Cā San Giovanni
toponimo inserito e descritto nel percorso:
lungo la VALLE DEL FOSSO DI LAVACCHIO - pubblicato su www.gianlucacarboni.it
foto del 2012 inviate e qui riprodotte su segnalazione dell'autore
Testo inserito da Bruno Roba (12/12/2017 - Agg. 26/12/18).
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, la Valle del Fiume Bidente delle Celle riguarda il ramo occidentale del Bidente delimitata: ad Ovest, da un tratto del contrafforte principale dal Monte Falco fino al Monte dell’Avòrgnolo, presso il quale (mentre l’andamento principale dei rilievi prosegue verso Forlì evidenziando subito i Monti Guffone e della Fratta) si stacca la dorsale di Pian dell’Olmo così disegnando quell’arco di rilievi che costringe il fiume a confluire con il Bidente di Campigna e contribuendo a generare poco più in là, sotto il borgo omonimo, il Fiume Bidente di Corniolo; ad Est, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che sempre staccandosi dal gruppo del M. Falco si dirige verso Poggio Palaio, quindi con il crinale di Corniolino termina a Lago. Il bacino idrografico, suddiviso dall’incisione dell’asta fluviale principale in due parti similari solo per superficie, mostra una morfologia nettamente differenziata caratterizzata da un versante orientale più frastagliato e da versanti occidentali submontani, prevalentemente esposti a meridione, dove pendii più dolci a prato-pascolo su terrazzi orografici si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati, mentre per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati.
Tra l’Avòrgnolo e il Passo della Braccina, come accennato, si stacca la dorsale che separa la Valle del Fosso della Fontaccia dalle Val Bonella e Val della Noce e che contribuisce a disegnare quell’arco di rilievi che delimitano il versante sx della Valle del Fiume del Bidente delle Celle, dove il sito di Lago, posto all’imbocco dei sistemi vallivi, svolge quindi anche la funzione di centro di convergenza fluviale: il toponimo e la morfologia del luogo non sono antichissimi, infatti il suo delicato equilibrio idrogeologico nel 1681 cedette quando una frana creò quell’ostruzione che effettivamente generò un lago (sommergendo il quattrocentesco Mulino Vecchio) poi colmato da sedimentazioni comunque modellate dal continuo scorrere delle acque. Orientata NO-SE e compresa tra la dorsale citata e l’altra dorsale che alla sua dx, staccandosi dall’Avòrgnolo, la separa da quella amplissima di Lavacchio, in questo contesto storico-geografico la Valle del Fosso della Fontaccia, come le altre circumvicine, si presenta con il versante esposto a solatìo in parte caratterizzato da una morfologia da scivolamento, determinata da detrito di versante incoerente di dimensioni e litologie varie depositato per gravità e ruscellamento, risalente al Quaternario, Pleistocene superiore-Olocene (da 10 mila a 1,8 milioni di anni fa), alternato ad ampie e lisce stratificazioni arenacee affioranti ed in erosione, che ha determinato una sorta di terrazzo morfologico dalle dolci pendenze delimitato dalle stratificazioni marnoso-arenacee incise dal Bidente delle Celle, mentre il versante a bacìo è scosceso e dirupato. Si sviluppa longitudinalmente per circa 2 km su un dislivello compreso tra i 530 m del fondovalle e i 1113 m del contrafforte, mentre l’Avòrgnolo raggiunge i 1161,7 m. Sul bordo superiore settentrionale e all’interno dei prati-pascoli della paleofrana si distribuiscono gran parte degli insediamenti, o ne debordano fino a raggiungere gli 800 m di quota. Essi