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Castellaccio di Corniolino o Castello di Corniolo

inserita da Appenninoromagnolo.it
Comune : Santa Sofia
Tipo : ruderi di castello/fortezza
Altezza mt. : 763
Coordinate WGS84: 43 54' 10" N , 11 46' 43" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

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Testo di Bruno Roba (17/06/2024) - Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celledi Campignadi Ridràcolidi Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.

La Valle del Fiume Bidente di Campigna racchiude il bacino idrografico di quel ramo intermedio del Bidente delimitato ad Ovest dal primo tratto di una dorsale caratterizzata da uno dei tratti più impervi del versante appenninico. Alla morfologia piramidale di Poggio Martino, separata dal Monte Falco dalla sella di Pian dei Fangacci, fa seguito la geometrica sequenza di creste degli altri quattro rilievi, detti (alcuni secondo l’antico oronimo), Poggio di ZaccagninoPoggio di MezzoPoggio del Palaio e Poggio delle Secchete, oggi Poggio Palaio, che si sviluppa verso Est leggermente divaricandosi in un simil-parallelismo dallo Spartiacque Appenninico, secondo un evidente fenomeno di frattura e scivolamento di un colossale tratto di versante in ambiente marnoso-arenaceo, da attribuire alla storia geologica appenninica recente; lo scivolamento non ha modificato l’orientamento della giacitura stratigrafica originaria, caratterizzata dalla tipica asimmetria paesaggisticamente evidente. La depressione conseguente al fenomeno geomorfologico ha determinato la formazione della valle progressivamente incisa dal Fosso dell’Abetìa o Abetìo e la creazione dell'habitat favorevole allo sviluppo dell'Abetìa, rinomata quanto sfruttata specie tra il XV e il XIX secolo. Da Poggio Palaio la dorsale assume un orientamento NE e digrada con la Costa Poggio dei Ronchi fino alla sella di Colla Tre Faggi, come crinale di Corniolino prima si innalza con il Monte della Maestà, poi digrada andando a concludersi presso Lago costretta dalla confluenza del Fiume Bidente delle Celle nel Fiume Bidente di Campigna. Ad Est il bacino idrografico è delimitato da parte del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in AlpePoggio SquillaRonco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Il tratto di crinale da Poggio Scali a S. Paolo in Alpe nel Seicento era detto Raggio di San Paolo (cfr. S. Fabiani, G. Fabiani, Cronache del territorio del Capitanato di Bagno, in: ALPE APPENNINA 06-2023, cit.). Da Poggio Squilla si distacca una dorsale secondaria che, declinando a Nord, dopo il picco di Poggio Aguzzo precipita verso Corniolo con sproni puntati su Lago così completando la chiusura della valle. La sua testata si estende a ridosso delle maggiori quote dello Spartiacque Appenninico (quale parte della c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), caratterizzate dalle fortissime pendenze modellate dall’erosione, con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Scali, il Canale o Canalone del Pentolino, le Ripe della Porta e le Ripe di Pian Tombesi, oltre al distacco dello spessore detritico superficiale, conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale.

L’asta fluviale principale cambia spesso denominazione, destino comune di ogni ramo bidentino, con differenze tra le varie cartografie storiche o moderne. La Carta Tecnica Regionale, consultabile tramite il Geoportale e le applicazioni Moka (cit.) evidenzia l’idronimo dei vari tratti. Se nel suo sviluppo appare una maggiore omogeneità morfologica con l’incisione del Fosso dell’Abetìo, evidente anche nelle vedute panoramiche, in effetti l’origine fluviale principale viene individuata a Poggio Lastraiolo, alla quota di 1450-1425 m e a circa 40 m dal Rifugio CAI Città di Forlì, con ramificazioni che si spingono fino a Poggio Sodo dei Conti ed una intermedia originata dalle acque sorgive della scomparsa Fonte al Bicchiere. Questo primo tratto è detto Fiume Bidente del Corniolo; ricevuto il contributo del Fosso dell’Abetìo si sviluppa fino al sito un tempo detto I Tre Fossati oltre il quale viene detto Torrente Bidente, benché sia ormai prossimo a perdere le caratteristiche torrentizie. I Tre Fossati è il luogo posto sul versante oltre il fiume, dove si verifica la contemporanea confluenza del Bidente con il Fosso della Corbaia (che nasce dalla Pendice della Calla) e il Fosso dell'Antenna, che a sua volta ha appena raccolto le acque del Fosso delle Bruciate. Il tratto definito Torrente Bidente giunge fino a Fiumari sviluppandosi nei profondi e ripetuti meandri, tipici di questi fondivalle romagnoli, e ricevendo nell’ordine, in sx idrografica i Fossi di Montaccesidi Castagnolidella Fonte e del Forcone (questi due ultimi noti in base al Catasto toscano). A valle di Fiumari il fiume assume l’idronimo Fosso del Bidente di Campigna, denominazione che mantiene fino ai pressi di Corniolo quando, circa 650 m dopo l’immissione del Bidente delle Celle, nel ricevere i contributi degli appena congiuntisi Fossi di Verghereto e dell’Alpicella (che discendono dal versante di Corniolo), sotto uno strettissimo tornante stradale, le sue acque proseguono lo scorrimento come Fiume Bidente di Corniolo, senza soluzione di continuità morfologica degli alvei. Affluenti di questo tratto vallivo in sx idrografica sono i Fossi della Casacciadella Pietra e di Padroncella (secondo il toponimo antico, oggi conservato).

