Cà Partinico
Testo inserito da Bruno Roba (Ottobre 2016, agg. 2/03/19).
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, la Valle del Fiume Bidente delle Celle riguarda il ramo occidentale del Bidente delimitata: ad Ovest, da un tratto del contrafforte principale dal Monte Falco fino al Monte dell’Avòrgnolo da cui si stacca la dorsale di Pian dell’Olmo, che separa la Valle del Fosso della Fontaccia dalla Val di Noce, disegnando quell’arco di rilievi che costringe il fiume a confluire con il Bidente di Campigna a Lago così contribuendo a generare poco più in là, sotto il borgo omonimo, il Fiume Bidente di Corniolo; ad Est, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che sempre staccandosi dal gruppo del M. Falco si dirige verso Poggio Palaio, quindi con il crinale di Corniolino termina a Lago.
Il bacino idrografico, suddiviso dall’incisione dell’asta fluviale principale in due parti similari solo per superficie, mostra una morfologia nettamente differenziata caratterizzata da un versante orientale più frastagliato e da versanti occidentali submontani, prevalentemente esposti a meridione, dove pendii più dolci a prato-pascolo su terrazzi orografici si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati, mentre per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati.
Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovano collocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate, come quella di Corniolino. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici.
In questo contesto storico-geografico, dove la parte più profonda della valle, da sempre considerata periferica e difficilmente raggiungibile, è stata maggiormente segnata dall’abbandono, all’estremità di una delle frange estreme della dorsale di Omo Morto che dividendo le valli del Fosso di Coloreta e del Fosso delle Mandriacce delimita anche il Geosito di interesse locale Le Mandriacce (dove lo sovrascorrimento tettonico si traduce nella trasformazione di terreni intensamente deformati e brecciati in pendii ad acclività più dolce determinando un paesaggio caratterizzato da prati-pascoli), si trovano consistenti e riconoscibili ruderi di Partinico, o C. Partinico come da mappe I.G.M., benché ricoperti da una vegetazione disordinata e in parte spontanea tranne i consueti rimboschimenti sempreverdi dei ronchi. Il toponimo potrebbe derivare dal latino classico partior, partis = dividere, spartire, separare: partiri limite campum = dividere con confini i campi, quindi con il significato di diviso, separato (ed in effetti nella mappa I.G.M. compare un tratteggio che delimita un’area quadrangolare) ma anche, per estensione, appartato, definizione coerente con la localizzazione dell’insediamento, ma in Sicilia Partinico è un porto antico di origine greca, con derivazione topica da parthēnikós = artemisia, asteracea con le varie specie presente a tutte le quote, probabile ispiratrice di un eventuale fitonimo.
Il podere, presente nel Catasto Toscano del 1826-34 dove appare raggiunto unicamente da un tratto viario di collegamento con Mandriacce, non rientrava tra i beni posseduti dall’Opera del Duomo di Firenze in Romagna bensì vi confinava, aspetto che ha consentito di trovare citato il luogo nel contratto stipulato nel 1818 con il Monastero di Camaldoli: «Una vasta tenuta di terre […] alla quale per la circonferenza confina […]; undecimo, Pietro Gabelli confina col podere di Partinico che comincia dopo i beni del signor Fabbri, seguitando l’Opera con i poderi di Colloreta e principia alle balze del Pianellaccio continuando lo sgrimolo di esse balze ed il crinale di Partinico termina al fosso del Fornello; […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 474-475, cit.). Nei pressi è presente un grosso capanno documentato dalla mappa ottocentesca, ancora consistente nelle sue strutture che, per tipologia (tre livelli di cui il terzo a tetto, ampie aperture su ogni livello oltre una finestrina orizzontale al seminterrato), fanno presumere un uso a stalla con sovrastante fienile su due livelli o seccatoio nel sottotetto; il ripido pendio percorso da ampie mulattiere conseguentemente doveva presentarsi all’epoca come vasta area prativa e pascoliva, probabilmente corrispondente al citato appezzamento di cui alla mappa I.G.M.
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente delle Celle.
N.B. - In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;
M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Carta dei sentieri Alpe di S. Benedetto, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;
Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html.
Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf.
in zona impervia, raggiungibile per sentiero non segnato dalla sterrata che dal Poderone conduce a Pian del Grado
Testo inserito da Bruno Roba.
