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Villaneta

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : casa isolata
Altezza mt. : 893
Coordinate WGS84: 43 52' 15" N , 11 45' 20" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

toponimo inserito e descritto nel percorso:
Sentieri 249-(243)-259: la VALLE DEL BIDENTE DI CAMPIGNA - pubblicato su www.gianlucacarboni.it
foto del 2012 inviata e qui riprodotta su segnalazione dell'autore

 

Testo di Bruno Roba (3/04/2019)

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km. In quest’ambito, la Valle del Bidente di Campigna riguarda quel ramo fluviale intermedio delimitato, ad Ovest, dalla dorsale che staccandosi dal gruppo del Monte Falco ed inizialmente poco riconoscibile transita dalla conca dei Fangacci, si dirige verso Poggio Palaio, digrada con la Costa Poggio dei Ronchi verso Tre Faggi, come crinale di Corniolino di tipo insediativo risale (trovando infatti i nuclei difensivo e residenziale-religioso-ospitaliero del Castellaccio e di Corniolino) verso il Monte della Maestà, quindi termina a Lago non prima di aver diviso le Valli delle Celle e di Campigna. L’altro versante è delimitato in parte dal contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali fino all’Altopiano di S. Paolo e a Poggio Squilla, snodo da cui si distacca un’altra dorsale che, declinando a Nord, dopo Poggio Aguzzo precipita verso Corniolo così delimitando ad Est la valle. Gli alti bacini idrografici bidentini mostrano in genere una morfologia nettamente differenziata dovuta alla diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo; per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, i versanti orientali appaiono solitamente frastagliati mentre i versanti prevalentemente esposti a meridione mostrano pendii più dolci a prato-pascolo, spesso su terrazzi orografici, che si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati. La complessità orografica del tratto di dorsale esposta ad oriente compresa tra Poggio Palaio, la Costa Poggio dei Ronchi e il Monte della Maestà non riguarda solo la sommità dei suoi rilievi ma si estende sull’intero versante fino al fondovalle fluviale (senza farsi ingannare dall’artificiale discontinuità conseguente a tagli e modifiche dei pendii dovuti alla costruzione della S.P. del Bidente), mostrando corrugazioni di varia profondità ospitanti un susseguirsi di vallecole intersecate da un fitto reticolo idrografico, dove si distinguono i Fossi di Montaccesi, di Castagnoli, della Fonte, del Forcone, della Casaccia, della Pietra, di Faltroncella già di Padroncella, presso i quali, la favorevole esposizione e le caratteristiche morfologiche dei radi spianamenti (limitati alle quote minori ed un tempo verdi e soleggiati) hanno consentito l’insediamento di numerosi nuclei, a partire dalla stessa Campigna. Nell’ordine Capanna o Capanne, Casaccia, Fiume o Casa Fiume, Case di Sotto o Montaccesi, Casina o Casa S. Francesco, Casa Franchetto o Castagnoli di Sopra, Casina Fiume, Castagnoli o Castagnoli di Sotto, Cerreta, Faltroncella già Padroncella, Grillaia o la Grillaia, Martinaccio o C. Martinaccio, Poggio, Tre Faggi, Valtuieri, Villaneta, la gran parte ancora in uso, alcuni allo stato di rudere di varia consistenza ed uno del tutto scomparso. In particolare, il costone che si distacca da Poggio Palaio ospita il principale insediamento di Campigna ed il vicino Villaneta.

Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovano collocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici.

