La Seghettina di Sotto
Testo di Bruno Roba (6/11/2019 - Agg. 28/10/2023) - Il Fosso delle Macine ha origine da Poggio della Serra e costituisce il tratto montano del Fosso di Campo alla Sega che ha esatta origine dalla confluenza del suo tratto montano con il Fosso di Sasso Fratino (a volte detto anch'esso Fosso delle Macine), con la sua ramificazione generata da quell’anfiteatro, tra cui il Fosso dell’Acqua Fredda o dell’Asticciola. «I torrenti principali che attraversano la Riserva sono (da Ovest a Est): Sottobacino Bidente di Ridracoli – Fosso delle Macine, che costituisce la porzione alta del F.di Campo alla Sega […] Fosso di Sasso Fratino, affluente di destra del F. d. Macine – Fosso di Campo alla Sega, derivato dalla confluenza del F. d. Macine e del F. d. Sasso Fratino […]» (A. Bottacci, 2009, p. 23, cit.). Altri affluenti provenienti dalla Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino sono il Fosso dei Praticini o dei Fraticini, posto prima della confluenza del Fosso di Sasso Fratino, e il Fosso dei Preti, delimitato in dx idrografica dalla Costa di Poggio Piano, braccio orientale dello specifico anfiteatro di Sasso Fratino che, distaccatasi dallo spartiacque appenninico ed in continuità con la dorsale della Seghettina, chiude a SE il bacino idrografico. Mentre il Fosso dei Botriali confluisce nel Fosso di Campo alla Sega sul limite del suo braccio lacustre, gli altri affluenti in sx idrografica, ovvero il Fosso della Busca, già della Basca, e il Fosso dell’Asino, ormai si gettano direttamente nel lago. La dorsale della Seghettina separa la valle del Fosso di Campo alla Sega da quella del Fosso degli Altari.
Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di Ridràcoli e Fosso di Campo alla Sega.
La minore acclività di tratti del versante sx della valle, alcontrario di quella della Riserva, dei Fossi delle Macine e di Campo alla Sega, al contrario di quella della Riserva, ha consentito il diffondersi di insediamenti ed appoderamenti dediti al pascolo e al taglio del bosco, infatti il ricorrente toponimo ricorda la principale attività svolta nell’area dai secoli addietro fino alla prima metà del XX … «Ivi il Padre Apennino non corruso ma verde, mostravasi aperto e vestito con alberi sul fianco, appiè del quale una cascata di acque da sega in sega e tra i massi rompendosi lieve lieve come velo copriva un ponticello …» (P. Ferroni, Autobiografia, 1825, in: G.L. Corradi, O. Bandini, “Per quanto la veduta consenta di spaziare”. Scelta di testi dal XIV al XIX secolo, in: G.L. Corradi, O. Bandini, 1992, p.78, cit.). Gli insediamenti superstiti sono alcuni fabbricati del nucleo de La Seghettina e, fino a pochi decenni addietro, Campominacci, già Campo Minacci, Campo di Minaccio e Campo Ominacci, che giunse ad essere recuperato ed indicato come rifugio nella prima cartografia del Parco delle Foreste Casentinesi, oggi ormai abbandonato al destino di rudere, come peraltro l'Ammannatoia ed i Botriali, già Butriali. Di Pratovecchio e Poggio a Pratovecchio (posti sul crinale di Poggio della Gallona ma il primo appartenente al sistema vallivo del Fosso del Molinuzzo) e di Campo alla Sega rimangono poche pietre. Vari capanni (di alcuni rimangono resti poco consistenti) si trovavano sia sulla sella del contrafforte posta a monte dell’origine del Fosso delle Macine, l’ex rifugio di Pian del Pero, sia presso il suo corso (uno a metà circa di probabile uso forestale, uno verso il termine, forse un’antica macina, peraltro posta in un sito nel XIX secolo noto come La Macine), sia presso Campominacci e Campo alla Sega.
La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), consente di conoscere il tracciato della viabilità antica che raggiungeva Ridràcoli. Attraversato il Bidente di Corniolo presso Isola, con il Ponte dell'Isola, sul luogo del ponte odierno, essa si manteneva in sx idrografica risalendo subito a mezzacosta fino a raggiungere Biserno, per quindi ridiscendere nel fondovalle del borgo, dove si concludeva con un lungo rettilineo al cui termine si trovava Il Ponte di Ridràcoli. Tale viabilità, anonima nelle mappe citate, verrà poi denominata Strada Comunale Ridràcoli-Biserno e Strada Comunale Isola-Biserno; solo in occasione dei lavori di costruzione dell’invaso quest’ultima verrà ristrutturata e ampliata diventando parte della S.P. n.112.
