Utente non registrato

scheda n. 3075 letta 478 volte

Prato ai Grilli o Paretaio

inserita da Appenninoromagnolo.it
Tipo : bosco/area naturale
Altezza mt. : 1019
Coordinate WGS84: 43 49' 09" N , 11 54' 51" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

falso pianoro erboso posto ai piedi della Cima del Termine

Testo di Bruno Roba (1/05/2022) - Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto di Spartiacque Appenninico compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine, da cui segue la linea che inizialmente congiunge Il Poggiaccioil Monte Càrpano, il Monte Castelluccio, il Monte Piano e  il Monte Frullo, senza scendere sotto i 1000 m, per digradare con il Passo e Colle del Carnaio,i Monti Aiola, Calbano, della Faggia, Valnesta, Altello, e Navacchio; seguono le colline di S. Stefano, Rivoschio e S. Matteo, quindi i Monti Cavallo, della Rovere e dei Feriti, i Colli di Collinello, Madonna di Cerbiano e di Bracciano, infine declina a Casa Tomba, Massa e Monticino, verso Cesena«[…] per finire sulla via Emilia presso Diegaro.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 16, cit.) dopo circa 53 km.

La morfologia dei rilievi di cresta, piuttosto sottile, non prosegue con regolarità tendendo anzi a rialzarsi con frequenti picchi, a volta in forma di tozze piramidi. Ogni rilievo spesso costituisce nodo montano, dove a volte il contrafforte compie notevoli declinazioni di quota e orientamento e da cui si diramano ulteriori dorsali di vario sviluppo e consistenza geomorfologica, digradanti verso i fondivalle e caratterizzate da una spiccata asimmetria dei versanti per la diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo. Questo aspetto si ripete con notevole parallelismo in tutti i contrafforti in coincidenza con i nodi montani ed è significante tettonicamente, ovvero nella disposizione delle rocce e loro modalità di corrugamento e assestamento. Nello specifico, al rialzarsi dei rilievi di Poggiaccio, CàrpanoCastelluccioMacchia del Cacio e Piano, in sequenza si alternano le selle di Prato ai Grilli o dei Grilli, già del GrilloPasso e/o Colla di Monte CàrpanoColla dei RipianiFalce e Martello.

Con Cima del Termine, rilievo anticamente detto Terminone (dal contratto di vendita del 1857 delle tenute forestali dell’Opera al Granduca di Lorena :«vendono […] la tenuta forestale denominata “dell’Opera” composta, confinata e accesa sulle Tavole catastali delle dette Comunità come qui si descrive: Una vastissima possessione la quale percorrendo il crine dell’Appennino per circa 14 miglia dal cosiddetto Terminone […]» - A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 163, cit.) appunto “terminava” l’estensione della Selva di Casentino overo di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli donata (assegnata in perpetuo) tra 1380 e il 1442 dalla Repubblica Fiorentina all’Opera del Duomo di Firenze. Il primo tratto del contrafforte all’epoca era anche detto Le Rivolte di Bagno, infatti si “rivolge” bruscamente (il crinale vira nettamente ad angolo retto) e dà inizio al tragitto in tale direzione, divenendo improvvisamente impervio e precipitando fino a Prato ai Grilli. Qui una biforcazione montana in diretta continuità con Cima del Termine dà origine ad una lunga dorsale anticamente detta Crinale Raggio del Finocchio o, recentemente, Sentiero degli Scalacci, mentre il collegamento del contrafforte viene ad essere costituito dalla sottile sella che pure ospita lo spianamento di Prato ai Grilli. In quest’area aperta di crinale, come detto posta tra Cima del Termine e Poggiaccio, già la Carta d’Italia dell’I.G.M. di impianto (1893-94) documentava la presenza di un fabbricato detto Paretaio, confermato nella successiva mappa del 1937 ma oggi non più esistente. Evidentemente nella zona di passo storicamente sorgeva un edificio di servizio per la pratica dell’uccellagione, ovvero attrezzata di impianto per la cattura di migratori ed uccelli in genere.

