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Val di Covile

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : rudere
Altezza mt. : 802
Coordinate WGS84: 43 52' 34" N , 11 46' 24" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (11/05/2018)

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km. In quest’ambito, la Valle del Bidente di Campigna riguarda un ramo fluviale occidentale ed intermedio delimitato ad Ovest, dalla dorsale che, staccatasi dal gruppo del Monte Falco, da Poggio Palaio digrada con la Costa Poggio dei Ronchi verso Tre Faggi per risalire subito evidenziando il Crinale di Corniolino ed il Monte della Maestà, termina  a Lago; ad Est, dal contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che, disegnata la sella di Pian del Pero ed evidenziata una sequenza di rilievi ( tra cui i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, Poggio Squilla), termina digradando al ponte sul Fiume Bidente di Corniolo presso Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli. Da Poggio Squilla si distacca un’altra dorsale che, declinando a Nord, precipita verso Corniolo mentre un costone delimitato dall’incisione del Fosso delle Cerrete dopo Poggio Aguzzo punta anch’essa verso Lago.

Gli alti bacini idrografici bidentini mostrano in genere una morfologia nettamente differenziata dovuta alla diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo; per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, i versanti orientali appaiono solitamente frastagliati mentre i versanti prevalentemente esposti a meridione mostrano pendii più dolci a prato-pascolo, spesso su terrazzi orografici, che si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati. Il bacino del Bidente di Campigna ha una conformazione vagamente deltoide e profondamente incisa da un reticolo idrografico maggiormente sviluppato in dx idrografica dell’asta fluviale principale, laddove due importanti confluenze sono costituite dai quasi omonimi Fosso del Fiumicino e Fosso Fiumicino di S. Paolo, i cui bacini sono separati da un’imponente dorsale che, distaccatasi da Poggio Capannina con orientamento SE-NO, a breve distanza vede Poggio Ricopri svolgere la funzione di nodo montano per cui assume un perfetto orientamento Nord, caratterizzando la morfologia della valle per il suo profilo sempre più affilato verso il suo termine quando, concluso con il Poggio di Montali (toponimo in uso nel XIX secolo) il trittico dei suoi rilievi, punta verso il Bidente con una ramificazione di costoni e sproni finali che obbligano il fiume a tortuose circonvoluzioni. Mentre solo Poggio Capannina mostra la tipica asimmetria geo-morfologica dei suoi opposti versanti, già il tratto tra i due poggi (che pure ha un orientamento simil-parallelo allo spartiacque tosco-romagnolo), il Poggio di Montali (che fa da fulcro ad una diramazione “stellare” di almeno 5-6 costoni sovrastando Val di Covile), e il restante sviluppo della dorsale, possiedono una prevalente omogeneità dell’ambiente marnoso-arenaceo comportante caratteristiche morfologiche e vegetazionali poco differenziate, con limitate aree brecciate e a forte pendenza, per quanto il versante occidentale presenti una maggiore ampiezza rispetto a quello orientale, che però ha quote di fondovalle nettamente superiori.

L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio. Se in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantengono l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui i crinali diventano anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, sede di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, degli eremi e degli hospitales, mentre nei fondovalle si moltiplicano i mulini. Oggi, tramite gli antichi itinerari posti sui crinali insediativi, si raggiungono siti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi le loro memorie), prevalentemente di carattere religioso o difensivo, ovvero si attraversano piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale. Gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana e/o derivanti dall’opera di abili artigiani anche di provenienza settentrionale. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici.