Vari itinerari trasversali collegavano le vallate adiacenti, principalmente dipartendosi dal baricentro militare-residenziale del Castello di Ridràcoli (nel 1216 è documentato come Castrum Ridiracoli un villaggio fortificato che, secondo la Descriptio Romandiole del 1371, raggiungeva appena 6 focularia) e dai nuclei economico e religioso del ponte e della chiesa (una villam Ridraculi cum omnibus ecclesiis è documentata già dal 1213), dialetticamente separati in base alla morfologia del luogo, determinata dalla fitta sequenza delle anse fluviali. Dal Castello partiva la Strada che dal Castello di Ridracoli conduce alla Chiesa della Casanova, risalente la Valle dei Tagli ed imperniata su Casanova dell’Alpe (su una pietra cantonale della chiesa sono ancora leggibili le distanze chilometriche – evidentemente non più valide - km 12,358 per Bagno e km 5,933 per Ridràcoli); costituiva parte della successiva Mulattiera Ridràcoli-Bagno. Dal Ponte di Ridràcoli partiva la Strada che da Ridracoli va al Poggio alla Lastra, che, superata la chiesa, risaliva la Valle del Corneta, parte della successiva e rinomata Mulattiera di Ridràcoli diretta a Santa Sofia tramite Strabatenza. Entrambe le mulattiere incrociavano sul crinale la Strada Maestra di S. Sofia o Strada che dalla Casanova va a Santa Sofia, la prima presso il Monte Moricciona, la seconda sul Passo della Colla, posto sulla Colla del Monte interposta tra i Monti Marino e La Rocca. Molto note e ancora riportate come tali nella cartografia moderna, negli anni ’50 alle estremità delle mulattiere vennero installati dei cippi stradali riportanti la rispettiva denominazione, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; rimasero localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, infatti le odierne strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo.
Dai piedi del centro religioso si staccava un percorso che giungeva fino alle pendici della Seghettina … «[…] praticabile solamente nella bella stagione, quando le acque del fiume erano scarse, e si snodava lungo il corso del Bidente che veniva attraversato ben 33 volte […]» (C. Bignami, 1995, p. 90, cit.). Dalla via castellana si staccava la strada comunale, sempre percorribile, che risaliva il Bidente per un lungo tratto correndo accanto all’alveo fluviale, per la parte fino alla diga oggi sostituito dalla viabilità di servizio, per il resto ormai sommerso. La via scavalcava il Fosso dei Tagli, presso lo sbocco nel Bidente, forse sul luogo oggi occupato dall’asfalto stradale, con il Ponte dei Tagli. Subito dopo la mulattiera passava sotto un arco del Mulino di Sopra costeggiandone il bottaccio. Con la costruzione della diga e con il riempimento dell’invaso, è scomparso pressoché l’intero tracciato viario e sono scomparsi mulini, insediamenti (le Celluzze – che spesso riemerge, la Forca, Lagacciolo, Verghereto), ponti e guadi che, come sopracitato, attraversavano 33 volte il Fiume della Lama o Obbediente (come era anticamente classificato), come il Ponte a Ripicchione (documentato da una mappa del 1637 allegata ad una relazione del 1710 del provveditore dell’Opera del Duomo di Firenze riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, l’originale a colori, in A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.) e il Ponte alla Forca. La mulattiera, dopo il Ponte a Ripicchione abbandonava l’argine fluviale risalendo progressivamente il versante e, sorpassata la Fonte dei Bisernini, raggiungeva Lagacciolo; un bivio divideva il tratto che da Case di Sopra risaliva fino al Monte Cerviaia dalla prosecuzione della via che ridiscendeva fino a La Forca e al suo mulino, prima attraversando il fosso detto Il Fossone con una palancola lignea, in un’area ormai sommersa. La viabilità lungo il Bidente terminava con l'attraversamento tramite il Ponte alla Forca o della Seghettina, risalente al 1843. Oltrepassato il ponte con un lungo tragitto si poteva risalire fino a S. Paolo in Alpe oppure si imboccava l’importante e sopracitata Strada che dalla Seghettina va a Stia valicante il Passo Sodo alle Calle o La Scossa. Dal questa via si staccava pure un itinerario (detto anche Via dei Fedeli) che scendeva ad attraversare il Fosso degli Altari per poi seguire il Fosso della Lama penetrando nella sua valle fino a valicare il crinale con il passo del Gioghetto, diretto all’Eremo di Camaldoli. Alla seconda metà del secolo scorso risalgono il Ponte alla Sega, ampio ponte ligneo carrabile che consente alla S.F. Lama-S. Paolo in Alpe-Corniolo di attraversare il Fosso di Campo alla Sega e il Ponte alla Macchia, un robusto ponticello ligneo con spalle in pietra che viene utilizzato anche come carrabile da piccoli mezzi agricoli per collegare la Seghettina con la strada predetta tramite la strada forestale diretta all’Ammannatoia. La valle del Fosso di Campo alla Sega era inoltre interessata da alcune c.d. vie dei legni, utilizzate per il trasporto del legame tagliato dai boschi di prelievo fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli; una di queste, che probabilmente attraversava la Riserva di Sasso Fratino, era la via che dalla Lama conduceva alla Seghettina e quindi a Pian del Pero e la Calla, individuata all’inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone nella relazione sullo stato delle foreste demaniali (cit.).