sono Cà d’Armati già Casa Armai e forse Cà D’Amati, Ca dell’Orso o Cà dell’Orso o Cà D’Orso, già Cas’Orso, Ca di Belletta già Casabelleta, Ca S. Giovanni o Cà S. Giovanni o C. S. Giovanni già Giovanni, Ciortino documentato già Certino, Capo la Villa già Capo alla Villa, centro amministrativo di tutta la zona, Pian dell’Olmo e La Casina, quest’ultimo toponimo noto solo nel luogo e tramandato oralmente di un fabbricato altrimenti anonimo in cartografia. Va inoltre ricordata l’antica e scomparsa Chiesa di S. Giovanni in Certino, parrocchiale documentata dal 1378, oggetto di visita pastorale nel 1573, quando viene trovata in buono stato, ma risultante soppressa nel 1806; nella chiesa venivano inumati i defunti della zona. Il Giornale di Campagna del Catasto Toscano in data 1826 riporta la descrizione di un fabbricato diroccato già oratorio di proprietà della Pievania di Corniolo, infatti grazie ai proventi dei terreni annessi vi viveva il cappellano della Pieve, mentre il P.R.G. del 1985 del Comune di S. Sofia rilevava ancora la presenza di un mucchio di pietre e il rinvenimento di resti di scheletri umani in seguito a lavori agricoli. Della chiesa ha conservato memoria il vicino fabbricato di S. Giovanni, mentre Il diffuso toponimo certino è una contrazione da cerretino, dal latino cerretum, bosco di cerri, anch’esso antico e diffuso toponimo, da cui ha tratto origine anche il citato Ciortino, rilevato dalla CARTA GEOGRAFICA DELLA DIOCESI DI S. ILLARO del 1754-59, unico toponimo riportato nell’area specifica insieme a Vergareto, ma già allora non accompagnato dalla simbologia utilizzata in caso di presenza di strutture religiose.
Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovanocollocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate, come quella di Corniolino. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici. Il sistema insediativo della Valle del Fosso della Fontaccia ha subito notevoli modifiche riguardo l’abbandono della viabilità antica, in particolare con l’interruzione di quel ramo della Via Flaminia Minor che, attraversante a mezza costa le Ripe Toscane (le cui stratificazioni rocciose formano gradonate ancora oggi funzionali alla percorrenza), oggi pare di ritrovarlo fino al fabbricato di La Casina mentre, in base alla cartografia storica, superato il Fosso della Fontaccia esso discendeva di quota rasentando il Bidente delle Celle in corrispondenza di un moderno tratto di infrastrutturazione viaria, la cui complessiva realizzazione non ha peraltro evitato anche qui l’abbandono anche totale di diversi fabbricati anche plurisecolari, ormai destinati alla fatiscenza e/o alla scomparsa: nel Nuovo Catasto Terreni (1930-1952) tale ramo si trova ancora interamente riportato e classificato come Str.com. Corniolo-Celle-Pian del Grado. Raggiunto il Bidente, la viabilità consentiva di proseguire verso Est oltre l’odierna Lago, andando a ritrovare l’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che proveniva da Galeata (l’antica Mevaniola), prima che essa attraversasse il fiume tramite il Ponte di Fiordilino, oltre il quale si inerpicava sul crinale del Corniolino, con alternative di mezzacosta e di crinale o di fondovalle in direzione di Campigna o dei passi montani. Altri tracciato antichi percorrevano la valle del Fontaccia a mezza costa sia toccando la scomparsa Chiesa di S. Giovanni in Certino per poi ridiscendere sul fondovalle (Str.vic. S.Giovanni-Lavacchio) sia raggiungendo gli insediamenti più alti (Str.vic. S.Giovanni-Cà Orso).
