Monte Palestrina
Testo di Bruno Roba (16/10/19 - Agg. 12/07/20)
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.
In particolare, la Valle del Fiume Bidente di Ridràcoli riguarda quel ramo intermedio del Bidente delimitato, ad Ovest, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli. Ad Est la valle è delimitata dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si diparte da Poggio allo Spillo (collegando Poggio della Bertesca, Croce di Romiceto, i Monti Moricciona, La Rocca, Marino, Pezzoli e Carnovaletto) per concludersi con il promontorio della Rondinaia digradando a valle di Isola costretto dalla confluenza del Fiume Bidentino o Torrente Bidente di Fiumicino nel Fiume Bidente. La Rondinaia è nota per il castello con la sua torre «[…] baluardo di antica potenza, elevato fin dai tempi romani alla difesa contro le orde barbariche che dal nord d’Europa scendevano a depredare le belle contrade d’Italia.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 274).
Il bacino idrografico, di ampiezza molto superiore rispetto alle valli collaterali e che vede il lago occupare una posizione baricentrica con l’asta principale fluvio/lacustre f.so Lama/invaso/fiume posizionata su un asse mediano Nord-Sud, mostra una morfologia molto differenziata rispetto al suo baricentro. L’area sorgentifera, con la realizzazione dell’invaso artificiale, si differenzia tra quella che lo alimenta e quella a valle della diga che alimenta direttamente il fiume. A monte l’area imbrifera si amplia estendendosi da Poggio Scali fino al Passo della Crocina mostrando, specie nella parte a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico (la c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), fortissime pendenze modellate dall’erosione e dal distacco dello spessore detritico superficiale con conseguente crollo dei banchi arenacei, lacerazione della copertura forestale e formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati, talvolta con roccia affiorante (Frana Vecchia, 1950, e Frana Nuova, 1983-1993, sempre attiva, di Sasso Fratino). Il reticolo idrografico confluisce in cinque corsi d’acqua principali che costituiscono i corrispondenti bracci lacustri di cui si compone il lago. Essi sono il Fosso delle Macine, poi di Campo alla Sega, il Fosso degli Altari e il Fosso della Lama, tranne l'ultimo provenienti dal tratto di bastionata interna alla Riserva Integrale di Sasso Fratino. Quindi l’asta torrentizia costituita dalla sequenza dei Fossi del Ciriegiolone, dell’Aiaccia e del Molinuzzo, proveniente dall’anfiteatro generato dal distacco del contrafforte secondario dallo spartiacque appenninico a Poggio Scali. Infine il Fosso del Molino, che raccoglie il reticolo idrografico generato dal contrafforte distaccatosi da Poggio allo Spillo. L’invaso occupa l'antico primo tratto del Fiume Bidente di Ridràcoli compreso tra le sue origini, determinate dalla confluenza dei Fossi della Lama e del Molino, e le confluenze, rispettivamente in sx e dx idrografica, dei Fossi del Molinuzzo e dei Tagli, tra le quali si situa la diga. Il versante orientale del lago, in dx idrografica, è costituito dalle ripide pendici del Monte Cerviaia, con la sua appendice del Monte Palestrina, da cui provengono i Fossi del Fontanone, Il Fossone, del Casamentino e dell’Orso.
