Pian del Grado
Testo di Bruno Roba (3/10/2017)
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, la Valle del Fiume Bidente delle Celle riguarda il ramo occidentale del Bidente delimitata: ad Ovest, da un tratto del contrafforte principale dal Monte Falco fino al Monte dell’Avòrgnolo da cui si stacca la dorsale di Pian dell’Olmo, che separa la Valle del Fosso della Fontaccia dalla Val di Noce, disegnando quell’arco di rilievi che costringe il fiume a confluire con il Bidente di Campigna a Lago così contribuendo a generare poco più in là, sotto il borgo omonimo, il Fiume Bidente di Corniolo; ad Est, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che sempre staccandosi dal gruppo del M. Falco si dirige verso Poggio Palaio, quindi con il crinale di Corniolino termina a Lago.
Il bacino idrografico, suddiviso dall’incisione dell’asta fluviale principale in due parti similari solo per superficie, mostra una morfologia nettamente differenziata caratterizzata da un versante orientale più frastagliato e da versanti occidentali submontani, prevalentemente esposti a meridione, dove pendii più dolci a prato-pascolo su terrazzi orografici si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati, mentre per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati.
Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovano collocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate, come quella di Corniolino. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici. In questa valle, anziché le tipiche maestà, sono presenti due cellette (una a Pian del Grado ed una a La Fossa, cui forse si deve la toponomastica locale insieme al probabile riferimento alle cellae di un antichissimo eremo), piccoli e caratteristici chiostri votivi che paiono unire la funzione devozionale al culto delle acque, essendo dotati di fontana con soprastante resti di mensola/acquaio a corredo dell’icona sacra.
Un tracciato viario antico interessante la valle delle Celle, di origine preromana, percorreva il crinale insediativo di Corniolino (restano i ruderi del Castellaccio): ben infrastrutturata e conservante ancora notevoli tratti selciati, discendeva a Tre Faggi, dove incrociava il percorso di controcrinale Celle-S. Paolo in Alpe che risalente da un lato da Casina/Case S.Francesco e Castagnoli, discendeva dall’altro lato rasentando il Poderone fino a raggiungere l’insediamento delle Mandriacce per risalire verso il Monte Gabrendo tramite Poggio Palaio, tragitto oggi ripercorso dal sentiero 289 CAI, quindi guadagnando il versante toscano verso Stia: si tratta dell’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata (l’antica Mevaniola). La viabilità più antica riguardante anche la valle delle Celle è la Via Flaminia Minor, utilizzata dalle legioni romane per valicare l’Appennino al fine di sottomettere Celti, Liguri e Galli Boj che stanziavano nella pianura padana: si ipotizza che provenendo da Montelleri, sopra Stia, transitasse dal Lago degli Idoli, dal Monte Falco e da Poggio Sodo dei Conti, quindi discendeva da quella che oggi è nota come Pista del Lupo lungo la Costa di Pian Cancelli transitando da Pian delle Fontanelle (così detta per la presenza di polle d’acqua) e da Poggio Corsoio dove trovava un bivio ancor oggi praticato: a sx si dirigeva verso Castel dell’Alpe e Faenza per immettersi nella Via Aemilia (questo è ritenuto il più antico itinerario di valico), a dx si dirigeva verso Forlì e Ravenna sia transitando dal crinale del contrafforte principale, dove passava accanto la vetta emergente di Monte Ritoio, sia discendendo verso il percorso vallivo in direzione di Galeata, a C. Torni trovando la deviazione per Pian del Grado, altrimenti toccando La Fossa poi rasentando Le Celle prima di risalire a mezza costa ed attraversare le Ripe Toscane, le cui stratificazioni rocciose ancora oggi si mostrano funzionali alla percorrenza, anche grazie agli interventi di 'ammodernamento' dei primi anni del '900. Oggi, in questa remota parte della valle dominata dalle cime appenniniche, prima di giungere al ponte moderno con cui la Pista di servizio S.P. 