La Valle delle Celle è facilmente raggiungibile dalla S.P. 4 del Bidente percorrendo circa 5 km della Pista di servizio SP 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado, in parte sconnessa e ripida. Dopo circa 1,6 km, appena superato il fabbricato di Mandriacce si trova un cancello su una recinzione del bestiame posto all’inizio del crinaletto che risale verso Nord, da percorrere per circa 700 m preferibilmente senza lasciarlo anche per approfittare delle viste panoramiche sulla Valle delle Celle, compatibilmente con la noiosa recinzione in filo spinato che comunque può costituire “filo di Arianna”; giunti al massimo relativo, quando la dorsale inizia a digradare biforcandosi determinando una vallecola ricoperta di giovani faggi, mentre il percorso (e la recinzione) pare volgere a dx, approfittando di un palo divelto della recinzione segnalato anche da un cippo confinario (WGS84 43° 53’ 32” N / 11° 44’ 59” E), occorre buttarsi a sx e discendere nella vallecola ritrovando presto una mulattiera che, in circa 400 m costeggiando a levante la diramazione crinalizia (orientata NO), conduce rapidamente a Partinico, occultato (sulla dx) da una fitta vegetazione (più rada in autunno/inverno) che nasconde alla vista anche la radura che costituiva l’aia del podere. Il percorso fino a qui si trova sia nella cartografia turistica come sentiero non segnalato sia nella C.T.R. regionale, la mulattiera invece prosegue sia aggirando il promontorio per scendere verso il Fosso di Coloreta sia verso valle fino a guadare il Bidente ma è utilizzata solo dagli escursionisti esperti.
Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
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001/007 – I ruderi del fabbricato emergono appena dal disordine vegetazionale (2/12/16 – 27/02/19).
008 - 009 – I resti meglio conservati consentono di individuare la parte abitativa composta da tre livelli, di cui l’intermedio ospitava la cucina evidenziata dai resti del camino mentre sicuramente il sottotetto ospitava le camere (2/12/16).
010a/010l – I dintorni del fabbricato e la radura dell’aia sono invasi al disordine vegetazionale che ricopre alberi e ruderi superstiti (2/12/16 – 27/02/19).
011/017 – Vedute del crinale di Partinico (2/12/16 – 27/02/19).
017a/017mb – Vedute del capanno; si notano le tracce dei solai dei due livelli superiori, tra cui l’alto sottotetto, dotati di ampie aperture tipiche dei fienili, l’ampio ingresso del piano interrato dotato di piccola finestra di aereazione, tutte tipologie da stalla e fienili, salvo un uso come seccatoio del sottotetto (27/02/19).
017n - Elaborazione da cartografia di inizio Ottocento con rappresentazione dell’assetto insediativo ed infrastrutturale. La scrittura della toponomastica riprende quella originale.
017o – Schema di mappa risalente ai primi decenni del XX sec. da cui si nota la presenza di un tratteggio che delimita un’area quadrangolare, forse corrispondente alla parte pascoliva del podere.
018 – 019 – 020 – Dal Crinale del Corniolino non lontano da Tre Faggi, panorama e viste ravvicinate del Crinale di Partinico; il rimboschimento sempreverde a pinacee (sull’allineamento de La Fossa, che si distingue in lontananza) evidenzia e occulta il sito di Partinico, collocato a ridosso della linea spartiacque. Nell’area spoglia sulla sx si può individuare il sito di cui alla foto 016 (30/11/16).
021 – 022 – 023 – 024 - Dal Sentiero degli Alpini (SA 301 CAI) a SO di P.gio Bini, si abbraccia il versante vallivo dai pressi dell’origine del F.so Bidente, prima che diventi fiume, potendo avere una visione dal lato opposto delle precedenti. Il sito di Partinico, collocato a ridosso della linea spartiacque, rimane comunque occultato dalla macchia. In 1° p., Porcini di sotto (16/04/16).
025 – 026 - Dalla cresta di Costa Poggio dell’Aggio Grosso, scorcio della Valle delle Celle tormentata dalle dorsali che vi penetrano e, mentre in sx idrografica va a chiudersi costretta dalle pendici di Monte Cavallo terminanti con l’affioramento delle Ripe Toscane, dall’altro versante, davanti al Crinale del Corniolino evidenziante il Monte della Maestà, si può notare il Crinale di Partinico che ospita l’insediamento omonimo posto appena oltre lo spartiacque (31/10/17).
027/030 – L’abbandono del sito del capanno ha consentito lo sviluppo di uno sbuffante esemplare di Calvatia o Vescia gigantea (27/02/19).