Se in generale la cresta dei contrafforti non discende con regolarità assoluta tendendo anzi a rialzarsi in coincidenza con i nodi montani (aspetto significante tettonicamente, ovvero nella disposizione delle rocce e loro modalità di corrugamento e assestamento), in particolare il Monte Moricciona costituisce nodo montano da cui si distacca verso Ovest una dorsale dalla quale, dopo un breve tratto, si rialza modestamente il Monte Cerviaia, costituente anch’esso un nodo da cui si origina una sfrangiatura di brevi dorsali che si aprono a ventaglio, di fatto nel complesso disegnando un delta simmetrico con asse sempre orientato ad Ovest ed oggi con evidente base nel Lago di Ridràcoli. Tra esse, la dorsale che si sviluppa verso Sud-Ovest si rialza presto con il caratteristico Monte Palestrina, a sua volta nodo da cui si apre un ventaglio di dorsali e sproni: in particolare, la dorsale superiore, orientata NO, presenta due soluzioni di continuità costituite da una sorta di due terrazzi morfologici a scalare, uno superiore meno accentuato l’altro quasi un altopiano, che si mostrarono idonei all’insediamento dei due poderi di Casamentino, nel primo e Palestrina nell’altopiano. La toponomastica del monte è derivata da un termine oggi utilizzato anche per definire un sito idoneo per praticare l’arrampicata alpinistica, derivato dal greco palàistra, da palàiein = lottare, presso gli antichi greci e romani luogo, specialmente all’aperto, destinato agli esercizi ginnici: tali caratteristiche geomorfologiche sono evidenziate dal suo versante orientale, dove affiorano le inospitali stratificazioni a “reggipoggio” tipiche della giacitura marnoso-arenacea dell’Appennino romagnolo, mentre nell’opposto versante a “franapoggio” dell’intero complesso montano, che mostra pendenze minori per quanto fortemente accidentate, valli, vallecole e terrazzi morfologici (nelle descrizioni antiche definiti “poggi”) hanno reso possibili la frequentazione e gli insediamenti colonici. Il delta è nettamente delimitato dalle profonde valli, a Nord-Est del Fosso dei Tagli e a Sud-Est dei Fossi Rogheta e del Molino. Secondo la morfologia pre-lacustre, gli innumerevoli sproni del versante occidentale del Cerviaia, alternativamente contrapposti alle lunghe ed imponenti dorsali provenienti direttamente dallo spartiacque appenninico, determinarono quella che era la profonda e sinuosissima gola del primo tratto del Bidente, come si può notare dalla cartografia storica.
Tali luoghi si sono trovati in qualche modo coinvolti dalla storia nell’evoluzione del ciclo delle acque di Ridràcoli, note e sfruttate fin dall’antichità in tutta la Romagna. Lo stesso toponimo deriverebbe dal latino Rivus Oracolum o Oraculorum per la probabile presenza presso il torrente di un piccolo tempio pagano con sibilla oracolante, ipotesi comunque verosimile e conforme alla leggenda della Sibilla appenninica delle vicine montagne marchigiane. Già nel II secolo d.C. le problematiche legate al reperimento delle risorse idriche e soprattutto alle necessità di Ravenna e del porto di Classe portarono l’Impero Romano alla realizzazione di un imponente acquedotto che sfruttava il flumen aqueductus Bidente; tracce di esso si trovano negli scritti antichi ed essenzialmente nella toponomastica locale. Dopo un lunghissimo interregno, negli anni ’30 del XX secolo le esigenze della civiltà moderna portano ad effettuare i primi studi per localizzare una diga nell’Alto Appennino forlivese e, nei primi anni ‘60, al fine di fornire risorse idriche sufficienti alle aree di Forlì e Ravenna e alla fascia costiera romagnola, viene individuata l’area a monte di Ridràcoli come idonea per l’imbrigliamento delle acque dell’alto corso del Bidente (oltre ad altre risorse idriche tramite condotte sotterranee), con conseguente realizzazione dell’opera tra il 1975 e il 1982. Oggi, come probabilmente il lago artificiale ha alterato il microclima dell’anfiteatro della Lama, portando variazioni nell’assetto vegetazionale con un diverso equilibrio a vantaggio delle specie oceaniche (faggio) in confronto a quelle continentali, così l’ambiente circostante è stato modificato da viabilità ed opere connesse alla diga e diversi edifici, acquisiti dalla Romagna Acque-Società delle Fonti S.p.A., hanno subito modifiche e/o riutilizzi a fini turistici.