Il Fosso di Padroncella ha origine dal Monte della Maestà, importante nodo montano del Crinale di Corniolino, e la sua valle è racchiusa tra una importante diramazione che si distacca dal monte e lo stesso Crinale, dando inizio alla sua parte insediativa, principalmente con l’antico borgo di Corniolino e il fulcro militare noto come Castellaccio, parte che, come detto, termina a Lago e si estende tra i Bidenti di Campigna e delle Celle mentre si avviano alla loro confluenza.

La morfologia del sito di Lago,  posto alla plurima convergenza di dorsali, non è antichissima anzi l’apparente idronimo rappresenta il consolidamento di una memoria relativamente recente, legata al cedimento del suo delicato equilibrio idrogeologico quando, nel 1681, la frana di Fordilino creò quell’ostruzione che effettivamente generò un lago, poi colmato da sedimentazioni successivamente modellate dal continuo scorrere delle acque, salvo eventuali interventi antropici di risanamento ambientale. La frana sommerse e distrusse il trecentesco Mulino Vecchio, il più antico dei mulini comunali dell’area, molto utile in quanto il Mulino di Fiumari veniva spesso rovinato dalle piene del Bidente, e comunque anche il contributo del Mulino di Sabatino, posto sotto Corniolo, appena soddisfaceva le esigenze della popolazione. Se le speranze di un recupero del Mulino Vecchio si protrassero per alcuni anni prima che scomparisse definitivamente sepolto nel lago (infatti solo nel 1686 venne chiesta la cancellazione tributaria all’amministrazione fiorentina), a causa della frana, nella notte tra l’8 e il 9 aprile 1681, scomparve completamente la casa del podere di Fiordilino, detta anche Fior di Lino, come documenta il drammatico resoconto del proprietario, il pievano don Matteo Fabbri, uccidendo i due lavoranti Domenico e Goro Michelacci con le loro consorti (Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, p. 40, cit.). Il Mulino Vecchio si trovava dove oggi sorge Lago Fiordilino forse poco sopra, ma sono del tutto scomparsi, mentre i massi affioranti sul pendio sovrastante appartengono all’antica frana.

L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio. Già nel paleolitico (tra un milione e centomila anni fa) garantiva un’ampia rete di percorsi naturali che permetteva ai primi frequentatori di muoversi e di orientarsi con sicurezza senza richiedere opere artificiali. Nell’eneolitico (che perdura fino al 1900-1800 a.C.) i ritrovamenti di armi di offesa (accette, punte di freccia, martelli, asce) attestano una frequentazione a scopo di caccia o di conflitto tra popolazioni di agricoltori già insediati (tra i siti, Campigna, con ritrovamenti isolati di epoca umbro-etrusca, Rio Salso e S. Paolo in Alpe, anche con ritrovamenti di sepolture). Nel Settecento, chi voleva risalire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» e per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). Inoltre, «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, 1992, p. 32, cit.). Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo di Firenze è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.). Peraltro, si trattava di viabilità ancora piuttosto precaria, come ha lasciato testimonianza lo stesso Leopoldo II: «Cavalcando […] vidi […]. La foresta dell’Opera sulla pendice precipitosa verso Romagna era manto a molte pieghe dell’Appennino, al lembo di quel manto apparivano le coste nude del monte […]. Sulli spigoli acuti delle propaggini del monte si vedevano miseri paeselli con le chiese: San Paolo in Alpe, Casanova, Pietrapazza, Strabatenza; impercettibili sentieri conducevano a quelli, e lì dissero le guide i pericoli nel verno, la gente caduta e persa nelle nevi, […] i morti posti sui tetti per non poterli portare al cimitero, e nelle foreste i legatori del legname sepolti nelle capanne.» (F. Pesendorfer, a cura di, 1987, pp. 176-177, cit.). Così, se al diffondersi dell’appoderamento si accompagna un fitto reticolo di mulattiere di servizio locale, per la realizzazione delle prime grandi strade carrozzabili transappenniniche occorrerà attendere tra la metà del XIX secolo e i primi decenni del XX: «La nuova strada S. Sofia – Stia, bellamente pianeggiando sotto il Corniolo, attraversa il Bidente che viene dalle Celle e poi inizia l’ascesa del monte verso Campigna poco più su dal luogo donde si diparte, a sinistra, la mulattiera che mena a S. Paolo in Alpe ove, fino al secolo XVI, era un eremo agostiniano.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 270). 

