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Fiume Bidente di Campigna

inserita da Appenninoromagnolo.it
Comune : Santa Sofia
Tipo : fiume
Altezza mt. : 1450
Coordinate WGS84: 43 52' 01" N , 11 43' 47" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

La ramificazione di origine si estende attorno al Passo Calla a mt 1295, riceve dopo 2 Km l'affluente di destra Fosso della Ruota e poco dopo sempre sa destra il fosso Fiumicino, infine dopo un percorso totale di circa 8,5 Km riceve da sinistra di Bidente delle Celle, dando origine al Bidente di Corniolo.

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Testo di Bruno Roba (24/02/2024) - Coordinate WGS84: Origine (Poggio Lastraiolo) 43° 52’ 01” N / 11° 43’ 47” E   – Campigna 43° 52’ 16” N / 11° 44’ 32” E - Sbocco (Bidente di Corniolo alla confluenza del Fosso di Verghereto) 43° 54’ 21” N / 11° 47’ 29” E - Quote: Origine 1450 m - Campigna 1074 m - Sbocco 495 m - Sviluppo 11 km. 

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.

La Valle del Fiume Bidente di Campigna racchiude il bacino idrografico di quel ramo intermedio del Bidente delimitato ad Ovest dal primo tratto di una dorsale caratterizzata da uno dei tratti più impervi del versante appenninico. Alla morfologia piramidale di Poggio Martino, separata dal Monte Falco dalla sella di Pian dei Fangacci, fa seguito la geometrica sequenza di creste degli altri quattro rilievi, detti (alcuni secondo l’antico oronimo), Poggio di Zaccagnino, Poggio di Mezzo, Poggio del Palaio e Poggio delle Secchete, oggi Poggio Palaio, che si sviluppa verso Est leggermente divaricandosi in un simil-parallelismo dallo Spartiacque Appenninico, secondo un evidente fenomeno di frattura e scivolamento di un colossale tratto di versante in ambiente marnoso-arenaceo, da attribuire alla storia geologica appenninica recente; lo scivolamento non ha modificato l’orientamento della giacitura stratigrafica originaria, caratterizzata dalla tipica asimmetria paesaggisticamente evidente. La depressione conseguente al fenomeno geomorfologico ha determinato la formazione della valle progressivamente incisa dal Fosso dell’Abetìa o Abetìo e la creazione dell'habitat favorevole allo sviluppo dell'Abetìa, rinomata quanto sfruttata specie tra il XV e il XIX secolo. Da Poggio Palaio la dorsale si orienta a NE e digrada con la Costa Poggio dei Ronchi fino alla sella dei Tre Faggi, come crinale di Corniolino prima si innalza con il Monte della Maestà, poi digrada andando a concludersi presso Lago costretta dalla confluenza del Fiume Bidente delle Celle nel Fiume Bidente di Campigna. Ad Est il bacino idrografico è delimitato da parte del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Da Poggio Squilla si distacca una dorsale secondaria che, declinando a Nord, dopo il picco di Poggio Aguzzo precipita verso Corniolo con sproni puntati su Lago così completando la chiusura della valle. La sua testata si estende a ridosso delle maggiori quote dello Spartiacque Appenninico (quale parte della c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), caratterizzate dalle fortissime pendenze modellate dall’erosione, con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Scali, il Canale o Canalone del Pentolino, le Ripe della Porta e le Ripe di Pian Tombesi, oltre al distacco dello spessore detritico superficiale, conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale.

