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Fosso di Ristèfani

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : torrente
Altezza mt. : 1075
Coordinate WGS84: 43 53' 04" N , 11 47' 51" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (Feb. 2016 – Agg. 18/05/2024) - Coordinate WGS84: Origine (P.gio Squilla) 43° 53’ 04” N/ 11° 47’ 51” E - Sbocco (Fiumicino S.Paolo) 43° 53’ 14” N/ 11° 46’ 57” E- Quote: Origine 1075 m – Sbocco 625 m - Sviluppo 1,6 km

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celledi Campignadi Ridràcolidi Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.

La Valle del Fiume Bidente di Campigna racchiude il bacino idrografico di quel ramo intermedio del Bidente delimitato ad Ovest dal primo tratto di una dorsale caratterizzata da uno dei tratti più impervi del versante appenninico. Alla morfologia piramidale di Poggio Martino, separata dal Monte Falco dalla sella di Pian dei Fangacci, fa seguito la geometrica sequenza di creste degli altri quattro rilievi, detti (alcuni secondo l’antico oronimo), Poggio di ZaccagninoPoggio di MezzoPoggio del Palaio e Poggio delle Secchete, oggi Poggio Palaio, che si sviluppa verso Est leggermente divaricandosi in un simil-parallelismo dallo Spartiacque Appenninico, secondo un evidente fenomeno di frattura e scivolamento di un colossale tratto di versante in ambiente marnoso-arenaceo, da attribuire alla storia geologica appenninica recente; lo scivolamento non ha modificato l’orientamento della giacitura stratigrafica originaria, caratterizzata dalla tipica asimmetria paesaggisticamente evidente. La depressione conseguente al fenomeno geomorfologico ha determinato la formazione della valle progressivamente incisa dal Fosso dell’Abetìa o Abetìo e la creazione dell'habitat favorevole allo sviluppo dell'Abetìa, rinomata quanto sfruttata specie tra il XV e il XIX secolo. Da Poggio Palaio la dorsale assume un orientamento NE e digrada con la Costa Poggio dei Ronchi fino alla sella dei Tre Faggi, come crinale di Corniolino prima si innalza con il Monte della Maestà, poi digrada andando a concludersi presso Lago costretta dalla confluenza del Fiume Bidente delle Celle nel Fiume Bidente di Campigna. Ad Est il bacino idrografico è delimitato da parte del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in AlpePoggio SquillaRonco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Il tratto di crinale da Poggio Scali a S. Paolo in Alpe nel Seicento era detto Raggio di San Paolo (cfr. S. Fabiani, G. Fabiani, Cronache del territorio del Capitanato di Bagno, in: ALPE APPENNINA 06-2023, cit.). Da Poggio Squilla si distacca una dorsale secondaria che, declinando a Nord, dopo il picco di Poggio Aguzzo precipita verso Corniolo con sproni puntati su Lago così completando la chiusura della valle. La sua testata si estende a ridosso delle maggiori quote dello Spartiacque Appenninico (quale parte della c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), caratterizzate dalle fortissime pendenze modellate dall’erosione, con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Scali, il Canale o Canalone del Pentolino, le Ripe della Porta e le Ripe di Pian Tombesi, oltre al distacco dello spessore detritico superficiale, conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale.

L’asta fluviale principale cambia spesso denominazione, destino comune di ogni ramo bidentino, con differenze tra le varie cartografie storiche o moderne. La Carta Tecnica Regionale, consultabile tramite il Geoportale e le applicazioni Moka (cit.) evidenzia l’idronimo dei vari tratti. Se nel suo sviluppo appare una maggiore omogeneità morfologica con l’incisione del Fosso dell’Abetìo, evidente anche nelle vedute panoramiche, in effetti l’origine fluviale principale viene individuata a Poggio Lastraiolo, alla quota di 1450-1425 m e a circa 40 m dal Rifugio CAI Città di Forlì, con ramificazioni che si spingono fino a Poggio Sodo dei Conti ed una intermedia originata dalle acque sorgive della scomparsa Fonte al Bicchiere. Questo primo tratto è detto Fiume Bidente del Corniolo; ricevuto il contributo del Fosso dell’Abetìo si sviluppa fino al sito un tempo detto I Tre Fossati oltre il quale viene detto Torrente Bidente, benché sia ormai prossimo a perdere le caratteristiche torrentizie. I Tre Fossati è il luogo posto sul versante oltre il fiume, dove si verifica la contemporanea confluenza del Bidente con il Fosso della Corbaia (che nasce dalla Pendice della Calla) e il Fosso dell'Antenna, che a sua volta ha appena raccolto le acque del Fosso delle Bruciate. Il tratto definito Torrente Bidente prosegue ricevendo in dx idrografica il Fosso della Ghiraia, il Fosso della Ruota, il Fosso del Fiumicino, il Fosso di Bagnatoio e il Fosso del Fiumicino di S.Paolo, anticamente detto Fosso il Pianaccione, uno dei maggiori affluenti del Bidente di Campigna, avente origine dalle pieghe tra i Poggi Ricopri e Capannina e il contrafforte, alimentato da un’ampia ramificazione idrografica avente origine dal contrafforte secondario compreso tra Poggio Capannina e l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, ovvero i Fossi delle Fontanelledell’Alberacciadel Perono o Perone di Ristefani. Gli altri affluenti del tratto in dx idrografica sono i Fossi delle Farnie e di Campitelli. Le vene del Fiumicino di S.Paolo alimentano la Fonte del Rospo e la Fonte Miseria poste rispettivamente ai km 4+700 e 3+500 della Strada Vic.le Corniolino-S.Paolo in Alpe, la seconda presso un’Area Attrezzata.