La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), da integrare per la classificazione storica del Bidente con le Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna (1808-1830 – scala 1:5000) e la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 – scala 1:20.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Campigna. Tra le altre, le c.d. vie dei legni, o Strade dette dei legni per il trasporto dei medesimi (così riportate nella Carta Geometrica) utilizzate per il trasporto del legname fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli. Come sopracitato, specificamente elencata nel contratto di vendita del 1857, con cui le foreste passarono dall’Opera del Duomo di Firenze alle Reali Possessioni, si trova la via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe. Già riportata nelle Bozze di mappa nel tratto alto come Strada del Poggio Scali e nel Catasto toscano Via di Scali è pure confermata tra le vie dei legni individuate all’inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone, nella relazione sullo stato delle foreste demaniali (cit.) come via del Poggio, che da S. Sofia, per S. Paolo in Alpe e Pian del Pero, sale a Poggio Scali

Oltre alla Via di Scali, strada di crinale che correva lungo il limite orientale della valle, la viabilità più antica interessante questo territorio era costituita da quel ramo della Via Flaminia Minor che discendeva lungo la Valle delle Celle percorrendo a mezza costa le Ripe Toscane (le cui stratificazioni rocciose formano gradonate ancora oggi funzionali alla percorrenza, anche grazie alla “modernizzazione” dei primi anni del ‘900) ed oggi si ritrova a tratti fino al fabbricato di La Casina, ad Ovest di Lago, in corrispondenza della sbarra del moderno tratto di infrastrutturazione viaria di servizio dell’impianto di prelievo idrico afferente l’invaso di Ridràcoli. Nel Nuovo Catasto Terreni tale ramo si trova ancora interamente riportato e classificato come Str.com. Corniolo-Celle-Pian del Grado. Presso Lago si ricongiungeva con l’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola di origine preromama che risaliva da Galeata, l’antica Mevaniola e percorreva il Crinale di Corniolino, citata dalla Descriptio Romandiole: “stratam magistram qua itur de Galleata in Tusciam”. Ben infrastrutturata e conservante ancora notevoli tratti di selciato naturale, seguendo la morfologia sopra descritta, superata la sella di Colla Tre Faggi risaliva verso il Monte Gabrendo, giungendovi o dopo una più agevole deviazione dalle Mandriacce o per via più diretta sfruttando le balze di Costa Poggio dei Ronchi e Omo Morto ed in ultimo insinuandosi verso Poggio Palaio per ridiscendere a Campigna tramite la Via del Balzo o sul versante opposto verso Stia. A Tre Faggi incrociava il tracciato di controcrinale Celle-S. Paolo in Alpe, da un lato tramite Castagnoli e dall’altro tramite Poderone-Mandriacce. L’inizio del tratto alto-bidentino di questo antico tracciato è facilmente individuabile a Lago, almeno nello stato precedente l’emergenza ambientale e in quello successivo al suo superamento. Nel periodo lacustre occorre invece immaginare un allungamento del tragitto di oltre 1.5 km, con il viandante obbligato a proseguire oltre S. Giovanni e il Fosso della Fontaccia e a ridiscendere ad attraversare in qualche modo (guado, ponte provvisorio) il Bidente delle Celle, quantomeno all’altezza della Casina (presso la suddetta sbarra sulla rotabile che risale sull’argine fluviale) per poi guadagnare il versante opposto aggirandolo a mezzacosta e giungere a Corniolino da settentrione (forse in corrispondenza di un sentiero di cui alla CTR). Fino a gran parte del XVII secolo e almeno all’inizio del XIX (come documenta il Catasto toscano) se non prima, tramite il Ponte di Fiordilino si attraversava il Bidente delle Celle. I resti del ponte dalla poetica denominazione (ripresa dal nome del sopracitato podere), costituiti da una spalla e dall’imposto di un arco limitato a qualche concio inclinato di innesto, che si scorgono a fianco del ponte moderno (altri resti, se sussistenti, giacciono sommersi dalla vegetazione). La saggistica  -(AA.VV., 1982, p. 188, cit. - posti ) documenta una struttura risalente all’ampio periodo tra i secoli XV e XIX con tipologia ad arco (in questo caso non viene specificato se a sesto circolare o ribassato - un utile riferimento si può trovare nel progetto del 1556 per il rifacimento ad arco a tutto sesto del vicino Ponte della Balza – cfr. Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, p. 168, cit.). Quanto resta è sicuramente la conseguenza di successivi rimaneggiamenti ed ancora prima dei danni del cataclisma seicentesco la tipologia era stata ricondotta a quella ormai consueta che prevedeva l’utilizzo di travi lignee, come documentato dai rifacimenti delle spalle in pietra ad opera di maestri muratori lombardi (1580-1584) e dell’impalcato in castagno (1591) ad opera di Marco da Pellegrino (Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, pp. 39, 43, cit.). Qualche certezza la fornisce il seguente resoconto che pare piuttosto riferirsi ad un precursore o allo stesso ponte della nuova strada provinciale (a sesto ribassato, in pietra), forse con qualche confusione rispetto ai resti di una pila: «1898. Sorge il problema della disoccupazione anche al Corniolo che ora ha più di mille abitanti. Per alleviare tale disagio, si propone di avviare la costruzione della strada rotabile Corniolo-S. Sofia, la costruzione in pietra del ponte del Lago (si vede ancora una pila di questo) […].» (Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, p. 142, cit.). In effetti nella Carta d’Italia I.G.M. di primo impianto (1894) compare il simbolo grafico della pedanca mentre quello del ponte compare solamente nella mappa del 1937 in relazione al tratto della provinciale in corso di realizzazione ed ancora oggi in uso. 