L’asta fluviale principale cambia spesso denominazione, destino comune di ogni ramo bidentino, con differenze tra le varie cartografie storiche o moderne. La Carta Tecnica Regionale, consultabile tramite il Geoportale e le applicazioni Moka (cit.) evidenzia l’idronimo dei vari tratti. Se nel suo sviluppo appare una maggiore omogeneità morfologica con l’incisione del Fosso dell’Abetìo, evidente anche nelle vedute panoramiche, in effetti l’origine fluviale principale viene individuata a Poggio Lastraiolo, alla quota di 1450-1425 m e a circa 40 m dal Rifugio CAI Città di Forlì, con ramificazioni che si spingono fino a Poggio Sodo dei Conti: tra esse una intermedia trova origine dalla Fonte al Bicchiere, documentata dalla cartografia ottocentesca ma di cui rimangono solo le acque sorgive regimentate con la realizzazione del parcheggio prossimo al rifugio. L’irruenza del primo tratto, detto Fiume Bidente del Corniolo, si manifesta già con la cascata Occhi Brutti all’intersezione con i tornanti della S.P.4 (non distante dalla quale M. Padula, p. 63, cit., ricorda la presenza di una Fonte Occhi Brutti), tra i quali riceve il contributo del Fosso dell’Abetìo prima di incassarsi e passare sotto il ponte della Mulattiera del Granduca, il c.d. Ponte del Granduca, oltre il quale le acque sono rallentate dallo sbarramento di scavalcamento della Strada delle Cullacce, che crea un piccolo invaso. Qui era impiantata la sega idraulica più antica di Campigna, documentata nel 1677, quando si ipotizzava di spostarla. Questo tratto si sviluppa per 3,1 km fino al sito un tempo detto I Tre Fossati, posto a quota 825 m, oltre il quale viene detto Torrente Bidente, benché sia ormai prossimo a perdere le caratteristiche torrentizie, circoscrivendo con profonde incisioni i più dolci pendii delle aree poderali di Campigna e Villaneta. I Tre Fossati è il luogo posto sul versante oltre il fiume, dove si verifica la contemporanea confluenza del Bidente con i Fossi della Corbaia (che nasce dal Passo della Calla) e dell’Antenna, che a sua volta ha appena raccolto le acque del Fosso delle Bruciate. La cartografia ottocentesca di qua dal fiume riporta pure l’antico toponimo Il Porticciolo, che potrebbe avere attinenza con la nuova collocazione della sega, dopo lo spostamento. Il tratto definito Torrente Bidente giunge fino a Fiumari sviluppandosi nei profondi e ripetuti meandri, tipici di questi fondivalle romagnoli, e ricevendo nell’ordine, in dx idrografica i Fossi della Ghiraia, delle Ruote e di Fiumicino o di Ricopri, mentre in sx contribuiscono i Fossi di Montaccesi, di Castagnoli, della Fonte e del Forcone (questi due ultimi noti in base al Catasto toscano). È da notare che la ramificazione di origine del Fosso di Fiumicino o di Ricopri attraversa la Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino: «I torrenti principali che attraversano la Riserva sono (da Ovest a Est): Sottobacino Bidente di Campigna – Fosso della Porta delle Cullacce, affluente di sinistra del F. di Ricopri – Fosso delle Cullacce, affluente di destra del F. d. della Porta d. Cullacce – Fosso del Pentolino, affluente di sinistra del F. d. Ricopri – Fosso di Ricopri – Fosso di Poggio Scali, costituente la sezione più alta del F. di Ricopri.» (A. Bottacci, P. Ciampelli, a cura di, p. 27, cit.). A valle di Fiumari il fiume, che prosegue fino alle pendici del crinaletto di Moscoso con ripetuti meandri, assume l’idronimo Fosso del Bidente di Campigna, denominazione che (in coerenza con la particolare inversione dei ruoli - fiume > torrente > fosso - nel procedere verso valle) mantiene fino ai pressi di Corniolo quando, circa 650 m dopo l’immissione del Bidente delle Celle, nel ricevere i contributi degli appena congiuntisi Fossi di Verghereto e dell’Alpicella (che discendono dal versante di Corniolo), sotto uno strettissimo tornante stradale, le sue acque proseguono lo scorrimento come Fiume Bidente di Corniolo, senza soluzione di continuità morfologica degli alvei. Peraltro, se nel bando del 1645 istitutivo della Bandita di Campigna nell’area dei Tre Fossati era detto “fiume di Campigna detto l’Obbediente” (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 124-125, cit.), come Fosso Bidente compare sia nel Catasto toscano del 1825-34, sia nelle Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna, datate 1808-1830 (cit.), sia nella Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese del 1850 (cit.), nelle quali però, verso monte, è registrata la citata prevalente continuità morfologica degli alvei con il Fosso dell’Abetia. Su questo aspetto concordava un noto studioso, con ulteriori precisazioni: «Fiume Ronco: si potrebbe dire, considerando la cima più alta dalla quale prende origine uno dei fossi confluenti a costituirne l’alto corso, che il fiume Ronco nasce esso pure dal M. Falco ad una altezza che supera i 1500 metri; ma è forse più esatto ammettere, anche per il fatto che gli altri fossi confluenti hanno in parte origine ad altezza uguale o di poco inferiore, che le sorgenti del fiume coprono una estensione notevole dell’Appennino romagnolo, una ventina di chilometri, fra M. Falco e Poggio del Termine. Senza entrare in troppi dettagli, si può ricordare che il Ronco, il quale prende questo nome fra Meldola e Cusercoli e si chiama invece Bidente nel corso superiore, ha origine da tre torrenti che confluiscono sopra S. Sofia. Precisamente sono: il superiore, verso nord, il Bidente delle Celle che nasce sulle propaggini di Monte Falco; esso confluisce presso Corniolino col Bidente del Corniolo (che nasce a M. Guffone), dopo aver raccolto le acque del cosidetto Bidente di Campigna, che nasce nelle alte propaggini della foresta omonima col nome di fosso dell’Abetìa […]. Tutto il ventaglio dei rigagnoli, che scola il crinale fra M. Falco e Poggio Scali si congiunge nel già ricordato Bidente del Corniolo […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 21, cit.). Secondo questa illustre ipotesi l’asta principale del Bidente del Corniolo trova la sua origine sul M. Guffone tramite il suddetto Fosso di Valdonasso-Verghereto, mentre tutto il reticolo idrografico bidentino proveniente dallo spartiacque appenninico sarebbe costituito da meri “rigagnoli”. La morfologia dell’ultimo tratto di fondovalle che attraversa Lago è conseguente all’ostruzione franosa del 1681 che effettivamente generò un lago, sommergendo il quattrocentesco Mulino Vecchio, ed alla rimodellazione delle sue sedimentazioni per lo scorrimento delle acque. Affluenti del tratto del Fosso del Bidente di Campigna a valle di Fiumari sono, in dx idrografica, i Fossi di Bagnatoio, del Fiumicino di S. Paolo (che riceve i Fossi delle Fontanelledell'Alberacciadel Perone e di Ristefani), delle Farnie e di Campitelli, sull’altro versante i Fossi della Casacciadella Pietra e di Padroncella (secondo il toponimo antico, oggi conservato).

Le fonti ricordate da M. Padula nella Foresta di Campigna, quindi nel bacino idrografico del Bidente, sono: «Fonte Occhi Brutti, presso la strada statale del Bidente, m 1150, particella forestale n. 42. Portata l/min 6 - Fonte del Raggio, sulla strada delle Cullacce, m 1030, particella forestale n. 89. Portata l/min 6 - Fonte Madonnina, presso la strada delle Cullacce, m 1040, particella forestale n. 77. Portata l/min 2 - Fonte Maso, m 1250, particella forestale n. 33. Portata l/min 12 - Fonte Sodo dei Conti, m 1600, particella forestale n. 8. Portata l/min 3 - Fonte Orti, m 1200, particella forestale n. 33. Portata l/min 18 - Fonte dell’Ingegnere (principale sorgente che alimenta l’abitato di Campigna), sotto la strada provinciale Passo Calla-Fangacci, m 1340, particella forestale n. 39. Portata l/min 168 - Fonte della Burraia, già Fonte rifugio Lombardini (alimenta l’albergo C.A.I.), m 1447, particella forestale n. 38. Portata l/min 8.» (M. Padula, G. Crudele, 1988, pp. 63-64, cit.).

L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio. In epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur mantenendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate. Comunque, nel Settecento, chi voleva risalire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» e per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). Inoltre, «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, 1992, p. 32, cit.). Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo di Firenze è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.). Così, se al diffondersi dell’appoderamento si accompagna un fitto reticolo di mulattiere di servizio locale, per la realizzazione delle prime grandi strade carrozzabili transappenniniche occorrerà attendere tra la metà del XIX secolo e i primi decenni del XX: «La nuova strada S. Sofia – Stia, bellamente pianeggiando sotto il Corniolo, attraversa il Bidente che viene dalle Celle e poi inizia l’ascesa del monte verso Campigna poco più su dal luogo donde si diparte, a sinistra, la mulattiera che mena a S. Paolo in Alpe ove, fino al secolo XVI, era un eremo agostiniano.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 270).

