Pian dell'Olmo
sentiero non ben definito, in vari punti si attraversano lastroni di arenaria che possono rendere difficile seguire la traccia
Testo inserito da Bruno Roba (Apr. 2017, agg. 26/12/18).
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, la Valle del Fiume Bidente delle Celle riguarda il ramo occidentale del Bidente delimitata: ad Ovest, da un tratto del contrafforte principale dal Monte Falco fino al Monte dell’Avòrgnolo, presso il quale (mentre l’andamento principale dei rilievi prosegue verso Forlì evidenziando subito i Monti Guffone e della Fratta) si stacca la dorsale di Pian dell’Olmo così disegnando quell’arco di rilievi che costringe il fiume a confluire con il Bidente di Campigna e contribuendo a generare poco più in là, sotto il borgo omonimo, il Fiume Bidente di Corniolo; ad Est, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che sempre staccandosi dal gruppo del M. Falco si dirige verso Poggio Palaio, quindi con il crinale di Corniolino termina a Lago. Il bacino idrografico, suddiviso dall’incisione dell’asta fluviale principale in due parti similari solo per superficie, mostra una morfologia nettamente differenziata caratterizzata da un versante orientale più frastagliato e da versanti occidentali submontani, prevalentemente esposti a meridione, dove pendii più dolci a prato-pascolo su terrazzi orografici si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati, mentre per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati.
Tra l’Avòrgnolo e il Passo della Braccina, come accennato, si stacca la dorsale che separa la Valle del Fosso della Fontaccia dalle Val Bonella e Val della Noce e che contribuisce a disegnare quell’arco di rilievi che delimitano il versante sx della Valle del Fiume del Bidente delle Celle, dove il sito di Lago, posto all’imbocco dei sistemi vallivi, svolge quindi anche la funzione di centro di convergenza fluviale: il toponimo e la morfologia del luogo non sono antichissimi, infatti il suo delicato equilibrio idrogeologico nel 1681 cedette quando una frana creò quell’ostruzione che effettivamente generò un lago (sommergendo il quattrocentesco Mulino Vecchio) poi colmato da sedimentazioni comunque modellate dal continuo scorrere delle acque. Orientata NO-SE e compresa tra la dorsale citata e l’altra dorsale che alla sua dx, staccandosi dall’Avòrgnolo, la separa da quella amplissima di Lavacchio, in questo contesto storico-geografico la Valle del Fosso della Fontaccia, come le altre circumvicine, si presenta con il versante esposto a solatìo in parte caratterizzato da una morfologia da scivolamento, determinata da detrito di versante incoerente di dimensioni e litologie varie depositato per gravità e ruscellamento, risalente al Quaternario, Pleistocene superiore-Olocene (da 10 mila a 1,8 milioni di anni fa), delimitato dalle stratificazioni marnoso-arenacee incise dal Bidente delle Celle, in modo da formare una sorta di terrazzo morfologico dalle dolci pendenze, alternati ad ampie e lisce stratificazioni arenacee affioranti ed in erosione, e con il versante a bacìo scosceso e dirupato. Si sviluppa longitudinalmente per circa 2 km su un dislivello compreso tra i 530 m del fondovalle e i 1113 m del contrafforte, mentre l’Avòrgnolo raggiunge i 1161,7 m. Sul bordo superiore settentrionale e all’interno dei prati-pascoli della paleofrana si distribuiscono gran parte degli insediamenti, o ne debordano fino a raggiungere gli 800 m di quota. Essi sono Cà d’Armati già Casa Armai, Ca dell’Orso o Cà dell’Orso o Cà D’Orso, già Cas’Orso e l’Orso, Ca di Belletta già Casabelleta, Ca S. Giovanni o Cà S. Giovanni o C. S. Giovanni già Giovanni, Ciortino documentato già Certino, Capo alla Villa già Capo la Villa,centro amministrativo di tutta la zona, Pian dell’Olmo e La Casina, quest’ultimo toponimo noto solo nel luogo e tramandato oralmente di un fabbricato altrimenti anonimo in cartografia. Va inoltre ricordata l’antica e scomparsa Chiesa di S. Giovanni in Certino, parrocchiale documentata dal 1378, oggetto di visita pastorale nel 1573, quando viene trovata in buono stato, ma risultante soppressa nel 1806; nella chiesa venivano inumati i defunti della zona. Il Giornale di Campagna del Catasto Toscano in data 1826 riporta la descrizione di un fabbricato diroccato già oratorio di proprietà della Pievania di Corniolo, infatti grazie ai proventi dei terreni annessi vi viveva il cappellano della Pieve, mentre il P.R.G. del 1985 del Comune di S. Sofia rilevava ancora la presenza di un mucchio di pietre e il rinvenimento di resti di scheletri umani in seguito a lavori agricoli. Della chiesa ha conservato memoria il vicino fabbricato di S. Giovanni, mentre il diffuso toponimo certino è una contrazione da cerretino dal latino cerretum, bosco di cerri, anch’esso antico e diffuso toponimo, da cui ha tratto origine anche il citato Ciortino, rilevato dalla CARTA GEOGRAFICA DELLA DIOCESI DI S. ILLARO del 1754-59, unico toponimo riportato nell’area specifica insieme a Vergareto, ma già allora non accompagnato dalla simbologia utilizzata in caso di presenza di strutture religiose.
Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovano collocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate, come quella di Corniolino. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici. Il sistema insediativo della Valle del Fosso della Fontaccia ha subito notevoli modifiche riguardo l’abbandono della viabilità antica, in particolare con l’interruzione di quel ramo della Via Flaminia Minor che, attraversante a mezza costa le Ripe Toscane (le cui stratificazioni rocciose formano gradonate ancora oggi funzionali alla percorrenza, anche grazie alla “modernizzazione” progettata nel 1906 ed iniziata nel 1910, ma forse mai terminata, della viabilità dal ponte di Lago verso le Celle), oggi si ritrova a tratti fino al fabbricato di La Casina, ad Ovest di Lago mentre, superato il Fosso della Fontaccia correva poco alto rispetto al Bidente delle Celle in corrispondenza del moderno tratto di infrastrutturazione viaria di servizio dell’impianto di prelievo idrico afferente l’invaso di Ridràcoli. Nel Nuovo Catasto Terreni (1930-1952) tale ramo si trova ancora interamente riportato e classificato come Str.com. Corniolo-Celle-Pian del Grado. Raggiunto il Bidente, la viabilità consentiva di proseguire verso Est oltre l’odierna Lago, andando a ritrovare l’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che proveniva da Galeata (l’antica Mevaniola), prima che essa attraversasse il fiume tramite il Ponte di Fiordilino, oltre il quale si inerpicava sul crinale del Corniolino, con alternative di mezzacosta e di crinale o di fondovalle in direzione di Campigna o dei passi montani. Altri tracciato antichi percorrevano la valle del Fontaccia a mezza costa sia toccando la scomparsa Chiesa di S. Giovanni in Certino per poi ridiscendere sul fondovalle (Str.vic. S.Giovanni-Lavacchio) sia raggiungendo gli insediamenti più alti (Str.vic. S.Giovanni-Cà Orso).
Pian dell’Olmo è un insediamento pascolivo d’altura o alpeggio, posto intorno agli 800 m che, giunti sul luogo, appare un suggestivo pendio, dolcemente impervio, inserito in un anfiteatro naturale circondato dalle falde rupestri dell’Avòrgnolo e del tratto di contrafforte a N che creano uno scenario tipicamente montano, mentre la vegetazione impedisce di notare che ci si trova su un terrazzo morfologico affacciato sull’incisione del Fosso della Fontaccia: anch’esso avrebbe le caratteristiche del deposito di detrito di versante, comunque di ridotta estensione, pertanto non classificato. Comparente nella mappa del Catasto Toscano del 1826-34 con il suo piccolo resede pertinenziale e medesimo toponimo, il suo è l’unico dell’area, insieme al sottostante l’Orso (cfr. Cà dell’Orso), presente nella Carta topografica d’Italia I.G.M. di primo impianto (1894, in scala 1:50.000). Il fabbricato è costituito da un caratteristico capanno-ricovero, semidiroccato ed invaso dalla vegetazione, posto su un piccolo rilievo probabilmente in parte artificiale, con un locale al PT uso stalla dotato di un ampio accesso e un locale su soppalco con accesso dall’interno e due piccole aperture sui fronti opposti a filo del colmo della copertura. La costruzione appare fedele alla prima ed unica fase di edificazione, sicuramente risalente almeno all’inizio del XX sec., infatti compare nella cartografia storica I.G.M., dove però non appare raggiunto da mulattiere e sentieri benché l’area ne sia ancora oggi fittamente attraversata fino a risalire sul contrafforte tramite ripidissimi percorsi di cresta, mentre il sito è raggiunto dai resti di un’ampia pista realizzata sfruttando la pendenza delle stratificazioni rocciose emergenti.
Per approfondimenti si rimanda alla schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle, Fosso della Fontaccia e/o relative a monti e insediamenti citati.