Come documentato dal Catasto toscano, la via antica si inerpicava subito sull’erta rocciosa (oggi rimodellata) in allineamento al ponte stesso (di lato alla provinciale e al ponte moderno) ma poi deviava fino a rasentare il Bidente. Le mappe antiche aiutano a ricostruire la morfologia del luogo prima della realizzazione della provinciale che all’inizio del XX secolo tagliò la balza mentre la Via Romagnola proseguiva a mezzacosta verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Evidenti resti della muratura di sostegno di questo tratto viario si notano poco sopra il piano stradale, a 200 m dal ponte di Lago. Da Corniolino la prosecuzione della vecchia via è stata rimodernata fino all’innesto, presso un tornante, sulla S.P. a circa 2 km da Lago, si ritrova il tracciato antico (sent. 259 CAI) che si inerpica verso il Castellaccio poi prosegue sul crinale sfruttando le gradonate di estesi affioramenti rocciosi, dove sono evidenti le tipiche alternanze di arenarie e marne formanti cornicioni sporgenti fratturati a “denti di sega”.

Da Corniolino, il percorso di fondovalle diretto a Campigna scendeva al Bidente superandolo grazie al Ponte dei Ladroni o del Ladrone o della Madonna, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona), che però si trovava circa 80 m più a monte, come risulta dal confronto con il Catasto toscano. Il ponte è stato segnalato dal Segretariato Regionale del Ministero della cultura dell’Emilia-Romagna nel portale https://www.tourer.it/. Dopo un breve tratto ancora integro e percorribile fino al moderno Ponte Ilario, datato 1969 e privo di interesse tipologico, la mulattiera procedeva in prossimità del fiume secondo un percorso diverso dalla strada forestale (iniziata negli anni 1966-67), che risale transitando poco sotto Campacci, oggi C.Campaccio. L’antico tracciato infatti giungeva fino al sito di un altro fabbricato che, benché anonimo, era evidentemente destinato a mulino già in base all’evidente rappresentazione di inizio ‘800 del lungo berignale o gora per il prelievo dell’acqua e del bottaccio di accumulo della stessa, confermata dalla simbologia (ruota dentata) dell’Opificio a forza idraulica della Carta d’Italia I.G.M. del 1894. Nella successiva mappa del 1937 il definibile Mulino di Campacci, perse le sue funzioni originarie, è ormai rappresentato come semplice fabbricato. Oggi l luogo è raggiungibile tramite la strada di servizio per raggiungere le opere di imbrigliamento idraulico dei rami bidentini a favore dell’invaso di Ridràcoli e una moderna stazione di pompaggio ne occupa il sito. Oltrepassato Campacci, secondo un percorso simile a quello moderno, il tragitto antico prima attraversava il Fosso del Fiumicino di S. Paolo con una pedanca (ponte in legno pedonale documentato almeno dall'inizio del XX secolo), oggi sostituita dal Ponte Cesare, poi si inerpicava sul crinale rasentando Moscoso dal lato Est (praticamente dietro l’annesso posto accanto al suo attuale accesso stradale) e poco dopo, attraversato il sito oggi occupato della rotabile, calava di livello dirigendosi verso Fiumari (di sotto). Mentre la via principale proseguiva verso il Molino di Fiumari e Campigna, dove giungeva tramite la ripida Via di Villaneta (oggi sent. 243 CAI), almeno per tutto il XIX secolo solo un sentiero risaliva fino a Fiumari (di sopra) e, scavalcata la sella antistante, scendeva ad attraversare il Fiumicino per poi inerpicarsi fino all'alpeggio di S. Paolo in Alpe e all'Eremo di S.Agostino tramite Campodonatino e Campodonato.