L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio: «[…] in antico i movimenti delle popolazioni non avvenivano “lungo le valli dei fiumi, […] bensì lungo i crinali, e […] una unità territoriale non poteva essere una valle (se non nelle Alpi) bensì un sistema montuoso o collinare. […] erano unità territoriali il Pratomagno da un lato e l’Appennino dall’altro. È del tutto probabile che in epoca pre-etrusca esistessero due popolazioni diverse, una sul Pratomagno e i suoi contrafforti e un’altra sull’Appennino e i suoi contrafforti, e che queste si confrontassero sulle sponde opposte dell’Arno […].» (G. Caselli, 2009, p. 50, cit.). Già nel paleolitico (tra un milione e centomila anni fa) garantiva un’ampia rete di percorsi naturali che permetteva ai primi frequentatori di muoversi e di orientarsi con sicurezza senza richiedere opere artificiali. Nell’eneolitico (che perdura fino al 1900-1800 a.C.) i ritrovamenti di armi di offesa (accette, punte di freccia, martelli, asce) attestano una frequentazione a scopo di caccia o conflitti tra popolazioni di agricoltori già insediati (tra cui Campigna, con ritrovamenti isolati di epoca umbro-etrusca, Rio Salso e S. Paolo in Alpe, anche con ritrovamenti di sepolture). In epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur mantenendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate. Comunque, nel Settecento, chi voleva risalire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» e per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). Inoltre, «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, 1992, p. 32, cit.). Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.).

Sul contrafforte principlale da Cima del Termine, probabilmente già dal 1084, è documentata nel Regesto di Camaldoli la Via de Monte Acutum, come peraltro «[…] conferma un’opinione espressa nel 1935 dal Mambrini circa l’esistenza di una strada percorribile fra i boschi di quel perfetto triangolo, il Monte Acuto, costantemente rilevato nella documentazione medievale come punto di confine fra la Romània e la Tuscia […].» (C. Dolcini, Premessa, in: C. Bignami, A.Boattini, A. Rossi, a cura di, 2010, pp. 7-8, cit.). Il Mambrini fa un altro riferimento a tale strada nel trattare del Castello di Riosalso«Il cardinale Anglico così lo descrive nel 1371: “Il castello di Riosalso è nelle Alpi in una certa valle sopra un sasso forte. Ha una rocca ed una torre fortissima ed è presso – circa un miglio – alla strada che mena in Toscana.” […] La strada qui ricordata era sul crinale del monte sopra il castello e per Nocicchio, passando a destra di Montecucco, per Badia Prataglia conduceva in Casentino. Qua e là restano gli avanzi di questa strada.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 288, cit.). Una relazione del 1652 conservata nell’Archivio dell’Opera del Duomo, che descrive la ripartizione delle aree in gestione in otto parti, è utile per ricavare un utile riferimento su tale sito: «L’ottava e ultima parte delle selve dell’Opera viene separata dalla precedente col Poggio della Bertesca e resta fra esso poggio e il Poggio delle Rivolte di Bagno ultimo termine di dette selve.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 263-271, cit.). L’Opera, avendo costatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti e roncamenti non autorizzati, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Da uno di tali elenchi risulta: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenere allivellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] 65) Palestra o Rivolte, ronco tenuto da redi di Antonio detto Cordovano fu unito al podere della Buca […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 410-412, cit.). Nel Contratto livellario stipulato nel 1818 tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli si trova una descrizione di quel tratto di confine, dove pure è documentato il toponimo Prato ai Grilli: «Comunità di Bagno. Una vasta tenuta di terre nell’indicata comunità, abetata, faggiata, frascata, lavorativa, prativa, massata, trafossata come più e meglio verrà descritta in appresso sia nella qualità che nella quantità, alla quale la circonferenza confina: primo, con la Comunità di Bagno incominciando dal luogo detto le Rivolte e precisamente dal termine giurisdizionale delle Comuni di Bagno-Poppi, da questo termine calando per la scesa delle Rivolte fino al Prato ai Grilli; […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 461-463, cit.). In una mappa del 1637 allegata ad una relazione del 1710 del provveditore dell’Opera del Duomo (riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, in A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.) si ritrova il toponimo Rivolte (oggi sent. 201 CAI). Con il Catasto Toscano tale via diviene la Strada che da Montecarpano va alla Badia a Prataglia. Tra il XIX secolo e la prima metà del XX si assiste alla completa ri-organizzazione della viabilità locale e di crinale, che culminerà con la classificazione delle Mulattiere colleganti anche trasversalmente le vallate collaterali, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte di esse, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli (alcune strade forestali verranno realizzate solo al termine del ventennio successivo).