È così scomparso quasi l’intero tracciato della mulattiera comunale e sono scomparsi ponti e guadi che attraversavano il Fiume Obbediente (come era anticamente classificato), come il Ponte alla Forca e il Ponte a Ripicchione, quest’ultimo comparente in una mappa del 1637 e citato nel Contratto livellario del 1840 tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli relativo ad uno dei poderi scomparsi: «N. 8 - Podere di Lagacciolo […] Terreni. Un solo tenimento di terra tutta giacente in poggio ed in una pendice scoscesa inclinata sul torrente Bidente rivolta al sud est intersecata da più e diversi fossi e borri […] ed è riconosciuto per i vocaboli: Lagacciolo, Ponte Ripicchione, la Ripa dei Corvi, i Bruciati, i Ronchi Vecchi, Balzoni, Poggio della Gallona ed il Prato dei Ciliegi.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 518, 519, cit.). Il ponte era posto subito a valle della confluenza del Fossato del Ciregiolo (oggi Fosso del Molinuzzo) nel fiume, quindi proprio nel luogo dove oggi sorge la diga ma probabilmente nel XIX sec. ne rimaneva solo il toponimo, infatti non compare nella cartografia dell’epoca, a differenza del Ponte alla Forca. Ancora negli ultimi anni prima dell’innalzamento delle acque dell’invaso in quei luoghi esistevano due stradelli, uno seguiva il corso del Bidente attraversandolo ben 33 volte, ma era praticabile solo in caso di scarsità idrica, l’altro era la mulattiera comunale, larga e ben massicciata, che si distaccava dalla Mulattiera di Ridràcoli, già Strada che dal Castello di Ridracoli conduce alla Chiesa della Casanova, come dall’ottocentesco Catasto Toscano. Scavalcato con un ponte in legno il Fosso dei Tagli passava sotto un arco del mulino omonimo quindi ne costeggiava il bottaccio. Giunta all’altezza del Fosso del Molinuzzo … «In quel punto il fiume era particolarmente ricco d’acque e per raggiungere la riva opposta i ridracolini avevano studiato un particolare marchingegno che chiamavano “la teleferica”. Salivano infatti su di un carrello portante, una specie di rudimentale funicolare composta da due fili d’acciaio […]. Situata qualche metro sopra il livello dell’acqua non era poi troppo scomoda e neanche troppo pericolosa. Vi si saliva in tre o quattro persone per volta ed era necessaria per recarsi alle Celluzze ed alle altre case poste oltre il fiume […] sul suo percorso incontrava un’altra fonte detta “dei bisernini” […]. Dal Logacciolo la mulattiera ricominciava a salire abbastanza rapidamente. Incontrava una piccola croce in ferro battuto […]. Oltrepassate le Case di Sopra, un breve tratto in discesa permetteva di raggiungere la riva del Bidente che veniva attraversato grazie ad un ponticello in legno. Oltre il ponte la mulattiera correva pianeggiante verso le case della Forca, quindi incontrava un nuovo ponte, quello della Seghettina, in pietra con tre travi di ferro portanti, che permetteva nuovamente l’attraversamento del Bidente.» (C. Bignami, 1995, pp. 91-94, cit.). Superato il Ponte alla Forca, o della Seghettina, si imboccava l’importante Strada che dalla Seghettina va a Stia, attraverso il Passo Sodo alle Calle o La Scossa.
Il complesso montano del Cerviaia nel versante occidentale ha consentito di dare ospitalità agli insediamenti dello storico primo tratto del Fiume Bidente di Ridràcoli, tutti tranne uno (Lagacciolo) in dx idrografica. Sono del tutto sommersi sia la casa detta La Forca che il Molino della Forca, Verghereto o Vergherete (il toponimo forca, dal latino classico furca, ae = forca, strada a bivio e forcelle montana -A. Polloni- era probabilmente dovuto o alla viabilità che, oltre il ponte omonimo, si biforcava con detto tracciato di crinale e con uno di fondovalle che poi risaliva verso l’Ammannatoia ed oltre, oppure alla biforcazione fluviale con il Fosso Campo alla Sega). Gli insediamenti superstiti sono la settecentesca Ca di Sopra o Case di Sopra e La Casetta detta anche Cà Margheritini, il primo unico riutilizzato a scopo turistico come rifugio gestito con possibilità di ristoro essendo più facilmente raggiungibile, il secondo fatiscente e non utilizzato. Di Le Faitelle, già Le Faltelle, residuano i ruderi, mentre di Palestrina, già La Palestrina e Casamentino, rimangono poche pietre. Il Molino di Sopra o della Teresona o dei Tagli, posto presso la confluenza del Fosso dei Tagli nel Bidente, collocato non lontano dalla diga ed espropriato in conseguenza della sua costruzione, è stato recuperato ad uso della Romagna Acque-Società delle Fonti S.p.A. Sul crinale, sotto la vetta del Cerviaia, si trovano i ruderi di Pratalino. Sul versante montano orientale, superate le pareti verticali del Palestrina quindi ormai nella valle del Fosso Rogheta, che da origine al Fosso del Molino, si trovavano il grosso complesso detto Il Casone ed Il Castelluccio, di cui rimangono i ruderi, mentre sono scomparsi (forse si riconosce qualche pietra) Cà di Rombolo e La Casina.