Il contesto insediativo del Crinale di Corniolino, in base a quanto fotografato nei primi decenni del XIX secolo dal Catasto toscano, oltre a riguardare il borghetto le cui abitazioni conservano scarse tracce del villaggio medievale, in origine detto Corniolo e arroccato sulle pendici del Castrum Cornioli, si estendeva principalmente sul versante di Campigna, più favorevole per morfologia ed esposizione, fino a comprendere i poderi Le Balzette a mezzacosta e Padroncella, poi Faltroncella, prossimo al Monte della Maestà. Anche il versante delle Celle, per quanto impervio e con tratti di parete prossimi alla verticale, era percorso da esili mulattiere che si allungavano con lieve pendenza fino a Val di Paone o Val di Pavone, affacciato sul fiume, cui si aggiunsero entro la fine del secolo un capanno a mezzacosta e Pulita quasi sul fiume, allora raggiunti solo da un ripido sentiero di crinale.

Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Catasto toscano, Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati del contesto insediativo di Corniolino fino al versante del Bidente attraversato dal Fosso di Padroncella si possono schematizzare come di seguito elencato:

Castellaccio nel Catasto toscano, o Castellaccio di Corniolino nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 - 1937) e in quella moderna con simbolo dei ruderi, o assente nel N.C.T., o Castellaccio di Corniolino nella C.T.R.;

Corniolino nel Catasto toscano, o gruppo di fabbricati anonimi tra cui due con simbolo crociato di Chiese ed oratori nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o Corniolino con un fabbricato con simbolo crociato di Chiese ed oratori nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), in quella moderna, nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Casina Corniolino: anonimo nel Catasto toscano, nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 - 1937) e in quella moderna, o Casina nel N.C.T., o Casina Coniolino nella C.T.R.;

Balzette nel Catasto toscano, o C. le Balzette nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 - 1937) e in quella moderna, o Balzette nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Padroncella nel Catasto toscano, o C.Padroncella nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o Faltroncella nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937) e in quella moderna, o Padroncello nel N.C.T., o Faltroncella nella C.T.R.

Pulita: assente nel Catasto toscano, o anonimo con capanno a mezzacosta nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 - 1937), o anonimo in quella moderna, o la Pulita con capanno a mezzacosta nel N.C.T., o Pulita con capanno a mezzacosta nella C.T.R.

Val di Paone nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 - 1937), o assente in quella moderna, o Val di Pavone nel N.C.T., o assente nella C.T.R.

Il feudo forestale detto Alpe del Corniolo in origine appartenuto ai conti Guidi riguardava un vasto territorio comprendente, oltre al Popolo del Corniolo, anche il Popolo delle Celle e il Popolo di S. Paolo (in Alpe). In esso ricadeva il Castrum CornioliCastello di Corniolo, sicuramente esistente nel 1220 quando è elencato nel privilegio del 29 novembre, emanato da Monterosi presso Sutri, con cui Federico II riconfermava ai Guidi gli antichi possedimenti (forse già concessi nel 1191 da Enrico VI) che la stirpe comitale andava accrescendo fin dal X secolo nel loro progressivo espandersi nel versante romagnolo. Altrove si cita erroneamente il 1120 (Federico II - 1194-1250 - fu incoronato imperatore del Sacro Romano Impero ad Aquisgrana nel 1215 e a Roma dal papa nel 1220). È molto più tardo, risale infatti alla prima metà del XIX secolo, il trasferimento del toponimo alle case raggruppate attorno alla Chiesa di S. Pietro in Farfareta, fino ad allora differenziate secondo la loro specifica denominazione, tra cui Farforati di sopra e di sotto. Qui, peraltro, col decadere del potere feudale ed anche a seguito dei violenti terremoti che avevano già colpito l’area tra il 1504 e il 1505 e che nel 1584 provocarono il crollo della Casa del Comune, si era già spostato il centro amministrativo fino ad allora collocato a Premilcuore, come documenta la richiesta al Magistrato di Firenze per la sua ricostruzione a Farfareta. Nel Catasto toscano (quindi al principio del XIX secolo) già compaiono sedimentati e distinti come oggi i toponimi di uso locale Corniolo Corniolino e attorno al 1850 nei registri parrocchiali le case risultano indistintamente raggruppate sotto il nome del borgo principale.

L’insediamento di Corniolino è quindi il lascito edilizio dal toponimo vezzeggiativo del medievale villaggio di Corniolo, di cui si conservano scarse tracce nelle odierne abitazioni, che sorgeva alle pendici del castello, per contrapposizione spregiativamente detto Castellaccio.