La Valle del Fiumicino di S.Paolo sul versante orientale in gran parte è racchiusa dal tratto di contrafforte che delimita il bacino bidentino già descritto, che si sviluppa da Poggio Capannina fino a Poggio Aguzzo, da cui una breve diramazione bruscamente chiude la valle a settentrione puntando verso lo sbocco del fosso presso Moscoso. Sul versante occidentale la delimitazione è costituita dall’imponente dorsale di separazione dalla collaterale Valle del Fiumicino che si stacca da Poggio Capannina ed evidenzia Poggio Ricopri e Poggio di Montali, oltre il quale digrada verso Case Fiumari concludendosi con una ramificazione di costoni e sproni finali che obbligano il fiume a tortuose circonvoluzioni, quando punta verso il Bidente laddove il Fiumicino trova il suo sbocco sotto Moscoso, dopo essere passato sotto Ponte Cesare, con uno sviluppo di circa 4 km. Il toponimo Poggio di Montali o Montale compare nella descrizione dei confini contenuta nel contratto del 1818 tra l’Opera del Duomo di Firenze e il Monastero di Camaldoli e soprattutto nella descrizione dei terreni del podere di Val di Covile contenuta nel successivo contratto del 1840: «Comunità di Premilcuore. Una vasta tenuta di terre […] alla quale per la circonferenza confina […] dal punto del confine di questa Comune con quella di Bagno in luogo detto Pian del Pero tenendo i beni dell’Opera a sinistra correndo la strada che da Scali conduce a S. Paolo in Alpe sempre per la sommità del monte confinano i S.ri Grisolini e Giovanni Filippo Fabbri coi poderi del Ciriegiolino […] terzo Eredi Perini, scendendo dal detto punto al Fosso dei Fiumari e del Pianaccione ed attraversando detto fosso sale il Poggio di Montali fino alla sommità. […] Questa tenuta è conosciuta per più e diverse denominazioni e vocaboli […] Poggio di Montale […] Poggio di Ricopri […]. A questa descritta tenuta confina 1° incominciando dalla parte di levante terra addetta al contiguo podere detto il Ronco del Cianco mediante uno schienale di poggio ed una strada praticata sul medesimo che dal Poggio di Montale giunge fino al Poggio della Capannina […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 474, 510-511, cit.). Dal versante NO di Poggio di Montali ha origine il Fosso di Bagnatoio, dal modesto sviluppo di 750 m, chiuso in una strettissima vallecola che sbocca nel Bidente di fronte al Mulino di Fiumari e alla moderna Chiesa di S. Agostino, dove pure si trova una fonte. La spiccata asimmetria geo-morfologica tra versanti opposti oltre che alle differenze altimetriche è dovuta agli stretti e profondi canaloni che incidono le ripide balze che sostengono l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, dove scorrono i suoi principali affluenti, ai terrazzi orografici da scivolamento che ospitavano insediamenti come Campodonato Campodonatino, e all’ampia e profonda valle dell’altro affluente Fosso di Ristèfani, anch’essa ospitante l’omonimo insediamento e caratterizzata dall’omonimo geosito di rilevanza locale, per un importante affioramento dove le superfici a franapoggio delle stratificazioni coincidono con la pendenza del versante, ed i prevalenti letti marnosi sono facilmente modellati dai solchi erosivi del ruscellamento superficiale. Ai piedi del versante è segnalata una coltre detritica da frana quiescente molto estesa: la vastità dell’impianto restaurativo di conifere che oggi caratterizza fortemente la valle testimonia l’ampiezza dell’area disboscata dai coloni di Ristèfani. e l'inevitabile contributo alla sua instabilità. La denominazione pare una composizione toponomastica tra il diffusissimo idronimo riorivo, dal latino classico rivus, i, e l’agiotoponimo (nome di luogo derivato dal nome di un santo) Stefano «[…] assai diffuso nell’Esarcato di Ravenna, la quale contò, nel M. Evo, fino a trenta chiese dedicate al protomartire Stephanus […] » (A. Polloni, 1966-2004, p. 302, cit.); composizione similare si ritrova anche in Vustefano (Castel del Rio – BO), da Vicus Stephani (A. Polloni, cit.).

Il principale ramo del Fosso del Perone proviene dal declivio prativo a monte del Cimitero di S.Paolo, tra i tornanti della Strada Vic.le San Paolo-Poggio Scali diretta verso Poggio Squilla ma, sotto il cimitero, attraversa il tratto di versante meridionale dell’altopiano e precipita tra le balze che sovrastano l’ampio terrazzamento sede dell’insediamento di Campodonato. Dopo aver percorso circa 1,3 km, il Perone si immette nel Fiumicino convergendo con il Fosso dell’Alberaccia così costringendo il piccolo rilievo dove sorgeva il fabbricato rurale di Pian di Coltellino, di cui rimangono solo le mappe, il toponimo e una foto.