La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), da integrare per la classificazione storica del Bidente con le Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna (1808-1830 – scala 1:5000) e la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 – scala 1:20.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di CampignaTra le altre, le c.d. vie dei legni, o Strade dette dei legni per il trasporto dei medesimi (così riportate nella Carta Geometrica) utilizzate per il trasporto del legname fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli. Alcune di queste erano la Stradella e la via che collegava Toscana e Romagna valicando il Passo della Calla (Casentino-Campigna-S. Sofia) specificamente elencate nel sopracitato contratto di vendita del 1857, con cui le foreste passarono dall’Opera alle Reali Possessioni. Dalla Stradella transitava il legname della Bandita di Campigna o proveniente dalla Stretta (oggi riclassificata Strada Vicinale Fonte al Bicchiere - sent. 253) e diretta alla Gran via dei legni (che dalle pendici del Monte Gabrendo scendeva a Pratovecchio).

Il toponimo Stradella è documentato per la prima volta nell’atto di istituzione (1645) della Bandita di Campigna, con precisazione dei suoi confini: «[…] e per il Prato dei Fangacci, e arrivare di nuovo al Giogo appennino e quivi ripigliando a man sinistra per la giogana su per la Stradella tornarsene […] alla Calla […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 124-125, cit.). Compare quindi nel 1677 in una relazione di un funzionario dell’Opera del Duomo: «Il giorno di martedì montammo a cavallo […] e arrivammo alla Stradella dove cominciammo a vedere parte della nostra grandissima selva […] si salì per il detto abetio riservato per SAS sino alla Stretta e di quivi salendo si giunse alla Stradella […]. Si camminò poi per la sommità del giogo dalla Stradella sino al Prato dei Conti […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 320, 325-327, cit.) e, nel 1818, nella descrizione dei confini del “Contratto livellario” tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli: «Una vasta tenuta di terre […] confina […] sedicesimo, dal lasciato termine percorrendo sempre il confine della macchia di Monte Corsoio […] si giunge ad altro luogo detto la Pianaccina ove confina questa Comune con quella di Stia e quindi continuando la Giogana passando il Sodo dei Conti, Stradella, Calla […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 475-476, cit.). Tale toponimo compare per la prima volta in un documento cartografico nelle Bozze di mappa dove è attribuito ad un lungo fabbricato rettangolare, di cui è noto che già allora corrispondesse ad una stalla in muratura di pietrame, usata come alpeggio estivo per le mandrie. A seguito delle migliorie effettuate dal Siemoni nel 1853 (come attesta una pietra incisa conservata all’interno del fabbricato venuta in luce nel corso dei moderni restauri) prese il nome di Burraia dei Prati, quando venne aggiunto un piccolo fabbricato posto ad Est della stalla con l’abitazione del custode, il forno ed i rinomati locali per la lavorazione del latte. È così citato anche da Carlo Beni nella sua “Guida del Casentino”: «Dal Sodo de’ Conti la via comincia a discendere dolcemente in direzione di levante, e dopo breve cammino sempre sul crine del monte, si giunge ai bei prati della Stradella (metri 1429), in mezzo ai quali sorge un capannone di pietra, detto la Burraia, conosciuta pel suo buon latte e squisitissimo burro. Più sotto si vede la gran fattoria di Campigna circondata a nord da una bellissima foresta di abeti, mentre al di sopra della Stradella si innalza il poggio Caprenno, che gareggia in altezza con quello della Falterona. Dal lato nord-est di poggio Caprenno per un sentiero sassoso si scende alla Calla […].»  (C. Beni, 1881, pp. 55-56, cit.). Un’interessante foto del 1929 di Pietro Zangheri documenta tali edifici (cit.). Qui si recò in visita nel 1854 Leopoldo II e lasciandone descrizione nelle sue Memorie: «L’indomani varcai l’Appennino alla nuova mia cascina della Stradella, dimora per li uomini e le mucche nell’estate soltanto, il più elevato luogo abitato di Toscana, ove è rifugio ai viandanti presi dalle procelle o dalle nevi nella via che è breve, ma perigliosa, da Casentino nelle Romagne.» (F. Pesendorfer, a cura di, 1987, p. 419, cit.). Dell’insediamento antico oggi rimane solo la ex-stalla, fino al 1947 utilizzata come stazione radio militare. Nel 1951 è stato ammodernato, funzionando dapprima come colonia antitubercolare, poi colonia estiva. Divenuto proprietà della Regione Emilia-Romagna, dal 1974 è gestito dalla Sezione CAI di Stia ed è noto come Casone della Burraia o Rifugio La Burraia.

Tra le vie dei legni individuate all’inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone, nella relazione sullo stato delle foreste demaniali  si cita la sopracitata via che collegava Toscana e Romagna, detta strada che da Campigna, per la Calla, portava a Stia e a Pratovecchio, riguardo la quale vengono ricordate le migliorie effettuate prima dal Siemoni poi dall’ispettore Massella, che la resero barrocciabile (A. Sansone, 1915, pp. 91-92, cit.), anche per raggiungere più agevolmente il nuovo Casino di caccia, oggi Albergo Granduca, tanto che la rinomata “antica mulattiera granducale” (247 CAI) diviene anche definibile Mulattiera del Granduca. La Carta d’Italia I.G.M. del 1893-94, con apposita simbologia, documenta infine l’esistenza di un tratto di strada carreggiabile tra il Passo della Calla e Campigna corrispondente alla mulattiera, con due ponti in legno per strade ordinarie posti a Campigna, uno sul Bidente (oggi passerella pedonale) posto dietro il piccolo invaso adiacente all’inizio della Strada delle Cullacce (il definibile Ponte del Granduca), l’altro attraversava il Fosso del Balzo (il c.d. Ponte del Balzo) che oggi è intubato e il sito corrisponde all’odierna area sosta per camper.