Il Castellaccio di Corniolino è così descritto nella Descriptio Romandiole del 1371 secondo la traduzione di Mambrini «È sulle Alpi in una valle, sopra un alto inespugnabile monte. Ha una rocca ed una torre fortissima. C'è un'altra torre a un tiro di balestra, che si chiama la Rovere. Questo castello è molto adatto alla guerra e conta 100 focolari. Ha una strada maestra che va da Galeata in Toscana, passa fra il castello e la torre della Rovere, e rimane così circondata che non è possibile transitarvi senza il permesso degli uomini del castello, i quali ogni mese ricavano per provvigione della camera apostolica 30 fiorini. Appartiene al conte Enrico del Corniolo.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 269, cit.). La fortificazione è collocata in modo da dominare anche in lontananza tutte le valli circostanti, strategicamente posto alla loro convergenza, e da controllare il transito della strada principale e nelle strette bocche vallive sottostanti di Campigna delle Celle. Nell'epoca della Descriptio l’insediamento raggiungeva ben 100 focularia, dato censuario considerevole rispetto agli altri castelli delle valli circostanti, ma è plausibile riguardasse la vasta area circostante e non solo il villaggio castellano. Con la decadenza del potere feudale dei Guidi nei primi anni del XV secolo, nel 1440 viene assediato e conquistato dai fiorentini, dopo di che ne consegue l’abbandono ed il luogo diviene Il Castellaccio, come risulta dal documento più antico dell’Archivio di Premilcuore (1502) relativo alla morte di un giovane pastore. In quell’epoca permane solo l’utilizzo di una torre come sede della Campana della Comunità, posizione ottimale per la diffusione dei segnali sonori, pertanto unica struttura oggetto di manutenzione, come documentato nel 1588, in attesa del definitivo abbandono. Notizie demografiche si hanno solo in relazione all’intera frazione di Corniolo, che contava, nel 1595, 700 abitanti, nel 1746, 543, nel 1894, 1102 ma solo 99 nel borgo e 842 nel 1931. Negli scorsi Anni Trenta … «Dell’antico maniero rimane una grande porta a bozze che guarda verso Campigna: è alta m. 5 e larga 1,75. Il muro ha lo spessore di m. 1,80. Vi sono anche 2 stanze (m. 3x5) col soffitto a volta.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 269, cit.). Oggi conserva alcuni consistenti tratti murari e parte del mastio centrale, secondo una tipologia muraria in elementi “da sbozzatore” e “da muratore”, squadrati tramite sbozzatura sommaria e non lavorati o al massimo spaccati, come la formazione marnoso-arenacea permette di ottenere quasi naturalmente senza particolari supplementi di lavorazione, in cui si riconoscono nicchie, feritoie e fori di scarico, oltre il grande portale d’ingresso in conci lavorati “da scalpellino”, tra cui la chiave d’arco decorata da stemma a rilievo oggi scomparso. Presso l’inopportuno traliccio antennifero si trova la cisterna. In passato l’Ente Parco commissionò una scheda di fattibilità tecnica per interventi di pulitura e consolidamento della cinta muraria, pare senza seguito.

Della trecentesca Torre della Rovere invece non sono rinvenibili resti. Considerato che doveva trovarsi “a un tiro di balestra” (tra XIV-XVI sec. tali armi lanciavano palle di ferro, quadrelli e frecce dette bolzoni ad una distanza di circa 50 m) e che doveva essere posizionata in modo da controllare strettamente il transito fermando i viandanti, molto probabilmente era posta oltre quella sorta di “viadotto” della sella sottostante il castello, sopra una grossa sporgenza rocciosa aggettante verso il castello accanto ad un ripido tornate della mulattiera, ipotesi formulata anche da altri. Più improbabile il sito accanto alla sella dove si nota un probabile accumulo di materiale coperto da vegetazione. Da scartare l’ipotesi del poggetto fronteggiante il castello, per quanto panoramico, essendo isolato e lontano dal transito. 

Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente di CampignaFiume Bidente di Campigna e/o relative ad acque, monti e insediamenti citati.

N.B.: - La Descriptio Provinciae Romandiolae è un rapporto geografico-statistico-censuario redatto dal legato pontificio cardinale Anglic de Grimoard (fratello di Urbano V) per l’area della Romandiola durante il periodo della “Cattività avignonese” (trasferimento del papato da Roma ad Avignone, 1305-1377). Se la descrizione dei luoghi ivi contenuta è approssimativa dal punto di vista geografico, è invece minuziosa riguardo i tributi cui era soggetta la popolazione. In tale documento si trova, tra l’altro, la classificazione degli insediamenti in ordine di importanza, tra cui i castra e le villae, distinti soprattutto in base alla presenza o meno di opere difensive, che vengono presi in considerazione solo se presenti i focularia, ovvero soggetti con capacità contributiva (di solito nuclei familiari non definiti per numero di componenti; ad aliquota fissa, il tributo della fumantaria era indipendente dal reddito e dai possedimenti). In particolare, nelle vallate del Montonedel Rabbi e del Bidente furono costituiti i Vicariati rurali delle Fiumane.

