Le Celluzze
casa in sponda sinistra del lago di Ridracoli, parzialmente sommersa nei periodi di maggior portata dell'invaso
Testo di Bruno Roba (28/08/2019)
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.
In particolare, la Valle del Fiume Bidente di Ridràcoli riguarda quel ramo intermedio del Bidente delimitato, ad Ovest, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli. Ad Est la valle è delimitata dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si diparte da Poggio allo Spillo (collegando Poggio della Bertesca, Croce di Romiceto, i Monti Moricciona, La Rocca, Marino, Pezzoli e Carnovaletto) per concludersi con il promontorio della Rondinaia digradando a valle di Isola costretto dalla confluenza del Fiume Bidentino o Torrente Bidente di Fiumicino nel Fiume Bidente. La Rondinaia è nota per il castello con la sua torre «[…] baluardo di antica potenza, elevato fin dai tempi romani alla difesa contro le orde barbariche che dal nord d’Europa scendevano a depredare le belle contrade d’Italia.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 274).
Il bacino idrografico, di ampiezza molto superiore rispetto alle valli collaterali e che vede il lago occupare una posizione baricentrica con l’asta principale fluvio/lacustre f.so Lama/invaso/fiume posizionata su un asse mediano Nord-Sud, mostra una morfologia molto differenziata rispetto al suo baricentro. L’area sorgentifera, con la realizzazione dell’invaso artificiale, si differenzia tra quella che lo alimenta e quella a valle della diga che alimenta direttamente il fiume. A monte l’area imbrifera si amplia estendendosi da Poggio Scali fino al Passo della Crocina mostrando, specie nella parte a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico (la c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), fortissime pendenze modellate dall’erosione e dal distacco dello spessore detritico superficiale con conseguente crollo dei banchi arenacei, lacerazione della copertura forestale e formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati, talvolta con roccia affiorante (Frana Vecchia, 1950, e Frana Nuova, 1983-1993, sempre attiva, di Sasso Fratino). Nei fondovalle, specie dove essi si fanno più tormentati, profondi e ristretti, conseguono formazioni di gole, forre, financo degli orridi, con erosioni fondali a forma c.d. di battello. A valle dell’invaso il bacino si restringe specie in sx idrografica e, dalla diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo è conseguita un’alternanza di pendii più dolci a prato-pascolo e di tratti intensamente deformati e brecciati, mentre i tratti più ripidi dei rilievi mostrano la roccia denudata.
Il tratto di contrafforte che, come detto, si stacca da Poggio Scali, trova una serie di picchi tra cui emerge subito Poggio della Serra, quindi il Monte Grosso e l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, in corrispondenza del quale comincia un’ampia rotazione, che volge al termine dopo aver superato Ronco dei Preti, quando precede una netta controcurva così riprendendo l’orientamento principale verso il suo termine. Detti rilievi costituiscono nodo montano da cui si diramano ulteriori dorsali di vario sviluppo e consistenza geomorfologica che delimitano il sistema vallivo del versante orientale del bacino idrografico di Ridràcoli che alimenta sia l’altra importante asta torrentizia afferente l’invaso ed incentrata sul Fosso del Molinuzzo sia quella del Rio Bacine. In particolare, dall’Altopiano di S. Paolo in Alpe si stacca una lunghissima, arcuata ed affilata dorsale caratterizzata dalle evidentissime stratificazioni marnoso-arenacee del suo versante meridionale, la cui sommità è nota come Crinale della Vacca, che termina contro l’ansa del Bidente tra la diga ed il Castello di Ridràcoli, affiancando il Lago. Questa dorsale costituisce il ripido versante esposto a settentrione della Valle del Rio Bacine mentre il versante meridionale dell’anfiteatro vallivo è disegnato dall’ampio arco del contrafforte, con testata che si sviluppa tra l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, Poggio Squilla e Ronco dei Preti, dove hanno origine i due principali affluenti Rio del Castagno e Fosso del Castagno, alla cui confluenza pare doversi attribuire l’origine del Rio Bacine, mentre storicamente il Rio del Castagno costituiva il tratto torrentizio principale ed il Fosso delle Bacine era il tratto finale. L’origine del Rio Bacine può comunque essere fatta coincidere con quella del Rio del Castagno, nell’anfiteatro di Poggio Squilla, mentre il Fosso del Castagno ha origine dall’Altopiano di S. Paolo in Alpe. Dopo Ronco dei Preti, mentre il contrafforte compie una decisa deviazione verso l’allineamento finale Poggio Collina-Poggio Castellina, si origina però uno sfrangiamento di dorsali che prosegue verso Levante ed avvicinandosi al Crinale della Vacca completa la delimitazione della Valle del Rio Bacine verso il suo sbocco.