La viabilità più antica interessante la valle di Campigna, di origine preromana, sul limite occidentale percorreva il crinale di Corniolino con l’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata, l’antica Mevaniola. Sul limite orientale un’altra via militare romana che, proveniente da Arezzo, risaliva lo spartiacque transitando da Bibbiena, Freggina e il Fosso Tellito (poi di Camaldoli), nel giungere sul versante orientale di Poggio Scali piegava a settentrione discendendo lungo la sella di Pian del Pero, sul sopracitato contrafforte secondario che, superato S. Paolo in Alpe, si sviluppa verso Forlì. «Un tracciato romano molto razionale è riconoscibile anche nel bacino dell’Archiano, per Partina, Camaldoli e la valle del Bidente, anche perché documenti dei secoli XI e XIV menzionano una “Via Romana” sul crinale a monte di Camaldoli, che sarebbe alquanto difficile da spiegare nel senso di Via Bizantina, o di via che conduce a Roma.» (A. Fatucchi, 1995, p. 27, cit.). Vi corrisponde un tratto di sentiero (vietato al transito per la parte interna alla Riserva di Sasso Fratino) in seguito noto come Via del Giogo di Scali, dalla cui ripidezza, quasi una scalata, è derivato il toponimo del rilievo (dal latino scala, -ae = scala), infatti nel 1791 si ritrova denominato Poggio della scala e, nella Carta Generale della Toscana della Litografia Militare Granducale del 1858, Poggio delle Ripebianche. Riguardo il percorso antico di fondovalle da Corniolo a Campigna, l’inizio è facilmente individuabile presso Lago (almeno nello sviluppo posteriore alla fine del XVII sec., infatti la morfologia del luogo non è antichissima ma è dovuta ad una frana che nel 1681 creò un’ostruzione che effettivamente generò un lago -che sommerse il Mulino Vecchio risalente al XV secolo- poi colmato da sedimentazioni modellate dallo scorrimento delle acque), grazie ai resti del Ponte di Fiordilino struttura dalla poetica denominazione sul Bidente delle Celle adiacente al ponte moderno, dopo il quale si inerpicava subito sull’erta rocciosa senza deviazioni in allineamento al ponte stesso, come documentato dal Catasto Toscano del 1826-34, quindi deviava fino a rasentare il Bidente di Campigna per poi risalire verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Da qui una deviazione discendeva nuovamente verso il Bidente prima toccando Casina Corniolino quindi attraversando il fiume con il Ponte dei ladroni, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona). Dopo un brevissimo tratto ancora integro e percorribile fino al Ponte Ilario (1969), procedeva su un tracciato prossimo al fiume, riutilizzato dall’odierna strada forestale (risalente agli anni 1966-67), fino ai pressi della confluenza del Fosso Fiumicino di S. Paolo, che veniva attraversato da ponte ligneo in buona corrispondenza con il moderno Ponte Cesare, oltre il quale si inerpicava verso Casa Moscoso, ma rasentandola dal lato Est (praticamente dietro l’annesso posto accanto al suo attuale accesso stradale) e poco dopo, attraversato il sito oggi occupato della rotabile, calava di livello dirigendosi verso Case Fiumari e l’omonimo mulino. Ritrovata una corrispondenza di tracciato tra questi due ultimi insediamenti fino al moderno Ponte Giovannone, presso la Chiesa di S. Agostino, superato un breve e ripido tratto ricoperto da soletta in calcestruzzo, cessa ogni infrastruttura “moderna” e si riscopre l’antica mulattiera mentre prosegue verso Campigna. Presso i due edifici di Case Fiumari si innestava la via che, scavalcata la sella del crinale ed attraversato il Fosso Fiumicino di S. Paolo, si inerpicava fino all’alpeggio di S. Paolo, toccando Campodonatino e Campodonato, mentre Casa Perinaia e Pian del Coltellino/Fosso del Nespolo, facenti parte del Popolo di S. Paolo, all’inizio del XIX secolo risultano collegati solo con l’insediamento religioso di appartenenza tramite una ripida mulattiera ed occorre attendere la fine nel secolo per vedere collegati i due insediamenti con il fondovalle tramite un sentiero la cui traccia verrà sostanzialmente confermata dall’odierna rotabile. Un tracciato secondario di crinale percorreva la dorsale Poggio di Montali-Poggio Ricopri-Poggio Capannina, con carattere spiccatamente insediativo grazie alla presenza di Moscoso e Fiumari di sopra, come detto posti sulla sottile cresta terminale, Ronco del Cianco e Val di Covile, posti sui suoi due opposti versanti con più ampi poderi, mentre una diramazione digradava lungo il versante occidentale di Poggio Capannina verso il Fosso di Ricopri trovando prima un ricovero ancora efficiente poi i resti di due piccoli edifici. Il primo che si incontra è una capannina a mezzacosta, in sintonia toponomastica con il poggio, che nel