In questo contesto storico-geografico, tra le alte valli bidentine quella di Ridràcoli è quella che meno ha subito il fenomeno dell’abbandono grazie alle caratteristiche ambientali e climatiche più favorevoli della sua parte meno elevata. Il borgo principale, posto nel baricentro sia geografico sia del sistema insediativo, è quello più noto e frequentato e la frazione di Biserno è quella più abitata, ma le parti delle vallecole laterali più profonde e difficilmente raggiungibili sono trascurate e molti fabbricati oggi sono in stato di abbandono o ridotti a rudere o scomparsi, con vari casi di ristrutturazione interrotta, ma non fanno eccezione neanche le valli meglio infrastrutturate che, se hanno evitato il completo abbandono dei poderi, hanno scarsamente contribuito al riutilizzo dei rispettivi insediamenti, in prevalenza abbandonati o, al più, riutilizzati a fini turistici.
La Valle Fosso di Campo alla Sega e sue diramazioni erano abitate fin dal XVI secolo nelle parti più remote e alcuni insediamenti sono rappresentati nella mappa del 1637. Essi erano collegati alla viabilità principale di crinale da itinerari trasversali. Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Catasto toscano, Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati si possono schematizzare come di seguito elencato:
- L’Ammannatoja nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o Ammannatoia in quella moderna, o Ammannatoia nel N.C.T. e nella C.T.R.;
- I Botriali nel Catasto toscano, o i Botrini nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o i Botriali nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o i Butriali in quella moderna, o Butriali nel N.C.T., o I Botriali nella C.T.R.;
- Campominacci nel Catasto toscano, nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna, o Campominacci nel N.C.T. e nella C.T.R.;
- Campo alla Sega: anonimo nel Catasto toscano, o assente in tutta la restante cartografia antica e moderna; Campo alla Sega nella Carta Geometrica della Regia Foresta casentinese e adiacenze, l’anno 1850 (cfr. Regione Toscana – Progetto CASTORE, cit.);
- anonimo nel Catasto toscano, o la Seghettina nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna, o Seghettina nel N.C.T., o La Seghettina nella C.T.R.;
- La Seghettina nel Catasto toscano, o la Seghettina nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna, o Seghettina di Sotto nel N.C.T. e nella C.T.R.;
- ex Rifugio di Pian del Pero: assente nel Catasto toscano, o C. Pian del Pero nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o assente nella restante cartografia antica e moderna; ex Rif. Pian del Pero in alcune edizioni di cartografia escursionistica;
- Poggio a Pratovecchio nel Catasto toscano, o Pratovecchio nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna con rappresentazione del simbolo dei ruderi, o Pratovecchio nel N.C.T. e nella C.T.R.
L’insediamento de La Seghettina è composto da due nuclei, non coevi entrambi comunque comparenti nel Catasto toscano, comprendenti vari fabbricati. Il più antico è quello di crinale, oggi detto Seghettina di Sopra, che nell'ultima fase storica vede diversi fabbricati allineati lungo la cresta, adiacenti alla viabilità antica, uno dei quali comparente in una mappa del 1637. Se il Catasto toscano qui riportava un solo grande fabbricato, oggi esso è ormai ridotto a rudere irriconoscibile mentre fino a pochi anni addietro mostrava la loggia con forno. Adiacente a detto rudere rimane un fabbricato recentemente restaurato, composto da tre livelli fiancheggiato da un capannino fatiscente forse uso forno oltre due ulteriori fabbricati, uno maggiore anch'esso ridotto a rudere ed uno minore e fatiscente, lungo la via, che non paiono abitativi. Una foto panoramica di fine XX secolo mostra ancora l'impianto dell'intero nucleo interamente riconoscibile, nonostante detta fatiscenza, con il grande fabbricato abitativo e l’altro fabbricato, che pare un fienile. Un accumulo di pietrame sulla cresta più a monte del fabbricato consolidato è relativo ad un ulteriore capanno, ancora documentato dal catasto moderno. Sul fabbricato, forse appositamente consolidato per la testimonianza storica da esso rappresentata, è apposta una lapide di commemorazione di un noto episodio della storia bellica recente. Qui infatti trovarono rifugio tra l’autunno 1943 e l’inverno 1944, per interessamento del Priore di Camaldoli, otto generali inglesi fuggiti dalla prigionia dopo l’8 settembre. Il nucleo più recente, detto Seghettina di Sotto, che secondo il Catasto toscano era composto da due fabbricati, oggi vede un fabbricato maggiore ristrutturato ed utilizzato temporaneamente e un caratteristico capannino di copertura di un pozzo, oltre un grande annesso più recente in posizione traslata rispetto all’annesso ottocentesco.