Cà S. Giovanni è un insediamento posto sul versante sx del Fosso della Fontaccia, oggi toccato da un moderno tratto della rotabile privata che attraversa i prati-pascoli della paleofrana, mentre sono pressoché scomparsi i tracciati viari antichi sopradescritti che infrastrutturavano l’area e che toccavano il fabbricato. Benché ritenuto di interesse storico-architettonico, il fabbricato è ormai abbandonato e mostra i primi collassi strutturali, probabilmente dovuti alla collocazione nel pieno dell’accumulo detritico la cui mai cessata instabilità presto ne comprometterà definitivamente la complessiva solidità, così come è facile immaginare sia già avvenuto nei secoli scorsi, considerata la totale difformità planivolumetrica rispetto a quanto comparente nella mappa del Catasto Toscano del 1826-34. Infatti tale mappa, come Giovanni, rappresentava quattro fabbricati di diverse dimensioni, due principali e due piccoli annessi, distribuiti nell’ambito della propria area di pertinenza e prossimi ad uno snodo della viabilità antica che infrastrutturava il sito. Il toponimo riprende e conserva la memoria dell’antica e scomparsa Chiesa di S. Giovanni in Certino. In mancanza di diverse indicazioni è ipotizzabile riconoscere la chiesa nel fabbricato rettangolare rappresentato nel catasto antico in corrispondenza del sopracitato snodo viario, in considerazione sia di tale strategica collocazione sia della precisa prospicienza ed aderenza del suo lato corto sulla via, evidentemente corrispondente a quello di ingresso. Se l’instabilità geologica dell’area ha determinato l’abbandono e la scomparsa dell’edificio religioso, peraltro situato in area di estrema criticità quasi sul bordo del terrazzo morfologico, per l’insediamento rurale ha comportato, pare nel medesimo XIX secolo, la totale ricostruzione, così come è pervenuta sino ad oggi, che mostra un grosso fabbricato rettangolare, suddiviso strutturalmente in tre porzioni sequenziali (almeno una forse riutilizzante parte di uno dei precedenti fabbricati) ed impostato saggiamente in contropendenza in modo da contrastare meglio le spinte da scivolamento, prevalentemente sincronico e dotato di tre piani fuori terra compreso sottotetto abitabile, oltre due seminterrati relativi alla porzione più a valle ed alla loggia laterale, disimpegnati grazie al pendio. Ad esso sono stati aggiunti un’alta e caratteristica loggia plurifunzionale, aperta su entrambi i lati e ammorsata sul lato corto a valle e un’altra sul lato opposto, ma bassa e semichiusa, entrambe con stalletti. Poggiata sul lato Est, al piano terra e con due piccoli locali seminterrati accessibili dal lato valle, un’altra ampia loggia copriva una cisterna ed era dotata di forno, oltre che riparare parzialmente l’ingresso della cucina, dotata di grande camino e classico acquaio sottofinestra, che ha potuto godere della modernizzazione di un rubinetto, cui va aggiunta la scala interna in muratura e l’appendice del bagno in laterizio aggettante dalla parete Ovest e sorretta da pilastrini, anche questa “modernità” introdotta minimizzando il dispendio, tipica e diffusa in ogni dove. I tre piani erano suddivisi funzionalmente in senso verticale in corrispondenza delle pareti portanti trasversali, la parte abitativa nelle due porzioni lato valle mentre quella a monte ospitava un’ampia stalla al PT con sovrastante fienile. È probabile che il pietrame provenisse dai fabbricati scomparsi, infatti fini decorazioni incise su alcune cornici di finestre e alcuni conci cantonali presentano tracce di scalpellature di più antica esecuzione. Il manto di copertura del tetto è ancora in lastre di arenaria. In base ad un elenco del 1735 delle famiglie residenti nell’ampio Comune di Corniolo vi risulta lavorante Tommaso Casamenti. Dalla documentazione fotografica del PRG l’insediamento appare ancora utilizzato nel 1983 dal conduttore, così come in base a quella del PS appaiono ancora segni di utilizzo protratti ai primi anni del XXI secolo.
Per approfondimenti si rimanda alla schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle, Fosso della Fontaccia e/o relative a monti e insediamenti citati.
