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Cima del Termine

inserita da Appenninoromagnolo.it
Tipo : monte
Altezza mt. : 1277
Coordinate WGS84: 43 48' 36" N , 11 54' 44" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (5/10/2020).

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto dello Spartiacque Appenninico compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine, da cui segue la linea Il Poggiaccio, Monti Càrpano, Castelluccio, Piano e Frullo, Passo e Colle del Carnaio, Monti Aiola, Calbano, della Faggia, Valnesta, Altello, e Navacchio, le colline di S. Stefano, Rivoschio e S. Matteo, quindi i Monti Cavallo, della Rovere e dei Feriti, i Colli di Collinello, Madonna di Cerbiano e di Bracciano, infine a Casa Tomba, Massa e Monticino, verso Cesena, «[…] per finire sulla via Emilia presso Diegaro.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 16, cit.) dopo circa 53 km. In quell’ambito da Poggio Scali e da Poggio allo Spillo si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico, mentre dagli altri rilievi si staccano ulteriori dorsali che, con evidenza panoramica, caratterizzano il versante settentrionale. Le Ripe di Poggio Scali si aprono prima precipitando ripidissime a disegnare per il contrafforte la sella di Pian del Pero, quindi dirigendosi verso Levante ad abbracciare l’anfiteatro di Sasso Fratino insieme alla dorsale che si stacca da Poggio Porcareccio. Quindi lo Spartiacque Appenninico mostra, specie nella parte a ridosso delle maggiori quote della c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli, fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati, talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Pian Tombesi, le Ripe della Porta, le Ripe di Scali e il Canale o Canalone del Pentolino, oltre che dal distacco dello spessore detritico superficiale, con conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale, come la Frana Vecchia, 1950, e la Frana Nuova, 1983-1993, sempre attiva, di Sasso Fratino. Superata l’emergenza del Monte Penna e la barriera del contrafforte secondario della Bertesca, che si stacca dai picchi multipli di Poggio allo Spillo sfrangiandosi con grande varietà morfologica, il doppio rilievo di Poggio Rovino mostra quindi tutta la sua evidenza, sia con il canalone fortemente accidentato del fosso omonimo che presenta quella vasta area adiacente di roccia affiorante con ulteriore crollo dei banchi arenacei (cui probabilmente deve il caratteristico oronimo), sia con la lunga dorsale che si proietta nella profondità valliva del Bidente di Pietrapazza dividendo i Fossi del Rovino e delle Ranocchie. Segue l’altrettanto caratteristico picco acuminato di Monte Cucco che mostra una morfologia piramidale asimmetrica per la tipica giacitura stratigrafica dell’ambiente marnoso-arenaceo, dove la faccia e i due spigoli settentrionali corrispondono al versante a reggipoggio perfettamente integrato con lo Spartiacque, mentre verso meridione la pendice montana a franapoggio si prolunga fino a Badia Prataglia. Il toponimo è considerato relitto linguistico dal latino cuccum, cucuzzolo, ma si pensa anche ad un‘origine onomatopeica dal latino cuculus, latino medievale cuccus, cuculo, romagnolo kòk (A. Polloni, cit.). Chiude la testata la Cima del Termine, rilievo anticamente detto Terminone (dal contratto di vendita del 1857 delle tenute forestali dell’Opera al Granduca di Lorena :«vendono […] la tenuta forestale denominata “dell’Opera” composta, confinata e accesa sulle Tavole catastali delle dette Comunità come qui si descrive: Una vastissima possessione la quale percorrendo il crine dell’Appennino per circa 14 miglia dal cosiddetto Terminone […]» - A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 163, cit.) dove appunto “terminava” l’estensione della Selva di Casentino overo di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli donata (assegnata in perpetuo) tra 1380 e il 1442 dalla Repubblica Fiorentina all’Opera del Duomo di Firenze; il rilievo all’epoca era anche detto Le Rivolte di Bagno o Poggio delle Rivolte di Bagno, infatti si “rivolgeva” bruscamente (data la morfologia improvvisamente impervia del sito) e dava inizio al tragitto in tale direzione. Peraltro il complesso montano di Cima del Termine si situa laddove anche lo Spartiacque vira nettamente ad angolo retto (90°) da SO a SE e si può considerare composto da due cime adiacenti differenti per impatto morfologico e altezza (m 1253,2 contro m 1282,8): la minore, dalla morfologia planimetrica pressoché triangolare e simmetrica, con il vertice principale puntante verso N, da cui si distacca un breve tratto di contrafforte che precipita a Prato ai Grilli, e i due vertici laterali corrispondenti ai due bracci dello Spartiacque, quello orientale costituente sella di collegamento con cima la maggiore, caratterizzata (similmente al Monte Cucco) da un picco stretto ed asimmetrico (v. giacitura stratigrafica in ambiente marnoso-arenaceo) dove il versante NE (tagliato in prossimità della vetta dal sentiero di crinale) è perfettamente integrato ed in continuità con quello ripidissimo ed infatti a reggipoggio dello stesso Spartiacque, mentre verso SO la pendice montana meno ripida a franapoggio viene presto chiusa dalla ricongiunzione dei due rami del Fosso della Fonte del Re.