La viabilità più antica interessante anche la valle di Campigna, di origine preromana, percorreva il crinale insediativo di Corniolino: si tratta dell’antica Stratam magistram, ben infrastrutturata e conservante ancora notevoli tratti selciati, la strada maestra romagnola o Via Romagnola iniziava a Galeata, l’antica Mevaniola, mentre l’inizio del tratto alto-bidentino di questo antico tracciato è facilmente individuabile presso Lago (almeno nello sviluppo posteriore alla fine del XVII sec., infatti la morfologia del luogo non è antichissima ma è dovuta ad una frana che nel 1681 creò un’ostruzione che effettivamente generò un lago -che sommerse il Mulino Vecchio risalente al XV secolo- poi colmato da sedimentazioni modellate dallo scorrimento delle acque), grazie ai resti del Ponte di Fiordilino struttura dalla poetica denominazione sul Bidente delle Celle adiacente al ponte moderno, dopo il quale si inerpicava subito sull’erta rocciosa senza deviazioni in allineamento al ponte stesso, come documentato dal Catasto Toscano del 1826-34, quindi deviava fino a rasentare il Bidente per poi risalire verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Modificato dalla viabilità moderna, il tracciato antico si ritrova sulla S.P. a circa 2 km da Lago, in un tratto caratterizzato da un esteso affioramento roccioso dove sono evidenti le tipiche alternanze di arenarie e marne formanti cornicioni sporgenti fratturati a “denti di sega”, quando guadagna deciso il crinale presso il Castellaccio. Alternative di mezzacosta o di fondovalle si sviluppavano in direzione di Campigna. Una diramazione da Tre Faggi proseguiva a mezza costa mantenendo la quota verso Campigna: lunghi tratti corrono ancora sotto l’odierna provinciale e sono riutilizzati dai Sent. 259 e  249 CAI. Tra i miglioramenti infrastrutturali, dopo il 1850 il Siemoni fece realizzare il tratto di mulattiera che, ancor’oggi in gran parte acciottolato, raggiunge la Calla transitando per gli Occhi Brutti e la Croce del Piccino, noto come Mulattiera del Granduca (Sent. 247). Il percorso antico di fondovalle da Corniolo a Campigna, superava il Bidente con il Ponte dei Ladroni o del Ladrone o della Madonna, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona), poi (dopo un breve tratto ancora integro e percorribile fino al moderno Ponte Ilario, datato 1969) procedeva su un tracciato prossimo al fiume dirigendosi verso Fiumari. Successivamente, mentre l’odierna strada forestale (risalente agli anni 1966-67) risale a mezzacosta, presso il Mulino di Fiumari e dopo di esso si ritrovano ancora tratti dell’antica mulattiera mentre prosegue verso Campigna superando il Bidente su un ponte in legno ancora esistente (su pile in pietrame, eseguito ai primi dell’800 in sostituzione di un guado rilevabile dal confronto dei catasti storici; la tecnica costruttiva utilizzata, che doveva essere molto comune nell’area del Bidente -tra l’altro si trova codificata in una relazione di quell’epoca del comune di Bagno di Romagna- vedeva tre tronchi poggianti su pile laterali in pietrame a secco, tavolato protetto da un manto di pietrisco e parapetto in legno). Se il tracciato viario di fondovalle fin qui è in gran parte modificato dalla moderna rotabile, poco oltre il Ponte Giovannone, da Casa Fiume, si può ritrovare l’antica mulattiera mentre  prosegue verso Campigna.

Prima di giungere a Campigna si trova Villaneta, probabile diminutivo dal termine già in uso in età classica e postclassica dal lat villa –ae, con il significato di fondo rustico più spesso con caseggiato, «Ancor oggi in romg., véla (villa) è la “frazione abitata sparsa” lontana dal centro urbano principale: v. VILLANETO (Potenza) …. VILLATA (Vercel): come borgata» (A. Polloni, 1966 rist. 2004, p. 335, cit.).