Dal Monte Grosso si distacca verso SE un lungo costone di pendenza modesta che raggiunge il fondovalle del Fosso dell’Aiaccia, delimitando la Valle delle Pozzacchere da NE (ma panoramicamente risalta l’ampia Valle del Ciriegiolone), mentre il versante opposto del costone delimita la Valle del Rio Fossati o Fosso del Raggio.
Dal Poggio della Serra si stacca verso Levante una lunga ed affilata dorsale di pendenza modesta che completa la delimitazione meridionale del bacino idrografico del Fosso del Ciriegiolone.
Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovano collocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate, come quella di Corniolino. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici.
La confluenza del Fosso del Ciriegiolone con il Fosso delle Pozzacchere origina il Fosso dell’Aiaccia, il quale confluendo con il Rio Fossati dà origine al Fosso del Molinuzzo: di fatto, (mentre la valle del Fossati mantiene una propria autonomia morfologica) l’insieme dei fossi evidenziati costituisce la ramificazione più elevata di un bacino idrografico omogeneo convergente nel Fosso del Molinuzzo e, come accennato, importante sistema torrentizio afferente l’invaso, che storicamente si univa con il Fiume Bidente di Ridràcoli proprio sul sito della diga. L’ampio complesso vallivo, rispetto al suo asse di fondovalle costituito dalla sequenza Ciriegiolone-Aiaccia-Molinuzzo, appare asimmetrico nell’estensione superficiale, più sviluppata ed aperta a ventaglio nel versante in sx idrografica, di ampiezza costante in quello opposto costituito dai versanti N e NO di quella lunga ed arcuata dorsale che si stacca da Poggio della Serra per concludersi con Poggio della Gallona, quando precipita verso la diga con un appuntito sprone. L’asimmetria è confermata anche dall’aspetto geomorfologico e vegetazionale, con vasti prati-pascoli e sparse aree denudate ed in erosione di là, pendii più ripidi e boscosi di qua. La convergenza della dorsale Serra-Gallona con quella del Crinale della Vacca conforma infine i ripidissimi versanti dello stretto sbocco vallivo del Fosso del Molinuzzo. Un ramo del Fosso delle Pozzacchere alimenta la Fonte del Rospo.
L’ampio ventaglio vallivo in sx idrografica è quello che ospitava gli insediamenti maggiormente collegati al pascolo brado, ancora oggi praticato stagionalmente nei suo vasti e dolci pendii, Le Pozzacchere o Pozzacchere, il Fosso, Ciriegiolino e Ciriegiolone. Nei versanti del Fosso dell’Aiaccia, benché più ripidi e boscosi, si trovavano comunque gli insediamenti di Pachino, la Casetta o le Casette o Casetta, la Poderina o Poderina e Val di Rubbiana o Valdubiana. Sul crinale presso Poggio della Gallona, costituente anche confine amministrativo, si trovava il duplice insediamento di Pratovecchio, per la precisione da distinguersi tra quello posto appena sul lato occidentale e quello oggi più noto e posto sul lato orientale, però storicamente detto Poggio a Pratovecchio, appartenente al sistema vallivo del Fosso di Campo alla Sega. Il Molinuzzo o Mulinuzzo, posto pressoché all’inizio dell’omonimo fosso, le Celluzze o Le Colluzze (come dal Catasto Toscano del 1826-34), posto su un’ampia stratificazione rocciosa di bassa mezzacosta oggi raggiunta dalle acque dell’invaso, e Ridondone o Rindondone o Ritondone, posto su un ristretto terrazzo morfologico del ripido versante che risale verso il Crinale della Vacca presso un vecchio percorso di scavalcamento, sono gli insediamenti che si trovavano presso lo sbocco vallivo ormai braccio lacustre. Il Fosso è scomparso mentre degli altri insediamenti spesso oggi si ritrovano ruderi sempre più inconsistenti.