Al rialzarsi dei rilievi si alternano andamenti più lineari interrotti dalle selle dei Passi Porcareccio, La Scossa o Sodo alle Calle, Giogo Seccheta, Prato alla Penna, Crocina, dei Cerrini, di Massella e dei Lupatti. Il tratto di Spartiacque compreso tra Poggio allo Spillo e Cima del Termine costituisce parziale testata del bacino idrografico del Bidente di Pietrapazza con i suoi affluenti, i già citati Fossi del Rovino o delle Capanne o delle Capannacce, delle Ranocchie, dei Segoni e della Spiaggia.

L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio: «[…] in antico i movimenti delle popolazioni non avvenivano “lungo le valli dei fiumi, […] bensì lungo i crinali, e […] una unità territoriale non poteva essere una valle (se non nelle Alpi) bensì un sistema montuoso o collinare. […] erano unità territoriali il Pratomagno da un lato e l’Appennino dall’altro. È del tutto probabile che in epoca pre-etrusca esistessero due popolazioni diverse, una sul Pratomagno e i suoi contrafforti e un’altra sull’Appennino e i suoi contrafforti, e che queste si confrontassero sulle sponde opposte dell’Arno […].» (G. Caselli, 2009, p. 50, cit.). Già nel paleolitico (tra un milione e centomila anni fa) garantiva un’ampia rete di percorsi naturali che permetteva ai primi frequentatori di muoversi e di orientarsi con sicurezza senza richiedere opere artificiali. Nell’eneolitico (che perdura fino al 1900-1800 a.C.) i ritrovamenti di armi di offesa (accette, punte di freccia, martelli, asce) attestano una frequentazione a scopo di caccia o conflitti tra popolazioni di agricoltori già insediati (tra cui Campigna, con ritrovamenti isolati di epoca umbro-etrusca, Rio Salso e S. Paolo in Alpe, anche con ritrovamenti di sepolture). In epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur permanendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate ma p. es., nel Settecento, chi voleva salire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami, per il Corniolo, per Ridràcoli e per S. Paolo in Alpe che venivano così descritti: «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi che in modo che appena vi può passare un pedone […] composto di viottolo appena praticabili […] largo in modo che appena si può passarvi […].» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, cit. da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna toscana e il Casentino …., in: G.L. Corradi e N. Graziani, a cura di, 1997, p. 82, cit.); oppure «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, 1992, p. 32, cit.). Così, se al diffondersi dell’appoderamento si accompagna un fitto reticolo di mulattiere di servizio locale, per la realizzazione delle prime grandi strade carrozzabili transappenniniche occorrerà attendere tra la metà del XIX secolo e l’inizio del XX. Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.).