Rientrante tra i beni posseduti dall’Opera del Duomo, la citazione più antica relativa a Seghettina risale al 1631, come riportato nell'elenco del 1637: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenete al livellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] Tutti li beni infrascritti da n. 24 a n. 40 inclusine, sono in Romagna nel Capitanato di Bagno, nel Comune di Ridracoli, nel Popolo di San Martino a Ridracoli: […] 39) Seghettina e Abetiuola, terre tenute da Ottavio Capacci.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 408, 410, cit.). Grazie all’estimo comunale del 1704 si apprende che la Seghettina possedeva stanze, stalle e una capanna. Da una relazione del 1751 sullo stato dei poderi dell’Opera si apprende: «[…] 10) Podere della SEGHETTINA tenuto da Iacopo di Mariotto. Si crede che in questo podere manchi da più anni in qua la stima del bestiame grosso per ciò con bella maniera se ne faccia ricerca, fu detto dal lavoratore esservi: Due vacche, una sopranna, un toro in tutto 4. Pecore 29, agnelli per rilevare 6, capre e caprette 26 in tutto 61. Il frutto delle terre non fu possibile sapersi atteso non esservi altri che il nuovo contadino che non vi ha mai avuto l’impresa. Se non tocca ricolte delle terre di detto podere con lo sterramento di alcuni pochi abeti et altro inutile legname da ricavarsi però qualcosa col darlo ai bigonai, potrebbe farsi un nuovo podere da canone di scudi 26 l’anno almeno.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977 , pp. 432, 436, cit.). Risale al 1777 la prima descrizione dell’abitazione: «[…] alla Seghettina una casa da lavoratore di stanze cinque da celo a terra con soprapalco […] con portico forno e fornella coperta e suoi resedi […] capanno di stanze tre […]» (C. Bignami, p.48, cit.). Nel 1789, da una relazione sui canoni da stabilirsi, risulta che: «I poderi […] Seghettina, Mannatoia, Butriali, Campominacci, […] sono situati alle falde di vasto circondario delle selve d’abeti e sembra che sieno stati fabbricati in detti luoghi per servire di custodia e per far invigilare dai contadini di detti poderi al fuoco, al taglio insomma alla conservazione di dette selve che hanno giustamente formato l’oggetto principale della Azienda dell’Opera e del Governo di Toscana perché somministrano tutto il miglio legname per la costruzione delle fabbriche del Granducato. […] Sono dunque di parere che […] non ardirei mai di far proposizione di alienarli ma di seguitare a tenerli per l’oggetto che sono stati fabbricati di servire di custodia alle selve come si rileva chiaramente dalla loro posizione servendo di cordone e custodia alle macchie medesime […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441, 442, cit.). Nei primi dell’800 viene costruito il piccolo edificio abitativo posto più in alto sulla cresta, sicuramente corrispondente al suddetto fabbricato su tre livelli di recente restauro, infatti detto Seghettina di là, oltre che Casanuova, probabilmente non appartenente all’Opera. Conseguentemente non compare nel Contratto livellario stipulato nel 1818 tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli, dove si trova un’ulteriore descrizione dei fabbricati: «Comunità di Bagno. Una vasta tenuta di terre […]. Tutta questa tenuta […] è composta dai seguenti terreni cioè […] 17° Podere denominato Seghettina […] con casa da lavoratore composta di sei stanze da cielo a terra, forno, loggetta, stalletto, capanna separata con due stanze, aia. Per riparare questa casa e i suoi annessi vi occorre una spesa di lire centocinquanta. Questo podere è composto dai seguenti terreni cioè: I° un tenimento di terra lavorativa, zappativa, sodiva, balzata, di staia 44 circa coi nominativi di Campo da casa, Gioghetti, Caldina, la Petriola ed il Poggiaccio. II° un tenimento di terra sodiva, prativa, mozzico nata, di staia 180 circa con i vocaboli descritti di sopra. III° un tenimento di terra (che formava il podere della Forca stato riunito a questo) soda, ripata, balzata, di staia 30 circa coi nominativi di terre della Forca.