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado attraversa il Fosso di Pian del Grado, occorre fare mente locale (con l’aiuto di una mappa accurata) per rendersi conto che ci si trova nell’area dell’ insediamento industriale/religioso de Le Celle dai fabbricati abbandonati da decenni e ridotti a rudere. Abbandonando la rotabile e scendendo rapidamente al fosso, si ritrovano subito le infrastrutture viarie testimonianti di un fondamentale snodo di transito locale e generale costituite da un ponte in legno ad una campata che attraversa il Fosso di Pian del Grado e da un ponte in muratura di pietrame ad arco ribassato che attraversa il Fosso Bidente: sia questo (di probabile fattura di inizio ‘900) sia quello in legno (più recente) sono sostituzioni di strutture antiche inevitabilmente preesistenti data l’importanza del tracciato, infatti rappresentate nella cartografia storica I.G.M. del 1937 con il simbolo grafico detto “pedanca”. Utilizzato anche per raggiungere il villaggio di Pian del Grado con una diramazione da La Fossa probabilmente solo tra fine XIX e inizio XX sec., questo tracciato, che metteva in collegamento il citato ramo della Via Flaminia Minor con la Via Romagnola, dovette mantenere un rilievo superiore fino al XX sec. inoltrato se la mulattiera di fondovalle (solo in parte corrispondente alla moderna rotabile) nella cartografia storica IGM viene rappresentata mentre, rasentato il mulino, attraversa il fosso senza strutture, quindi a guado. Tra i due ponti posti alla confluenza tra il Fosso di Pian del Grado e il Fosso delle Celle, da cui ha origine il Fiume Bidente delle Celle, isolati e praticamente infossati si ergono i resti dell’ormai completamente diroccati della Chiesa delle Celle e dei mulini. La posizione più esposta e soleggiata di Pian del Grado in relazione al contesto generale può aver prodotto la definizione toponomastica se si ipotizza una derivazione con alterazione dal sostantivo latino medievale gardus e dall’aggettivo gardinus, infatti dal significato di “terra chiusa e ben coltivata”; più scontata una derivazione da gradus = gradino, con riferimento alle gradonate naturali delle stratificazioni arenacee. Comunque se abitarvi era un privilegio per la posizione più felice (infatti vi abitarono i funzionari detti Operai e le guardie dell’Opera del Duomo), anticamente l’area ospitò insediamenti di nuclei arcaici di origine ligure e venne sicuramente percorsa anche dai Bizantini di Ravenna a scopo difensivo rispetto ai Longobardi, contribuendo anche con alcuni lasciti toponomastici come attesterebbe Cà Filettino. Parte importante della foresta che ricopriva quei luoghi, ricompresa all’incirca tra Pian del Grado e Poggio della Serra, che poi venne chiamata “selva di Castagno”, rientrava nella prima donazione del 1380 a favore dell’Opera del Duomo, il cui sfruttamento essa tese subito a riservarsi in modo particolare per le proprie necessità, anche perché la sua collocazione consentiva di limitare i costi di taglio, smacchio e trasporto il quale, se il legname veniva tagliato nella zona di Pian del Grado, Celle, Monte Corsoio, Pian delle Fontanelle, anziché verso il porto di Pratovecchio avveniva verso quello di Dicomano sulla Sieve, raggiungendo il crinale ai prati di Sodo dei Conti. Conseguentemente fu necessario legiferare già a partire dal 1427, poi nel 1453, che «[…] per conservazione mantenimento et utile di detta selva del Chorniolo […] non si può dare licentia ad alcuno di tagliare […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 33, cit.). Ne conseguirono dei riconfinamenti che vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626, oltre che costituire l’elenco più completo ed antico disponibile a riguardo, fu strumento utile di verifica e controllo. Dal verbale, custodito nell’archivio dell’Opera del Duomo di Firenze, di una “visita” eseguita nel 1646 si rileva: «9 luglio 1646: […] Trasferitici noi […] Al Pian del Grado vi sono 4 capanne di bigonai e barilai quali fanno un grandissimo lavoro d’abeti e faggi e si presenta che faccino poche lettere di legnami che per ciò si deve farci qualche diligenza e vedere se le guardie fanno l’obbligo loro. Nella capanna grande vi sono 8 lavoranti, nell’altra capanna vi è maestro Giovanni di Bernardino Milanese con un fratello, nell’altra capanna si sono andati con Dio […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 254-256, cit.). La costruzione della rotabile ha reso possibile una rinascita e una fruizione turistica ed agrituristica di questa parte della valle che nel massimo sviluppo demografico giunse a contare una trentina di nuclei familiari (316 abitanti nel 1896), da sempre considerata periferica e difficilmente raggiungibile, conseguentemente particolarmente segnata dall’abbandono. A metà del Novecento come in altri luoghi venne insediata la scuola elementare che anche qui non impedì l’inevitabile abbandono della valle. Grazie ad un recupero edilizio pressoché integrale, del passato ha conservato oltre che l’impianto urbanistico soprattutto alcuni pregevoli annessi e la caratteristica celletta devozionale dotata di fontana, tre portali nelle cui chiavi dell’arco a tutto sesto contengono, in un caso lo stemma Ringressi rappresentante la colomba con ramoscello d’ulivo e stella, tipica dell’araldica, datato 1813, negli altri la data 1899 e la data 1848 con la sigla MR (Ringressi era un cognome particolarmente diffuso).
