Poggio Martino
Testo di Bruno Roba (19/01/2018)
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico. Il contrafforte principale, che divide il Fiume Rabbi dal Bidente, si distacca dal Monte Falco proseguendo per Pian Cancelli «[…] per la costa di Pian delle Fontanelle (m. 1520) scende rapidamente a Poggio Bini (m. 1105), attraversa Poggio Corsoio e risale a Monte Ritoio (m. 1193) […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.), vira bruscamente verso Est fino al Monte dell’Avòrgnolo, dove riprende l’andamento principale puntando verso Forlì per terminare dopo circa 55 km evidenziando subito i Monti Guffone e La Fratta. Il contrafforte secondario che si stacca dal gruppo del Monte Falco, inizialmente poco riconoscibile, transita dalla conca dei Fangacci e si dirige verso Poggio Palaio, digrada con la Costa Poggio dei Ronchi verso i Tre Faggi, come crinale di Corniolino risale verso il Monte della Maestà trovando gli insediamenti difensivi e residenziali-religioso-ospitalieri del Castellaccio e di Corniolino, quindi termina a Lago non prima di aver diviso le Valli del Bidente delle Celle e del Bidente di Campigna.
I loro bacini idrografici mostrano una morfologia nettamente differenziata dovuta alla diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo: se per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, anche i versanti orientali appaiono frastagliato mentre i versanti prevalentemente esposti a meridione mostrano pendii più dolci a prato-pascolo, spesso su terrazzi orografici, che si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati. In questo contesto alcuni aspetti geologici si evidenziano per rarità e unicità, restituendo informazioni fondamentali per la conoscenza del territorio e contribuendo a disegnare il paesaggio: catalogati come Geositi, i più prossimi alla testata delle valli in argomento sono le Ripe Toscane, Le Mandriacce, la Linea delle Mandriacce a Pian del Grado, il Monte della Maestà, e il Fosso del Satanasso, che mostra un tratto vallivo profondamente incassato ed affiancato da ripide pareti rocciose, caratterizzato da morfologie da erosione come cascate e marmitte dei giganti su potenti stratificazioni marnoso-arenacee giacenti a reggipoggio, interessando uno dei tratti più impervi del versante appenninico. Le aree montane dell’alta valle del Bidente e vaste aree submontane, oltre ad altre adiacenti al Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, in gran parte di proprietà demaniale, si trovano inoltre inserite nella rete Area Natura 2000 con tre siti uno dei quali, la Foresta di Campigna - Foresta la Lama - Monte Falco, è uno dei più importanti e studiati della regione, santuario della conservazione naturalistica a livello nazionale e internazionale che comprende la Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, caratterizzato dalle foreste millenarie di Faggio e Abete bianco, dai vaccinieti e praterie secondarie con relitti alpini di grande significato fitogeografico, gli unici dell'Appennino romagnolo, e da alcune specie mediterraneo-montane, alcuni dei primi e le seconde rispettivamente al limite meridionale e al limite settentrionale del loro areale distributivo, che ricoprono quasi fino in vetta il tetto della Romagna. Questo che è uno dei tratti più impervi del versante appenninico evidenzia, tra gli altri, i 5 rilievi di Poggio Martino, Poggio Zaccagnino, Poggio di Mezzo, Poggio Palaio e Poggio delle Secchete, che dividono i bacini idrografici delle due valli, verso settentrione costituiti da un reticolo di fossi, tra cui la ramificazione del Satanasso, affluente del Fosso di Pian del Grado che, confluendo a Celle con il Fosso Bidente delle Celle, dà origine al Fiume Bidente delle Celle; il suo tratto principale, nell’Ottocento in parte detto