I due principali rami del Fosso dell'Alberaccia provengono, il maggiore, dal declivio interposto tra i dolci prati della Chiesa di S.Agostino e del Casone, che presto diviene ripida gola, il minore dal profondo canalone di separazione tra l’altopiano e il Monte Grosso. Dopo aver percorso circa 1,8 km, l'Alberaccia si immette nel Fiumicino convergendo con il Fosso del Perone come sopra descritto.

Il Fosso delle Fontanelle proviene dal tratto di contrafforte prossimo al versante meridionale del Monte Grosso e si immette nel Fiumicino poco a monte delle confluenze sopra descritte.

Il versante opposto scarsamente inciso, già ospitante Ronco del Cianco, mostra una prevalente omogeneità dell’ambiente marnoso-arenaceo comportante caratteristiche morfologiche e vegetazionali poco differenziate con sostanziale assenza di aree brecciate e a forte pendenza.

L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio. Già nel paleolitico (tra un milione e centomila anni fa) garantiva un’ampia rete di percorsi naturali che permetteva ai primi frequentatori di muoversi e di orientarsi con sicurezza senza richiedere opere artificiali. Nell’eneolitico (che perdura fino al 1900-1800 a.C.) i ritrovamenti di armi di offesa (accette, punte di freccia, martelli, asce) attestano una frequentazione a scopo di caccia o di conflitto tra popolazioni di agricoltori già insediati (tra i siti, Campigna, con ritrovamenti isolati di epoca umbro-etrusca, Rio Salso e S. Paolo in Alpe, anche con ritrovamenti di sepolture). Nel Settecento, chi voleva risalire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» e per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). Inoltre, «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, 1992, p. 32, cit.). Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo di Firenze è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.). Peraltro, si trattava di viabilità ancora piuttosto precaria, come ha lasciato testimonianza lo stesso Leopoldo II: «Cavalcando […] vidi […]. La foresta dell’Opera sulla pendice precipitosa verso Romagna era manto a molte pieghe dell’Appennino, al lembo di quel manto apparivano le coste nude del monte […]. Sulli spigoli acuti delle propaggini del monte si vedevano miseri paeselli con le chiese: San Paolo in Alpe, Casanova, Pietrapazza, Strabatenza; impercettibili sentieri conducevano a quelli, e lì dissero le guide i pericoli nel verno, la gente caduta e persa nelle nevi, […] i morti posti sui tetti per non poterli portare al cimitero, e nelle foreste i legatori del legname sepolti nelle capanne.» (F. Pesendorfer, a cura di, 1987, pp. 176-177, cit.). Così, se al diffondersi dell’appoderamento si accompagna un fitto reticolo di mulattiere di servizio locale, per la realizzazione delle prime grandi strade carrozzabili transappenniniche occorrerà attendere tra la metà del XIX secolo e i primi decenni del XX: «La nuova strada S. Sofia – Stia, bellamente pianeggiando sotto il Corniolo, attraversa il Bidente che viene dalle Celle e poi inizia l’ascesa del monte verso Campigna poco più su dal luogo donde si diparte, a sinistra, la mulattiera che mena a S. Paolo in Alpe ove, fino al secolo XVI, era un eremo agostiniano.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 270). 

La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), da integrare per la classificazione storica del Bidente con le Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna (1808-1830 – scala 1:5000) e la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 – scala 1:20.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Campigna. Tra le altre, le c.d. vie dei legni, o Strade dette dei legni per il trasporto dei medesimi (così riportate nella Carta Geometrica) utilizzate per il trasporto del legname fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli. Come sopracitato, specificamente elencata nel contratto di vendita del 1857, con cui le foreste passarono dall’Opera del Duomo di Firenze alle Reali Possessioni, si trova la via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe. Già riportata nelle Bozze di mappa nel tratto alto come Strada del Poggio Scali e nel Catasto toscano Via di Scali è pure confermata tra le vie dei legni individuate all’inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone, nella relazione sullo stato delle foreste demaniali (cit.) come via del Poggio, che da S. Sofia, per S. Paolo in Alpe e Pian del Pero, sale a Poggio Scali

Oltre alla Via di Scali, strada di crinale che correva lungo il limite orientale della valle, la viabilità più antica interessante questo territorio, di origine preromana, percorreva il crinale insediativo di Corniolino; ben infrastrutturata e conservante ancora notevoli tratti di selciato naturale, seguendo la morfologia sopra descritta, superata la sella di Tre Faggi risaliva verso il Monte Gabrendo, giungendovi o dopo una più agevole deviazione dalle Mandracce o per via più diretta sfruttando le balze di Costa Poggio dei Ronchi e Omo Morto ed in ultimo insinuandosi verso Poggio Palaio per ridiscendere verso Campigna tramite la Via del Balzo o sul versante opposto verso Stia: si tratta dell’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata, l’antica Mevaniola. L’inizio del tratto alto-bidentino di questo antico tracciato è facilmente individuabile presso Lago (almeno nello sviluppo posteriore alla fine del XVII sec., successivo alla sopracitata rimodellazione post-lacustre). Tramite il Ponte di Fiordilino, struttura dalla poetica denominazione sul Bidente delle Celle ripresa dal nome di un adiacente fabbricato distrutto dalla frana (rimangono i resti dell’imposto dell’arco, con qualche concio inclinato di innesto, corrispondenti alla struttura del XV sec. ricordata dalla saggistica  - AA.VV., 1982, p. 188, cit. - posti a fianco del ponte moderno), la via antica si inerpicava subito sull’erta rocciosa in allineamento al ponte stesso, come documentato dal Catasto toscano, ma poi deviava fino a rasentare il Bidente quindi proseguiva a mezzacosta verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Evidenti resti della muratura di sostegno di questo tratto viario si notano poco sopra la provinciale, a 200 m dal ponte di Lago. Superato Corniolino, presso un tornante della S.P. a circa 2 km da Lago, si ritrova il tracciato antico (sent. 259 CAI) che si inerpica verso il Castellaccio poi prosegue sul crinale sfruttando le gradonate di estesi affioramenti rocciosi, dove sono evidenti le tipiche alternanze di arenarie e marne formanti cornicioni sporgenti fratturati a “denti di sega”.