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle e/o relative a rilievi, acque e insediamenti citati.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
E. Agnoletti, Viaggio per le valli bidentine, Tipografia Poggiali, Rufina 1996;
S. Bassi, N. Agostini, A Piedi nel Parco, Escursioni nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2010;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;
E. Rosetti, La Romagna. Geografia e Storia, Ulrico Hoelpli, Milano 1894, rist. anast. University Press Bologna, Castel Bolognese, 1995;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anastatica Castrocaro Terme 1989;
Piano Strutturale del Comune di Santa Sofia, Disciplina particolareggiata degli insediamenti e infrastrutture storici del territorio rurale, 2009, Scheda n.114;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Carta dei sentieri Alpe di S. Benedetto, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;
Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html.
dalla SS 310/SP 4 circa 2,5 km prima di giungere a Campigna, all'altezza di Costa Poggio dei Ronchi (indicazioni per agriturismo Poderone) prendere sterrata sulla destra Pista di servizio SP 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado, in parte sconnessa e ripida, da seguire per circa 5-6 km
Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
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001a/001f – Dall’estremo del Crinale del Corniolino, pressi I Tre Faggi, si abbraccia l’alto bacino idrografico dove hanno origine i Fossi delle Celle e di Pian del Grado che, confluendo a Celle, daranno origine al Fiume Bidente. Il parzialmente spoglio “crinaletto di Pian del Grado” che si distacca dal contrafforte principale convergendo con la Costa Poggio dell’Aggio Grosso (che si distacca da Pian delle Fontanelle) delimita il bacino del Fosso di Pian del Grado, e mentre La Fossa riflette la luce solare il Crinale di Partinico nasconde la profondità valliva che ospita Celle e insediamenti vicini (30/11/16).
001g/001l – Dal Crinale di Partinico, che si diparte dai pressi delle Mandriacce, la posizione più ravvicinata rispetto alla Valle del Fosso Bidente delle Celle consente una migliore individuazione dei suoi insediamenti e della conca di Pian del Grado (2/12/16).
002a/002e – Dalla S.F. di Giogo di Castagno (vi si giunge tramite la S.P. n.94 del Castagno dal Passo della Calla), tagliata sotto Pian delle Fontanelle, scorci panoramici consentono la vista della Valle delle Celle a ridosso dal primo tratto del contrafforte tra i MM. Ritoio e Cavallo dove, tra l’alternanza di prati pascoli e aree brulle e incolte e dell’inteso foliage autunnale, si nota il risorto insediamento La Fossa, mentre sotto l’osservatore il vertice determinato dalla verdeggiante Costa Poggio dell’Aggio Grosso, che delimita l’incisione del Fosso di Pian del Grado, indica il tetto di una casa di quel villaggio (ammodernato da pannello fotovoltaico) e il bordo della conca spoglia ed erosa di cui alle viste precedenti (14/04/16 - 7/10/17).
002f/002i – Dal Sentiero degli Alpini (SA 301 CAI) a SO di P.gio Bini, si abbraccia il versante vallivo dai pressi dell’origine del F.so Bidente, prima che diventi fiume, potendo avere una contestualizzazione dei siti dell’Alta Valle di Celle, tra cui si nota il bordo della conca che ospita Pian del Grado, caratterizzato da un’area spoglia e in erosione seguita da un’abetina da rimboschimento (16/04/16).