N.B. - La visita apostolica o pastorale, che veniva effettuata dal vescovo o suo rappresentante, era una prassi della Chiesa antica e medievale riportata in auge dal Concilio di Trento che ne stabilì la cadenza annuale o biennale, che tuttavia fu raramente rispettata. La definizione di apostolica può essere impropria in quanto derivante dalla peculiarità di sede papale della diocesi di Roma, alla cui organizzazione era predisposta una specifica Congregazione della visita apostolica. Scopo della visita pastorale è quello di ispezione e di rilievo di eventuali abusi. I verbali delle visite, cui era chiamata a partecipare anche la popolazione e che avvenivano secondo specifiche modalità di preparazione e svolgimento che prevedevano l'esame dei luoghi sacri, degli oggetti e degli arredi destinati al culto (vasi, arredi, reliquie, altari), sono conservati negli archivi diocesani; da essi derivano documentate informazioni spesso fondamentali per conoscere l’esistenza nell’antichità degli edifici sacri, per assegnare una datazione certa alle diverse fasi delle loro strutture oltre che per averne una descrizione a volte abbastanza accurata.
- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;
Pro Loco Corniolo-Campigna (a cura di), Corniolo, storia di una comunità, Grafiche Marzocchi Editrice, Forlì 2004;
Schede di analisi e indicazioni operative relative agli edifici del territorio rurale, Piano Strutturale del Comune di Santa Sofia, 2009, Schede n.55-208, complete di documentazione fotografica;
Itinerari Geologico-Ambientali nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Regione Emilia-Romagna, Parco delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Alpe di S. Benedetto, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;
Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html.
Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf.RIFERIMENTI
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AA. VV., Il luogo e la continuità. I percorsi, i nuclei, le case sparse nella Vallata del Bidente, Catalogo della mostra, C.C.I.A.A. Forlì, Amm. Prov. Forlì, E.P.T. Forlì, 1984;
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Itinerari Geologico-Ambientali nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Regione Emilia-Romagna, Parco delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Alpe di S. Benedetto, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;
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Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;
Link www.fc.camcom.it/area biblioteca/documento.htm?ID_D=4931.
Dalla località Lago di Corniolo prendere strada a destra inizialmente asfaltata poi sterrata, al primo bivio tenere la destra e procedere per 700 metri
Testo di Bruno Roba
Dalla S.P. 4 del Bidente, giunti a Lago, prima del ponte si imbocca la rotabile che risale il Bidente delle Celle. Dopo meno di 100 m si trova un bivio con una rotabile (privata e chiusa da una sbarra, ma solo in parte ricalcante antichi tracciati viari) che risale sulla dx collegando i vari poderi raggiungendo per prima C. S.Giovanni, in tutto circa 800 m. Gli antichi tracciati si possono ritrovare a circa 500 m da Lago, appena oltrepassato il Fosso della Fontaccia, risalendo prima nel podere abbandonato (eventuale recinzione con passo) poi ritrovando dietro il fabbricato sia l’antica mulattiera che si inoltra nella Valle delle Celle sia, verso dx, traccia della via che risale (solo inizialmente con qualche difficoltà per gli arbusti, comunque occorre senso dell’orientamento), verso Cà di Belletta, posta sulla mulattiera che a sx si dirige verso la Valle del Lastricheto, quindi verso Cà d’Orso e gli altri insediamenti. Parte degli antichi tracciati sono indicati in un’edizione della cartografia escursionistica.
Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
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001a/001d – Una panoramica ottimale della valle della Fontaccia si ha dal Sentiero degli Alpini nel tratto di contrafforte principale tra il Passo della Braccina e il Monte dell’Avòrgnolo, da dove lo scivolamento morfologico del versante sx del basso fondovalle, principale sede degli insediamenti in un contesto di prati-pascoli, è evidenziato dal contrasto con i tormentati rilievi degli opposti versanti bidentini. Si nota bene la collocazione di Cà S. Giovanni prossima al bordo del terrazzo morfologico, dove doveva sorgere pure la scomparsa Chiesa di S. Giovanni in Certino (26/11/16).
001e – 001f – 001g - A monte di Fossacupa, dalla dorsale che delimita la Valle di Lavacchio su cui risale la mulattiera verso il Monte Cavallo, viste panoramiche suggestive ma limitate alla parte meno elevata della Valle del Fosso della Fontaccia, su cui si estendono ampie aree a prato-pascolo. (12/12/16).