recente passato veniva descritta con il toponimo Casetta che fa presumere un utilizzo originario come ricovero per boscaioli. Il secondo edificio è posto sul bordo dell’alveo del Fosso di Ricopri, che poco dopo confluisce con il Fosso delle Cullacce dando origine al Fosso del Fiumicino, probabilmente in origine destinato a ospitare attrezzature di una sega ad acqua, peraltro strutture già documentate nel sito di Ricopri o Ricuopri, fino al XIX secolo rinomato per la presenza di numerosi abeti e faggi di pregio. È infatti noto che le difficoltà di trasporto del legname per morfologia dei luoghi e/o assenza di vie di smacchio portarono nei secoli ad autorizzare la costruzione di alcune seghe ad acqua, anche a servizio dell’Opera del Duomo di Firenze: «Si sa che nel febbraio 1444 fu concessa una sega sul fosso di Ridracoli verso Valbona […], un’altra fu concessa nel 1482 sul fiume di Ricopri […] utile a detta selva per la località e la via inaccessibile che è a circa quattro miglia […]. Una terza ancora […] sempre sul fiume di Ridracoli nel 1484, ed una quarte nello stesso anno sul fiume di Ricopri in luogo detto i Diaccioni; una quinta nel Pianazzone nel 1490 ed una sesta nel 1503 […], con tanto di edificio, […] sul fiume dell’Asticciola.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 63-64, cit.). Dalla relazione di un’ispezione eseguita nel 1677 da funzionari dell’Opera «Martedì 22 […] si andò alla visita dell’abetia di Ricopri e suoi contorni passando il fiume di Campigna si arrivò […] sino al fiume di Ricopri nel quale si riconobbe esservi già state anticamente tre seghe ad acqua e considerando che la sega ad acqua di Campigna non può resistere […], a fare quel numero di panconcelli che bisognerebbe si considerò che sarebbe buon servizio dell’Opera rifare una quivi, massime per esserci grandissima quantità di abeti grossi buoni per panconcelli […] e si risparmierebbero gli abeti di Campigna che perciò si ordinò al Ministro che facessi conoscere quale fusse il posto migliore e che spesa vi sarebbe per farla parendo che la sega di mezzo fusse molto opportuna.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 325, 328, cit.). .). Alcune di tali attrezzature erano documentate come Sega di Mezzo, di Sotto e, conseguentemente, di Sopra e per essere collocate presso il “fiume di Ricopri”, come risulta da un verbale di un’ispezione del 1652: «La terza parte delle selve dell’Opera succede sotto Campigna a levante e contiene […] Sega di Mezzo, Sega di sotto, Ricuopri […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 267, cit.). Ricercando nella cartografia antica disponibile i luoghi idonei per l’installazione delle tre seghe ad acqua documentate lungo il Fosso di Ricopri, denominazione che veniva estesa ad un tratto alto dell’odierno Fosso del Fiumicino, basandosi sui tracciati viari allora esistenti, di solito corrispondenti alle vie di smacchio, si nota che, in dx dei Fossi del Fiumicino e di Ricopri, tre piste corrono sul versante digradando verso i corsi d’acqua fino ad attraversarli, così segnalando i luoghi di possibile deputazione per le tre strutture. Tra esse, quella che corre lungo la sopracitata area spondale posta presso la confluenza tra i Fossi di Ricopri e delle Cullacce, nell’area di Ricopri a valle di Poggio Capannina, trova perfetta corrispondenza con quanto documentato dal Catasto Toscano del 1826-34 che fornisce anche la denominazione di quel tratto viario: Via della Sega di Mezzo, così che i resti di quel fabbricato portano ad confermare che si tratta quantomeno di una ricostruzione sei-settecentesca della Sega di Mezzo, documentata già dal 1482, che peraltro corrisponderebbe al descritto percorso di quattro miglia (1 miglio = 1,650 km in tale epoca = km 6,6) di “via inaccessibile”, evidentemente da Campigna, eventualmente costituente la «casetta o capanna […] che serve per comodità del condurre i legni […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 326, cit.), in quanto le attrezzature erano prevalentemente lignee e deperibili, quindi ormai scomparse. Riguardo gli altri due possibili siti, utilizzando il criterio della collocazione altimetrica per l’attribuzione dello specifico toponimo, basandosi sugli antichi tracciati viari che giungevano ed eventualmente attraversavano il fosso, quello documentato di Diaccioni sul “fiume di Ricopri” posto subito a valle di Val di Covile (v. schema di mappa) e risalente al 1484, è da prediligere come luogo altimetricamente più basso di possibile installazione della Sega di Sotto, mentre la posizione superiore della Sega di Sopra, potrebbe localizzarsi presso uno dei due attraversamenti del Fosso del Canale del Pentolino, documentati dal catasto ottocentesco. 