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 461, 463, 472, cit.). Sciolto d’imperio il contratto del 1818 per inadempienze nell’applicazione di un rigoroso regime forestale ai possedimenti dell’Opera, nel 1840 il Granduca fece stipulare un nuovo Contratto livellario con il Monastero di Camaldoli, così si trova un’ulteriore, ed ora estremamente precisa, descrizione del podere e dei fabbricati che paiono chiaramente da riferire ai fabbricati più antichi della Seghettina di Sopra: «N. 9 - Podere della Seghettina […] lavorato dalla famiglia colonica di Vincenzo Gori. Fabbricati colonici. La casa colonica si compone al piano terreno di una stalla per le vaccine, di altra stalla simile le quali comunicano fra loro, di una stalla per le pecore e di un porcile. Il piano superiore ha l’ingresso dall’aia per la parte di mezzogiorno ed ha un portichetto ove corrisponde la bocchetta del forno, e questo mette in una cucina intavolata con camino e acquaio di legno, la quale libera tre camere a tetto ed uno stanzino ad uso di granaio. Separata esiste altra fabbrichetta la quale a terreno comprende una stanza ad uso di caciaia una stalla per le capre ambedue con ingresso esterno e superiormente una capanna a livello dell’aia dalla quale vi si accede. Intorno vi sono i resedi e l’aia sterrata. Questi fabbricati si trovano in cattivissimo stato per vetustà per cui occorrono parecchi riattamenti alla casa colonica e ricostruire di nuovo la seconda fabbrichetta. Terreni. […] Un tenimento di terra ove sono posti i descritti fabbricati colonici giacente in poggio compreso fra il Fosso del Campo alla Sega ed il Torrente Bidente intersecato dalla strada di Santa Sofia e da altre stradelle e viottole vicinali. […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 519-520, cit.). Il Catasto toscano rilevava la seguente consistenza per la Seghettina di Sotto: «(186) Casa colonica, capanna e sodo. A terreno: tre stalle, capanna e stanzetta, stalletto e forno. I° piano: cucina, due stanze e stanzetta.» (M. Foschi, P. Tamburini, p. 173, cit.). (N.B.: 186 è il n. di p.lla del Foglio 2° della Sez. K). Una mappa dell’Archivio Comunale di Bagno di Romagna datata 1888-1913 (cfr. C. Bignami, A. Boattini, 2022, cit.), riguardante l’attribuzione delle numerazioni civiche, assegnava ai tre fabbricati di Seghettina il n. 20 (ripetuto due volte), quando risultava composto da un’abitazione suddivisa in 6 vani più un’altra abitazione indefinita nei vani per la Seghettina di Sopra e due abitazioni rispettivamente suddivise in 10 e 5 vani per la Seghettina di Sotto, una delle quali venne acquisita dallo Stato per riutilizzarla come Casa delle Guardie forestali.
Seghettina di Sotto, già proprietà ex A.R.F., nell’ambito dei programmi regionali di riutilizzo del patrimonio edilizio nel Demanio forestale venne sottoposto a schedatura da cui si apprende che all’epoca era costituito da due fabbricati, uno abitativo aveva dimensioni esterne pari a 170 mq e 1020 mc suddivisi in 14 vani ed era utilizzato, un altro non abitativo aveva dimensioni esterne pari a 140 mq e 800 mc. Venne pure sottoposto ad analisi storico-tipologica e metodologica grazie alla quale risulta che il fabbricato è stato costruito in quattro fasi che hanno visto inizialmente la realizzazione di una stalla seminterrata sfruttante il pendio e sopra una stanza anche cucina, per una superficie coperta di circa 50 mq. Nella 2^ fase avviene un ampio incremento laterale con livelli sfalsati e aggiunta di una nuova cucina al P.T. e una stanza al P.I° adiacente alla prima cucina che diviene stanza, probabilmente senza perdere il camino, creando una risega planivolumetrica. L’incremento della 3^ fase vede la costruzione del forno nella risega, in parte sporgente e a livello terreno pari alla prima cucina. Nella 4^ e recente fase avviene un consistente ampliamento verso valle creando il grande edificio attuale, tipico delle aree di pianura, che comprende quattro ampi vani al piano terra oltre alla scala che conduce al P.I° che comprende ulteriori sei vani disimpegnati da un corridoio e collegati ai vani preesistenti, così creando un grande appartamento completo di servizi; viene raggiunta una superficie coperta rettangolare di circa 250 mq. L’edificio, oggi perfettamente recuperato, è in gestione ad associazioni private ed ospita saltuariamente escursionisti potendo disporre di 20 posti letto. Nel dopoguerra venne istituita una scuola elementare pluriclasse al fine di evitare l’abbandono e lo spopolamento, che giunse definitivo ed inevitabile nella seconda metà degli anni '60, anche in conseguenza degli espropri per la realizzazione dell’invaso con l’interruzione della principale via di comunicazione.