Al Giogo, come genericamente era detta la via sullo Spartiacque Appenninico, poi Via Sopra la Giogana o semplicemente la Giogana, giungeva tramite i Passi della Bertesca e della Crocina (anticamente Crocina di Bagno e Croce di Guagno o Guagnio) l’antica Via Maestra che vien dall’Eremo, toponomastica che si ritrova in una mappa del 1637 allegata ad una relazione del 1710 del provveditore dell’Opera del Duomo di Firenze (riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, in A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.) oltre che citata in un’ ulteriore relazione del 1663«[…] si venne per la strada del Poggio tra la Bertesca e Valdoriaet il Pozzone et arrivati alla Croce di Guagnio e pigliato il Giogo tra il confino de reverendi padri di Camaldoli e l’Opera di Santa Maria del Fiore si seguitò detta giogana […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 315, cit.). Nel Catasto Toscano del 1826-34 (Comunità di Bagno, Sezione I dell’Eremo Nuovo, Foglio Secondo, Levato colla Scala da 1 a 5000 da Pasquale Baracchi, Terminato sul suolo il dì 9 Luglio 1826) detta via si trova riclassificata Strada che dal Sacro Eremo va a Romiceto (oggi sent. 207 CAI) ma, nel sec. XVII, Via Maestra che vien dall’Eremo, mentre quella che correva sul contrafforte principale da Cima del Termine era detta Strada che da Montecarpano va alla Badia a Pretaglia o, nella citata mappa del 1637, Rivolte (oggi sent. 201 CAI). Questa via probabilmente corrisponde a quella già dal 1084 documentata nel Regesto di Camaldoli come Via de Monte Acutum, come peraltro «[…] conferma un’opinione espressa nel 1935 dal Mambrini circa l’esistenza di una strada percorribile fra i boschi di quel perfetto triangolo, il Monte Acuto, costantemente rilevato nella documentazione medievale come punto di confine fra la Romània e la Tuscia […].» (C. Dolcini, Premessa, in: C. Bignami, A. Boattini, A. Rossi, a cura di, 2010, pp. 7-8, cit.). Il Mambrini fa un altro riferimento a tale strada nel trattare del Castello di Riosalso: «Il cardinale Anglico così lo descrive nel 1371: “Il castello di Riosalso è nelle Alpi in una certa valle sopra un sasso forte. Ha una rocca ed una torre fortissima ed è presso – circa un miglio – alla strada che mena in Toscana.” […] La strada qui ricordata era sul crinale del monte sopra il castello e per Nocicchio, passando a destra di Montecucco, per Badia Prataglia conduceva in Casentino. Qua e là restano gli avanzi di questa strada.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 288, cit.). Una relazione del 1652 conservata nell’Archivio dell’Opera del Duomo è utile per ricavare informazioni su tali luoghi che, per maggiore comprensione, vengono suddivisi in otto parti: «L’ottava e ultima parte delle selve dell’Opera viene separate dalla precedente col Poggio della Bertesca e resta fra esso poggio e il Poggio delle Rivolte di Bagno ultimo termine di dette selve. Questa parte contiene le macchie della Bertesca, dei Segoni, e delle Rivolte di Bagno; e in questa già l’opera faceva fare dei legni quadri da Moggionesi ma ora sono scarsissime di abeti buoni. Ed è tale il sito e la natura di questi luoghi come ci è stato da tutti concordemente affermato e come dall’aspetto di essi, anco senza andarvi, abbiamo di lontano compreso che per le galere non sono buoni a nulla stante la gran lontananza dal porto oltre alla solita asprezza delle vie e stante che dove la natura produce più faggi che abeti, come qui si vede, non vengono mai gli abeti, per diligente coltivazione che vi si faccia, buoni per legni tondi come dicono avervi l’esperienza dimostrato.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 263-271, cit.). L’Opera, avendo costatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti e roncamenti non autorizzati, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Da uno di tali elenchi risulta: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenere allivellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] 65) Palestra o Rivolte, ronco tenuto da redi di Antonio detto Cordovano fu unito al podere della Buca […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 410-412, cit.). .). Nel Contratto livellario stipulato nel 1818 tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli si trova una descrizione di quel tratto di confine: «Comunità di Bagno. Una vasta tenuta di terre nell’indicata comunità, abetata, faggiata, frascata, lavorativa, prativa, massata, trafossata come più e meglio verrà descritta in appresso sia nella qualità che nella quantità, alla quale la circonferenza confina: primo, con la Comunità di Bagno incominciando dal luogo detto le Rivolte e precisamente dal termine giurisdizionale delle Comuni di Bagno-Poppi, da questo termine calando per la scesa delle Rivolte fino al Prato ai Grilli; […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 461-463, cit.).