Il podere di Val di Covile, o Valdicovile, come accennato, era insediato su un costone che si distacca da Poggio di Montali, proiettato verso Ovest e a sua volta ramificato a ventaglio, uno dei 5-6 costoni diramantisi a 360° dal poggio. L’interesse storico-culturale e/o testimoniale è di rilievo anche toponomastico in considerazione dell’associazione di termini sia legati all’orografia del luogo (toponimo molto diffuso nella Romagna collinare dal latino vallis, -is, con il noto significato latino di avvallamento di monti che, anche se utilizzato in senso improprio, è testimonianza esplicita dell’importanza che sito e posizione possono avere esercitato nel processo di localizzazione) sia rapportati in maniera emblematica alla fruizione del territorio con forme tipiche di allevamento: covile = ovile. Dal confronto tra catasti si rilevano notevoli modifiche planimetriche, come confermano i resti ancora consistenti che consentono di riconoscere il fabbricato residenziale più antico affiancato da stalletti e un grosso annesso antistante, tutti presentanti consolidamenti moderni in c.a. e ferro, indici di un abbandono non troppo lontano. 

Il luogo si trova documentato tra i possedimenti già di proprietà dell’Opera del Duomo di Firenze in Romagna, rientrava infatti tra i beni sottratti ai conti Guidi dalla Repubblica fiorentina ed “assegnati in perpetuo” all’Opera di S. Maria del Fiore. Il relativo appezzamento boschivo è documentato fin dal 1545 nell’inventario eseguito dopo che l’Opera, avendo preso possesso delle selve “di Casentino e di Romagna”, dove desiderava evitare nuovi insediamenti, aveva costatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi che altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti e roncamenti non autorizzati; pertanto, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Una presa di terra detta i Ronchi del Cianco e una detta Val di Covile sono some 13 per la Val di Covile, e per il Ronco del Cianco, che va fino al Fossato del Ronco del Conte, sono some 24» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 149, 150, cit.). Occorre attendere quasi due secoli perché si ritrovi qualche altra informazione sul podere quando, da un accurato elenco relativo al 1637, si apprende che è entrato a far parte del confinante podere di Ronco del Cianco, tenuto da Don Francesco Fabbri, che nel frattempo aveva assunto una notevole rilevanza, infatti gli erano stati uniti ben 13 appezzamenti, tra essi appunto: «[…]14) Valdicovile terre tenute da Don Piero e Don Francesco Fabbri unite al Podere Ronco del Cianco […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 409-410, cit.). Quasi un secolo dopo, da un decreto del 1731, si apprende che «[…] Marco del quondam Antonio Conti fittuario del podere Val di Covile che faceva istanza gli fosse bonificato lo sbasso del fitto […] e gli fu accordato in ducati tre l’anno fino dal 1728 […] stante le scarsissime ricolte che vi ha fatte e fa mediante aver le continue piogge portato via molta terra del medesimo podere […] per il fitto delle terre di detto podere il medesimo Conti deve pagare dal principio del mese di ottobre 1728 in qua et in avvenire scudi 12 l’anno et il solito frutto del bestiame come ha pagato fin’ora […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977 , p. 355 cit.). La riduzione dell’affitto non deve aver risolto i problemi del conduttore infatti, da una relazione del 1751 sullo stato dei poderi dell’Opera si apprende che, pur avendo riguadagnato una sua identità, forse solo amministrativa, l’affittuario è ora tale Diacinto Mainetti, lo stesso di Ronco del Cianco: «[…] 4) Podere di VALDICOVILE tenuto in affitto da Diacinto Mainetti. In questo podere fu trovato esservi l’appresso bestiame: Vacche da frutto n.6 Due manze sopra un anno n.2 Due tori n.2 Pecore n.28 Agnelli per rilevare n.6 Capre e caprette n.10. semina grano staia 24 e 7 di biade, rimette tutto 130 così disse il lavoratore. Il fittuario faceva istanza di poter roncare un pezzo di terra. Le fu replicato di indirizzare la sua istanza all’Ill.mo Sig. Provveditore dell’Opera […]. […] 6) Podere di RONCO DEL CIANCO tenuto in affitto dal Mainetti medesimo. […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 433, 434, cit.). Nel 1789, da una relazione sui canoni da stabilirsi, si hanno utili informazioni: «I poderi […] Val di Covile […] sono situati alle falde di vasto circondario delle selve d’abeti e sembra che sieno stati fabbricati in detti luoghi per servire di custodia e per far invigilare dai contadini di detti poderi al fuoco, al taglio insomma alla conservazione di dette selve[…] non ardirei mai di far proposizione di alienarli ma seguitare a tenerli per l’oggetto che sono stati fabbricati […] come si rileva chiaramente dalla loro posizione servendo di cordone e custodia alle macchie medesime […] onde proporrei di darli in affitto a buoni affittuari […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441, 442, cit.). Occorre attendere il Contratto livellario del 1818, tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli per trovare la prima descrizione dei fabbricati del podere: «[…] descritte tutte le tenute […] della comunità di Premilcuore la quale viene composta dei seguenti terreni cioè: […] 45° Un podere denominato Val di Covile, in questa Comunità e nel popolo di S. Paolo in Alpi, con casa da lavoratore composta di numero dodici stanze da cielo a terra, con, forno, stalletta con loggia d’ingresso. Questa casa merita di essere resarcita con la spesa di lire 250.