Il luogo si trova documentato tra i possedimenti già di proprietà dell’Opera del Duomo di Firenze in Romagna (rientrava infatti tra i beni sottratti ai conti Guidi dalla Repubblica fiorentina ed “assegnati in perpetuo” all’Opera di S. Maria del Fiore). L’Opera, avendo preso possesso delle selve “di Casentino e di Romagna” dove desiderava evitare nuovi insediamenti, aveva costatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti e roncamenti non autorizzati. Dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. La citazione più antica relativa a questo luogo, ripresa da detto elenco, risale al 1545: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Una presa di terra in luogo detto la Fossetta e la Fossa del Maltempo confina col luogo detto la Palestrina e sono some 14.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 149, cit.). Da una relazione del 1652 emerge che: «La terza parte delle selve dell’Opera succede sotto Campigna a levante e contiene […] Palestrina […]. In questi luoghi abbiamo trovato molti grossissimi e altri altra volta osservati e segnati per alberi di Galeazza e galeoni sino nel 1634 e vi si vede ancora qualche antenna di trinchetto con molte abetelle vegnenti benissimo. Ma perché questi luoghi sono stati sempre stimati così aspri e dirupati che non sia da sperare addirizzarvi strade per cavarne legni tondi, l’opera se n’è servita per legni quadri […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 263, 267, 268, cit.). Nel 1789, da una relazione sui canoni da stabilirsi, risulta che i: «I poderi […] Palestrina […] sono situati alle falde di vasto circondario delle selve d’abeti e sembra che sieno stati fabbricati in detti luoghi per servire di custodia e per far invigilare dai contadini di detti poderi […] non ardirei mai di far proposizione di alienarli ma […] come si rileva chiaramente dalla loro posizione servendo di cordone e custodia alle macchie medesime […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441, 442, cit.).
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Ridràcoli e/o relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.: Negli scorsi anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Castelluccio, Faitelle, Pratalino, Casone, Vergherete e Case di Sopra, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
C. Bignami (a cura di), Il popolo di Ridracoli, Nuova Grafica, Santa Sofia 1995;
A. Bottacci, La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, 1959-2009, 50 anni di conservazione della biodiversità, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, Pratovecchio, 2009;
M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;
A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
rilievo in sponda destra del lago di Ridracoli
Testo di Bruno Roba
Dal Monte Moricciona (pressi Casanova dell’Alpe) si raggiunge facilmente Pratalino tramite la rotabile sbarrata e sentiero 235, km. 1,2, deviando dalla S.F. Grigiole-Casanova dell’Alpe-Poggio alla Lastra, che si raggiunge anche tramite la S.F. Ridracoli-Passo del Vinco. Dopo circa 400 m si raggiunge la deviazione per il Casone-La Lama sulla sx, da lasciare per spostarsi sulla dx della sella dove inizia a risalire la pendice del M. Palestrina: qui si trova traccia di un sentiero inizialmente di cresta che sale non ripido per circa 150 m con dislivello di 30 m circa.
Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.
001a/001e – Dalla vetta Monte Penna, veduta panoramica sulla Valle di Ridràcoli e particolareggiata sul complesso del Monte Cerviaia dove, sulle pendici del Cerviaia e la sella con il Monte Palestrina, si trova Pratalino (al centro della penultima foto) e, su un terrazzo morfologico posto sulle pendici del Monte Palestrina, si trova Palestrina; è indicata anche la selletta dove si trova Casamentino (26/01/12 - 17/10/13 - 10/05/21).
001ea – 001eb4 – Da Poggio allo Spillo, scorcio verso l’anfiteatro del Fosso Rogheta compreso tra i Monti Cerviaia e Moricciona, Casanova dell’Alpe, Maestà di Valdora e Croce di Romiceto, con particolare del Monte Palestrina (2/07/20 - 10/05/21).
001ec/001eh – Da Poggio Fonte Murata e dal crinale che lo precede (allineamento simile a quello dal Monte Penna ma quota ben inferiore), vedute verso i Monti Cerviaia e Palestrina (19/06/20).