delle Palestrine, ha origine dalla Fonte Sodo dei Conti, la più elevata delle Foreste Casentinesi (1605 m). Il suo bacino idrografico ha origine dai profondi canaloni che si sono generati tra le pieghe montane di Poggio Martino, Monte Falco e Poggio Piancancelli. I Fossi del Barbicaio, oggi del Trincerone (che insieme ad altri affluenti di antica denominazione danno origine al Fosso di Pian del Grado, ovvero di Sodi, dell’Orticaio, e delle Secchete), dell’Ortaccio, di Poggio Rabio o Robio già della Ripa della Donna, delle Capanne o Capanne vecchie, di Coloreta anch’esso già della Ripa della Donna e delle Secchete già dell’Inferno, sono elencati procedendo verso Est. Il versante sud-orientale appartiene alla Valle del Bidente di Campigna, che vede l’asta fluviale principale, destino comune di ogni ramo bidentino, cambiare spesso identità e con differenze tra le varie cartografie, già da monte suddivisa in vari tratti dalla diversa denominazione: nasce alla quota di 1425 m da Poggio Lastraiolo a circa 40 m dal Rifugio CAI Città di Forlì come Fiume Bidente del Corniolo; successivamente, a quota 825 m, dopo alcuni contributi ricevuti nel sito un tempo detto I Tre Fossati, diviene Torrente Bidente; a valle di Fiumari è il Fosso del Bidente di Campigna, denominazione che mantiene fino ai pressi di Corniolo quando, sotto un strettissimo tornante stradale, ricevuti i contributi degli appena congiuntisi Fossi di Verghereto e dell’Alpicella, in coerenza con il sovrastante borgo, avrà origine il Fiume Bidente di Corniolo. Tra gli affluenti il più rilevante è il Fosso dell’Abetìo già dell’Abetìa, nel primo tratto già dei Fangacci, (che condivide con il Satanasso le maggiori quote sorgentifere, entrambe tra il M. Falco e P.gio Sodo dei Conti) che poco sopra Campigna vede la presenza della Cascata di Campigna o Occhi Bui, Geosito di rilevanza locale osservabile dalla SP 4 del Bidente, di interesse non tanto per il dislivello ma soprattutto per gli affioramenti rocciosi che si estendono ai fianchi della vallecola ed evidenziano la resistenza all’erosione degli strati arenacei. I Fossi dell’Antenna, delle Bruciate, della Corbaia, della Ghiraia si ramificano procedendo verso Est.
Le dorsali che si staccano dai 5 rilevi citati, variamente caratterizzate per morfologia e sviluppo, in passato erano risalite da stretti ed impervi percorsi di crinale utilizzati a scopo militare, per transiti commerciali e per le attività boschive. La Pista del Lupo, Sent. GEA SOFT 00 e confine regionale, ricalca l’antico tracciato della Via Flaminia Minor, realizzata «[…] sfruttando tratti di percorsi etruschi preesistenti […]» (A. Fatucchi, 1995, p. 27, cit.), utilizzata dalle legioni romane per valicare l’Appennino al fine di sottomettere Celti, Liguri e Galli Boj che stanziavano nella pianura padana: si ipotizza che provenendo da Montelleri, sopra Stia, transitasse dal Lago degli Idoli, dal Monte Falco e da Poggio Sodo dei Conti, superata la fonte discendeva lungo la Costa di Pian Cancelli transitando da Pian delle Fontanelle (così detta per la presenza di polle d’acqua) e da Poggio Corsoio dove trovava un bivio ancor oggi praticato: a sx si dirigeva verso Castel dell’Alpe e Faenza per immettersi nella Via Aemilia (questo è ritenuto il più antico itinerario di valico), a dx si dirigeva verso Forlì e Ravenna transitando dal crinale del contrafforte principale. Viabilità di origine preromana risaliva il Crinale di Corniolino, ben infrastrutturata e conservante oggi ancora notevoli tratti selciati, oltrepassata la sella ai Tre Faggi risaliva verso il Monte Gabrendo, giungendovi dopo lunghe circonvoluzioni sulle dorsali di Costa Poggio dei Ronchi e Omo Morto ed affrontando il crinale del Poggio delle Secchete, ma in ultimo insinuandosi tra esso e Poggio Palaio (oggi in parte corrispondente al sentiero 289 CAI), poi ridiscendendo sul versante opposto verso Stia: si tratta dell’antica Stratam magistram, la sopracitata strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata (l’antica Mevaniola). «Già dall’età etrusca arcaica (almeno dal secolo V a.C.). alla luce soprattutto delle scoperte degli ultimi decenni, la conca casentinese appare come un’area privilegiata di transito […]. Si trattava certamente di percorsi spontanei. […] Percorsi secondari sembrano risalire le valli dei torrenti Rassina e Archiano verso i valichi appenninici, dai quali scendono inclinate verso nord-est in direzione dell’Adriatico quelle romagnole del Savio (Sarsina-Cesena) e del Bidente (Galeata, l’antica Mevaniola e Forlimpopoli) abitate dagli Umbri» (A. Fatucchi, 1995, p. 27, cit.). «[…] in prossimità di Campigna doveva passare una strada militare romana che da Castel dell’Alpi, per la fonte dei Conti che esiste tuttora, conduceva a Stia. Secondo alcuni cronisti medioevali per essa sarebbero passati S. Ambrogio, arcivescovo di Milano, e poi nel secolo XIV il papa Martino V, quando tornava dal Concilio di Basilea […]» (D. Mambrini, 1935 – XIII, pp. 271, 272). Stradella era la denominazione dell’antica via dei legni che scavalcava anch’essa i prati a fianco del Monte Gabrendo giungendo da Campigna per il trasporto dei lunghi tronchi da adibire ad alberi di maestra, ma degli stretti ed impervi percorsi di crinale utilizzati per le attività boschive, prevalentemente scollegati tra loro, rimangono scarse tracce, che andavano a raggiungere la viabilità barrocciabile che, ancora oggi in uso, attraversava la Bandita di Campigna (Strada di Fonte al Bicchiere, Ponticino, La Stretta), come ben rappresentato nella cartografia storica e, in particolare, nella Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese e adiacenze (datata 1850 e conservata presso il Nàrodni Archiv Praha). Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta.
Poggio Martino, Poggio Zaccagnino, Poggio di Mezzo, Poggio Palaio e Poggio delle Secchete, nell’ordine è una sequenza di rilievi che va a delimitare una vasta e particolarissima area in contropendenza corrispondente alla sx idrografica del bacino del Fosso dell’Abetìo e alla rigogliosa Abetina di Campigna, già Bandita. Da un bando del 1645 concernente i confini della bandita è possibile ricavare informazioni su tali luoghi: «Cominciando dalla Calla di Giogo cioè dove per la strada della Fossa che viene da Pratovecchio in Campigna si passa di Toscana in Romagna sul giogo appennino, qui appunto dove si dice alla Calla a giogo e scendendo per le Macchie in Romagna giù addirittura per il Fosso della Corbaia fino nel fiume di Campigna detto l’Obbediente dove si chiama ai Tre Fossati, passare detto fiume e andare a dirittura della casa del podere della Vellaneta, oggi tenuto a livello dal Signor Balì Medici e di quivi a dirittura per il confino che è a piè dei Sodi di Campigna e divide detti sodi da detto podere, arrivare fin dove il poggio dei detti sodi volta verso Montaccesi e quivi rivolgendosi sulla man sinistra camminare su per la sommità di detti sodi fino all’abetio e tirando su per la cresta del poggio lasciando nella bandita tanto quanto acqua pende verso il fiume e case di Campigna attraversando la via che si dice Romagnuola e passare il Poggio del Palaio e il Poggio di Mezzo e arrivare al Passo di Giuntino e tirare sempre su la detta cresta per il Poggio di Zaccagnino e per il Prato dei Fangacci, e arrivare di nuovo al Giogo appennino e quivi ripigliando a man sinistra per la giogana su per la Stradella tornarsene, per il Piano della Fossa di Zampone, alla Calla a Giogo che fu nominata da principio per primo confine.