In merito alla conoscenza e alla descrizione di tali luoghi ha grande importanza la «[…] raccolta manoscritta relativa alla Romagna granducale e al Casentino prodotta dai “pittori paesaggisti” Antonio Fedi e Francesco Mazzuoli – sotto la direzione del matematico Pietro Ferroni – nel 1788-89, durante i lavori di progettazione della Strada di Romagna da Firenze ai porti dell’Adriatico per l’Appennino tosco romagnolo. La Raccolta delle principali vedute degli Appennini del Mugello, Casentino e Romagna osservati dai punti più favorevoli sì dalla parte del Mare Mediterraneo, sì dall’opposta dell’Adriatico […] tipica del vedutismo pittorico di matrice rinascimentale – come dimostrano le numerose, suggestive scene di vita e le gustose figurine antropomorfe […]» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p. 39, cit.); in particolare, nella Veduta dell’Appennino e Monti secondari dell’Opera e Camaldoli dalla parte della Casa-Nuova in Romagna, del Mazzuoli, compresa in tale raccolta (1788, BNCF, G.F. 164 - Cfr. G.L. Corradi, a cura di, 1992, pp. 50-51, cit. e N. Graziani, 2001; p. 875, cit.), tra le cime e i valichi individuati compare tra l'altro la Cima dell'Alpe chiamata le Rivolte di Bagno e, nella Veduta degli Appennini ed altri monti adiacenti alla Terra di Bagno (1788, BNCF, G.F. 164, II/27 - Cfr. G.L. Corradi, a cura di, 1992, pp. 54-55, cit. e N. Graziani, 2001; p. 874, cit.) compare tra l’altro la Crine dell'Alpe detta Le Rivolte, la quale divide le tre valli del Savio, Archiana e della Badia a Prataglia e Valbuona, e per cui passa la Strda più breve, che da Bagno va in Casentino.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.

N.B: Il paretàio (deriv. di parete) è uno spazio di terreno pianeggiante utilizzato con antico sistema di uccellagione, che ha subito modifiche e variazioni molteplici, costituito essenzialmente da due reti, dette paretelle, tese orizzontalmente, che si chiudono a comando catturando gli uccelli attratti dai richiami. «[…] ancora nella seconda metà dell’Ottocento, i cacciatori con regolare licenza erano pochissimi, […] tutti appartenevano alla classe aristocratica o benestante. Si venivano così differenziando cacce per i ricchi e cacce per i poveri. Le prime venivano praticate usando il fucile e i cani o approntando costosi impianti di uccellagione come roccoli e paretai […]. L’aucupio e l’uccellagione […] avevano larga diffusione nelle Romagne […]. Tra roccoli, paretai ed appostamenti di vario genere si contavano, fino alla metà del nostro secolo in questa parte dell’Appennino, più di mille impianti di cattura collocati sulle “linee di affilo”, nelle zone di passo dei migratori. Possedere una uccellanda rappresentava motivo di prestigio ma anche una vera opportunità per le famiglie benestanti che destinavano a tale uso un piccolo appezzamento sulle zone di passo […]. Per il controllo e la manovra delle reti l’uccellanda ha a fianco una costruzione […]. Spesso e volentieri il casello diviene quasi una seconda casa, un vero e proprio “salotto rurale”, dove il fuoco veniva acceso intorno al 20 settembre […] sino al termine della stagione venatoria.» (G.L. Corradi, Signori della caccia e cacciatori di frodo nei territori montani della Romagna Toscana e Casentino, in: G.L. Corradi e N. Graziani, a cura di, 1997, pp. 110-111, 122, cit.).