- La visita apostolica o pastorale, che veniva effettuata dal vescovo o suo rappresentante, era una prassi della Chiesa antica e medievale riportata in auge dal Concilio di Trento che ne stabilì la cadenza annuale o biennale, che tuttavia fu raramente rispettata. La definizione di apostolica può essere impropria in quanto derivante dalla peculiarità di sede papale della diocesi di Roma, alla cui organizzazione era predisposta una specifica Congregazione della visita apostolica. Scopo della visita pastorale è quello di ispezione e di rilievo di eventuali abusi. I verbali delle visite, cui era chiamata a partecipare anche la popolazione e che avvenivano secondo specifiche modalità di preparazione e svolgimento che prevedevano l'esame dei luoghi sacri, degli oggetti e degli arredi destinati al culto (vasi, arredi, reliquie, altari), sono conservati negli archivi diocesani; da essi derivano documentate informazioni spesso fondamentali per conoscere l’esistenza nell’antichità degli edifici sacri, per assegnare una datazione certa alle diverse fasi delle loro strutture oltre che per averne una descrizione a volte abbastanza accurata.

- Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo la presa in possesso l’Opera aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.

- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XIX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi fluitato per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno. Per approfondimenti, v. M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, 2024, cit. 

- Il termine “pedanca” deriva dal dialetto piemontese e ciò potrebbe spiegare anche l’adozione del termine da parte dell’I.G.M. o Istituto Geografico Militare, che fu fondato a Torino nel 1861, che quindi assorbì tale denominazione per indicare il simbolo tecnico cartografico (⤚⤙) corrispondente ai ponti pedonali.

- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo. Inoltre, le pratiche scritturali prevedono che tra l’abbreviazione “C”, l’interpunzione e la parola seguente non vi siano interspazi.

- Agevole l’analisi toponomastica per la derivazione dal latino corneolus, (corneus), cornus, –i, = corniolo, (terra) ricca di cornioli, con la declinazione in gentile diminutivo a segnalare la dipendenza non solo dimensionale dal vicino e principale borgo, che si impossessò del toponimo, ma così anche marcando la distanza rispetto al dispregiativo utilizzato per la soprastante struttura militare che diveniva sempre più ostile a seguito dell’abbandono. L’utilizzo toponomastico del termine farnia è legato all’esistenza di boschi di tale essenza nell’area.

RIFERIMENTI    

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ALPE APPENNINA rivista on-line - Storia e storie fra Romagna e Toscana, Monti editore, Cesena;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze

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Regione Toscana – Progetto CASTORE – CAtasti STOrici REgionali;

Carta della Romagna Toscana e Pontificia: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=10910;

G. Inghirami, Carta Geometrica della Toscana, 1830;

Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11479;

Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11644;

URL http://www.popolidelparco.it/media/archivio-pietro-zangheri-zan098/;

URL https://popolidelparco.it/campigna/;

URL https://www.tourer.it/;  

URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Percorrere la SS 310 verso il passo Calla.
Superare gli abitati di Santa Sofia, Isola, Berleta, Corniolo, Lago.
Pochi chilometri dopo Lago di Corniolo troviamo un tornante sulla destra, poi percorsi alcune centinaia di metri un ulteriore tornante sulla sinistra.
Qui fermare l'auto (ampia piazzola subito dopo il tornante).
Proseguire a piedi su sentiero che parte dal tornante con indicazioni Tre Faggi e Castello Corniolo.

Testo di Bruno Roba. - Il Castellaccio di Corniolino si raggiunge dalla S.P. 4 del Bidente sostando a 2 km da Lago in un’ampia piazzola accanto ad un tornante sottostante il castello, da cui si inerpica il sent. 259 corrispondente alla via antica.

foto/descrizione :

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

001a – 001ab – 001ac – Dalla S.F. di Giogo di Castagno (vi si giunge tramite la S.P. n.94 del Castagno dal Passo della Calla), tagliata sotto Pian delle Fontanelle, gli scorci panoramici che si aprono alcuni scorci panoramici verso Nord consentono di notare il crinale del Corniolino nel suo digradare ricco di creste appuntite, accentuato dalla deformazione prospettica. Nell’ultima punta si scorge appena il Castellaccio e, nella valle, il borgo di Corniolo (7/10/17). 

 

001ba – 001bb – 001bc - Dalla cresta di Costa Poggio dell’Aggio Grosso, l’asse visuale è limitatamente spostato rispetto alle foto precedenti ma, la quota inferiore consente uno scorcio della Valle delle Celle tormentata dalle dorsali che vi penetrano e mentre va a chiudersi costretta dalle pendici di Monte Cavallo terminanti con l’affioramento delle Ripe Toscane, da un lato, e dal Crinale del Corniolino, dall’altro lato, culminante con il poggio del Castellaccio (31/10/17).

001c – Da Poggio Scali si può distinguere il Castellaccio mentre la sottostante incisione stradale guida verso il rimboschimento sulla dx che occulta Corniolino (4/08/16).

001da/001de – Dall’inizio della mulattiera per Lavacchio, viste della parte finale del crinale di Corniolino su cui emergono con evidenza i ruderi del castello (8/12/16 - 10/12/16).

 

001e – Dalla SP 4 del Bidente, scorcio della perfetta sezione a “V” del tratto finale della valle dove e ben visibile il sito di Corniolino mentre compare sulla dx il borgo di Corniolo (27/09/16).