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 124-125, cit.). Nei documenti relativi all’affidamento alle guardie della custodia delle varie parti delle selve, conservati nell’Archivio dell’Opera del Duomo, si trovano ulteriore descrizione dei luoghi. Nel 1655 si trova riportato: «[…] prima parte […] abetie dell’Opera in Romagna, le quali sono sopra la nuova bandita di Campigna verso ponente, cioè Mortai, Pianazzone, Raggio Grosso, Poggio Martino […]. Seconda parte sia quella della bandita di Campigna tale quale ella è di presente e nel bando di essa l’anno 1645. Aggiungetevi di più tutte quelle pendici che sono appresso a Campigna e sono il Poggio di Zaccagnino, Grifoglieta, Poggio di Mezzo, Poggio del Palaio, Seccheta […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 52, 53, cit.). Nella cartografia odierna tra i 5 poggi citati, tre disegnano una caratteristica sequenza omogenea dove, situati agli estremi il Martino e il Palaio, quest’ultimo è il poggio più orientale mentre gli intermedi sono anonimi. Dal confronto con la cartografia e la documentazione ottocentesche quello più orientale è invece il Poggio delle Secchete (vi nasce l’omonimo fosso), il Palaio, detto anche Poggio al Palaio o del Palagio, è il rilievo centrale più ampio (questo potrebbe essere il toponimo originario, c.d. per la prossimità alla palazzina granducale di Campigna, allora detta il Palazzo), il Poggio di Mezzo è posto ad occidente. Oltre all’interesse per l’aspetto toponomastico, i documenti sono utili per la descrizione e collocazione dei rilievi, il Poggio di Zaccagnino, più irregolare e posto tra Poggio Martino e Poggio di Mezzo, da cui appare evidente la qualità delle selve che li ricoprivano, come peraltro, già si ritrova negli Ordini di servizio … «A Taddeo Toci Ministro in Casentino: 7 di marzo 1605: […] 1° ci dite che in Campigna in quelle posticce sono ammacchiate che non possono fare niente e che vorrebbero essere nette e stirpate […]. 4° Nel Zaccagnino ci dite che dal mezzo in su sarebbe bene fare aggirare dei faggi e seminare abeti, vi si risponde che facciate aggirare i faggi e sterpare come dite. 5° Nel Poggio di Mezzo e nel Poggio di Palaio e nella Corbaia che è gran luogo e che in questi luoghi c’è bisogno di aggirare, vi si risponde che facciate aggirare per tutto dove è di bisogno.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 223, cit.). Due decenni dopo, in una relazione del 1627 il Provveditore, poneva le medesime questioni: «le posticce […] perché siamo ridotti assai alti vicino alla sommità del giogo che non vi provano molto, sarebbe bene di lasciarle quivi […]. E che nell’abetio di Campigna sono molti Abeti che non potranno mai esser buoni per servizio delle galere e così vanno male […]. Come ancora per questa medesima ragione bisognerebbe fare aggirare molti altri abeti che vi sono particolarmente intorno al Poggio del Palaio.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 126, cit.). Una relazione del 1652 è utile soprattutto per la rassegna e la localizzazione dei luoghi: «Le selve di detta Opera benché tutte contigue fra loro per maggiore chiarezza si distinguono in due parti principali […]. La superiore può suddividersi commodamente in tre parti […]. La prima dunque e la più occidentale di tutte diremo sopra Campigna; la seconda Campigna con alcune sue pendici; […]. Nella prima di queste otto parti […] contenendo in sé molti luoghi con diversi vocaboli come fra gli altri sono i Mortai, il Pianazzone, il Raggio Grosso, e il Poggio Martino che è il più vicino a Campigna da tutti gli uomini dell’Opera pratichi ci è stato concordemente affermato non esservi abeti buoni per alcun servizio delle galere producendoli quivi la natura tutti corti e pieni di nodi atti perciò solamente all’uso ordinario dell’opera per legni quadri […]. Campigna in ordine