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 476, 480, cit.). A tale data il podere risulta composto da diversi terreni “sotto vari vocaboli” di cui vengono nominati Roncacci, Diacceti e Piano Erboso, per un totale di 310 staia (uno staio era pari a circa 1900 mq). Nel 1832 viene conferito l’incarico per una perizia probabilmente relativa a detti lavori di restauro o nuova costruzione della casa del podere, a carico del Monastero di Camaldoli in base alla concessione enfiteutica. (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 459, cit.). Per inadempienze nell’applicazione di un rigoroso regime forestale ai possedimenti dell’Opera, nel 1840 il Granduca fece sciogliere il contratto del 1818 con il Monastero di Camaldoli stipulandone uno nuovo; in esso si trova un’ulteriore, ed ora estremamente precisa, descrizione del podere e dei fabbricati: «N. 3 - Podere di Val di Covile […] lavorato dalla famiglia colonica di Gaetano Michelacci. Fabbricati colonici. Una casa di abitazione della famiglia colonica di recentissima costruzione, si compone al piano terreno di una stalla per il bestiame vaccino con ingresso esterno a mezzogiorno lastricata e munita di doppia mangiatoia di materiale, di una stanzetta lastricata per uso di caciaia a tetto con ingresso parimente esterno e quindi del forno preceduto da una piccola loggetta. Il piano superiore a cui si giunge per una scaletta esterna munita di parapetto si compone di un cavone coperto da tettoia avente uno stalletto sottoposto ed offre ingresso a finestra di una cucina con il piano intavolato corredata di camino acquaio e scaletta di legno a cappello che monta al piano superiore. Questo libera due camerette divise fra loro e dalla cucina medesima mediante delle pareti di tavole. Il secondo piano a tetto ha una stanza buia a capo scala la quale libera numero quattro camerette tutte con il piano intavolato e fra loro separate mediante divisori di legname. Al di sotto di questa descritta fabbrichetta altra ce ne esiste la quale nel suo piano terreno comprende una loggetta che dà ingresso lateralmente ad un porcile e di fronte ad una stalla per le vaccine, lastricata, con mangiatoia e quindi una stalla per le pecore con ingresso esterno. Il piano superiore ha un piccolo portichetto con forno il quale dà ingresso a due stanze oggi ridotte ad uso di capanna. Ed una loggetta a terreno attesa l’inclinazione del suolo precede due stalle che una per le pecore e l’altra per le capre. Superiormente a queste due ultime stanze si trova una capanna a tetto avente ingresso dalla strada. Tali sono i fabbricati addetti a questo podere attorno ai quali esistono i suoi resedi una piazzetta e l’aia ambedue sterrate ed all’ultima descritta fabbrichetta occorrono alcuni restauri. […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 509-510, cit.). Dal contratto risulta la riconquistata autonomia e vastità dei possedimenti del podere, comprendendo ampia parte del versante occidentale della dorsale fino ad alcuni rilievi del crinale, intersecati da molteplici fossi e fossatelli e da numerose “strade, stradelle e viottole”, tra le quali una proveniente da Castagnoli e diretta a Ronco del Cianco e un’altra diretta verso Poggio Ricopri. Tra i “vocaboli” oggi dimenticati corrispondenti a terreni o confini del podere vi erano Diaccioni, la Cerreta, la Spinacciaia, le Carbonaie, il Mandrione, il Pianello, Poggio di Montale (toponimo documentato per la prima volta in occasione dei sopracitati contratti), le Bruciate, il Bagnatoio, Poggio di Ricopri, Ricopri, lo Scopetino, Pian della Ruota e Poggio alla Serra, per un totale di 744 staia, oltre 14 ettari, con una rendita imponibile di lire 256,38. La Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese e adiacenze, datata 1850 e conservata presso il Nàrodni Archiv Praha, consente di localizzare tali luoghi. Il fabbricato, già proprietà ex A.R.F., nell’ambito dei programmi regionali di riutilizzo del patrimonio edilizio nel Demanio forestale venne sottoposto a schedatura da cui si apprende che Val di Covile aveva dimensioni esterne pari a 130 mq e 780 mc, suddivisi in 8 vani, ma non era utilizzato; da tale dato si comprende che a tale epoca esso manteneva ancora la sua consistenza.