001h/001p - Dalla mulattiera che risale la Valle delle Celle diretta verso Capria, l’allineamento visivo è simile a quello delle viste precedenti, ma la postazione più bassa e ravvicinata consente di notare il bordo del terrazzo morfologico che delimita i dolci pendii pascolivi, segnato da un’evidente frana attiva, e l’incisione del tratto terminale del Fosso delle Fontacce che si immette nel Bidente sottopassando la serpentina della rotabile (8/12/16).
001q/001t - Mappe schematiche insediative dedotte sia da cartografia storica sia da cartografia moderna riproducenti l’evoluzione dell’infrastrutturazione viaria della Valle del Fosso della Fontaccia, nella seconda mappa il corsivo elegante riprende la toponomastica originale; parte della viabilità abbandonata è ancora oggi utilizzata a scopo turistico-ricreativo. Nel piccolo fabbricato stretto lungo, che compare nella terza mappa poco sotto Cà S.Giovanni stretto tra l’incrocio viario, per collocazione e proporzioni dimensionali oltre che sedimentazione toponimica, è coerente riconoscere la Chiesa di S. Giovanni in Certino, alla data della mappa però già ridotta a rudere, ma della quale dopo 150 anni ancora venivano segnalati un cumulo di pietre e scheletri umani emersi a seguito di lavori agricoli. L’ultima riguarda un particolare dell’antica Mappa di S.Ilario che, come tante antiche, venne disegnata capovolta come orientamento.
001ua/001ug – Da Poggio Squilla (a monte di S. Paolo in Alpe, deviazione dal sent. 288 CAI) si sviluppa una dorsale dal crinale affilato che delimita la valle del Fosso di Ristèfani, terminando con Poggio Aguzzo, da cui si aprono vasti panorami; in particolare, tra maestrale e tramontana la vista spazia tra il M. dell’Avòrgnolo, il M. Guffone, mentre risulta evidente l’instabilità dei sottostanti versanti e la morfologia da scivolamento dei prati-pascoli della valle del Fosso della Fontaccia, ai cui margini infatti si mantennero gran parte degli insediamenti, tranne Cà S. Giovanni, abbandonata ed in dissesto; sul ciglio del declivio prativo si può così solo immaginare la Chiesa di S. Giovanni in Certino, i cui resti probabilmente giacciono tra la macchia (25/04/18).
002a/002g – Dall’antica via che risale sulla dx l’ultimo tratto del Fosso della Fontaccia verso Cà di Belletta, presto si traguardano i dolci pendii posti alla stessa quota sul versante opposto e, solitaria e spericolata, si distingue Cà S. Giovanni (8/12/16).
002h/002m – Cà S. Giovanni; la casa, abbandonta, risulta in vendita come da cartello affisso con n. di cellulare (10/12/16).
002n – 002o – 002p – La caratteristica loggia plurifunzionale (ricovero e stalletti) ammorsata nella parete Sud dove si aprono pure gli accessi ai locali delle due porzioni seminterrate dell’edificio (l’altra, sotto la loggia laterale, si scorge nella seconda foto della serie precedente) (10/12/16).
002q/002v – Il lato Est è caratterizzato dall’ampia loggia di protezione di una cisterna e del forno e parziale riparo dell’accesso alla cucina. Sono evidenti la suddivisione funzionale verticale con la parte abitativa lato valle, il grigliato di aereazione del fienile e, lato monte, la grande apertura del sottotetto e i sottostanti stalletti dove, grazie alla neografia dal PS, si è possibile riesumare l’accesso della porcilaia (10/12/16).
003a – 003b – 003c – La cucina e l’adiacente stalla (10/12/16).
003d – 003e – Particolari di pietre cantonali e della porta di accesso al seminterrato della loggia-forno, recanti incisioni decorative di vecchia o antica fattura, probabilmente di recupero dai fabbricati scomparsi (10/12/16).
003f – 003g – L’area prossima al bordo del terrazzo morfologico dove probabilmente sorgeva la scomparsa Chiesa di S. Giovanni in Certino (10/12/16).
003h – 003i - Alba o tramonto sul/del sito di S. Giovanni ??? (10/12/16).