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.: - I luoghi della Valle di Campo alla Sega si sono trovati in qualche modo coinvolti dalla storia nell’evoluzione del ciclo delle acque di Ridràcoli, note e sfruttate fin dall’antichità in tutta la Romagna. Lo stesso toponimo deriverebbe dal latino Rivus Oracolum o Oraculorum per la probabile presenza presso il torrente di un piccolo tempio pagano con sibilla oracolante, ipotesi comunque verosimile e conforme alla leggenda della Sibilla appenninica delle vicine montagne marchigiane. Già nel II secolo d.C. le problematiche legate al reperimento delle risorse idriche e soprattutto alle necessità di Ravenna e del porto di Classe portarono l’Impero Romano alla realizzazione di un imponente acquedotto che sfruttava il flumen aqueductus Bidente; tracce di esso si trovano negli scritti antichi ed essenzialmente nella toponomastica locale. Dopo un lunghissimo interregno, negli anni ’30 del XX secolo le esigenze della civiltà moderna portano ad effettuare i primi studi per localizzare una diga nell’Alto Appennino forlivese e, nei primi anni ‘60, al fine di fornire risorse idriche sufficienti alle aree di Forlì e Ravenna e alla fascia costiera romagnola, viene individuata l’area a monte di Ridràcoli come idonea per l’imbrigliamento delle acque dell’alto corso del Bidente (oltre ad altre risorse idriche tramite condotte sotterranee), con conseguente realizzazione dell’opera tra il 1975 e il 1982. Oggi, come probabilmente il lago artificiale ha alterato il microclima dell’anfiteatro della Lama, portando variazioni nell’assetto vegetazionale con un diverso equilibrio a vantaggio delle specie oceaniche (faggio) in confronto a quelle continentali, così l’ambiente circostante è stato modificato da viabilità ed opere connesse alla diga e diversi edifici, acquisiti dalla Romagna Acque-Società delle Fonti S.p.A., hanno subito modifiche e/o riutilizzi a fini turistici.
- L’Opera del Duomo di Firenze, dopo la presa in possesso delle selve “di Casentino e di Romagna”, aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.
- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno.
- La sega ad acqua venne inventata da Villard de Honnecourt nel sec. XIII e Leonardo da Vinci ne studiò il funzionamento nel 1480. A metà del ‘400 in Casentino sono documentate una sega ad acqua a Camaldoli (i monaci sono stati sempre all’avanguardia nella lavorazione del legno) e due artigiani specializzati a Papiano (M. Massaini, 2015, cit.) mentre, sul versante romagnolo «All’interno della foresta si costruirono direttamente e per concessione a terzi, nel corso del ‘500 e del ‘600, alcune seghe idrauliche per la lavorazione del legname sul posto e la sua preparazione al trasporto (sega del fosso del Bidente, sega del Ridracoli, dell’Asticciuola, del Ricopri). Tali seghe lavoravano al limite della legalità e, nonostante una rigida legislazione e una serie di regolamenti e di divieti per impedire tagli abusivi, per tutta l’età moderna hanno favorito la spogliazione della foresta da parte delle popolazioni confinanti.» (N. Graziani, 2001, p. 149, cit.). In particolare nel ‘6-‘700 l’Opera del Duomo di Firenze puntò al depezzamento del legname in dimensioni di più agevole trasporto con la costruzione di numerose seghe ad acqua in foresta, che però si ridussero ad una tra ‘700 e ‘800 a seguito del progressivo e totale disimpegno della stessa Opera, in attesa dei miglioramenti introdotti dal Siemoni.
- Il toponimo forca, dal latino classico furca, ae = forca, strada a bivio e forcelle montana (A. Polloni) era probabilmente dovuto o alla viabilità che, oltre il ponte omonimo, si biforcava con detto tracciato di crinale e con uno di fondovalle che poi risaliva verso l’Ammannatoia ed oltre, oppure alla biforcazione fluviale con il Fosso di Campo alla Sega.
