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Mandriacce

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : casa isolata
Altezza mt. : 897
Coordinate WGS84: 43 53' 15" N , 11 45' 1" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (17/12/2018)

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico. Tra essi, il contrafforte principale che divide il Rabbi dal Bidente si distacca dal Monte Falco proseguendo per Pian Cancelli «[…] per la costa di Pian delle Fontanelle (m. 1520) scende rapidamente a Poggio Bini (m. 1105), attraversa Poggio Corsoio e risale a Monte Ritoio (m. 1193) […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.), vira bruscamente verso Est fino al Monte dell’Avòrgnolo, dove riprende l’andamento principale puntando verso Forlì per terminare dopo circa 55 km evidenziando subito i Monti Guffone e della Fratta. Una dorsale minore si dirama dal contrafforte principale e precisamente dal Monte Falco in direzione Est (mentre il contrafforte inizialmente va a Nord) scivolando poco riconoscibile con la conca di Pian dei Fangacci, ma evidenziando subito uno dei tratti più impervi del versante appenninico che comprende una caratteristica sequenza zigzagante di 5 rilievi, di alcuni è nota la denominazione antica: Poggio Martino, Poggio di Zaccagnino, Poggio di Mezzo, Poggio del Palaio e Poggio delle Secchete, oggi Poggio Palaio. Successivamente la dorsale digrada a tratti molto impervia con la Costa Poggio dei Ronchi, preceduta da Omo Morto, verso Tre Faggi, risale come Crinale di Corniolino verso il Monte della Maestà trovando gli insediamenti difensivi e residenziali-religioso-ospitalieri del Castellaccio e di Corniolino, quindi termina a Lago delimitando in dx idrografica la Valle del Bidente delle Celle e dividendola da quella del Bidente di Campigna. Dalle pieghe e dagli sproni di Omo Morto e Costa Poggio dei Ronchi hanno origine i rami più elevati del Fosso delle Mandriacce, mentre un ulteriore importante ramo ha origine a Tre Faggi dalla sella tra la Costa Poggio dei Ronchi e il Crinale di Corniolino che costituisce passo di ingresso da Est nella Valle delle Celle, lato Poderone. Lo sviluppo tortuoso del corso torrentizio, spesso incassato tra ripide pareti esposte marnoso-arenacee con bancate occasione di frequenti salti di quota dell’alveo, è alimentato da numerosi fossi provenienti dalla dx idrografica, l’ultimo dei quali ha origine dal Monte della Maestà, la cui confluenza avviene in corrispondenza della Cascata delle Mandriacce, causata da un’imponente bancata arenacea di 25-30 m, prossima all’immissione nel Bidente delle Celle.

La disomogeneità della giacitura e della disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo determina morfologie nettamente differenziate anche per il bacino idrografico del Bidente delle Celle: se per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, anche il versante orientale appare frastagliato mentre i versanti occidentali o prevalentemente esposti a meridione mostrano pendii più dolci a prato-pascolo, spesso su terrazzi orografici, che si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati. In questo contesto alcuni aspetti geologici si evidenziano per rarità e unicità, restituendo informazioni fondamentali per la conoscenza del territorio e contribuendo a disegnare il paesaggio: catalogati come Geositi, essi sono le Ripe Toscane, il Fosso del Satanasso, Le Mandriacce e la Linea delle Mandriacce a Pian del Grado, quest’ultima costituita da affioramenti situati lungo la scarpata stradale della S.P. 4 a Tre Faggi, presso il bivio della Pista di servizio SP 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado, in cui si osservano deformazioni tettoniche degli strati in conseguenza delle forti spinte cui sono state sottoposte le rocce evidenziate sia da inclinazioni opposte e divergenti sia da insiemi scomposti e intensamente fratturati di lembi di arenarie e marne spezzate in cui la stratificazione non è più riconoscibile. Inoltre, già dalla S.P. 4, poi proseguendo lungo la sterrata, è possibile notare le caratteristiche del geosito Le Mandriacce, dove è presente l’insediamento omonimo poco a valle del Poderone incastonato tra il crinale tosco-romagnolo e il contrafforte principale alla radice della Costa Poggio dei Ronchi, esempio di come l’assetto tettonico possa determinare i caratteri del paesaggio, laddove la fascia di terreni intensamente deformati e brecciati si traduce in pendii ad acclività più dolce determinando un ambiente caratterizzato da prati-pascoli, in contrasto con le aree circostanti costituite da rocce non deformate ed affioranti.