Il comprensorio di Campigna fu interessato dall’infrastrutturazione turistica postbellica - quando fortunatamente fu evitato lo «[…] scempio urbanistico minacciato nelle due località di Campigna e Badia Prataglia.» (F. Clauser, 2016, p. 72, cit.), diretto «[…] ad ottenere una ben più alta e deleteria incidenza di strade, ville e negozi all’interno della foresta (richiesta della creazione di un villaggio turistico in Campigna).» (P. Bronchi, 1985, p. 109, cit.) - con la costruzione della prima pista sciistica dal Monte Gabrendo ai Prati della Burraia, risalente agli anni 1952/55, cui seguirono l’impianto di risalita collegato alla prima stazione invernale del luogo, oggi Chalet Burraia, struttura nata negli Anni ’30 come servizio per escursioni appenniniche (impianto poi abbandonato e definitivamente smantellato nel 2016 con riqualificazione dell’area), cui seguì nel 1958 l’impianto Sodo dei Conti/Fangacci. Altri rifugi tutt’ora operanti ed edificati come servizio sia degli impianti sciistici che del turismo montano sono il citato CAI Città di Forlì posto al margine dei prati, edificato nel 1974 in corrispondenza di un fabbricato documentato dalla Carta Geometrica del 1850 con il toponimo Capanna, e il Rifugio La Capanna, con lo skilift che raggiunge il crinale nei pressi di Sodo dei Conti a circa 300 m dall’innesto della Pista del Lupo. Altri impianti sciistici odierni sono le piste di fondo e lo snow park dei Fangacci, presso il quale si trova il moderno Rifugio di Beppe (attrezzato per le grigliate al coperto), e il Rifugio del Sano, anch’esso probabilmente recente e noto in quanto citato nelle guide degli scorsi Anni ’80: «Dall'albergo Scoiattolo si prende la deviazione per la strada statale, raggiuntala, si prende di fronte dove ha inizio lo stradello forestale contrassegnato dal segnavia N° 26, che attraversa tutta la foresta di abete. Si sale a destra del fosso dell'Abetio poi ad una biforcazione (30 min.) si piega a sinistra per raggiungere il rifugio del Sano (40 min.) per poi scendere al fosso dell'Abetio in località Ponticino (50 min.)» (O. Bandini, G. Casadei, G. Merendi, 1986, p. 108, cit.). Il rifugio, ancora rappresentato (senza toponimo) nella cartografia escursionistica benché non più esistente, è stato evidentemente rimosso, con ripristino dei luoghi: si trovava presso il Passo di Giuntino, antico toponimo della sella tra il Poggio di Zaccagnino e il Poggio di Mezzo. Il Rifugio CAI Città di Forlì è l’unico che ricade nello specifico bacino idrografico del Bidente del Corniolo ovvero di Campigna, mentre i Rifugi di Beppe e del Sano ricadono in quello del suo affluente Fosso dell’Abetìo, e il citato Rifugio CAI La Burraia in quello del Fosso dell’Antenna. Il Rifugio La Capanna appartiene al versante adiacente, infatti ricade nel bacino del Bidente delle Celle.

La viabilità più antica interessante questo territorio, di origine preromana, percorreva il crinale insediativo di Corniolino; ben infrastrutturata e conservante ancora notevoli tratti di selciato naturale, seguendo la morfologia sopra descritta, superata la sella di Tre Faggi risaliva verso il Monte Gabrendo, giungendovi o dopo una più agevole deviazione dalle Mandriacce o per via più diretta sfruttando le balze di Costa Poggio dei Ronchi e Omo Morto ed in ultimo insinuandosi verso Poggio Palaio per ridiscendere verso Campigna tramite la Via del Balzo o sul versante opposto verso Stia: si tratta dell’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata, l’antica Mevaniola. L’inizio del tratto alto-bidentino di questo antico tracciato è facilmente individuabile presso Lago (almeno nello sviluppo posteriore alla fine del XVII sec., successivo alla sopracitata rimodellazione post-lacustre). Tramite il Ponte di Fiordilino, struttura dalla poetica denominazione sul Bidente delle Celle ripresa dal nome di un adiacente fabbricato distrutto dalla frana (rimangono i resti dell’imposto dell’arco, con qualche concio inclinato di innesto, corrispondenti alla struttura del XV sec. ricordata dalla saggistica  - AA.VV., 1982, p. 188, cit. - posti a fianco del ponte moderno), la via antica si inerpicava subito sull’erta rocciosa in allineamento al ponte stesso, come documentato dal Catasto toscano, ma poi deviava fino a rasentare il Bidente quindi proseguiva a mezzacosta verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Evidenti resti della muratura di sostegno di questo tratto viario si notano poco sopra la provinciale, a 200 m dal ponte di Lago. Superato Corniolino, presso un tornante della S.P. a circa 2 km da Lago, si ritrova il tracciato antico (sent. 259 CAI) che si inerpica verso il Castellaccio poi prosegue sul crinale sfruttando le gradonate di estesi affioramenti rocciosi, dove sono evidenti le tipiche alternanze di arenarie e marne formanti cornicioni sporgenti fratturati a “denti di sega”.