Presso Corniolino si innestava il percorso di fondovalle da Corniolo Campigna che scendeva al Bidente (oggi intercettato dalla S.P. del Bidente a circa 500 m da Lago, dove è stato riutilizzato come accesso di un recente insediamento) superandolo grazie al Ponte dei Ladroni o del Ladrone o della Madonna, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona), che però si trovava circa 80 m più a monte, come risulta dal confronto con il Catasto toscano. Il ponte è stato segnalato dal Segretariato Regionale del Ministero della cultura dell’Emilia-Romagna nel portale https://www.tourer.it/. Dopo un breve tratto ancora integro e percorribile fino al moderno Ponte Ilario, datato 1969 e privo di interesse tipologico, la mulattiera procedeva in prossimità del fiume secondo un percorso diverso dalla strada forestale (iniziata negli anni 1966-67), che risale transitando poco sotto Campacci, oggi C.Campaccio. L’antico tracciato infatti giungeva fino al sito di un altro fabbricato che, benché anonimo, era evidentemente destinato a mulino già in base all’evidente rappresentazione di inizio ‘800 del lungo berignale o gora per il prelievo dell’acqua e del bottaccio di accumulo della stessa, confermata dalla simbologia (ruota dentata) dell’Opificio a forza idraulica della Carta d’Italia I.G.M. del 1894. Nella successiva mappa del 1937 il definibile Mulino di Campacci, perse le sue funzioni originarie, è ormai rappresentato come semplice fabbricato. Oggi questa parte di tracciato è stata riutilizzata come strada di servizio per raggiungere le opere di imbrigliamento idraulico dei rami bidentini a favore dell’invaso di Ridràcoli e una moderna stazione di pompaggio ne occupa il sito. Oltrepassato Campacci, il tragitto antico prima attraversava il Fosso del Fiumicino di S. Paolo con una pedanca (ponte in legno pedonale documentato almeno dall'inizio del XX secolo), oggi sostituita dal Ponte Cesare, poi si inerpicava sul crinale rasentando Moscoso dal lato Est (praticamente dietro l’annesso posto accanto al suo attuale accesso stradale) e poco dopo, attraversato il sito oggi occupato della rotabile, calava di livello dirigendosi verso Fiumari (di sotto). Mentre la via principale proseguiva verso il Molino di Fiumari e Campigna, dove giungeva tramite la ripida Via di Villaneta (oggi sent. 243 CAI), almeno per tutto il XIX secolo solo un sentiero risaliva fino a Fiumari (di sopra) e, scavalcata la sella antistante, scendeva ad attraversare il Fiumicino. Solo al principio del secolo scorso (come rappresentato dalla mappa I.G.M. del 1937) una mulattiera evitava il saliscendi e manteneva il crinale, scendendo poi ad attraversare il fosso tramite un’altra pedanca; quindi, la via si inerpicava fino all'alpeggio di S. Paolo in Alpe e all'Eremo di S.Agostino tramite Campodonatino e Campodonato, classificata solo nel XX secolo come Strada Com.le Corniolo-Fiumari-S.Paolo, mentre nel fondovalle Casa Perinaia e Pian del Coltellino, facenti parte del Popolo di S. Paolo, nell’800 risultano collegati solo con l’insediamento religioso di appartenenza tramite una ripida mulattiera ed occorre attendere la fine del secolo per vedere collegati i due insediamenti con il fondovalle tramite un sentiero la cui traccia verrà sostanzialmente confermata prima da una mulattiera e in tempi moderni poco più a monte dall’odierna rotabile. Un tracciato secondario di crinale, distinto in sequenza nella Via di Val di CovileVia di Ronco del Cianco e Via della Capannina, nel XIX secolo percorreva la dorsale Poggio di Montali-Poggio Ricopri-Poggio Capannina, mentre varie diramazioni digradavano verso i fondivalle collaterali, tra cui la Via dello Scopetino, diretta verso il Fosso di Ricopri/Fiumicino.