Villaneta fu utilizzata a scopo rurale fino alla fine degli scorsi Anni ’50, infatti i terrazzamenti ancora presenti nelle vicinanze, fino a Campigna, in passato erano campi tipici dell’agricoltura povera di sostentamento d’alta montagna, basata su mais, patate, veccia, ortaggi e fieno, quindi pastorizia, legnami, castagne. La foresta aveva comunque una rilevanza e i suoi abitanti nei secoli scorsi lavorarono come operai forestali. Vi abitarono fino a tre famiglie, quindi circa una ventina di persone. Fu per qualche tempo sede di una scuola rurale. I danni per il terremoto del 1956 furono il preludio dell’abbandono, avvenuto nel 1959. Essendo proprietà dell’Azienda di Stato per il Demanio Forestale, per politica dell'epoca dell'ASFD, rischiò di essere demolita con la dinamite come tutti gli edifici rurali inclusi nel demanio ritenuti privi di interesse, sorte che toccò al vicino fabbricato del podere di Case di Sotto/Montaccesi. Con il subentro della gestione regionale, cambiò la politica sull'utilizzo degli edifici rurali, che ora venivano dati in concessione ai cittadini, con preferenza alle associazioni, prefigurando una sorta di turismo sociale. Così, in epoca moderna, con varie vicende divenne casa per ferie e ospitalità per gruppi familiari, scolastici o scoutistici. Presente nel Catasto Toscano del 1826-34 con planimetria poco dissimile dall’attuale, uno degli edifici reca due targhe di recupero accostate con incisa la data 1881 e la sigla OPA, aspetto incongruente in quanto all’epoca da circa trent’anni era di proprietà granducale (la sigla OPA, contrazione di OPERA, significa “Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze” o “ Opera del Duomo”). Infatti il luogo rientrava tra i beni posseduti dall’Opera del Duomo di Firenze in Romagna e il relativo appezzamento boschivo è documentato fin dal 1545 nell’inventario eseguito dopo che l’Opera, avendo preso possesso delle selve “di Casentino e di Romagna”, dove desiderava evitare nuovi insediamenti, aveva constatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi che altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti e roncamenti non autorizzati; pertanto, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Una presa di terra detta la Vellaneta che comincia dal balzo sotto i sodi di Campigna […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 150, cit.). Un nuovo accurato elenco è relativo al 1637: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenere allivellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] 7) Vellaneta podere tenuto da redi di Tommaso Medici 8) Vellaneta e Porticciolo ronco o terre tenuto da Francesco Lionardo da Montaccesi […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 409, cit.). Da un bando del 1645 è possibile conoscere i confini della bandita: «Cominciando dalla Calla di Giogo […] fino nel fiume di Campigna detto l’Obbediente dove si chiama ai Tre Fossati, passare detto fiume e andare a dirittura della casa del podere della Vellaneta, oggi tenuto a livello dal Signor Balì Medici e di quivi a dirittura per il confino che è a piè dei Sodi di Campigna […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 124-125, cit.). Dalla relazione alla visita del Cancelliere dell'Opera fatta in Casentino e Romagna dal 24 settembre 1656 risulta che le posticcie vengono danneggiate irrimediabilmente non solo dalle pecore ma soprattutto dalle capre che l'Opera stessa tiene alla Vellaneta, per cui deve essere proibito mantenete tale allevamento. (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, cit.). Nel verbale di una “visita” del 1677 si trovano ulteriori informazioni: «Passammo di poi nel tornar che facemmo verso Campigna da uno dei nostri poderi chiamato Vellaneta il quale l’Opera lo fa fare ad un contadino e quivi pure sono bestie […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 321-322, cit.). Da una relazione del 1751 sullo stato dei poderi dell’Opera si apprende: «[…] 21) Podere della VILLANETA tenuto in affitto da Antonio di Bastiano. È necessario alla primavera ventura farsi un barbacane alla muraglia di sotto si come è necessario rifarsi di pianta l’uscio della stalla dei bovi con due altri per le pecore e impalcarsi in qualche parte la casa […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977 , p. 438, cit.). Nel 1789, da una relazione sui canoni da stabilirsi, risulta che essendo il podere di Villaneta situato all’interno della selva deve essere ripreso in amministrazione dell’Opera, oltre la ripetuta raccomandazione sulla proibizione delle capre: «A dì 17 settembre 1789 - Relazioni e perizie del Fattore Santi Bertini sopra i canoni da stabilirsi sui poderi del Casentino e Romagna […] Gli altri quattro poderi di Campigna, Vellaneta, Romiceto, e Valdoria sono situati e primi dua nell'interno della selva e gli altri dua nella bocca dell'egresso dei legnami della selva per la parte della Romagna di S. Sofia. Sono adunque di parere che i primi quattro vadino riconfermati nell'affitto per altro quinquennio con nuovi patti e condizioni da rimmette in buono stato case e poderi ed alla scadenza dell'affitto allora migliorati si potrà prendere la risoluzione più utile e conveniente sopra i medesimi cioè o di venderli o di allivellarli o in affitti. […] Nei due poderi di Campigna e Vellaneta vanno messi a semente e coltivazione migliore quelle terre, va restaurato il mulino, va messa una cascina di mucche specialmente nel podere di Campigna per cavarne un evidente profitto di quelle praterie le quali si possono aumentare collo sterpare e pulire diversi terreni infruttuosi e inculti potendovi tenere vacche domestiche con levare le vacche selvatiche e ciò particolarmente ancora per conservare tanto le posticcie d'abeti già fatte che le molte che vi sono da fare.[…] Mi credo poi in dovere di proporre che in tutti questi poderi vanno proibite le capre mentre queste fanno solamente un comodo a contadini perché le lasciano divagare a pastura senza guardiano e pastore e fanno un gran danno con il loro dente venefico che non riescono più le piante mangiate e svettate e particolarmete quelle d’abeto; all'incontro credo un oggetto di pubblico commercio di levare le capre e aumentare il gregge delle pecore per aumentare le lane delle quali abbisogna la Toscana e la manifattura di lane.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441-443, cit.). Nel Contratto livellario del 1818, tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli si trova una descrizione dei fabbricati del podere: «[…] descritte tutte le tenute […] viene composta dei seguenti terreni cioè: […] 46° Un podere denominato Villaneta […] con casa da lavoratore composta di numero nove stanze da cielo a terra, compresa capanna, stalla, caciaia, forno, loggia di ingresso, aia, orto. Questa casa merita di essere resarcita […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 476, 480, cit.).

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle e/o relative a monti e insediamenti citati.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

S. Bassi, N. Agostini, A Piedi nel Parco, Escursioni nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2010;

E. Ceccarelli, N. Agostini, Giganti di legno e foglie, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2014;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Alpe di S. Benedetto, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;

Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba

A 1,4 km da Campigna tramite il sentiero CAI 243

foto/descrizione :

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.

001 – 002 – 003 – Dal crinale che si sviluppa da Poggio Squilla a monte di Ristèfani, veduta assiale della valle del Bidente di Campigna ma, mentre si scorgono vari insediamenti, Villaneta è occultato dalla vegetazione (25/04/18).

004 - 005 – Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX secolo e schema da mappa catastale antica evidenzianti reticolo idrografico, infrastrutture e insediamenti; la toponomastica riprende anche nella scrittura quella originale.

006/018 – Villaneta (6/04/16 – 13/07/18).

019 – 020 – 021 – Gli “Abetoni di Villaneta” sono un gruppo di 7 Abeti bianchi (Abies alba) di origine, naturale presumibilmente coetanei, collocati sotto Villaneta a ridosso del Bidente di Campigna presso il ponticino attraversato dal sentiero CAI 243. Un esemplare è alto 41,8 m, ha circonferenza di 5,3 m e un’età presunta di 230 anni (13/07/18).

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