N.B. - La visita apostolica o pastorale, che veniva effettuata dal vescovo o suo rappresentante, era una prassi della Chiesa antica e medievale riportata in auge dal Concilio di Trento che ne stabilì la cadenza annuale o biennale, che tuttavia fu raramente rispettata. La definizione di apostolica può essere impropria in quanto derivante dalla peculiarità di sede papale della diocesi di Roma, alla cui organizzazione era predisposta una specifica Congregazione della visita apostolica. Scopo della visita pastorale è quello di ispezione e di rilievo di eventuali abusi. I verbali delle visite, cui era chiamata a partecipare anche la popolazione e che avvenivano secondo specifiche modalità di preparazione e svolgimento che prevedevano l'esame dei luoghi sacri, degli oggetti e degli arredi destinati al culto (vasi, arredi, reliquie, altari), sono conservati negli archivi diocesani; da essi derivano documentate informazioni spesso fondamentali per conoscere l’esistenza nell’antichità degli edifici sacri, per assegnare una datazione certa alle diverse fasi delle loro strutture oltre che per averne una descrizione a volte abbastanza accurata.
- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.
N.B. - La visita apostolica o pastorale, che veniva effettuata dal vescovo o suo rappresentante, era una prassi della Chiesa antica e medievale riportata in auge dal Concilio di Trento che ne stabilì la cadenza annuale o biennale, che tuttavia fu raramente rispettata. La definizione di apostolica può essere impropria in quanto derivante dalla peculiarità di sede papale della diocesi di Roma, alla cui organizzazione era predisposta una specifica Congregazione della visita apostolica. Scopo della visita pastorale è quello di ispezione e di rilievo di eventuali abusi. I verbali delle visite, cui era chiamata a partecipare anche la popolazione e che avvenivano secondo specifiche modalità di preparazione e svolgimento che prevedevano l'esame dei luoghi sacri, degli oggetti e degli arredi destinati al culto (vasi, arredi, reliquie, altari), sono conservati negli archivi diocesani; da essi derivano documentate informazioni spesso fondamentali per conoscere l’esistenza nell’antichità degli edifici sacri, per assegnare una datazione certa alle diverse fasi delle loro strutture oltre che per averne una descrizione a volte abbastanza accurata.
- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
AA. VV., Il luogo e la continuità. I percorsi, i nuclei, le case sparse nella Vallata del Bidente, Catalogo della mostra, C.C.I.A.A. Forlì, Amm. Prov. Forlì, E.P.T. Forlì, 1984;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
Pro Loco Corniolo-Campigna (a cura di), Corniolo, storia di una comunità, Grafiche Marzocchi Editrice, Forlì 2004;
Itinerari Geologico-Ambientali nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Regione Emilia-Romagna, Parco delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Alpe di S. Benedetto, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;
Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html;
Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;
Link www.fc.camcom.it/area biblioteca/documento.htm?ID_D=4931.
Dalla località Lago di Corniolo prendere strada a destra inizialmente asfaltata poi sterrata, al primo bivio tenere la destra e procedere per 1000 metri, all'altezza di un'abitazione prendere carrareccia non segnata sulla destra da seguire per circa 900 metri
Testo inserito da Bruno Roba.
Dalla S.P. 4 del Bidente, giunti a Lago, prima del ponte si imbocca la rotabile che risale il Bidente delle Celle. Dopo meno di 100 m si trova un bivio con una rotabile (privata e chiusa da una sbarra, ma in parte ricalcante antichi tracciati viari) che risale sulla dx collegando i vari poderi fino a Cà d’Armati (1,2 km). Da qui si imbocca una pista che transita davanti ad un capannone agricolo e dopo due tornanti si dirige rettilinea e senza incertezze in costante risalita verso Pian dell’Olmo per 1 km, perdendo per l’abbandono e l’erosione i caratteri di pista e riacquistando quelli di mulattiera. Un percorso alternativo si imbocca a circa 500 m dal bivio di Lago, appena oltrepassato il Fosso della Fontaccia, risalendo prima nel podere abbandonato (eventuale chiusura aperta in rete) e ritrovando dietro il fabbricato sia l’antica mulattiera che si inoltra nella Valle delle Celle sia, verso dx, traccia dei tracciati antichi che risalgono, solo inizialmente con qualche difficoltà per gli arbusti (comunque occorre senso dell’orientamento), verso Cà di Belletta, poco prima della quale si giunge sulla mulattiera diretta a sx verso la Valle del Lastricheto. Superata Cà di Belletta si supera Cà dell’Orso e si raggiunge Cà d’Armati per proseguire come sopra. La distanza è poco inferiore ma l’interesse compensa la maggiore fatica. Questo secondo percorso si trova in un’edizione della cartografia escursionistica.
Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.