001f – 001g – Dal confine della Riserva di Sasso Fratino, sulla Giogana presso Poggio Scali, vedute del complesso del Cerviaia all’altezza di Ca di Sopra, di cui spicca l’ampia calata (in gran parte artificiale) e del versante del Monte Palestrina dove l’innevamento evidenzia il terrazzo morfologico di Palestrina (9/03/11).
001h – 001i – Da Ronco dei Preti si hanno vedute frontali alle valli che incidono i versanti lacustri dei Monti Cerviaia e Palestrina, ovvero del Fosso del Fontanone e del Fossone (24/10/18).
001l - 001m – Dai pressi di S. Paolo in Alpe, oltre il crinale di Poggio della Gallona emerge la dorsale con i Monti Cerviaia e Palestrina, che si confonde con il lontano profilo del crinale di Casanova dell’Alpe (24/10/18).
001n – 001o – 001p - Dai pressi delle Pozzacchere, oltre Poggio della Gallona dal leggero innevamento evidenzia le geometrie morfologiche montane (21/11/18).
001q – Dal Crinale della Vacca si nota bene il Monte Cerviaia mentre il Palestrina appare defilato (10/12/15).
001r – 001s – Da Poggio della Gallona veduta verso il lago ed il complesso del Monte Cerviaia (15/06/12).
001t – 001u – 001v – Uno scorcio dalla S.F. S. Paolo in Alpe-La Lama si apre sul M. Palestrina (18/08/11).
002a – 002b – 002c - Dal crinale di Poggio della Gallona (pressi Campominacci), veduta panoramica verso il M. Cerviaia e ravvicinata sul M. Palestrina e il suo terrazzo morfologico insediativo (30/09/19).
002d/002l - Dal crinale della Seghettina, vedute verso il complesso del Cerviaia dove il M. Palestrina evidenzia i suoi aspetti più impervi (17/11/11).
002m/002q - Dalla Seghettina si fronteggia il M. Palestrina che si erge oltre il lago e si ha una veduta ottimale dei terrazzi morfologici dove sorgevano i suoi fabbricati di Palestrina e Casamentino; il secondo è individuabile con precisione per confronto con la cartografia satellitare geo-referenziata grazie alla caratterizzazione delle emergenze rupestri (30/09/19).
002r – Da Maestà di Valdora, presso Casanova dell’Alpe sul contrafforte che si è distaccato da Poggio allo Spillo, veduta del versante orientale del complesso del M. Cerviaia che delimita la valle del Fosso Rogheta di cui si scoge il M. Palestrina e la sella verso il Cerviaia (27/06/12).
003a/003f – Dai pressi di Valdora si aprono limitati scorci verso il M. Palestrina con particolari della sua parete impervia (3/07/14 – 8/07/20).
003g/003m – Dal crinaletto che da Croce Fabbri (sulla S.F. del Cancellino) conduce al Molino di Carpanone, vedute dell’impervia parete orientale del M. Palestrina; in ultimo è evidenziata la traccia del sentiero 235 CAI che sale al Casone e al M. Cerviaia (5/05/15).
003n/003q – Dal sentiero 235 CAI, vedute della parete orientale del M. Palestrina (6/11/15).
003r – 003s – 003t - Dal Cerviaia, vedute del M. Palestrina, di fatto una sua appendice (28/08/18).
003u - Schema da cartografia moderna con gli insediamenti esistenti o scomparsi e linee di crinale in evidenza.
003v - Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo idrografico, infrastrutture e insediamenti, oltre che la superficie del futuro invaso; la toponomastica riprende anche nella scrittura quella originale.
003z - Particolare della mappa del 1637 con il Ponte a Ripicchione, posto subito a valle della confluenza del Fossato del Ciregiolo (oggi Fosso del Molinuzzo) nel fiume, quindi proprio nel luogo dove oggi sorge la diga (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.).
004a – 004b – 004c – Dalla sella con il Cerviaia, vedute del M. Palestrina e della stessa sella (16/10/16 - 28/08/18).
004d/004h – Il sentiero inizialmente di cresta che sale alla vetta del Palestrina (28/08/18).
004i – 001l - 001m – La vetta del Palestrina (28/08/18).
004n/004v – La macchia boscata, il terrazzo prativo e i resti del’insediamento di Palestrina (16/10/16).
005a/005d – Il sito e i resti di Casamentino, sulle pendici del M. Palestrina (28/08/18).