N.B.: Negli scorsi anni ’70, seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, per Val di Covile senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto della citata pubblicazione specifica.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Sega di Sopra e Valle del Bidente delle Celle e/o relative a monti e insediamenti citati.

RIFERIMENTI

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Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba

Si percorre la rotabile S.Vic.le Corniolino-S.Paolo in Alpe (bivio al km 35+250 circa della S.P. 4R del Bidente –ex S.S. 310- tra la frazione Lago e il tornante delle Balzette, con segnalazione -poco visibile- per S.Agostino, chiesa presso il Molino di Fiumari) nonché Sent. 249 CAI. Dopo oltre 2 km si giunge a Case Fiumari, nuovo bivio a dx, segnalazione S.Agostino e Sent. 249 (che prosegue verso Campigna transitando da Villaneta) che pertcorsi circa 1,3 km, pressi Molino Fiumari e chiesa di S.Agostino, si abbandona per pista a sx (675 m.s.l.m.) seguendo la segnalazione Sent.275 CAI per Ballatoio ma per un brevissimo tratto: infatti dei nuovi bolli rossi evidenziano un ripido sentiero, sempre sulla sx, che presto diviene mulattiera e che in 15 min. (400-500 mt.) conduce a destinazione. Val di Covile è raggiungibile anche da Ronco del Cianco, superandolo fino al crinale (400 m) e ridiscendendo sul lato opposto (650 m).

foto/descrizione :

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

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001 a – 001b - 001c – Da Poggio Scali, la vegetazione nasconde il primo tratto del contrafforte, di cui se ne nota il successivo sviluppo zigzagante, dove tra Poggio Ricopri e Poggio Capannina, entrambi nodi montani della dorsale che penetra nella valle del Bidente di Campigna, la deformazione prospettica ravvicina Poggio di Montali sulle cui pendici si individua il sito di Ronco del Cianco mentre quello di Val di Covile rimane coperto da Poggio Ricopri (5/02/11 – 15/05/14 – 16/02/18).

 

001d - 001e – 001f - Dal varco sulla Giogana, non lontano da Poggio Scali, aperto dall’incisione del Canale del Pentolino, si sovrasta la sella di Pian del Pero alla cui estremità si erge Poggio della Serra da cui, mentre verso dx si stacca il crinale che penetra nella valle del Bidente di Ridràcoli, in allineamento prosegue il contrafforte fino ai nodi montani di Poggio Capannina e Poggio Ricopri, ma occorre riposizionarsi per riuscire ad ottenere viste dall’alto prospetticamente più realistiche del restante sviluppo della dorsale, che termina con Poggio di Montali, sulle cui pendici si notano i ruderi di Ronco del Cianco mentre il sito di Val di Covile rimane del tutto coperto da Poggio Ricopri (2/09/11 - 15/05/14 – 11/12/14).

 

001g/001m - Schemi di mappa da cartografia storica (1826/34 - 1850 - 1937) e da cartografia moderna, con evidenziati gli assetti insediativi, idrografici ed infrastrutturali della valle del Fiumicino e della dorsale Poggio Capannina-Poggio Ricopri-Poggio di Montale; negli schemi delle mappe storiche si possono notare il tracciato delle antiche Via della Sega di Mezzo, che consente l’attribuzione toponomastica ai resti dell’impianto, e Via del Giogo di Scali, come altri ancora utilizzato fino alla realizzazione dell’odierna rotabile. In ultimo schema da mappa particolareggiata di inizio XIX secolo (1826-34). La toponomastica riprende anche come scrittura quella originale, nel secondo schema le aree scure corrispondono alle faggete.