Presso Corniolino si innestava il percorso di fondovalle da Corniolo a Campigna che scendeva al Bidente (oggi intercettato dalla S.P. del Bidente a circa 500 m da Lago, dove è stato riutilizzato come accesso di un recente insediamento) superandolo grazie al Ponte dei Ladroni o del Ladrone o della Madonna, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona), che però si trovava circa 80 m più a monte, come risulta dal confronto con il Catasto toscano. Il ponte è stato segnalato dal Segretariato Regionale del Ministero della cultura dell’Emilia-Romagna nel portale https://www.tourer.it/. Dopo un breve tratto ancora integro e percorribile fino al moderno Ponte Ilario, datato 1969 e privo di interesse tipologico, la mulattiera procedeva in prossimità del fiume secondo un percorso diverso dalla strada forestale (iniziata negli anni 1966-67), che risale transitando poco sotto Campacci, oggi C. Campaccio. L’antico tracciato infatti giungeva fino al sito di un altro fabbricato che, benché anonimo, era evidentemente destinato a mulino già in base all’evidente rappresentazione di inizio ‘800 del lungo berignale o gora per il prelievo dell’acqua e del bottaccio di accumulo della stessa, confermata dalla simbologia (ruota dentata) dell’Opificio a forza idraulica della Carta d’Italia I.G.M. del 1894. Nella successiva mappa del 1937 il definibile Mulino di Campacci, perse le sue funzioni originarie, è ormai rappresentato come semplice fabbricato. Oggi questa parte di tracciato è stata riutilizzata come strada di servizio per raggiungere le opere di imbrigliamento idraulico dei rami bidentini a favore dell’invaso di Ridràcoli e una moderna stazione di pompaggio ne occupa il sito. Oltrepassato Campacci, il tragitto antico prima attraversava il Fosso del Fiumicino di S. Paolo con una pedanca (ponte in legno pedonale documentato almeno dall'inizio del XX secolo), oggi sostituita dal Ponte Cesare, poi si inerpicava sul crinale rasentando Moscoso dal lato Est (praticamente dietro l’annesso posto accanto al suo attuale accesso stradale) e poco dopo, attraversato il sito oggi occupato della rotabile, calava di livello dirigendosi verso Fiumari (di sotto). Mentre la via principale proseguiva verso il Molino di Fiumari e Campigna, dove giungeva tramite la ripida Via di Villaneta (oggi sent. 243 CAI), almeno per tutto il XIX secolo solo un sentiero risaliva fino a Fiumari (di sopra) e, scavalcata la sella antistante, scendeva ad attraversare il Fiumicino. Solo al principio del secolo scorso (come rappresentato dalla mappa I.G.M. del 1937) una mulattiera evitava il saliscendi e manteneva il crinale, scendendo poi ad attraversare il fosso tramite un’altra pedanca; quindi, la via si inerpicava fino all'alpeggio di S. Paolo in Alpe e all'Eremo di S.Agostino tramite Campodonatino e Campodonato. A Fiumari, presso il Molino de Fiumari e la moderna Chiesa di S. Agostino (costruita a seguito dell’abbandono dell’omonimo eremo di S. Paolo in Alpe), si ritrova una ricostruita pedanca lignea, il c.d. Ponte al Molino Fiumari, (su pile in pietrame, in sostituzione di un guado adiacente) che da fine ’800-inizio ‘900 ha ammodernato il percorso. Da documentazione fotografica degli scorsi Anni ’70, risulta che era costituito da un tavolato irregolare a vista poggiato direttamente su due soli tronchi con parapetto ricavato da rami regolarizzati; la tecnica costruttiva utilizzata, che doveva essere molto comune nell’area del Bidente (tra l’altro si trova codificata in una relazione di quell’epoca del comune di Bagno di Romagna) vedeva tre tronchi poggianti su pile laterali in pietrame a secco e tavolato protetto da un manto di pietrisco e parapetto in legno. Oggi la struttura lignea appare perfettamente eseguita a piano di sega e poggiante su struttura in ferro, anche se ormai ha un ruolo storico-culturale e testimoniale. Poco dopo il Ponte Giovannone ed un tratto stradale reso rotabile da massicciata in calcestruzzo, cessa ogni infrastruttura “moderna” e la mulattiera prosegue (sent. 249 CAI) verso Campigna, dove giungeva tramite la ripida Via di Villaneta (oggi sent. 243 CAI), non prima di aver attraversato il Fosso del Forcone con una documentata pedanca, il c.d. Ponte al Forcone, oggi scomparso. Una diramazione da Tre Faggi collegava con la sopracitata Via Romagnola (probabilmente costituendo un ammodernamento rispetto alla sua prosecuzione sulla Costa Poggio dei Ronchi), a inizio del XIX secolo detta Via del Corniolo: mentre il tracciato di crinale è stato riutilizzato a fini escursionistici e in parte come strada di servizio della linea elettrica (realizzata in epoca di disattenzione paesaggistica per questi luoghi), il tratto fino a Campigna rimane sotto l’odierna provinciale (sent. 259), a volte con resti di lastricato. Il collegamento tra Campigna e il Passo della Calla è stato risistemato nel XIX secolo nell’ambito delle migliorie di epoca granducale e, come sopracitato, nella Carta d’Italia dell’ultimo scorcio di secolo (I.G.M. di primo impianto in scala 1:50.000) questo tratto è rappresentato con la simbologia corrispondente alle Strade a fondo naturale, senza manutenzione regolare, non sempre praticabili, carreggiabili, mentre i tratti a valle di Campigna e a valle del passo sono rappresentati con la simbologia della Mulattiera (per definizione, strade realizzate e tenute per il passaggio di carovane di muli o cavalli). Nel versante toscano però la mulattiera si ferma al fabbricato oggi noto come Aia delle Guardie, posto in prossimità della Fonte di Calcedonia, dove giunge il tratto di Strada carreggiabile risalente da Pratovecchio. I successivi ammodernamenti della S.P. S.Sofia-Corniolo-Stia (inaugurata il 27/10/1932) compaiono nella successiva Carta d’Italia del 1937 (scala 1:25.000); i tratti fino ad allora realizzati sono Stia-Campigna e S.Sofia-Faltroncella, mentre manca il restante tratto romagnolo fino a Campigna, a dimostrazione del maggiore legame di quel luogo con la Toscana piuttosto che con la Romagna, legame sciolto dal punto di vista amministrativo solo nel 1923 con il decreto di annessione alla provincia di Forlì. Pur tenendo conto della minore precisione della mappa più antica dovuta alla minore scala, si nota che mentre non vi è corrispondenza tra i tracciati della carreggiabile granducale e della provinciale tale corrispondenza si ritrova tra la carreggiabile e la Mulattiera del Granduca, avvalorando un aspetto di particolare attenzione per quel tratto di via che dal Casentino, varcato il crinale, raggiungeva Campigna.

Sul Bidente di Campigna si trovavano numerosi mulini e la valle era sede delle quattrocentesche seghe idrauliche, di cui alle sottostanti note.

Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Campigna e/o relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.

N.B.: - Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo la presa in possesso l’Opera aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.

- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XIX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi fluitato per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno. Per approfondimenti, v. M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, 2024, cit.

- La pedanca o pedancola è una passerella in legno posta ad attraversare un corso d’acqua. L’adozione del termine da parte dell’Istituto Geografico Militare (I.G.M) per indicare il simbolo tecnico cartografico (⤚⤙), corrispondente ai ponti pedonali, è dovuta alla coincidenza tra il luogo di fondazione dell’Istituto, avvenuta a Torino nel 1861, e l’utilizzo di tale denominazione nel dialetto piemontese.