Dal latino mandra(m) e dal greco mandra = “ovile, recinto” di etimologia incerta, l’inequivocabile toponimo che unisce un termine riferito a branchi o recinti di bestiame e “luogo dove si allevano i maiali” a una forma di suffisso peggiorativo tipico toscano (si ritrova anche nelle varie declinazioni: Mandria Vecchia, Mandriole, Mandriola, Mandriolo, Mandrioli, ma in passato anche Mandracco e Mandracce) è significativo del prevalente utilizzo di quei campi, di cui Dante Alighieri fece testimonianza nelle sue invettive sui Casentinesi citando la valle dell’Arno, che indirizza dapprima il suo piccolo corso tra sudici porci, cui sono paragonati i suoi abitanti forse anche in riferimento al castello di Porciano, uno dei feudi dei conti Guidi, più degni di mangiare ghiande che altro cibo per uomini: «[…] Per mezza Toscana si spazia / un fiumicel che nasce in Falterona, […] ond’hanno sì mutata lor natura / li abitator de la misera valle, / che par che Circe li avesse in pastura. // Tra brutti porci, più degni di galle / che d’altro cibo fatto in uman uso, drizza prima il suo povero calle.» (Purgatorio, XIV, vv. 16-17, 40-45). Ulteriori informazioni si trovano sul sito della Regione Emilia-Romagna dedicato ai geositi.

Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovano collocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate, come quella di Corniolino. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici.

La viabilità più antica riguardante anche la valle delle Celle è la Via Flaminia Minor, utilizzata dalle legioni romane per valicare l’Appennino al fine di sottomettere Celti, Liguri e Galli Boj che stanziavano nella pianura padana: si ipotizza che provenendo da Montelleri, sopra Stia, transitasse dal Lago degli Idoli, dal Monte Falco e da Poggio Sodo dei Conti, quindi discendeva da quella che oggi è nota come Pista del Lupo lungo la Costa di Pian Cancelli transitando da Pian delle Fontanelle, così detta per la presenza di polle d’acqua, e da Poggio Corsoio dove trovava un bivio ancor oggi praticato: a sx si dirigeva verso Castel dell’Alpe e Faenza per immettersi nella Via Aemilia (questo è ritenuto il più antico itinerario di valico), a dx si dirigeva verso Forlì e Ravenna sia transitando dal crinale del contrafforte principale, dove passava accanto la vetta emergente di Monte Ritoio, sia discendendo verso il percorso vallivo in direzione di Galeata (l’antica Mevaniola), anche qui potendo rimanere a mezza costa attraversando la valle delle Celle e le Ripe Toscane, le cui stratificazioni rocciose ancora oggi si mostrano funzionali alla percorrenza anche a seguito della 'modernizzazione' del tracciato dei primi anni del '900. L’altra viabilità antica interessante anche la valle delle Celle, di origine preromana, percorreva il crinale insediativo di Corniolino (restano i ruderi del Castellaccio): ben infrastrutturata e conservante ancora notevoli tratti selciati, discendeva a Tre Faggi (dove incrociava il percorso di controcrinale Celle-S. Paolo in Alpe che risalente da un lato da Casina/Case S.Francesco e Castagnoli, discendeva dall’altro lato rasentando il Poderone fino a raggiungere l’insediamento delle Mandriacce) per risalire verso il Monte Gabrendo tramite la Costa Poggio dei Ronchi e Poggio Palaio, tragitto oggi ripercorso dal sentiero 289 CAI, quindi guadagnando il versante toscano verso Stia: si tratta dell’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata.