In merito alla conoscenza e alla descrizione di tali luoghi ha grande importanza la «[…] raccolta manoscritta relativa alla Romagna granducale e al Casentino prodotta dai “pittori paesaggisti” Antonio Fedi e Francesco Mazzuoli – sotto la direzione del matematico Pietro Ferroni – nel 1788-89, durante i lavori di progettazione della Strada di Romagna da Firenze ai porti dell’Adriatico per l’Appennino tosco romagnolo. La Raccolta delle principali vedute degli Appennini del Mugello, Casentino e Romagna osservati dai punti più favorevoli sì dalla parte del Mare Mediterraneo, sì dall’opposta dell’Adriatico […] tipica del vedutismo pittorico di matrice rinascimentale – come dimostrano le numerose, suggestive scene di vita e le gustose figurine antropomorfe […]» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p. 39, cit.); in particolare, nella Veduta dell’Appennino e Monti secondari dell’Opera e Camaldoli dalla parte della Casa-Nuova in Romagna, del Mazzuoli, compresa in tale raccolta (1788, BNCF, G.F. 164 - Cfr. G.L. Corradi, a cura di, 1992, pp. 50-51, cit. e N. Graziani, 2001; p. 875, cit.), tra le cime e i valichi individuati compare tra l'altro la Cima dell’Alpe chiamata le Rivolte di Bagno e, nella Veduta degli Appennini ed altri monti adiacenti alla Terra di Bagno (1788, BNCF, G.F. 164, II/27 - Cfr. G.L. Corradi, a cura di, 1992, pp. 54-55, cit. e N. Graziani, 2001; p. 874, cit.) compare tra l’altro la Crine dell’Alpe detta Le Rivolte, la quale divide le tre valli del Savio, Archiana e della Badia a Prataglia e Valbuona, e per cui passa la Strada più breve, che da Bagno va in Casentino. Nella citata mappa del 1637 compare il disegno approssimativo di un altro antico percorso, la Via del Rovino, direttamente collegante il fondovalle del Bidente di Pietrapazza e l’Eremo Nuovo con il Giogo: dai raffronti cartografici e morfologici essa è da collocare prevalentemente sul crinale di quella citata lunga dorsale che si distacca da Poggio Rovino, ancora oggi segnata da evidenti tracce di trascorse (o rinnovate) percorrenze. La cartografia antica, ed in particolare la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 - conservata presso il Nàrodni Archiv Praha), denomina detta dorsale Poggio dei Cerrini, il fondovalle presso l’Eremo Nuovo era detto Pian del Miglio così come il Fosso del Pian del Miglio corrispondeva all’adiacente tratto iniziale del Bidente, mentre il Rovino era detto Poggio degli Sgnisci. Il varco sullo Spartiacque che si affaccia sul canalone del ramo occidentale del Fosso del Rovino, a monte della frattura rocciosa, era detto Porta al CanaleAlmeno fino alla fine del XIX secolo la cartografia storica (Catasto Toscano e Carta d’Italia I.G.M.) registrava che la viabilità di crinale principale si interrompeva tra il Passo della Crocina e il Passo di Massella, posto sul versante orientale del Monte Cucco (benché la citata mappa del 1637 riportasse il Giogo ininterrottamente dalle Rivolte di Cima del Termine alla Via di Giogo di Scali di Poggio Scali), mentre tale tratto era raggiunto solo da viabilità di attraversamento (N.B. Secondo il disegno grafico e le definizioni convenzionali dell’I.G.M. la viabilità di montagna consisteva in Strade a fondo naturale, senza manutenzione regolare, non sempre praticabili differenziata in Mulattiere e Sentieri, per soli pedoni, facili o difficili). La Via della fonte del prete da Badia Prataglia raggiungeva lo stesso Passo della Crocina (non comparivano tracciati corrispondenti all’odierno sent. 64) e, tramite una diramazione, risaliva anche al Passo dei Cerrini; la Via della donna morta, corrispondente al sent. 60, raggiungeva il Passo di Massella proseguendo ininterrotta sul crinale verso Cima del Termine come Via delle fontanelle: il Passo dei Lupatti fu infatti aperto nel 1900 in occasione della costruzione della ferrovia Decauville del Cancellino, poi trasformata in strada forestale, così come risulta chiaramente dal confronto tra la citata cartografia I.G.M. di impianto e quella successiva in scala 1:25.000 risalente al 1937.