è la seconda ma per natura la prima e principalissima parte di tutte le selve dell’Opera. […] è anco per natura più feconda di bellissimi e lunghissimi abeti e propriamente Abetia: perciò bandita e riservata per le galere e altri pubblici servizi. […] ma per esservi ormai continuato come si crede cento anni a cavare tutti gli abeti […] ell’è veramente ridotta esausta[…]. i suoi luoghi particolari sono molti ell’è si può dire una valle stretta nella sommità verso ponente si viene allargando e calando verso levante. Un fosso che nasce in mezzo a sommo di essa sopra quel luogo che si dice la Stretta scorrendo a levante la divide in maniera che la parte a mezzo giorno resta molto minore e anco di sito e di copia di abeti inferiore all’altra. Nella maggiore e più bella ad alto son compresi il Poggio di Zaccagnino, di Mezzo, del Pianaccio, del Palaio, del Lastraio, e della Termine e verso il fondo vi sono la capanna dei Moggioni, la fonte di Bernardo e il Poggio della casa Vecchia. […] Nell’altra parte minore di Campigna posta di là dal suo fosso verso mezzodì son compresi il Poggio de Fangacci a sommo la Stretta pieno di faggi, […]. Segue il Piano de Cerchiai […] il Poggiaccio col Sasso del Romito […] le Coste e il Poggio e i Piani della Stradella dove verso il Giogo son tutti faggi […]. Sotto a Piani della Stradelle sono le posticcie dette del Trinchi […] e sotto queste so le posticcie dell’Incarcatoio […]. Appiè delle dette posticcie sono i Diaccioni e di la da essi a levante sono i Forconi […]: e qui termina la detta bandita di Campigna […]. Appartenenti a Campigna restano le sue pendici e macchie circumvicine escluse dalla bandita. Queste son parte a ponente cioè il Poggio di Zaccagnino quanto acqua pende verso le Celle con la Grifoglieta e parte a tramontana cioè prima il Poggio di Mezzo quanto acqua pende verso le Caldine […]. Segue pure a tramontana il Poggio del Palaio quanto acqua pende fuori della bandita[…]. Appresso al detto Palaio quanto acqua pende a tramontana di là dal Poggio della Termine segue la Seccheta […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 263-267, cit.). (N.B.: il Raggio Grosso è evidentemente l’odierna Costa Poggio dell’Aggio Grosso, dove una spianata era detta Pianellone o Pianazzone). Trascorsi due secoli, le descrizioni contenute nel Contratto livellario del 1818 tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli non potranno che registrare le inevitabili conseguenze delle ininterrotte politiche di intenso sfruttamento forestale: «[…] comunità di Premilcuore la quale viene composta dai seguenti terreni cioè: […] 28° Un tenimento di terra macchiata, abetata, faggiata, trafossata e pasturata, di staia 300 col vocabolo di Poggio di Mezzo s.s.a. 29° Un tenimento di terra pasturata, faggiata, senz’abeti con poche piante per essere tagliate, frascata, di staia 400 circa col vocabolo di Seccheta. 30° Un tenimento di terra macchiata, abetata, faggiata, balzata, pasturata, frascata, di staia 350 circa col vocabolo di Poggio del Palagio. […] 33° Un tenimento di terra abetata, faggiata, pasturata, trafossata, macchiata, di staia 700 circa coi vocaboli di Pian dell’Acerone e Coste di Zaccagnino. […] 36° Un tenimento di terra abetata, macchiata, faggiata, pasturata, trafossata, frascata, coi vocaboli di Poggio Martino, di staia 300 circa.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 461, 476, 478, 479, cit.).
Oggi Poggio Martino, grazie alle politiche di conservazione naturalistica e all’istituzione del Parco delle Foreste Casentinesi, dopo secoli di sfruttamento incontrollato, dall’osservazione panoramica pare aver superato le criticità denunciate fino al XIX secolo risultando fittamente ricoperto dalla faggeta della fascia montana superiore, con sparse formazioni di abetine.
Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle, Valle del Bidente di Campigna e/o relative a monti e insediamenti citati.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
A. Fatucchi, La viabilità storica, in: AA. VV., Il Casentino, Octavo Franco Cantini Editore – Comunità Montana del Casentino, Firenze – Ponte a Poppi 1995;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Alpe di S. Benedetto, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;
Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html.
a fianco della strada che dal passo Calla conduce a Pian delle Fontanelle
Testo di Bruno Roba
Poggio Martino è raggiungibile dall’adiacente parcheggio dei Fangacci sulla S.P. 94 del Castagno, davanti allo Snowpark, per quanto non percorso da alcun tipo di sentieristica.
Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.
001a– 001b – 001c – Dal Monte Piano (vetta del contrafforte principale che si distacca da Cima del Termine) si può avere una delle più ampie viste dell’intero spartiacque appenninico che si innalza oltre il contrafforte secondario che separa le Valli del Bidente di Pietrapazza (in p.p.) e di Ridràcoli. Mentre nel suo sviluppo è abbastanza agevole riconoscere le due vette maggiori dei Monti Falterona e Falco, solo un occhio esperto, supportato da strumenti ottici per la visione ravvicinata, riesce a distinguere Poggio Martino antistante Poggio Piancancelli, tra il M. Falco e Pian delle Fontanelle (01/01/12).
001d – 001e - Dalla Colla dei Ripiani, alle pendici del Monte Castelluccio (altra vetta del contrafforte principale), per la lieve modifica dell’asse visivo rispetto alle viste precedenti Poggio Martino va a coprire parzialmente Poggio Piancancelli (27/11/11).
001f – 001g – Dal primo tratto dello stesso contrafforte, nei pressi del Poggiaccio, si può osservare il sopraggiungere delle prime luci che colorano i rilievi illuminando anche Poggio Martino, che emerge decisamente tra il M. Falco e Pian delle Fontanelle (27/11/11).
001h – 001i –Tutt’altro sito di osservazione si ritrova a S. Paolo in Alpe, da dove il leggero innevamento evidenzia il profilo del “piano inclinato” di Poggio Palaio che porta lo sguardo verso Poggio Martino, così circoscrivendo il bacino del Fosso dell’Abetìa (21/11/18).
001l – 001m –In queste viste l’allineamento è pressoché identico a quello delle viste precedenti, ma ottenuto dalla posizione più avanzata del versante meridionale della dorsale di Poggio Ricopri che si affaccia direttamente sull’area delle Cullacce, nella porzione Ovest della Riserva Integrale di Sasso Fratino dal tipico sviluppo dei bacini torrentizi, e sul tratto terminale della Giogana, interrotta dall’incisione del Passo della Calla. Si replica la precedente descrizione della vista di Poggio Martino, mentre l’area di Campigna rimane più defilata (16/11/16).
001n - 001o –Dai pressi del Monte Palestrina, sentiero 235, la distanza nuovamente si allontana più che altro offrendo una diversa contestualizzazione di Poggio Martino il cui profilo conquista una posizione di rilievo nel contesto montano (16/10/16).
001p – 001q - Questo è uno scorcio più inconsueto che si apre risalendo da Fossacupa verso gli insediamenti di Montecavallo. Si può distinguere la sequenza inclinata dei Poggi delle Secchete, Palaio, di Mezzo e Zaccagnino (toponomastica ottocentesca che li identifica tutti nel delimitare la Bandita di Campigna, slittando il Palaio di un posto), che termina con Poggio Martino mentre copre parzialmente il Monte Falco; sono invece evidenti sulla dx Poggio Piancancelli e, soprattutto, Pian delle Fontanelle(12/12/16)
001r/001u - Dal Sentiero degli Alpini (SA 301 CAI) presso Poggio Bini, mentre si abbraccia l’alto versante vallivo del Bidente delle Celle, il punto di vista ottimale su uno dei tratti più impervi del versante appenninico, da cui ha origine il Fosso del Satanasso, consente di scorgere appena diversi rilievi, per cui si rivela utile l’indice fotografico. Nel particolare dell’ultima foto si vedono chiaramente Poggio Martino, sulla sx, e Pian delle Fontanelle sulla dx (16/04/16).