Come accennato, la parte finale del Fosso del Molinuzzo, fino poco a monte delle Celluzze, si è trovato coinvolto dalla storia nell’evoluzione del ciclo delle acque di Ridràcoli, note e sfruttate fin dall’antichità in tutta la Romagna. Lo stesso toponimo deriverebbe dal latino Rivus Oracolum o Oraculorum per la probabile presenza presso il torrente di un piccolo tempio pagano con sibilla oracolante, ipotesi comunque verosimile e conforme alla leggenda della Sibilla appenninica delle vicine montagne marchigiane. Già nel II secolo d.C. le problematiche legate al reperimento delle risorse idriche e soprattutto alle necessità di Ravenna e del porto di Classe portarono l’Impero Romano alla realizzazione di un imponente acquedotto che sfruttava il flumen aqueductus Bidente; tracce di esso si trovano negli scritti antichi ed essenzialmente nella toponomastica locale. Dopo un lunghissimo interregno, negli anni ’30 del XX secolo le esigenze della civiltà moderna portano ad effettuare i primi studi per localizzare una diga nell’Alto Appennino forlivese e, nei primi anni ‘60, al fine di fornire risorse idriche sufficienti alle aree di Forlì e Ravenna e alla fascia costiera romagnola, viene individuata l’area a monte di Ridràcoli come idonea per l’imbrigliamento delle acque dell’alto corso del Bidente (oltre ad altre risorse idriche tramite condotte sotterranee), con conseguente realizzazione dell’opera tra il 1975 e il 1982. Oggi, come probabilmente il lago artificiale ha alterato il microclima dell’anfiteatro della Lama, portando variazioni nell’assetto vegetazionale con un diverso equilibrio a vantaggio delle specie oceaniche (faggio) in confronto a quelle continentali, così l’ambiente circostante è stato modificato da viabilità ed opere connesse alla diga e diversi edifici, acquisiti dalla Romagna Acque-Società delle Fonti S.p.A., hanno subito modifiche e/o riutilizzi a fini turistici.
È così scomparso quasi l’intero tracciato della mulattiera e sono scomparsi ponti e guadi che attraversavano il Fiume Obbediente (come era anticamente classificato), come il Ponte alla Forca e il Ponte a Ripicchione, quest’ultimo comparente in una mappa del 1637 e citato nel Contratto livellario del 1840 tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli relativo ad uno dei poderi scomparsi: «N. 8 - Podere di Lagacciolo […] Terreni. Un solo tenimento di terra tutta giacente in poggio ed in una pendice scoscesa inclinata sul torrente Bidente rivolta al sud est intersecata da più e diversi fossi e borri […] ed è riconosciuto per i vocaboli: Lagacciolo, Ponte Ripicchione, la Ripa dei Corvi, i Bruciati, i Ronchi Vecchi, Balzoni, Poggio della Gallona ed il Prato dei Ciliegi.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 518, 519, cit.). Il ponte era posto subito a valle della confluenza del Fossato del Ciregiolo (oggi Fosso del Molinuzzo) nel fiume, quindi proprio nel luogo dove oggi sorge la diga ma probabilmente nel XIX sec. ne rimaneva solo il toponimo, infatti non compare nel cartografia dell’epoca, a differenza del Ponte alla Forca. Ancora negli ultimi anni prima dell’innalzamento delle acque dell’invaso in quei luoghi esistevano due stradelli, uno seguiva il corso del Bidente attraversandolo ben 33 volte, ma era praticabile solo in caso di scarsità idrica, l’altro era la mulattiera comunale, larga e ben massicciata, che si distaccava dalla Mulattiera di Ridràcoli, già Strada che dal Castello di Ridracoli conduce alla Chiesa della Casanova, come dall’ottocentesco Catasto Toscano. Scavalcato con un ponte in legno il Fosso dei Tagli passava sotto un arco del mulino omonimo quindi ne costeggiava il bottaccio. Giunta all’altezza del Fosso del Molinuzzo … «In quel punto il fiume era particolarmente ricco d’acque e per raggiungere la riva opposta i ridracolini avevano studiato un particolare marchingegno che chiamavano “la teleferica”. Salivano infatti su di un carrello portante, una specie di rudimentale funicolare composta da due fili d’acciaio […]. Situata qualche metro sopra il livello dell’acqua non era poi troppo scomoda e neanche troppo pericolosa. Vi si saliva in tre o quattro persone per volta ed era necessaria per recarsi alle Celluzze ed alle altre case poste oltre il fiume […] sul suo percorso incontrava un’altra fonte detta “dei bisernini” […]. Dal Logacciolo la mulattiera ricominciava a salire abbastanza rapidamente. Incontrava una piccola croce in ferro battuto […]. Oltrepassate le Case di Sopra, un breve tratto in discesa permetteva di raggiungere la riva del Bidente che veniva attraversato grazie ad un ponticello in legno. Oltre il ponte la mulattiera correva pianeggiante verso le case della Forca, quindi incontrava un nuovo ponte, quello della Seghettina, in pietra con tre travi di ferro portanti, che permetteva nuovamente l’attraversamento del Bidente.» (C. Bignami, 1995, pp. 91-94, cit.). Delle Celluzze si hanno notizie al 1872 e al 1895, riguardo a possessori e famiglie ivi abitanti, fino al 1954 quando l’ultima famiglia possidente e abitante, i Mainetti, la vendono al Demanio forestale (C. Bignami). Quindi si ritrova negli elenchi dell’A.R.F. ma senza specifiche evidentemente in abbandono, peraltro all’epoca era ormai imminente la realizzazione dell’invaso.