N.B.- I toponimi Giogo, Giogana e diminutivi, derivano dal latino jugum, i, = giogo, giogaia, “giogana” di monti, con una radice indoeuropea ed il significato di “congiungimento” o “collegamento”, sia di luoghi sia di coppie di buoi tra loro quindi al carro.

Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alle schede toponomastiche relative ad, acque, rilievi e/o insediamenti citati.

RIFERIMENTI                                                                   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

C. Bignami, A. Boattini, A. Rossi (a cura di), AL TEMPE DEL COROJJE - Poderi e case rurali nel territorio parrocchiale di Bagno di Romagna - Immagini e storie di altri tempi, Edizioni Nuova S1 Il Girovago, Bologna 2010;

A. Bottacci, La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, 1959-2009, 50 anni di conservazione della biodiversità, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, Pratovecchio, 2009;

G. Caselli, Il Casentino da Ama a Zenna, Accademia dell’Iris - Barbès Editore, Firenze 2009;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997;

P.L. della Bordella, Pane asciutto e polenta rossa, Arti Grafiche Cianferoni, Stia 2004;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Firenze, Le Lettere 2001;

D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;

A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, 1961, rist. anastatica Castrocaro Terme 1989;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze

Foreste Casentinesi, Campigna – Camaldoli – Chiusi della Verna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2012

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

sul sentiero di crinale 00 fra Passo dei Mandrioli e Prato alla Penna
raggiungibile anche con breve sentiero dalla località Nocicchio - Paretaio

Testo di Bruno Roba.

Superato il Passo di Lupatti, posto dopo 2,9 km di ampia strada bianca dalla sbarra in loc. Cancellino, al km 198+500 circa della S.P. dei Mandrioli, la Cima del Termine si raggiunge percorrendo per 1,2 km il sent. 00 CAI fino al bivio con il sent. 201; per raggiungere la vetta maggiore occorre proseguire sul sent. 00 per circa 350 m quando viene tagliata nella sua prossimità; tale vetta è percorribile senza difficoltà.

foto/descrizione :

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

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00a1/00a4 - Dal Monte Piano, al centro dell’ampia veduta dello spartiacque appenninico pare ergersi particolarmente, per effetto prospettico, il complesso montano da cui si stacca il contrafforte secondario che divide le valli del Bidente di Ridràcoli e di Pietrapazza; sulla sx della panoramica spicca il Monte Castelluccio e la dorsale che da esso si dirama e penetra nella valle del Bidente di Pietrapazza, mentre non si nota il contrafforte principale che si stacca da Cima del Termine, che emerge appena oltre la vetta del Castelluccio (1/01/12).