002a/002e - Dal Crinale del Corniolino, pressi Tre Faggi, oltre la dorsale di Partinico compare l’intero arco appenninico e il tratto iniziale del contrafforte principale che delimitano la Valle del Bidente delle Celle ed è possibile identificarne i principali rilievi, soprattutto con l’ausilio dell’indice fotografico (30/11/16).
002f - 002g – 002h – Da Poggio Scali il complesso del Falterona emerge oltre la schiena della Giogana in una diafana vista di fine inverno e Poggio Martino pare creare una sella con Poggio Piancancelli, mentre sono su piani prospettici completamente differenti (9/03/11).
002i – 002l – Dalla S.F. di Giogo di Castagno tagliata sotto Pian delle Fontanelle (vi si giunge tramite la S.P. n.94 del Castagno dal Passo della Calla), scorci tra la vegetazione consentono viste ravvicinate del profilo di Poggio Martino (27/09/11 – 16/04/16).
002m/002q – Dalla Costa Poggio dell’Aggio Grosso, spostandosi laddove spiana (luogo infatti in passato detto Pianellone posto a 1200 m), si aprono scorci panoramici anche verso Poggio Martino consentendo di notare, verso Est, la dorsale che si stacca precipitando di 285 m (da 1535 a 1251 m) creando una sella e, verso Nord, l’incisione nativa del Fosso del Satanasso, in passato non casualmente detto delle Palestrine (31/10/17).
002r – 002s – Dalla poderale rotabile che discendendo dalla Colla Pian di Mezzano, sul contrafforte principale, penetra nella Valle delle Celle (in basso si intravede La Fossa), nel controluce meridiano si nota soprattutto la sagoma piramidale di Poggio Martino (6/12/16).
002t – 002u – Dai rilievi di fondovalle adiacenti a Celle uno scorcio verso la sommità dei rilievi consente di riconoscere la vetta piramidale di Poggio Martino separata da Pian delle Fontanelle dai canaloni di origine del Fosso del Satanasso (6/12/16).
003a – Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo fluviale e infrastrutture viarie, in gran parte corrispondente alla sentieristica di odierno utilizzo. All’epoca la nuova viabilità si fermava a Campigna, giungendo dal versante toscano, mentre dal versante romagnolo risultava realizzata oltre Corniolo e Lago fino all’altezza del M. della Maestà.
003b – 003c – 003d - Il bacino idrografico del Fosso dell’Abetìo gode di caratteristiche geo-morfologiche inconfondibili specie se osservate da viste privilegiate come questa rielaborazione da un manifesto del Parco delle Foreste Casentinesi esposto presso il Centro Visite di Campigna (particolare su Poggio Martino). Tale area faceva integralmente parte dell’antica Bandita di Campigna, perimetrata in base alle descrizioni documentarie.
003e – Poggio Martino visto dai Fangacci; in p.p. lo snowpark (24/01/18).
003f/003r – Il ridotto versante meridionale di Poggio Martino tra i Fangacci mostra una ridotta pendenza ed una grande quantità di massi erratici e la stessa sommità appare piuttosto dolce, ma subito interrotta sul lato nord-orientale da un canalone forse un tempo percorso da una pista (27/06/18).
003s – 003t – 003u - Il versante orientale mostra un progressivo incremento di pendenza cui corrisponde la storica pista che scende alla Stretta, con profonde incisioni torrentizie (27/06/18).
003v – 003z – Il sito un tempo noto come La Stretta corrisponde a una sella che in un ridotto spazio viene attraversata dal primo impluvio di un ramo del Fosso dell’Abetia mentre in adiacenza precipita il Fosso delle Capanne, diretti in bacini diversi ma entrambi nascenti dal poggio (27/06/18).