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

C. Bignami, A. Boattini, A. Rossi (a cura di), AL TEMPE DEL COROJJE - Poderi e case rurali nel territorio parrocchiale di Bagno di Romagna - Immagini e storie di altri tempi, Edizioni Nuova S1 Il Girovago, Bologna 2010;

A. Bottacci, La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, 1959-2009, 50 anni di conservazione della biodiversità, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, Pratovecchio, 2009;

G. Caselli, Il Casentino da Ama a Zenna, Accademia dell’Iris - Barbès Editore, Firenze 2009;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba -  Prato ai Grilli è raggiungibile senza difficoltà tramite la S.F. Nocicchio-Pietrapazza (sterrata non transitabile di circa 6,1 km), in circa 650 m dal bivio del Nocicchio (km 203+300 della S.P. 142 dei Mandrioli, ex S.S. 71 Umbro-Casentinese).

foto/descrizione :

-----------

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.

00a1 - Dalla dorsale di separazione tra le valli dei Fosso Fondo Rignone e del Vallone-dei Poderini, già Raggio di Valprandola e Raggio da Rignuno o del Valone, veduta del tratto di contrafforte con i nodi tettonici dei Monti Càrpano e Castelluccio e del Poggiaccio (28/03/22).

00b1 - 00b2 - 00b3 – Dalla S.F. del Cancellino, con lo sfondo dei Monti Cimone e Fumaiolo, scorcio del contrafforte dove si individua il Poggiaccio e la sella Sud dove si trova Prato ai Grilli (24/08/11).

00c1 - 00c2 - 00c3 – Dai pressi di S. Giavolo, vedute del Poggiaccio e della sella di Prato ai Grilli (29/06/16).

00d1 - 00d2 - 00d3 - Dal Monte Càrpano, vedute del contrafforte principale che, nel distaccarsi dallo Spartiacque a Cima del Termine, si sviluppa in una doppia sella intercalata dal Poggiaccio: nella sella che lo precede si trova Prato ai Grilli (27/11/11).

00e1 - 00e2 - 00e3 – Dalla sommità dell’affioramento di Ridolmo, vedute del tratto iniziale di contrafforte e della sella che precede il Poggiaccio dove si trova Prato ai Grilli (19/04/22).

00f1 – Elaborazione da mappa ottocentesca che, con ottima resa grafica, evidenzia il sistema dei contrafforti che si distaccano dallo Spartiacque Appenninico, integrata con i rilievi del contrafforte che si diparte da Cima del Temine.

00f2 – Schema cartografico evidenziante il sistema morfologico del primo tratto di contrafforte tra Cima del Termine e il Monte Frullo.

00f3 – Schema cartografico dell'area circostante Prato ai Grilli.

00f4 - Schema da cartografia della prima metà del ‘900, rappresentante il sistema insediativo e infrastrutturale precedente la realizzazione della viabilità moderna.

00f5 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, evidenziava esclusivamente i tracciati viari di crinale che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, il tracciato di fondovalle S.Sofia-Poggio alla Lastra che poi si riconnetteva al tracciato di crinale ed il tracciato trasversale che collegava i Passi della Bertesca e di Monte Càrpano transitando da Pietrapazza. La toponomastica riprende, anche nella grafica, quella originale; integrazioni in neretto a fini orientativi.

00f6 – Schema del sistema viario storico principale al XIX secolo, su base cartografica dei primi decenni del XX secolo, che, prima della realizzazione dell’invaso di Ridràcoli e della viabilità provinciale interna, venne integrato con il sistema delle mulattiere.  

00g1/00g12 – Vedute di Prato ai Grilli, concluse da un cenotafio o una sepoltura che pare disegnare un cane (3/10/11 – 18/10/11 - 17/12/11 – 1/01/12 - 3/10/12 – 9/11/20 - 24/02/22 - 19/04/22).

00h1 – 00h2 – 00h3 – L’area di passaggio tra le Rivolte (sent. 201) e Prato ai Grilli (3/10/11 – 12/07/16).

00i1 – 00i2 – 00i3 – Il sito dove probabilmente sorgeva il fabbricato del Paretaio (12/07/16).

00l1 - 00l2 – La sella tra Prato ai Grilli e il Poggiaccio si restringe nuovamente dove era attraversata dal tracciato di crinale dell’antica Strada che da Montecarpano va alla Badia a Pretaglia (11/04/22 - 24/02/22).

{#emotions_dlg.08}