 

002a – 002b – Il panorama che si apre da Poggio Sodo dei Conti sui rilievi dell’Appennino romagnolo evidenzia la sequenza di dorsali e contrafforti che si sviluppano con prevalentemente parallelismo, tra cui la continuità morfologica tra il primo tratto del contrafforte e il primo tratto della dorsale con l’allineamento Poggio della Serra-Poggio Capannina-Poggio Ricopri, la cui asimmetria delle giaciture dell’ambiente marnoso-arenaceo, pressoché parallelo allo spartiacque principale, pare dovuto a dislocazioni recenti lungo fratture sub verticali ipotizzabili anche per il Monte Penna, o Pian Tombesi sul versante toscano. Al termine della dorsale si nota il profilo di Poggio di Montali ed il costone vi si distacca ed ospita Val di Covile, che rimane poco più sotto (22/12/11).

 

002c – 002d –Da Tre Faggi, all’inizio del Crinale del Corniolino, altra vista da occidente dello stesso tratto di dorsale di cui in precedenza, dove le ombre pomeridiane ne evidenziano la morfologia (30/11/16).

 

002e/002i - Risalendo sul Crinale del Corniolino e percorrendo il sentiero 259 dal lato del Castellaccio si può notare la penetrazione nella valle della dorsale Poggio Capannina-Poggio Ricopri-Poggio di Montali e il condizionamento morfologico alla confluenza del Fosso Fiumicino di S. Paolo nel Bidente (30/11/16 - 13/12/16).

 

002l – 002m - Dalla S.P. 4 si hanno viste ottimali dell’ultimo tratto della dorsale che proviene da Poggio Capannina che consentono di coglierne vari aspetti morfologici; oltre all’assenza di interventi di mitigazione determinanti il forte impatto paesaggistico della rotabile, che ha separato il sito del fabbricato di Moscoso dal suo poderino in gran parte ricoperto da un’abetina, sulla sx si nota l’incisione del Fosso del Fiumicino di S. Paolo all’altezza del Ponte Cesare e il tratto dell’antica mulattiera che raggiungeva il fabbricato sul bordo sx della cresta, interrotto dalla nuova scarpata stradale, di cui si può comprendere la difficoltà del tracciato che si accompagnava ad un insignificante impatto paesaggistico (12/03/12 - 30/11/16).

 

002n/002q – Ancora da una cresta lungo la S.P. 4 del Bidente l’asse visivo è simile a quello da Poggio Sodo dei Conti ma da quota inferiore, così evidenziando l’incisione dei Fossi di Poggio Scali e di Ricopri, che costituiscono tratto iniziale del Fosso del Fiumicino. A mezzacosta del costone che si distacca da Poggio di Montali, che da qui appare molto vicino mostrando le sue caratteristiche morfologiche, si vedono i ruderi di Val di Covile (26/03/12).

 

003a – 003b – 003c – La mulattiera che, lasciato il sentiero 275 per Ballatoio, risale verso Val di Covile (6/04/16).

 

003d/003l – Nel totale abbandono è facile individuare il fabbricato principale residenziale del podere, l’ultima immagine è una neografia pittorica del fabbricato solo 10 anni prima (6/04/16).

 

003m/003q – Gli interni mostrano tracce di inutili interventi di consolidamento; nelle ultime due foto le mensole del camino ancora incastrate consentono di localizzare la cucina (6/04/16).

 

004a/004g – Accanto al fabbricato principale fu realizzato un porcile, consolidato con uso di malta di cemento (6/04/16).

 

004h/004o – L’edificio di maggiori dimensioni del podere è sempre stata la stalla, anch’essa consolidata modernamente ma inutilmente con strutture in c.a.  (6/04/16).

 

004p – Il panorama da Val di Covile si affaccia sullo spartiacque tosco-romagnolo dal Falterona fino a Poggio Pian Tombesi, con vista sulle dorsali delle Cullacce e di Costa Poggio del Ballatoio che si distaccano dal Poggione, separate dall’incisione del Fosso della Fonte del Raggio Mozzo (6/04/16). 

Surprised