 

001f - 001g – Dal crinale presso Poggio Aguzzo sono possibili le vedute dall’alto maggiormente ravvicinate di Corniolino in relazione al poggio castellano (25/04/18).

 

001h/001m – Il crinale di Poggio Aguzzo e la parte finale di quello del Corniolino sono prospicienti, permettendo vedute particolareggiate sulla zona del castello e sulla sporgenza dove si ritiene sorgesse la Torre della Rovere (25/04/18).

001n – Dal crinale di Poggio Aguzzo si può ricostruire dall’alto l’intero tracciato della via antica che partendo allineata al Ponte di Fiordilino poi scartava verso il Bidente fin quasi toccarlo, quindi seguire un tratto della nuova strada per poi affrontare la balza oggi ricoperta dall’abetina verso la chiesa di Corniolino: i resti della muratura di sostegno di quest’ultimo tratto sono visibili dalla provinciale a 200 m dal ponte di Lago; dopo casa Fabbri la rotabile esistente pare ricalcare perfettamente l’antico tracciato fino al tornante della provinciale; il sentiero finale al castello conserva le caratteristiche originarie (25/04/18).

001o/001r – Scorci dal sito della SP 4, a circa 200 m dal ponte di Lago, dove il pendio si abbassa e si notano resti di terrazzamenti che, per corrispondenza con il catasto ottocentesco, sono da ritenere di sostegno dell’antica Via Romagnola; oltre la curva successiva, dalla piazzola con pannello turistico, alzando lo sguardo verso la sommità di un’alta banconata rocciosa, si vede un altro tratto della strada antica, riconoscibile per il classico pietrame della bordatura (29/12/18) 

002a – Schema da cartografia moderna dell’area di Corniolino e del bacino idrografico della Valle del Fosso di Padroncella.

002b/002e – Schema di mappa da cartografia di inizio XIX secolo, con evidenziati gli assetti insediativi, idrografici ed infrastrutturali della valle del Bidente e suoi affluenti, con particolari dell’area di Corniolino e del villaggio dove, tra l’altro, sono riportati  i tracciati della viabilità antica con il sito più probabile della scomparsa Torre della Rovere, e confronto schematico tra cartografia antica e moderna da cui si rilevano le modifiche planimetriche e alla viabilità intercorse nel periodo frapposto. La toponomastica riprende quella originale.

002f - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, riguardo la viabilità principale evidenziava esclusivamente i tracciati viari che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, mantenendosi prossimi al fondovalle fino a Corniolo, nella valle di Campigna risalendo sul crinale di Corniolino fino alla sella di Tre Faggi con discesa a Campigna e risalita al Passo della Calla.

002g - Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo viario e idrografico precedente al completamento della viabilità provinciale.

003a/003i – La mulattiera corrispondente alla via antica risale verso il crinale in un tratto caratterizzato da un esteso affioramento roccioso dove sono evidenti le tipiche alternanze di arenarie e marne formanti cornicioni sporgenti fratturati a “denti di sega”; si può notare come il dilavamento, in assenza di manutenzione, ha “canalizzato” il percorso. (30/11/16).

003l – 003m – Il ripido tratto di accesso al castello (30/11/16).

003n/003u – L’imponente portale d’ingresso rifinito in conci lavorati “da scalpellino”, tra cui la chiave d’arco decorata da stemma a rilievo oggi scomparso, che evidenzia anche i fori passanti per lo scorrimento dei pali-chiavistello (11/09/16 - 30/11/16).

004a/004r – Il mastio e la cinta muraria evidenziano la tipologia muraria in elementi “da sbozzatore” e “da muratore” (squadrati tramite sbozzatura sommaria e non lavorati o al massimo spaccati, come la formazione marnoso-arenacea permette di ottenere quasi naturalmente senza particolari supplementi di lavorazione) in cui si riconoscono nicchie, feritoie e fori di scarico (11/09/16 - 30/11/16).

004r – In cima al poggetto retrostante il castello, accanto a un traliccio per telecomunicazioni posizionato come i tralicci elettrici di tutto il crinale senza riconoscenza dei valori territoriali (v. anche sito del castello di Ridràcoli), si apre un pozzetto (o una buca) sulla volta della cisterna castellana (30/11/16).

005a – 005b – 005c –Il tratto dal castello al “viadotto” che ha consolidato la sella del crinale, fino al sito dove è ipotizzabile che sorgesse la Torre della Rovere, posta “a un tiro di balestra (30/11/16).

005d/005i – Il sito adiacente un tratto ripido della mulattiera dove pare fosse collocata la Torre della Rovere su una sporgenza rocciosa aggettante verso il castello (30/11/16).

005l – 005m - Per la collocazione della Torre della Rovere pare da escludere la cima del poggetto che, pur panoramico ma fuori mano, fronteggia il castello (30/11/16).

006a/006i – Rassegna di viste simboliche e progressivamente ravvicinate del Castellaccio dal probabile sito della torre della Rovere (6/12/16).

 

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