L’altopiano di S. Paolo in Alpe, nei documenti dell’archivio dell’Opera del Duomo di Firenze detto Poggio di S. Paolo in Alpe, costituiva confine delle proprietà dell’Opera (senza farne parte) che giungevano a comprendere i poderi di Val di Covile e Ronco del Cianco, come documentato fin dal 1545, mentre Campodonato apparteneva a privati: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Una presa di terra detta i Ronchi del Cianco e una detta Val di Covile sono some 13 per la Val di Covile, e per il Ronco del Cianco, che va fino al Fossato del Ronco del Conte, sono some 24» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 149, 150, cit.). Da una relazione del 1652: «Le selve di detta Opera benché tutte contigue fra loro per maggior chiarezza si distinguono da noi primieramente in due parti principali separate fra di loro dal poggio di S. Paolo in Alpe. Una cioè sopra detto poggio verso ponente e l’altra sotto il detto poggio verso levante. La superiore può suddividersi commodamente in tre parti delle quali quella di mezzo si chiama Campigna […]. La parte principale inferiore sotto il poggio di S. Paolo in Alpe parimenti suddividiamo in cinque parti: la prima delle quali quarta in ordine sopradetto, chiameremo Macchia di Scali […]. La quarta che contiene la macchia di Scali, la Fossa delle Macine, il Porcareccio […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 263-264, cit.). La precisa descrizione dei confini è contenuta nell’atto del 1818 stipulato con il Monastero di Camaldoli. Dalla composizione del podere di Ronco del Cianco, di cui all'atto del 1840 con i camaldolesi, si ha inoltre un'utile descrizione dei luoghi: «N. 4 - Podere denominato Ronco del Cianco […]. Terreni […]. E questa vasta tenuta è confinata come appresso: 1° a tramontana del Fosso di Pianaccione fino al Poggio di Montale Fabbri Giuliano […] 6° Fosso di Ricopri e volgendosi a levante in luogo detto Pian del Pero, 7° terre comprese nella Tenuta Forestale, 8° volgendosi verso tramontana e sempre sullo schienale del Poggio detto della Fringuella fino al Poggio della Capannina terreni compresi nella comunità di Santa Sofia, volgendosi quindi al nord-est e percorrendo sempre lo schienale del poggio che si succedono fino alla sommità del Poggio delle Bruciate, 9° terreni posti nella medesima comunità di Santa Sofia e discendendo fino al Fosso del Pianaccione Fabbri Eredi di Giovanni-Filippo salvo se altri.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 511-513, cit.). I toponimi citati sono localizzabili grazie alla Carta Geometrica: presso i siti delle Bruciate e delle Fontanelle si vede rappresentato un fosso identificabile nel Fosso delle Fontanelle, che infatti nasce dalle pieghe del contrafforte tra Poggio Capannina e Monte Grosso, confluendo nel Fiumicino di S. Paolo poco prima del Fosso dell’Alberaccia; il Fosso del Pianaccione dai confronti cartografici risulta corrispondere all’odierno Fiumicino di S. Paolo. Nella mappa è rappresentato anche il sito Faggio alla Fringuella, evidentemente corrispondente al poggio citato nel contratto.

Oltre all’insediamento eremitico e alpeggio di S. Paolo in Alpe e al citato grande podere di Ronco del Cianco, posto sulle pendici esposte a meridione del sopracitato Poggio di Montali, sia il crinale della dorsale occidentale sia il fondovalle principale, le valli confluenti e aree limitrofe ospitavano alcuni insediamenti. Fiumari (di sopra), appartenente al nucleo di Case Fiumari insieme a Fiumari (di sotto), e Moscoso sono abbarbicate sullo stretto crinale a nord del poggio e sono ancora utilizzati. Inevitabile il riferimento al citato Mulino di Fiumari e adiacente Chiesa di S. Agostino. Nel fondovalle del Fiumicino di S. Paolo si trovavano Casa Perinaia e Pian di Coltellino, stretto tra gli sbocchi dei Fossi dell’Alberaccia e del Perone, inopinatamente detto Fosso del Nespolo prima della recente scomparsa. Campodonatino (scomparso per frana in tempi moderni) si trovava su un crinale quasi sul limite della Valle di Ristefani mentre i resti di Campodonato appartengono alla Valle del PeroneRistefani, un tempo godente della massima insolazione nella solitudine della sua ampia valle, oggi nasconde i ruderi tra i pini.

Essendo situati “alle falde di vasto circondario delle selve d’abeti”, ovvero marginali alla pregiata area boschiva di Campigna, però posti ad una certa distanza, anche in questi luoghi si manifestò l’esigenza di impiantare una sega idraulica, anche a servizio dell’Opera: «Si sa che nel febbraio 1444 fu concessa una sega sul fosso di Ridracoli verso Valbona […], un’altra fu concessa nel 1482 sul fiume di Ricopri […] utile a detta selva per la località e la via inaccessibile che è a circa quattro miglia […]. Una terza ancora […] sempre sul fiume di Ridracoli nel 1484, ed una quarta nello stesso anno sul fiume di Ricopri in luogo detto i Diaccioni; una quinta nel Pianazzone nel 1490 ed una sesta nel 1503 […], con tanto di edificio, […] sul fiume dell’Asticciola.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 63-64, cit.). Riguardo la collocazione della Sega del Pianazzone, risalente al 1490, grazie alla cartografia ottocentesca si può individuare con certezza il sito di Pianaccione, posto sulle sponde di una delle ramificazioni di origine del Fiumicino, area oggi attraversata dagli stretti tornanti della Strada Vic.le Corniolino-S. Paolo in Alpe, a breve distanza dalla Fonte del Rospo, luogo già ricompreso nel podere di Ronco del Cianco«Di un solo e vasto tenimento di terre tutte giacenti in poggio si compone il podere […]. Questo si conosce per più e diverse denominazioni e vocaboli quali sono: […] Pianaccione […] E' molto intersecato dal Fosso principale detto il Pianaccione, dall'altro fosso delle Fontanelle […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 512, cit.). 

Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Catasto toscano, Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati della Valle del Fosso del Fiumicino si possono schematizzare come di seguito elencato:

S. Paolo nel Catasto toscano, o S.Paolo in Alpe nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna, o S. Paolo nel N.C.T., o S. Paolo in Alpe nella C.T.R.;

S. Paolo chiesa nel Catasto toscano, o S.Paolo in Alpe nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna, o S. Paolo in Alpe nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Ronco del Cianco nel Catasto toscano, o C.del Cianco nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o C.Ronco del Cianco nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o C. Ronco del Cianco in quella moderna, o Ronco del Cianco nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Fiumari nel Catasto toscano, o C.se Fiumari nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o C.se Fiumari in quella moderna, o Fiumari nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Muscoso nel Catasto toscano, o C.Muscoso nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o C.Moscoso nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o C. Moscoso in quella moderna, o Moscoso nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Molino de Fiumari nel Catasto toscano, o M.oFiumari con simbolo di Opificio a forza idraulica (ruota dentata) nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o M.o Fiumari in quella moderna, o Molino di Fiumari nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Chiesa di S. Agostino: assente nel Catasto toscano e nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o simbolo anonimo di Casa in muratura nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o simbolo anonimo di Chiese ed oratori in quella moderna, o Chiesa nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Casa Perinaia: anonimo nel Catasto toscano e nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o C.Perinaia nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o assente in quella moderna, nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Pian di Coltellino nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o simbolo anonimo dei ruderi in quella moderna, o Pian di Coltellino nel N.C.T., o Fosso del Nespolo nella C.T.R.;

Campodonati nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o Campodonatino nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o assente in quella moderna, o Campodonatino nel N.C.T., o assente nella C.T.R.;

Campo Donati nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o Campodonato nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o Campodonato con simbolo dei ruderi in quella moderna, o Campo Donati nel N.C.T., o Campodonato nella C.T.R.;

Ristefani nel Catasto toscano, o C.Ristefani nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o C.Ristèfani nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o C. Ristèfani in quella moderna, o Ristefani nel N.C.T. e nella C.T.R.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente di CampignaFiume Bidente di Campigna e/o relative a monti e insediamenti citati.

N.B.: - Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo la presa in possesso l’Opera aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.

- L'Appennino romagnolo era caratterizzato fino a metà del XX secolo (superata in qualche caso per un paio di decenni) da una capillare e diffusa presenza di mulini idraulici, secondo un sistema socio-economico legato ai mulini e, da secoli, radicato nel territorio del Capitanato della Val di Bagno. Intorno al Cinquecento ognuno dei 12 comuni del Capitanato (BagnoCaresteCastel BenedettoFaccianoMontegranelliPoggio alla LastraRidràcoliRiopetrosoRondinaiaSan PieroSelvapianaValbona) disponeva di almeno un mulino comunitativo la cui conduzione veniva annualmente sottoposta a gara pubblica a favore del migliore offerente; a quell’epoca nell’area si registrano assegnazioni per 230 bolognini. La manutenzione poteva essere a carico del comune o del mugnaio. Alla fine del Settecento l’attività riformatrice leopoldina eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire altri mulini in concorrenza produttiva, cui seguì un progressivo disinteresse comunale con riduzione dell’affitto annuale dei mulini pubblici fino alla loro privatizzazione. Nell’Ottocento, con la diffusione dell’agricoltura fino alle più profonde aree di montagna, vi fu ovunque una notevole proliferazione di opifici tanto che, ai primi decenni del Novecento, si potevano contare 5-6 mulini dislocati nella valle del Bidente di Campigna. Dagli anni ’30, la crisi del sistema socio-economico agro-forestale ebbe come conseguenza l’esodo dai poderi e il progressivo abbandono dell’attività molitoria e delle relative costruzioni.Gli Opifici a forza idraulica (def. I.G.M.) posti sul Bidente di Campigna o i suoi affluenti oggi noti sono: il Molino de Fiumari, documentato per l’origine quattrocentesca, quando insieme al Mulino Vecchio e al Mulino di Sabatino, presso Corniolo di proprietà comunale, benché spesso danneggiati dall’irruenza fluviale, rispondevano alle necessità della popolazione della vasta area del Popolo di Corniolo. Ad essi vanno aggiunti i Mulini di CampignaCampacci e Casina Bianca. Il Mulino di Sabatino però probabilmente si trovava all’inizio del Bidente di Corniolo, mentre il Mulino Casina Bianca, ancora completo delle opere di presa idraulica, si trova al termine del Bidente di Campigna ma pare risalga al principio del XX secolo.

- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XIX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi fluitato per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno. Per approfondimenti, v. M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, 2024, cit.