- L'Appennino romagnolo era caratterizzato fino a metà del XX secolo (superata in qualche caso per un paio di decenni) da una capillare e diffusa presenza di mulini idraulici, secondo un sistema socio-economico legato ai mulini e, da secoli, radicato nel territorio del Capitanato della Val di Bagno. Intorno al Cinquecento ognuno dei 12 comuni del Capitanato (Bagno, Careste, Castel Benedetto, Facciano, Montegranelli, Poggio alla Lastra, Ridràcoli, Riopetroso, Rondinaia, San Piero, Selvapiana, Valbona) disponeva di almeno un mulino comunitativo la cui conduzione veniva annualmente sottoposta a gara pubblica a favore del migliore offerente; a quell’epoca nell’area si registrano assegnazioni per 230 bolognini. La manutenzione poteva essere a carico del comune o del mugnaio. Alla fine del Settecento l’attività riformatrice leopoldina eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire altri mulini in concorrenza produttiva, cui seguì un progressivo disinteresse comunale con riduzione dell’affitto annuale dei mulini pubblici fino alla loro privatizzazione. Nell’Ottocento, con la diffusione dell’agricoltura fino alle più profonde aree di montagna, vi fu ovunque una notevole proliferazione di opifici tanto che, ai primi decenni del Novecento, si potevano contare 5-6 mulini dislocati nella valle del Bidente di Campigna. Dagli anni ’30, la crisi del sistema socio-economico agro-forestale ebbe come conseguenza l’esodo dai poderi e il progressivo abbandono dell’attività molitoria e delle relative costruzioni.Gli Opifici a forza idraulica (def. I.G.M.) posti sul Bidente di Campigna o i suoi affluenti oggi noti sono: il Molino de Fiumari, documentato per l’origine quattrocentesca, quando insieme al Mulino Vecchio e al Mulino di Sabatino, presso Corniolo di proprietà comunale, benché spesso danneggiati dall’irruenza fluviale, rispondevano alle necessità della popolazione della vasta area del Popolo di Corniolo. Ad essi vanno aggiunti i Mulini di CampignaCampacci e Casina Bianca. Il Mulino di Sabatino però probabilmente si trovava all’inizio del Bidente di Corniolo, mentre il Mulino Casina Bianca, ancora completo delle opere di presa idraulica, si trova al termine del Bidente di Campigna ma pare risalga al principio del XX secolo.

- La sega idraulica venne inventata da Villard de Honnecourt nel sec. XIII e Leonardo da Vinci ne studiò il funzionamento nel 1480. Già a metà del ‘400 in Casentino sono documentati una sega ad acqua a Camaldoli (i monaci sono stati sempre all’avanguardia nella lavorazione del legno) e due artigiani specializzati a Papiano (M. Massaini, 2015, cit.) mentre, sul versante romagnolo ... «All’interno della foresta si costruirono direttamente e per concessione a terzi, nel corso del ‘500 e del ‘600, alcune seghe idrauliche per la lavorazione del legname sul posto e la sua preparazione al trasporto (sega del fosso del Bidente, sega del Ridracoli, dell’Asticciuola, del Ricopri). Tali seghe lavoravano al limite della legalità e, nonostante una rigida legislazione e una serie di regolamenti e di divieti per impedire tagli abusivi, per tutta l’età moderna hanno favorito la spogliazione della foresta da parte delle popolazioni confinanti.» (M. Pinzani, Lineamenti di storia forestale della Romagna toscana, in: N. Graziani, 2001, p. 149, cit.).Le difficoltà di trasporto del legname per la morfologia dei luoghi e la scarsità delle vie di smacchio sul versante romagnolo portarono nei secoli, in particolare nel Sei-Settecento, ad autorizzare la costruzione di alcuni impianti per la lavorazione del legname sul posto anche al fine di agevolarne il trasporto. «Si sa che nel febbraio 1444 fu concessa una sega sul fosso di Ridracoli verso Valbona […], un’altra fu concessa nel 1482 sul fiume di Ricopri […] utile a detta selva per la località e la via inaccessibile che è a circa quattro miglia […]. Una terza ancora […] sempre sul fiume di Ridracoli nel 1484, ed una quarta nello stesso anno sul fiume di Ricopri in luogo detto i Diaccioni; una quinta nel Pianazzone nel 1490 ed una sesta nel 1503 […], con tanto di edificio, […] sul fiume dell’Asticciola. […] Quando l’Opera incrementò i suoi commerci con Pisa e Livorno decaddero d’importanza perché nel contempo erano aumentate e migliorate le vie di smacchio» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 63-64. cit.). Tre di queste, indicate come “strumenti idrolici”, vengono documentate ancora in un verbale del 1652 come Sega di Mezzo, di Sotto e di Sopra, collocate presso il “fiume di Ricopri”. In una relazione del 1672 si trova la conferma della loro collocazione nella descrizione di un percorso: «[…]  e scendendo per Ricopri dalla Via di Scali verso la Docciola in quelle coste calando alla sega di sopra sino alla sega di mezzo per la via verso Vellaneta.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 388, cit.). Dalla relazione di un’ispezione eseguita nel 1677 da funzionari dell’Opera  si ha poi notizia dell’esistenza di una ulteriore sega idraulica a Campigna, nei pressi della cappella, ma questa doveva essere insufficiente per le necessità del momento e si indica la necessità di ripristinare almeno una delle tre seghe di Ricopri, da utilizzare per gli abeti difficili da trainare per dimensioni eccezionali, preferibilmente nel sito di “sega di mezzo”, che avrebbe anche fatto risparmiare gli abeti di Campigna. Gli impianti si ridussero ad uno solo tra ‘700 e ‘800 a seguito del progressivo e totale disimpegno della stessa Opera, in attesa dei miglioramenti introdotti dal Siemoni. La sega più antica di Campigna molto probabilmente era situata nei pressi dello sbarramento del Bidente, all’inizio dell’odierna Strada delle Cullacce, luogo infatti non lontano dalla cappella, come sopra documentato. Con lo spostamento più a valle si può immaginare posta nel sito evocativamente detto Il Porticciolo, fronteggiante I Tre Fossati, ancor oggi raggiunto con un buon tracciato viario. Anche i ruderi ancora visibili (oggi noti con il toponimo Capanna), evidenzianti un caratteristico arco, presso la confluenza del Fosso di Castagnoli e di fronte a quella del Fosso della Ruota, potrebbero però avere un’attinenza in merito. Per le tre seghe documentate lungo il Fosso di Ricopri, la Via della Sega di Mezzo documentata dal Catasto toscano permette di identificare i resti di un fabbricato posto sull’argine con tracce di un basamento come Sega di Mezzo, risalente al 1482. Riguardo gli altri due possibili siti, quello di Diaccioni sul fiume di Ricopri  posto subito a valle di Val di Covile, documentato anche dalla Pianta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (cit.), è da ritenere idoneo per la possibile installazione della Sega di Sotto, risalente al 1484, mentre la posizione della Sega di Sopra dovrebbe trovarsi presso gli attraversamenti del Fosso di Poggio Scali, già del Canale del Pentolino, raggiunti dalla Via della Sega di Mezzo “scendendo per Ricopri dalla Via di Scali verso la Docciola”.