A differenza della parte più profonda della valle, da sempre considerata periferica e difficilmente raggiungibile così maggiormente segnata dall’abbandono, questa porzione della valle probabilmente non è stata mai interessata dal medesimo fenomeno, almeno fin qui contrastato dalla costruzione della rotabile che ne ha agevolato anche la fruizione turistica ed agrituristica, cosi vedendo il permanere di due insediamenti, Mandriacce e Poderone, mentre è scomparso quello di Poderina. Il primo insediamento nell’area è documentato già nei primissimi anni del XVI sec. quando un’area detta le Mandriacce venne interessata da un primo disboscamento accompagnato dalla costruzione di una casa. Successivamente il podere delle Mandriacce è documentato nell’inventario dei beni posseduti dall’Opera del Duomo di Firenze in Romagna, eseguito dopo che l’Opera, avendo preso possesso delle selve “di Casentino e di Romagna”, dove desiderava evitare nuovi insediamenti, aveva constatato che, oltre i vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi, si manifestavano numerosi disboscamenti o roncamenti non autorizzati; pertanto, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Da una lettera di denuncia al Podestà di Corniolo del 1506 si apprende che «[…] sono entrati gli infrascritti e cioè Mengo detto Mengherello Falecha nelle Mandriacce e con un ronco ha tagliato 2000 abeti e fattovi una casa nuova […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 147, cit.). Un nuovo accurato elenco è relativo al 1637: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenere allivellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] 1) Terre alle Mandriacce e Palaio e Caduta le teneva in parte da redi di Lionardo Cascesi 2) e parte Giovanni di Lionardo Cascesi […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 408, cit.). Nel 1735 vi lavorava Anton Segoni. Nel 1818, nel Contratto livellario tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli il podere delle Mandriacce, si ritrova nella descrizione dei confini e, evidentemente alienato, risulta di proprietà Fabbri: «Una vasta tenuta di terre  […] confina […] decimo, Signor Giovanni Filippo Fabbri confina col podere delle Mandriacce […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 475, cit.). Conseguentemente anche gli altri due poderi, peraltro mai citati, non rientravano tra le proprietà dell’Opera. L’edificio rappresentato nel Catasto Toscano del 1826-34 come Mandriacce, poi compare nella Carta storica regionale o Carta Topografica Austriaca del 1853, in scala 1:86.400, come Mandracco, mentre nella Carta topografica d’Italia I.G.M. di primo impianto (1894) in scala 1:50.000 assume il toponimo C. Mandracce, poi rettificato nella successiva in scala 1:25.000 (1937) in C. Mandriacce. Totalmente ricostruito (datazione 1907 sul camino), l’edificio oggi ha perso ogni traccia dell’insediamento originario (comunque conservando un certo interesse storico-architettonico) pur non rilevando notevoli modifiche planimetriche, mentre si registra la scomparsa di un fabbricato adiacente di minori dimensioni, probabilmente una stalla, comparente nelle mappe antiche fino al 1937. La mappa catastale mostrava inoltre il fabbricato abitativo posizionato sul bordo della via che, dopo averlo aggirato a valle, proseguiva verso Celle trovando il bivio per Partinico dove era rappresentato un piccolo fabbricato ormai scomparso. Anche il Poderone, toponimo adottato solo dalla cartografia escursionistica in luogo dello storico C. Poderone, oggi rinomato come Agriturismo Biologico Poderone, nel Catasto Toscano antico vedeva un edificio rappresentato con planimetria a “L” come Poderone: rispetto ad esso presenta però notevoli modifiche planimetriche, infatti risulta totalmente ricostruito e privo di tracce dell’insediamento originario. La stessa mappa mostrava il fabbricato posizionato sul bordo della via che, dopo averlo rasentato, proseguiva verso Celle. A circa 250 m NE da esso, solo nel Catasto Toscano del 1826-34, compariva il piccolo fabbricato di Poderina, mai più rappresentato quindi scomparso nel corso del XIX sec., dai raffronti cartografici e sopralluoghi posto in uno spiazzo a 50 m dal tornante stradale da cui si diparte un vago sentiero che scende al fondovalle.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Fosso delle Mandriacce e Valle del Bidente delle Celle e/o relative a monti e insediamenti citati.