- La sega idraulica o “ad acqua” venne inventata da Villard de Honnecourt nel sec. XIII e Leonardo da Vinci ne studiò il funzionamento nel 1480. Già a metà del ‘400 sono documentati alcuni impianti in Casentino, in particolare una sega ad acqua a Camaldoli (i monaci sono stati sempre all’avanguardia nella lavorazione del legno) e due artigiani specializzati a Papiano (M. Massaini, 2015, cit.).

- Negli scorsi anni ’70, seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui CampodonatoPian di ColtellinoRistefaniRonco del CiancoSan Paolo in Alpe e Val di Covile, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo tranne che per il Casone di S. Paolo grazie al recupero odierno. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica. 

- Il termine “pedanca” deriva dal dialetto piemontese e ciò potrebbe spiegare anche l’adozione del termine da parte dell’I.G.M. o Istituto Geografico Militare, che fu fondato a Torino nel 1861, che quindi assorbì tale denominazione per indicare il simbolo tecnico cartografico (⤚⤙) corrispondente ai ponti pedonali.

- il termine radium, come sostantivo, era utilizzato come parte di un toponimo per denominare crinali costituenti elementi morfologici lineari ed evidenti del territorio, allorquando erano parte di un itinerario (che consentiva collegamenti più diretti e rapidi tra luoghi altrimenti raggiungibili tramite lunghi tragitti) e/o costituenti confine di un’area e/o di una proprietà. A volte il termine diviene esso stesso toponimo. (Il Raggio, Raggio di San Paolo, Raggio del FinocchioMaestà del RaggioRaggio alle SeccheRaggio dei PicchiRaggio GrossoRaggio LungoRaggio MozzoFosso del RaggioRaggio di Sopra, etc.).

- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo. Inoltre, le pratiche scritturali prevedono che tra l’abbreviazione “C”, l’interpunzione e la parola seguente non vi siano interspazi.

RIFERIMENTI    

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

AA.VV., Indagine sulle caratteristiche ambientali suscettibili di valorizzazione turistico-culturale delle vallate forlivesi. Repertorio, C.C.I.A.A. Forlì, 1982;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, “Le vive travi” e i loro cammini nel Parco e nella storia, Monti editore, Cesena 2024;

M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

M. Massaini, Alto Casentino, Papiano e Urbech, la Storia, i Fatti, la Gente, AGC Edizioni, Pratovecchio Stia 2015;

F. Pesendorfer (a cura di), IL GOVERNO DI FAMIGLIA IN TOSCANA. Le memorie del granduca Leopoldo II di Lorena (1824-1859), Sansoni Editore, Firenze 1987;

A. Sansone, Relazione sulla Azienda del Demanio Forestale di Stato – 1° luglio 1910/30 luglio 1914, Roma 1915;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze

Parco nazionale delle foreste casentinesi. Carta dei sentieri 1:25.000, N.20, Monti editore, 2019;

Regione Toscana – Progetto CASTORE – CAtasti STOrici REgionali;

Carta della Romagna Toscana e Pontificia: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=10910;

G. Inghirami, Carta Geometrica della Toscana, 1830;

Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11479;

Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11644;

URL http://www.popolidelparco.it/media/archivio-pietro-zangheri-zan098/;

URL https://www.tourer.it/;  

URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba - L’origine del fosso è facilmente raggiungibile dalla S.P. 4 del Bidente seguendo la rotabile S.Vic.le Corniolino-S. Paolo in Alpe, bivio per S.Agostino al km 35+100, fino alla sbarra di S. Paolo. A km 3 dalla sbarra, presso Poggio Squilla si distacca il sentiero 288 CAI che discende la valle di Ristèfani per quasi 3 km toccando l’omonimo insediamento e seguendo il fosso, guadandolo a quota 850 e presso lo sbocco. Abbandonando il sentiero 288 al primo tornante e  proseguendo diritto si raggiunge il crinale panoramico che, diretto verso Poggio Aguzzo, delimita la valle di Ristèfani.

foto/descrizione :

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

00A - Ubicazione della Valle del Fosso del Fiumicino di S. Paolo, con i suoi affluenti della Fonte delle Fontanelle, dell’Alberaccia, del Perone e di Ristefani.

001a – 001b – 001c – Il panorama che si apre da Poggio Sodo dei Conti sui rilievi dell’Appennino romagnolo mostra la sequenza di dorsali e contrafforti che si sviluppano con prevalentemente parallelismo e la continuità morfologica tra Poggio della Serra, sul contrafforte, e il tratto di dorsale Poggio Capannina-Poggio Ricopri, quando declina a Nord evidenziando Poggio di Montali prima di scemare. Tale dorsale delimita ad occidente il bacino del Fiumicino di S. Paolo mentre gli spartiacque dei versanti opposti si ritrovano sul prosieguo del contrafforte nella sequenza Monte Grosso-Altopiano di S. Paolo in Alpe-Poggio Squilla, da cui si stacca l’affilata cresta che conclude il circuito idrografico, delimitando anche la vallecola del Fosso di Ristefani caratterizzata dall’ampio e sempreverde impianto restaurativo di conifere che contrasta con la bianca estensione del geosito (22/12/11).

