa deviazione attorno ad un suo notevole salto di quota, al momento privo di cascata, quindi l’alveo raggiunge il fondovalle alla confluenza del Fosso dei Segoni, affiancato da un’evidente pista (6/10/20 – 27/08/20).
00i1/00i8 – Successivamente il fiume raccoglie la confluenza del Fosso delle Ranocchie, sempre affiancato dalla pista (19/02/17 – 27/08/20).
00l1/00l5 – Il Fosso del Rovino è l’ultimo importante affluente del fiume proveniente dallo Spartiacque (19/02/17 - 27/08/20).
00m1/00m7 – L’antico toponimo del pianoro posto poco a monte dell’Eremo Nuovo determinò l’attribuzione l’idronimo di Fosso del Pian del Miglio per un breve tratto del Bidente, che manterrà fino alla confluenza del Fosso della Bocca; in questo tratto, a valle dell’Eremo, il fiume è attraversato dai resti di un ponte pedonale (19/02/17 – 7/04/18).
00n1/00n6 – Tratto del Bidente presso l’immissione del Fosso della Bocca, a valle dell’Eremo (28/10/20).
00n7/00n13 – Tra l’Eremo Nuovo e la Ciardella il Bidente supera una cascata, con resti di una centrale idroelettrica (forse su resti dell’antico Mulino dell’Eremo Nuovo), quindi viene attraversato dal Ponte della Chiesina (7/04/18).
00n14 – 00n15 – Da La Ciardella, veduta della valle verso l’Eremo Nuovo; dal crinale nei pressi del Passo dei Lupatti, scorcio della valle tra l’Eremo Nuovo e La Ciardella (7/01/12 – 3/10/12).
00o1/00o6 – Vedute del Bidente tra Campo della Sega e Pietrapazza (12/07/16 - 1/09/16).
00o7/00o10 – Da Rignone, sulla mulattiera anticamente Strada che da Siepe dell’Orso va a Pietrapazza, oggi sent. 221 CAI, vedute verso la valle del Bidente, separata da quella del Rio d’Olmo dal Crinale o Raggio del Finocchio, quindi da detto crinale, vedute verso il tratto vallivo di Campo della Sega e verso Pietrapazza (3/10/12 - 9/05/13 – 19/04/18).
00o11 – 00o12 - 00o13 – Dal crinale che che da Pietrapazza risale verso le Graticce, pressiCà di Mengaglia, vedute verso Pietrapazza e il picco piramidale che la sovrasta (19/04/18).
00o14/00o17 – Dal Crinale delle Graticce a monte del Pianaccio, panoramica e vedute che evidenziano la perfetta morfologia piramidale del picco di Pietrapazza, con particolare della chiesa (23/03/22).
00p1/00p5 – Il Bidente presso il ponte di Pietrapazza (18/10/11).
00q1/00q4 – Prima dal Crinale del Finocchio, poi dal crinale che da Pietrapazza risale verso Le Graticce, pressi Cà di Mengaglia, vedute delle ristrettezze vallive tra Ca’ de’ Conti, Casa Pasquino ed oltre (1/09/16 – 19/04/18).
00q5/00q9 – Vedute del Bidente all’altezza del Molino delle Graticce presso Ca di Pasquino e del ponte pedonale che collegava con la mulattiera diretta a Cà de’ Maestri (12/08/16 - 5/10/16).
00q10 – 00q11 – Dalla S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza, vedute del Bidente a valle di Pietrapazza; nell’ombra si scorge il picco piramidale presso cui sorge la Chiesa di S. Eufemia (7/04/18).
00q12 – 00q13 – 00q14 – Il Bidente al Ponte della Cortina, presso il Molino delle Cortine sull’antica mulattiera per Pietrapazza, e al Ponte Bottega, sulla Mulattiera di Casanova (10/12/16).
00r1 – 00r2 – 00r3 – Dalla Mulattiera di Casanova, sent. 211, che si inerpica verso La Cortina, vedute del Bidente (23/03/22).
00r4 – Dalla S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza, veduta del tratto più stretto della valle di Pietrapazza (1/06/18).
00r5/00r8 – Dalle pendici del Monte La Rocca, pressi di Strabatenza, vedute della chiusura della valle del Bidente di Pietrapazza: in dx idrografica si nota il Monte Riccio, in sx si nota l’incisione del Fosso delle Cannetole, proveniente dalla piega tra i Monti La Rocca e Marino, con la pendice ancora ritagliata dai prati dell’insediamento di Cannetole, che nasconde i resti dell’antica chiesa di S. Michele, risalente ai primi del ‘500, conservandone un architrave scolpito (1/06/18).
00r9 – Da Poggio Rovino, particolare scorcio sullo sbocco della valle del Bidente di Pietrapazza per cui la deformazione prospettica fa apparire la dorsale anticamente detta Raggio di Rignone (dove si individuano i resti di Rignone) prossima e convergente sulla lunga dorsale proveniente dal Monte Castelluccio e terminante con il Monte Riccio (10/05/21).