00b1 – Dal Monte Castelluccio, oltre il Monte Càrpano emerge più prossimo lo Spartiacque e il complesso di Cima del Termine con il primissimo tratto di contrafforte (3/10/11).

00c1/00c10 – Dal Monte Càrpano, vedute dello Spartiacque e della schiena arcuata di Cima del Termine in continuità con il primo tratto del contrafforte principale (3/10/11 – 27/11/11 – 1/01/12).

00d1/00d4 – Dal sent. 205, che dalla S.F. del Cancellino scende alla Bertesca, scorcio sull’alta valle del Bidente di Pietrapazza e il tratto del contrafforte principale tra Cima del Termine e il Monte Carpano (24/08/11 - 16/07/12).

00e1 – 00e2 – Dalla quota inferiore della S.F. Nocicchio-Pietrapazza, pressi Ridolmo, si evidenzia la continuità del crinale del Finocchio o delle Palestre con Cima del Termine ed il contrafforte principale mentre, in effetti, ne è una diramazione (18/10/11 – 9/05/13).

00f1/00f6 – Dal Crinale del Finocchio o delle Palestre, le vedute si ampliano sull’intera testata del bacino del Bidente di Pietrapazza ma si evidenzia l’impervio stacco del crinale, sito infatti anticamente detto Palestre (12/07/16).

00g1/00g7 – Da Prato ai Grilli, vedute di Cima del Termine (3/10/11 – 18/10/11 - 1/01/12).

00h1 – Schema cartografico del tratto di Spartiacque compreso tra Poggio allo Spillo e Cima del Termine dove si nota la morfologia triangolare della vetta minore di Cima del Termine, situata laddove lo Spartiacque si rivolge (rivolta) bruscamente e si stacca il contrafforte principale, e la vetta maggiore, con il ripido versante orientale a reggipoggio e quello occidentale che si allunga tra i rami del Fosso della Fonte del Re.

00h2 – 00h3 – Mappe schematiche di fine XIX secolo e del quarto decennio del XX da cui risulta l’assenza di viabilità di rilievo nel tratto di crinale tra Poggio Rovino e Cima del Termine e la successiva evoluzione con l’apertura del Passo dei Lupatti in occasione della costruzione della ferrovia Decauville Cancellino-Lama, nella mappa ormai trasformata nella S.F. del Cancellino.

00g4 – Mappa schematica della viabilità storica nell’alta valle del Bidente di Pietrapazza secondo l’evoluzione della toponomastica antica.

00i1/00i5 – Le pendici del versante sud-occidentale di Cima del Termine visto dalla S.F. del Cancellino a Fonte del Re quindi vedute verso la sommità con la forte incisione del Fosso della Fonte del Re (7/01/12 - 16/09/20).

00l1/00l9 – Da Prato ai Grilli si dirama il tratto impervio di viabilità, nel catasto ottocentesco detta Strada che da Montecarpano va alla Badia a Pretaglia, meglio nota come Le Rivolte di Bagno con identificazione con il toponimo antico del monte (21/04/11 - 3/10/11 – 16/09/20).

00m1/00m6 – Il sito di Cima del Termine con il passo che conduce in Romagna laddove lo Spartiacque vira bruscamente (si rivolge) e forma una sella con la cima maggiore (21/04/11 - 16/09/20).

00n1/00n8 – La sella di collegamento con il versante settentrionale di Cima del Termine e la sua vetta maggiore, che si allunga verso occidente (21/04/11 – 16/09/20).

 

00o1/00o4 – Il versante meridionale di Cima del Termine con la testata valliva del Fosso della Fonte del Re (16/09/20).

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