- Il toponimo “bidente”: «[…] due denti, sta ad indicare lo strumento agricolo a forma di zappa con due denti; ma anche l’animale, di solito pecora, che è alla seconda dentizione, cioè di due anni: generalmente esso veniva ucciso nei sacrifici più comuni dei romani (latino, bidens, bidentis). L’attribuzione di questo termine all’alto corso del fiume risulta però problematica. Alle ipotesi più conosciute si può, con più attendibilità, aggiungere quella che vede la parola bidente derivare dalla caduta della vocale iniziale di obbediente, come risulta chiaramente dai documenti relativi alla Romagna Toscana dei secoli XVI-XVII, dove l’alto corso del fiume viene detto per l’appunto “Obbediente”» (AA. VV., 1984, pp. 27, 28, cit.). Ma è «Seducente riportare gli idronomi Bedesis, Bidens … Bedes ad alterazione dell’età volg. di una radice celtica, bedo/bede/bidi = canale, biàlera dei mulini […]» (A. Polloni, 1966-2004, p. 42, cit.). Secondo E. Rosetti Plinio chiamò il fiume Vitis, nome che si vorrebbe derivato dalla vite, coltivazione tipica della vallata, e Tito Livio lo chiamò Utens Vitens, da cui Bitens e Bidente. Il nome di Bedente comparve la prima volta nel Pontificale ravennate di Andrea Agnello (detto Agnello Ravennate), storico ravennate del principio del secolo IX: «[…]vogliono alcuni che questo nome sia una storpiatura di Bedese, nome applicato da Plinio probabilmente al Montone, mentre altri credono che derivi piuttosto dal nome Vitis, attribuito dallo stesso Plinio al Ronco […] Quindi non è difficile che da Bedese […] e poi in Bedente, sia derivato il nome di Bidente. … Dopo il secolo IX il Vitis o Bidente prese il nome di Acquedotto, forse perché costeggiava l’acquedotto di Trajano, che da Meldola conduceva acqua potabile a Ravenna, ed è solo dopo il secolo XII che nei documenti ravennati compare col nome attuale di Ronco […] Non è da tacersi infine che alcuni storiografi zoologici fantasticarono che il nome Bidente potesse derivare dalle capre e pecore, che pascolano nelle sue vallate.» (E. Rosetti, 1894, rist anast. 1995, pp. 143, 665-666).

RIFERIMENTI    

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URL https://www.tourer.it/;  

URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba - La Valle di Campigna è attraversata dalla S.P. 4 del Bidente, ex S.S. 310, che da Santa Sofia conduce a Passo Calla. Viabilità e sentieristica permettono di raggiugere vari tratti del fiume.

foto/descrizione :

foto del 2012 nei pressi di S. Agostino inviata da www.gianlucacarboni.it e qui riprodotta su segnalazione dell'autore

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Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

00a1 - Dalla SP 4 del Bidente, panoramica in cui si nota la valle del Bidente tra Castagnoli e Fiumari (26/03/12).

00a2 – 00a3 – Dal Crinale del Corniolino, le ombre evidenziano la morfologia dei rilievi che progressivamente restringono la valle fino a Moscoso e al tratto dove il fiume è attraversato dal Ponte del Ladrone (30/11/16).

00a4 - Dalla S.P. 4 del Bidente, scorcio dello sbocco della Valle del Bidente di Campigna da Corniolino fino a Lago e ai pressi di Corniolo (27/09/16).

00a5 – Nuovamente dal Crinale del Corniolino si nota bene l’incisione fluviale aggirare gli sproni finali della dorsale che, provenendo da Poggio Squilla, chiude la valle di Campigna (3/08/17).

 

00a6 – 00a7 – 00a8 – Dal versante che sovrasta Lago, vedute dello stesso tratto terminale della valle di Campigna alla confluenza del Bidente delle Celle e successivamente alla sua brusca svolta verso Corniolo  (8/12/16 - 10/12/16).

00b1 – 00b2 – Nuovamente dalla S.P. 4 del Bidente, vedute verso lo Spartiacque Appenninico dove si evidenziano le incisioni della ramificazione di origine del Bidente (20/05/18).

00b3 – Da S. Paolo in Alpe l’approssimarsi dell’inverno riveste il paesaggio evidenziando la contropendenza del bacino del Fosso dell’Abetìo e la sua confluenza nel Bidente, presso Campigna (21/11/18).

00b4/00b12 – Dal crinale che delimita la valle del Fosso di Ristèfani fino a Poggio Aguzzo si ha una veduta complessiva della valle di Campigna e dell’incisione fluviale, dallo Spartiacque Appenninico fino a Lago e Corniolo, con indice fotografico nell’area dello Spartiacque (25/04/18).

00c1 – Ubicazione della Valle del Bidente di Campigna nell’ambito dei bacini idrografici dell’Alta Valle del Bidente.

00c2 – Mappa schematica del Bidente di Campigna e dei suoi affluenti principali: 1: Fosso dell’Abetìo -  2: Fosso dell’Antenna – 3: Fosso delle Bruciate – 4: Fosso della Corbaia – 5: Fosso della Ghiraia – 6:  Fosso delle Ruote – 7: Fosso del Fiumicino o di Ricopri – 8: Fosso di Bagnatoio – 9: Fosso del Fiumicino di S. Paolo – 10: Fosso di Ristefani – 11: Fosso delle Farnie – 12:mFossi di Verghereto e dell’Alpicella – 13: Fosso della Pietra – 14: Fosso del Forcone – 15: Fosso di Castagnoli  - 16: Fosso di Montaccesi – 17: Fonte al Bicchiere.

00c3 – Mappa schematica dei ponti sul Bidente di Campigna e suoi affluenti principali: 1: Ponte del Ladrone -  2: Ponte Ilario – 3: Ponte a Moscoso oggi Ponte Cesare – 4: Ponte a Fiumari – 5: Ponte al Molino Fiumari – 6:  Ponte Giovannone – 7: Ponte al Forcone – 8: Ponte alla Ruota – 9: Ponte al Covile – 10: Ponticino della Stretta – 11: Ponte degli Orti – 12: Ponte dell’Abetìo – 13: Ponte del Granduca – 14: Ponte del Balzo – 15: Ponte al Porticciolo  - 16: Ponte alla Madonnina – 17: Ponte della Ruota – 18: Ponte del Raggio. In gran parte sarebbero anonimi, per essi si suggerisce il toponimo (in corsivo).