 

001d/001g – Prima dal varco sulla Giogana aperto dall’incisione del Canale del Pentolino, poi da Poggio Scali, si vede bene il primo tratto del contrafforte che raggiunge e supera l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, con interessanti scorci dei profondi canaloni che lo incidono e costituiscono testata degli affluenti del Fiumicino di S. Paolo, riuscendo a distinguere i rispettivi acquiferi tra le vaste aree prative dell’altopiano (15/05/14 – 11/12/14).

 

001h/001r - Da vari siti lungo la S.P. 4 del Bidente si apprezzano le caratteristiche geomorfologiche e vegetazionali della vallecola di Ristèfani, tra cui la netta differenza dei suoi opposti versanti, dovuta alla diversa giacitura dell’ambiente marnoso-arenaceo, che ne ha condizionato la frequentazione e l’utilizzo (26/03/12 – 11/02/16).

 

001s – 001t – Dal Sent. 255 per Campodonato, vista sul profilo del geosito di Ristèfani e dell’abetina che si estendono fino al crinale P.gio Squilla-P.gio Aguzzo (18/11/15 - 25/04/18).

001ta/001te – Due scorci del geosito dall’inizio e dal medio versante di Poggio di Montali; sulla sx della prima foto si vede Fiumari di Sopra (20/05/18 - 2/06/18).

001tf/001tl – Raggiunta la vetta di Poggio Capannina, costituita da un verdeggiante crinaletto che si interrompe bruscamente agli estremi, lo scorcio panoramico spazia sulla dorsale di appartenenza, con i Poggi Ricopri e di Montali, e la dorsale che pare staccarsi dall’Altopiano di S. Paolo in Alpe, profondamente corrugata ed incisa dalle vallecole di fossi e fossatelli, tra cui quella del Fosso di Ristèfani, della quale però spicca solo il caratteristico geosito (2/06/18).

001u – Schema da cartografia moderna del bacino idrografico del Fosso del Fiumicino di S. Paolo, con i suoi affluenti della Fonte delle Fontanelle, dell’Alberaccia, del Perone e di Ristefani nonché della vallecola del Fosso del Bagnatoio.

001v1 – Schema di mappa da cartografia di inizio XIX secolo, con evidenziati gli assetti insediativi, idrografici ed infrastrutturali della valle del Fiumicino, dove si possono notare i tracciati della viabilità antica. La toponomastica riprende quella originale.

001v2 – Mappa schematica dedotta da cartografia del 1850 dove, in base ai toponimi storici, sono evidenziati i siti delle seghe idrauliche localizzate a Campigna, prima lato ovest poi forse spostata pressi I Tre Fossati, le altre presso il Fosso di Ricopri, ovvero a Diaccioni la Sega di Sotto e a Ricopri le Seghe di Mezzo e di Sopra, a Pianaccione presso il Fosso Fiumicino di S. Paolo e a Sasso Fratino, sul Fosso dell’Asticciola.

001z1 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, riguardo la viabilità principale evidenziava esclusivamente i tracciati viari che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, mantenendosi prossimi al fondovalle fino a Corniolo, nella valle di Campigna risalendo sul crinale di Corniolino fino alla sella di Tre Faggi con discesa a Campigna e risalita al Passo della Calla.

001z2 - Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo viario e idrografico precedente al completamento della viabilità provinciale.

002a/002f – I luoghi e l’origine del ramo principale del Fosso di Ristèfani (18/11/15 - 25/04/18).

 

002g/002m - Dal crinale che delimita in dx il bacino idrografico del Fosso di Ristèfani, vista verso Poggio Squilla e la dorsale che ne costituisce l’opposto versante, proiettata verso Case Fiumari. Dolci prati-pascoli in fase di ricolonizzazione arbustiva si alternano a tratti in erosione ed a pendii mai eccessivamente ripidi dei versanti a franapoggio, mentre oltre la cresta la stratificazione a reggipoggio precipita nella valle del Fosso della Cerreta (25/04/18).

 

002n/002s – La vista opposta presto si amplia all’intero versante dx della valle, con la lunga area dall’affioramento in erosione delle stratificazioni della Formazione Marnoso-Arenacea classificata come geosito di Ristèfani, fiancheggiante i vasti rimboschimenti, in parte naturali ma prevalentemente restaurativi con essenze di conifere: laddove si notano svettare le cime più scure di diversi abeti si situa il fabbricato colonico (25/04/18).

 

003a/003i – Prima di raggiungere il geosito, il sentiero di crinale attraversa un’altra caratteristica area in erosione, con un picco piramidale che mostra il distacco con scivolamento di una sua porzione, che ha determinato la formazione di un canalone percorribile e ricco di vegetazione (25/04/18).

 

003l/003p – L’area del geosito raggiunge il crinale (25/04/18).

 

003q – 003r – Le stratificazioni rocciose nel raggiungere la linea di cresta esaltano ed esemplificano la giacitura a franapoggio dell’ambiente marnoso-arenaceo (25/04/18).

 

004a/004f – Tra gli scorci del fosso nel suo sviluppo si nota anche quando rasenta un tratto fortemente ripido e accidentato in prossimità del fondovalle (18/11/15).

 

004g – 004h – Tratti dell’antica mulattiera, oggi sentiero 283 (18/11/15).

 

004i/004n – Il geosito Ristèfani, che ancora conserva vecchie opere di regimazione, delimita l’impianto restaurativo di conifere, entro il quale si trova l’edificio colonico (18/11/15).

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