N.B. - In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca”, esso deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

S. Bassi, N. Agostini, A Piedi nel Parco, Escursioni nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2010;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;

Pro Loco Corniolo-Campigna (a cura di), Corniolo, storia di una comunità, Grafiche Marzocchi Editrice, Forlì 2004;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Piano Strutturale del Comune di Santa Sofia, Disciplina particolareggiata degli insediamenti e infrastrutture storici del territorio rurale, 2009, Schede n.119-672;

Alpe di S. Benedetto, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;

Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Itinerari Geologico-Ambientali, Carta Geologica del Parco, Regione Emilia-Romagna, Parco delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html;

Link:http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/;

Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba

La Valle delle Celle è facilmente raggiungibile dalla S.P. 4 del Bidente grazie alla Pista di servizio SP 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado, in parte sconnessa e ripida. Al bivio si può osservare il geosito Linea delle Mandriacce a Pian del Grado, eventualmente risalendo brevemente sul Crinale del Corniolino (sent. 259 CAI) per viste dall’alto. La rotabile quindi costeggia il geosito Le Mandriacce giungendo, dopo circa 450 m, alla breve ed evidente deviazione per il sito di Poderina. Dopo altri 150 m si trova il bivio del Poderone, da cui si osserva la parte del geosito attraversata dal Fosso delle Mandriacce. Proseguendo per altri 950 m si raggiunge il fabbricato di Mandriacce, trovando altri punti di osservazione.

foto/descrizione :

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda. 

001a - 001b – 001c - Dal Sentiero degli Alpini (SA 301 CAI), a meridione di P.gio Bini, si abbraccia il versante vallivo delle Celle prossimo alle maggiori quote e si riesce a contestualizzare il bacino idrografico del Fosso delle Mandriacce, di cui si nota sia la parte più elevata delimitata da Costa Poggio dei Ronchi e Omo Morto con le due pieghe corrispondenti ai suoi rami di origine, sia la sella che ospita gli insediamenti e interessata dal geosito (16/04/16).

001c - 001d - Dalla S.F. di Giogo di Castagno (vi si giunge tramite la S.P. n.94 del Castagno dal Passo della Calla), tagliata sotto Pian delle Fontanelle, scorci panoramici consentono la vista dall'alto (14/04/16).

001e – 001f – 001g - Dalla Costa Poggio dell’Aggio Grosso, raggiunta tramite il Sentiero del Satanasso dalla S.F. di Giogo di Castagno, una sella (il Pianellone, 1200 m), consente scorci più in asse sullo sviluppo della Valle del Bidente delle Celle e il bacino del Fosso delle Mandriacce, con ottima vista degli insediamenti (31/10/17).

001h – 001i – 001l - Dal Sentiero degli Alpini, pressi M. dell’Avòrgnolo, anche le giornate più nuvolose consentono, tra l’altro, di avere una veduta pressoché complessiva dello sviluppo vallivo; in particolare nelle vedute ravvicinate si nota bene il pianoro degli insediamenti su cui convergono  i due rami più elevati del fosso che hanno origine dalle pieghe di Omo Morto e Costa Poggio dei Ronchi (23/11/16).

001m – 001n - Dalla SP 4, scorcio di Mandriacce (6/04/16).

001o – 001p – 001q – Schemi di mappa di inquadramento generale e particolare con individuazione del bacino idrografico del fosso e dei geositi oltre che del tratto compreso tra la cascata e la confluenza nel Bidente, con traccia sentieristica. Infine, schema da mappa catastale antica con toponomastica che riprende anche come scrittura quella originale.

 

002a/002m – La rotabile della Pista di servizio SP 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado, tra Poderone e Mandriacce, attraversa la parte insediativa della valle del Fosso delle Mandriacce e lo stesso geosito, consentendone svariate visuali. Presso il fabbricato di Mandriacce si nota che il resede corrisponde al tratto dell’antica “Via delle Celle”, che infatti lo aggirava a valle; la successiva recinzione con cancello corrisponde invece all’inizio dell’antica “Via di Partinico”, quando vi si trovava anche un piccolo fabbricato (11/09/16 – 2/12/16 – 12/07/17 - 27/02/19).

 

002n – 002o – Dai pressi di Mandriacce si stacca il sentiero 289 CAI che risale verso Poggio Palaio, probabilmente in parte corrispondente a un tratto dell’antica Stratam magistram, che aggirava la ripida cresta di Costa Poggio dei Ronchi (11/09/16).

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