002l/002p – Spostandosi sul Sentiero degli Alpini, Poggio Bini rappresenta il punto di vista ottimale per l’osservazione del versante appenninico, benché riguardo il villaggio si noti solamente un tratto di pista e, tra la vegetazione, i tetti di Porcini di Sotto (16/04/16).
002q – Grazie a Google Maps 3D è possibile avere una simulazione a volo d’uccello dell’inconfondibile sito di Pian del Grado, ottenendo una vista possibile solo tramite drone (autorizzato), utile per un raffronto con le foto precedenti e seguenti.
002r –Il bacino idrografico del Fosso di Pian del Grado.
002s - Elaborazione da cartografia di inizio Ottocento con rappresentazione dell’assetto insediativo ed infrastrutturale: i fabbricati ancora utilizzati sono quelli raggiunti dalle moderne piste poderali mentre tratti superstiti della viabilità antica consentono i collegamenti sentieristici e di raggiungere i fabbricati abbandonati. La scrittura della toponomastica riprende quella originale. Pian del Grado compare in uno sviluppo a margine.
002t – Schema di mappa risalente ai primi decenni del XX sec. da cui si nota la fitta rete di mulattiere corrispondente ad una intensa frequentazione della valle.
003a – 003b – Dall’ampia area in erosione che delimita la conca di Pian del Grado il panorama si apre sulla valle del Fosso Bidente delle Celle, prima che diventi fiume, laggiù, poco prima delle Ripe Toscane, di cui si intravede l’incipit. A sx, in basso nella foto, tra la faggeta spoglia si intravede un particolare annesso posto lungo il sentiero tra La Fossa e La Casina (6/12/16).
003c/003g – Altre viste del pendio in erosione di Pian del Grado, con scorcio del villaggio posto alla confluenza delle due dorsali che delimitano l’Alta Valle del Fosso di Pian del Grado, già notate nelle viste dal Crinale del Corniolino: quella più imponente, sulla sx, è la Costa Poggio dell’Aggio Grosso (6/12/16).
003h – 003i – 003l – Viste di Pian del Grado giungendo da valle tramite la rotabile. Sulla sx scorre il Fosso omonimo, che evidenzia una parete stratiforme pressoché verticale. Presso il greto del fosso, sorgeva un caratteristico capanno ormai scomparso ma ancora visibile in una foto storica del villaggio, di cui più avanti è riportata una neografia. (6/12/16).
003m - 003n - 003o – Viste di Pian del Grado da valle con pannello informativo (6/12/16).
003p – Il villaggio di Pian del Grado. Neografia da uno foto d’epoca. Con l’asterisco rosso sono segnalati i fabbricati di cui oggi rimangono pochi ruderi, con quello verde un edificio che appare modificato. Al centro si notano i fabbricati principali e, accanto a quelli scomparsi si nota un edificio che, per tipologia e disposizione, parrebbe in origine a destinazione religiosa. Sulla sx, isolato in alto presso il fosso, si nota un caratteristico annesso con tetto a capanna fortemente aggettante a protezione della parete di accesso.
004a/004e – Quella che appare la “via principale” del villaggio da un capo presenta un caratteristico annesso con forno e stalletto. Ora parzialmente lastricata vi si affaccia il maggiore edificio del villaggio (6/12/16).
004f/004m – All’altro capo della via centrale, che prosegue con il sentiero 261 CAI sia verso La Fossa sia verso il crinale, si trova una caratteristica celletta della Valle delle Celle (l’altra si trova a La Fossa), questa dotata di sedili, acquaio e mensola devozionale. Notare anche il caratteristico arco ligneo di ingresso. (6/12/16).
004n/004r – Viste da monte del villaggio con vista degli edificio maggiori. Quello in fondo al resede prativo presenta un portale con arco ad elementi monolitici in arenaria e chiave d’arco con stemma Ringressi rappresentante la tipica colomba con ramoscello d’ulivo e stella, datato 1813 (6/12/16).
005a/005o – Accanto alla via parallela a quella centrale si trovano i resti dei fabbricati scomparsi, un edificio per disposizione urbanistica e conformazione assimilabile alla tipologia religiosa, oltre a due annessi particolarmente pregevoli e perfettamente mantenuti nella loro consistenza materica originale, scevri da manomissioni di alcun genere, uno in particolare importante testimonianza dell’architettura rurale montana (6/12/16).