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Ridràcoli e/o relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.: Negli scorsi anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Casetta, Ciriegiolone, Le Celluzze, Poderina, Pozzacchere, Ridondone e Val di Rubbiana, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
C. Bignami (a cura di), Il popolo di Ridracoli, Nuova Grafica, Santa Sofia 1995;
A. Bottacci, La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, 1959-2009, 50 anni di conservazione della biodiversità, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, Pratovecchio, 2009;
M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
in sponda sinistra del lago di Ridracoli raggiungibile con battello
Testo di Bruno Roba
La Valli del Fosso del Ciriegiolone, delle Pozzacchere e in lontananza quella del Molinuzzo sono facilmente osservabili panoramicamente dalla viabilità di crinale del contrafforte presso Poggio Capannina e dalla S. Vic.le San Paolo in Alpe-La Lama. Le Celluzze sono visibili a distanza ravvicinata dai versanti del braccio del Molinuzzo del Lago di Ridràcoli ove percorribili.
foto del 2011 inviata da http://tracceinappennino.blogspot.com e qui riprodotta su segnalazione dell'autore
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Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.
001a/001d - Dal Monte Penna, veduta panoramica sulla Valle di Ridràcoli, dove il contrafforte costituisce testata da cui si staccano le dorsali che delimitano il sistema vallivo afferente all’invaso; nei particolari, oltre le differenti fasi di riempimento dell’invaso, presso la diga si può notare la diramazione del braccio del Molinuzzo, mentre l’antica immissione del fosso nel fiume avveniva su luogo della diga medesima (7/02/11 – 13/01/16).
001e/001o - Dal varco del Canale del Pentolino, sulla Giogana presso Poggio Scali, vedute del contrafforte e del sistema vallivo Ciriegiolone/Pozzacchere/Aiaccia/Molinuzzo in varie stagioni; nella penultima si può scorgere Celluzze (15/06/11 - 11/12/14 - 30/09/18 – 31/07/19).
001p/001z - Dalla S.Vic.le S. Paolo in Alpe-La Lama, vedute del sistema vallivo dal Ciriegiolone al Molinuzzo in varie stagioni (31/03/12 - 15/06/12).
002a/002d – Dalla Mulattiera di Ridràcoli, vedute della Valle del Molinuzzo nel divenire braccio del Lago, stretta tra la dorsale di Poggio della Gallona e quella del Crinale della Vacca (23/09/16).
002e/002m - Il braccio lacustre del Fosso del Molinuzzo visto dal bordo dell’invaso e dalla diga; si notano la ristrettezza e la ripidezza dei versanti vallivi su cui si abbarbica Celluzze (8/09/11 – 7/10/17).
002n/002r - Il braccio lacustre del Fosso del Molinuzzo visto dai pressi di Ridondone con particolari su Celluzze (22/12/16).
002s – 002t - Mappe schematiche dedotte da cartografia storica di inizio XX e XIX secolo evidenzianti reticolo idrografico, infrastrutture e insediamenti; la toponomastica riprende anche nella scrittura quella originale.
002u – Schema da cartografia moderna con individuazione del bacino idrografico complessivo.
002v – Particolare della mappa del 1637 con il Ponte a Ripicchione, posto subito a valle della confluenza del Fossato del Ciregiolo (oggi Fosso del Molinuzzo) nel fiume, quindi proprio nel luogo dove oggi sorge la diga (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.).
003a/003e – Le Celluzze visto dal battello elettrico (21/05/11 –21/04/18).
003f/003m - Il braccio del Molinuzzo visto dal versante sopra Celluzze (19/07/18).
003n/003q – Il braccio del Molinuzzo visto dai pressi di Celluzze (19/07/18).
004a/004g – Le Celluzze (19/07/18).
004h – Collage di foto reperibile in rete risalenti al primo decennio del XXI sec.
004i – Particolare pittoricizzato da una foto di C. Lovari, da: M. Gasperi, 2006, p. 186, cit.
005 - Vasco Rossi ha recentemente “postato” nella sua pagina Facebook la seguente foto, che ricorda la teleferica citata da C. Bignami che attraversava il Bidente per recarsi alle Celluzze, con la seguente didascalia: «Saluto l'inizio delle scuole con questo scatto del 1959 che ritrae i bambini di Guiglia, piccolo comune ai primi rilievi dell'Appennino modenese, che per recarsi a scuola a valle dovevano attraversare il fiume Panaro con una carrucola. Ogni giorno. Perché́ la scuola era l'unico ponte per aggrapparsi al futuro.» (Vasco Rossi, Facebook, 4/09/20).