- Negli scorsi anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Butriali, Campominacci, Manatoia e Seghettina, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo tranne il parziale riutilizzo della Seghettina (di Sopra). Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
C. Bignami, A. Boattini, La gente di Ridràcoli, Monti editore, Cesena 2022;
C. Bignami (a cura di), Il popolo di Ridracoli, Nuova Grafica, Santa Sofia 1995;
A. Bottacci, La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, 1959-2009, 50 anni di conservazione della biodiversità, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, Pratovecchio, 2009;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997;
M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
M. Massaini, Alto Casentino, Papiano e Urbech, la Storia, i Fatti, la Gente, AGC Edizioni, Pratovecchio Stia 2015;
A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;
Sansone A., Relazione sulla Azienda del Demanio Forestale di Stato – 1° luglio 1910/30 luglio 1914, Roma 1915;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Comune di Bagno di Romagna, PSC 2004, Insediamenti ed edifici del territorio rurale, 2004, Schede n.174-175;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Parco nazionale delle foreste casentinesi. Carta dei sentieri 1:25.000, N.20, Monti editore, 2019;
Regione Toscana – Progetto CASTORE – CAtasti STorici REgionali;
URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11479;
URL http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;
URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
per sentiero segnato ma non numerato, in sponda sinistra del lago di Ridracoli
Testo di Bruno Roba - Per raggiungere la Seghettina, trascurata la possibilità di giungervi occasionalmente tramite battello elettrico, si percorre la rotabile S.Vic.le Corniolino-S. Paolo in Alpe, deviazione dalla S.P. 4 del Bidente (bivio per S.Agostino al km 35+100) circa 6 km, che conduce alla strada forestale S.Paolo in Alpe-La Lama. Da qui l’itinerario più breve è il seguente: sbarra-Campominacci-crinale della Gallona-quadrivio-Botriali-SF dell’Ammannatoia-Ponte alla Macchia-Seghettina, dove l’unico tratto “avventuroso” ma breve (si trova nella cartografia escursionistica) è la mulattiera in sx idrografica del Fosso dei Botriali, comunque senza particolari difficoltà. Totale km 7.
foto del 2010
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Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
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001a/001e – Dalla vetta Monte Penna, vedute con indice fotografico sulla alta Valle di Ridràcoli con particolari del sito della Seghettina (si nota anche l’Ammannatoia); evidenziata dal debole innevamento si nota l’antica viabilità che dal crinale della Seghettina si innalzava verso lo Spartiacque Appenninico tramite Costa Poggio Piano fino al Passo Sodo alle Calle o La Scossa, ovvero la Strada del Crine del Poggio (poi S. Vic.le Pian del Pero-Seghettina), mentre la S. Vic.le Camaldoli-Seghettina si staccava a mezzacosta e la Strada che dalla Seghettina va a Stia (poi S. Vic.le Seghettina-Lama, evidenziata in rosso) scendeva verso il Fosso degli Altari (7/02/11 – 17/10/13 – 13/01/16).
001f/001m - Da Poggio della Gallona si vede il profilo dell’intero crinale che dalla Seghettina sale verso la Giogana, oltre a particolari del sito dello stesso insediamento, dove spuntano i tetti di Seghettina di Sotto e l’area prativa di Seghettina di Sopra (15/06/12).
001n - 001o – Da Maestà di Valdora, presso Casanova dell’Alpe, altra veduta dell’intero sviluppo della dorsale della Seghettina con particolare sul sito dell’insediamento (19/07/16).
001p/001t – Dalle pendici meridionali del Monte Palestrina, dall’omonimo insediamento, quindi salendo di quota dal Monte Cerviaia, vedute verso lo spartiacque appenninico con l’incisione delle valli dei Fossi delle Macine e di Campo alla Sega e la dorsale della Seghettina che, senza soluzione di continuità con la Costa Poggio Piano, si dirige verso il Passo Sodo alle Calle o La Scossa (16/10/16 – 28/08/18).
001u – Dal crinale della Seghettina, veduta dello stesso verso lo spartiacque (30/09/19).
002a1 – Schema da cartografia moderna della vallata dei Fossi delle Macine e di Campo alla Sega e loro affluenti, con gli insediamenti esistenti o scomparsi in evidenza.
002a2 – Schema da cartografia moderna delle aree percorse sia dall’antica Strada del Crine del Poggio, che tramite i crinali dalla Seghettina raggiungeva il passo Sodo alle Calle o La Scossa toccando la Costa Poggio Piano, sia dalla Strada che dalla Seghettina va a Stia che discendeva verso il Fosso degli Altari quindi seguiva il Fosso delle Segarine fino al ramo nascente dal Bagnatoio, da cui prendeva un’anonima vecchia strada bordonaia de legni quadri verso il passo. I pallini rossi indicano i tratti esistenti e in arancione quelli scomparsi o non verificabili. La cartografia moderna riporta un tratto a mezzacosta del crinale della Seghettina (evidenziato in grigio) non comparente nella cartografia storica quindi probabilmente relativo ad un tracciato migliorativo più recente.