001a/001e – Dal Crinale del Corniolino il poggio del Castellaccio divide il panorama tra Piano d’Arcai e il Monte dell’Avòrgnolo, dal cui versante E si stacca la Valle del Fosso della Fontaccia, di cui si vede solo la parte più elevata dove viste ravvicinate consentono di individuare Pian dell’Olmo mentre, acquattato, cerca di nascondesi (13/12/16).
002a – 002b – Da Poggio Scali è possibile contestualizzare l’intero sviluppo della Valle del Fosso della Fontaccia, benché con difficoltà per la distanza in linea d’aria (7 km) e la relativa nitidezza delle riprese fotografiche. N.B.: in giallo le quinte crinalizie che delimitano la visuale (16/08/16).
003a – 003b – Dalla S.P. 4 sono possibili scorci più nitidi ma parziali e limitati alla dorsale oltre la quale si sviluppa la Val Bonella (27/09/16).
004a/004e – A monte di Fossacupa, dalla dorsale che separa la Valle di Lavacchio dalla Valle del Fosso delle Fontacce (diverso e a SO del nostro), su cui risale la mulattiera verso il Monte Cavallo, viste panoramiche suggestive ma limitate alla parte meno elevata dell'opposta Valle del Fosso della Fontaccia, su cui si estendono ampie aree a prato-pascolo (12/12/16).
005a – 005b – Dalla Mulattiera che risale la Valle delle Celle diretta verso Capria, l’allineamento visivo è similare a quello delle viste precedenti, ma da postazione più bassa e ravvicinata (8/12/16 - 10/12/16).
005c – 005d - Nuovamente dal Crinale del Corniolino, ma da quota più elevata, la sequenza piano-prospettica poggio del Castellaccio-dorsale di Val Bonella-dorsale tra M.Guffone e Piano d’Arcai è intercalata dalla valle del Fontaccia dove tra l’altro, sulla sx (dietro l’antenna del Castellaccio, v. part.), si scorge la pista che sale verso Pian dell’Olmo (30/11/16).
006a/006f – Una panoramica ottimale della Valle della Fontaccia si ha dal Sentiero degli Alpini sul tratto di contrafforte principale tra il Passo della Braccina e il Monte dell’Avòrgnolo, subito a monte dell’origine del Fosso della Fontaccia (che si nota bene nella 2^ foto). Si nota bene anche l’insediamento di Pian dell’Olmo, su un terrazzo orografico che sporge sull’incisione del fosso (26/11/16 – 21/03/17).
006g/6m - Da Poggio Squilla (a monte di S. Paolo in Alpe, deviazione dal sent. 288 CAI) si sviluppa una dorsale dal crinale affilato che delimita la valle del Fosso di Ristèfani, terminando con Poggio Aguzzo, da cui si aprono vasti panorami; in particolare, tra maestrale e tramontana la vista spazia tra il M. Guffone e il M. dell’Avòrgnolo, profondamente inciso dal canalone dove scorre il Fosso della Fontaccia e dove si scorge appena il circoscritto prato dell’alpeggio di Pian dell’Olmo mentre scompare il capanno (25/04/18).
007a – 007b – 007c – Risalendo dai prati-pascoli di fondovalle si nota anzitutto la dorsale che si stacca dal Monte dell’Avòrgnolo delimitando la Valle della Fontaccia ed il pendio dei prati-pascoli in abbandono con i fabbricati di Cà dell’Orso, mentre si amplia il panorama sulle Valli del Bidente divise dal Crinale del Corniolino, coronate in lontananza dallo sky-line della Giogana e del Monte Gabrendo fino al Poggio Sodo dei Conti (8/12/16).
007d/007g – La parete stratificata e a tratti quasi verticale del contrafforte conquista la scena mentre si incede su superfici arenacee quasi levigate un tempo ricoperte dalla massicciata di una pista ormai dilavata (8/12/16).
007h/007v – Pian dell’Olmo appare acquattato come a sorvegliare il pendio antistante e/o suggestionato dall’incombenza dei rilievi, mentre il bordo del terrazzo orografico si scorge appena, ricoperto dalla vegetazione spontanea. L’interno del fabbricato, invaso dai rovi, non consente approfondite ispezioni (8/12/16).
007z - La riconquistata linearità e la regolarità della stratificazione arenacea, che qui supportava la pista o mulattiera, nel puntare e riflettere la luce solare ricorda un'opera densa di progettualità oltre che un abile e non stravolgente adattamento ambientale (8/12/16).
008a – 008b – 008c - Mappe schematiche insediative dedotte sia da cartografia storica sia da cartografia moderna riproducenti l’evoluzione dell’infrastrutturazione viaria della Valle del Fosso della Fontaccia, nella seconda mappa il corsivo elegante riprende la toponomastica originale; parte della viabilità abbandonata è ancora oggi utilizzata a scopo turistico-ricreativo.