00c4 – Ricostruzione dell’area della Bandita di Campigna in base al bando del 1645 che recita: Cominciando dalla Calla di Giogo cioè dove per la strada della Fossa che viene da Pratovecchio in Campigna si passa di Toscana in Romagna sul giogo appennino, qui appunto dove si dice alla Calla a giogo e scendendo per le Macchie in Romagna giù addirittura per il Fosso della Corbaia fino nel fiume di Campigna detto l’Obbediente dove si chiama ai Tre Fossati, passare detto fiume e andare a dirittura della casa del podere della Vellaneta, oggi tenuto a livello dal Signor Balì Medici e di quivi a dirittura per il confino che è a piè dei Sodi di Campigna e divide detti sodi da detto podere, arrivare fin dove il poggio dei detti sodi volta verso Montaccesi e quivi rivolgendosi sulla man sinistra camminare su per la sommità di detti sodi fino all’abetio e tirando su per la cresta del poggio lasciando nella bandita tanto quanto acqua pende verso il fiume e case di Campigna attraversando la via che si dice Romagnuola e passare il Poggio del Palaio e il Poggio di Mezzo e arrivare al Passo di Giuntino e tirare sempre su la detta cresta per il Poggio di Zaccagnino e per il Prato dei Fangacci, e arrivare di nuovo al Giogo appennino e quivi ripigliando a man sinistra per la giogana su per la Stradella tornarsene, per il Piano della Fossa di Zampone, alla Calla a Giogo che fu nominata da principio per primo confine.

00c5 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, riguardo la viabilità principale evidenziava esclusivamente i tracciati viari che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, mantenendosi prossimi al fondovalle fino a Corniolo, nella valle di Campigna risalendo sul crinale di Corniolino fino alla sella di Tre Faggi con discesa a Campigna e risalita al Passo della Calla.

 

00c6 – Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo viario e idrografico precedente al completamento della viabilità provinciale.

00c7 - Confronto schematico tra cartografie storiche da cui si rilevano (tenendo conto del forte differenza di scala) le modifiche alla viabilità tra Campigna e il Passo della Calla e la sostanziale corrispondenza di tracciato tra la mulattiera antica e l’ammodernamento di fine XIX secolo effettuati dal Siemoni poi dall’ispettore Massella, che resero barrocciabile l’antica mulattiera granducale, che giungendo a Campigna attraversava il Bidente e il fosso adiacente (del Balzo?) con due ponti in legno (evidenziati con cerchiatura) documentati dalla mappa antica con apposita simbologia.

00c8 – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con utilizzo di grassetto nero.

00d1/00d4 – Vedute dell’impluvio di origine del Bidente di Campigna, sul versante di Poggio Lastraiolo adiacente al Rifugio Città di Forlì, e del suo primo tratto (22/12/11 – 15/05/23 – 29/11/18).

00d5/00d8 – Vedute di una polla nel sito della Fonte al Bicchiere, del parcheggio presso il Rifugio Città di Forlì e del ramo del Bidente (29/11/18)

00d9/00d13 – Dalla S.P. del Castagno e dal sottostante sent. 247-A, scorci del ramo del Bidente proveniente dalla ex Fonte al Bicchiere (2/07/18).

00d14 – 00d15 - La cascata Occhi Brutti vista dalla provinciale che attraversa il Bidente al km 26+200 circa (30/11/16).

00d16 – 00d17 – 00d18 – Tra i tornanti della SP 4, scorci della confluenza del Fosso dell’Abetìo (a dx) nel Bidente e prosecuzione del fiume verso Campigna (30/07/18).

00d19 – Elaborazione da manifesto esposto in bacheca a Campigna riproducente il crinale appenninico e l'abetina di Campigna, con indicazione della confluenza del Fosso dell’Abetìo nel Bidente.

00e1/00e7 – Subito a valle della confluenza del Fosso dell’Abetìo il Bidente piega incassandosi verso Campigna, dove sbuca passando sotto il ponte della Mulattiera del Granduca, ma l’irruenza viene rallentata dallo sbarramento che, sorreggendo anche lo scavalcamento della Strada delle Cullacce, crea un piccolo invaso (9/09/11 – 21/01/17 – 2/07/18 – 12/07/18).

00f1/00f4 -  Scorci della profonda incisione fluviale compresa tra il laghetto di Campigna e I Tre Fossati (13/07/18).

00g1 - 00g2 – Scorcio del Bidente che giunge ai Tre Fossati dove riceve il Fosso della Corbaia (sulla sx) (13/07/18).

00g3/00g6 – Poco sopra, il Fosso della Corbaia riceve il Fosso delle Bruciate (a dx); scorci a monte del Fosso della Corbaia, che pare affiancato da una pista, forse di servizio alla segheria (13/07/18).

00h1/00h6 – Il fiume riceve il Fosso della Ghiraia poi prosegue con tratti più tranquilli fino al Porticciolo, dove è attraversato da un ponticello che sostituisce quello più antico (6/04/16 - 13/07/18).

00i1/00i5 – Il tratto fluviale tranquillo sotto la Capanna di Castagnoli fino alla confluenza del Fosso della Ruota, dove si trova la spalla in pietrame di un ponte (9/07/18 – 13/07/18).

00l1/00l5 – Scorci di un tratto fluviale sotto Casa Fiume e dallo sbocco del Fosso del Fiumicino, a monte del Mulino di Fiumari (25/05/18 – 29/11/18).

00m1/00m11 – Il Bidente giunge a Fiumari con stretti meandri e sottopassando prima il moderno Ponte Giovannone poi il ricostruito e traslato ponte presso il mulino, dove il fiume pare anche facilmente guadabile. Presso la chiesa si trova una fonte (6/04/16).

00n1 – 00n2 – Il fiume sprofonda presso Case Fiumari (26/03/12).

00o1 – 00o2 – 00o3 - Il Bidente attraversa il luogo dove sorgeva il Molino di Campacci, oggi occupato dalla briglia e dalla stazione di pompaggio dell’acquedotto (2/08/17)

00p1 – 00p2 – 00p3 – Il Ponte Ilario attraversa il fiume in sostituzione dell’antico e adiacente Ponte del Ladrone (12/03/12).

00q1/00q4 – Il primo attraversamento del Bidente era costituito dal Ponte del Ladrone (26/03/12 – 16/10/16).

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