002b1 – 002b2 - Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo idrografico, infrastrutture e insediamenti, oltre che la superficie del futuro invaso, con particolare evidenziante il sito del Ponte alla Forca; la toponomastica riprende anche nella scrittura quella originale.
002c - Particolare della mappa del 1637 della ramificazione del Fosso di Campo alla Sega, anonima salvo i tratti montani dei Fossi della Motta e dell’Asticciola e di un Fondo alla Macine; compaiono Campo Minacci, Butriali, Mannatoia, Poggio Pratovecchio e Seghettina, oltre il Ponte a Ripicchione, posto subito a valle della confluenza del Fossato del Ciregiolo (oggi Fosso del Molinuzzo) nel fiume, quindi proprio nel luogo dove oggi sorge la diga (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.). In questa mappa l’insediamento della Seghettina appare costituito da un fabbricato posto sul crinale, a conferma della sua preesistenza rispetto alla Seghettina di Sotto (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.).
002d1 – 002d2 - Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con utilizzo di grassetto nero, e confronto schematico tra cartografia antica e moderna da cui si rilevano le modifiche planimetriche e alla viabilità intercorse nel secolo frapposto.
002e – Schema da cartografia catastale moderna evidenziante reticolo idrografico, infrastrutture e insediamenti e loro evoluzione. Da notare, tra l’altro, che il catasto moderno mantiene la distinzione tra l’alveo del Bidente e le particelle sommerse dall’invaso e che per il Fosso della Bucaccia utilizza il toponimo antico di Fosso di Prato Matteino.
002f/002i – Per raggiungere la Seghettina più rapidamente, dopo Campominacci si percorre il sentiero sul crinale della Gallona fino al quadrivio (nelle vedute), quindi si scende ai Botriali: vedute della mulattiera e ruderi (18/12/16).
002l – 002m – 002n – Vedute del Fosso dei Botriali, affiancato dalla mulattiera, e del Fosso Campo alla Sega, affiancato dalla rotabile (24/04/13 - 30/09/19).
002o/002r – Il Ponte alla Macchia sul Fosso di Campo alla Sega e l’antica mulattiera (poi S. Vic.le Butriali-Seghettina) che sale alla Seghettina con l’omonima fonte (30/09/19).
002s – 002t – 002u - Le sponde del lago alla Seghettina in periodo di secca rivelano, nella zona dell’antico attraversamento del Bidente con il Ponte alla Forca, resti di selciato della viabilità antica risparmiati dalle acque (30/09/19).
003a/003d - Tratti dell’antica Strada che dalla Seghettina va a Stia (poi S. Vic.le Seghettina-Ridracoli) dai pressi del ponte sommerso verso la Seghettina di Sotto: resti di selciato dimostrano l’ampiezza stradale (30/09/19).
003e – 003f – In parte il tracciato stradale non corrisponde a quello antico, che entrava alla Seghettina di Sotto dal lato orientale, mentre successivamente (come la prima veduta dimostra) venne spostato sul lato opposto; corrisponde invece all’antichità il tratto di ingresso alla Seghettina di Sopra, di cui alla seconda veduta (30/09/19).
003g/003o – La Seghettina di Sotto: il fabbricato abitativo dotato di loggia con forno (17/11/11- 30/09/19).
003p – Il caratteristico pozzo coperto (30/09/19).
003q – 003r – L’annesso agricolo, benché di vecchia fattura, è una probabile ricostruzione con spostamento rispetto alla planimetria catastale di inizio Ottocento (17/11/11).
003s – 003t – 003u – Mentre la Strada che dalla Seghettina va a Stia presso la Seghettina di Sopra deviava verso il fondovalle del Fosso degli Altari, la Strada del Crine del Poggio, poi S. Vic.le Pian del Pero-Seghettina, prosegue il tracciato di cresta (17/11/11).
003v – Schema tipologico del fabbricato. Fase 1: costruzione di una stalla seminterrata sfruttante il pendio con stanza anche cucina al piano superiore. Fase 2: ampliamento laterale con livelli sfalsati e aggiunta di una nuova cucina al P.T. e una stanza al P.I° adiacente alla prima cucina che diviene stanza, probabilmente senza perdere il camino. Fase 3: costruzione del forno. Fase 4: consistente ampliamento verso valle da cui deriva il grande edificio attuale, tipico delle aree di pianura, che comprende quattro ampi vani al piano terra oltre alla scala che conduce al P.I° composto da ulteriori sei vani disimpegnati da un corridoio e collegati ai vani preesistenti, così creando un grande appartamento completo di servizi.