Utente non registrato

scheda n. 3410 letta 496 volte

Passo della Calla

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : passo
Altezza mt. : 1295
Coordinate WGS84: 43 51' 35" N , 11 44' 39" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (1/09/2018)

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine. In quest’ambito, la Valle del Bidente di Campigna riguarda un ramo fluviale occidentale ed intermedio delimitato ad Ovest, dal contrafforte secondario che si stacca dal gruppo del Monte Falco, inizialmente poco riconoscibile, transita dalla conca dei Fangacci e si dirige verso Poggio Palaio, digrada con la Costa Poggio dei Ronchi verso Tre Faggi, come crinale di Corniolino risale verso il Monte della Maestà, quindi termina a Lago; ad Est, dal contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che, disegnata la sella di Pian del Pero ed evidenziata una sequenza di rilievi (tra cui i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, Poggio Squilla), termina digradando al ponte sul Fiume Bidente di Corniolo presso Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli. Da Poggio Squilla si distacca un’altra dorsale che, declinando a Nord, precipita verso Corniolo mentre un costone delimitato dall’incisione del Fosso delle Cerrete dopo Poggio Aguzzo punta anch’essa verso Lago.

«Lo spartiacque appenninico pertinente alla Provincia di Forlì, corre […] sull’altitudine di circa 1000 metri […] fra il Muraglione e le pendici del Falterona, poi dopo questo monte, e per una trentina di chilometri, su altitudini generalmente più elevate (1300-1500 metri) salvo gli abbassamenti in corrispondenza dei valichi. I valichi comodamente transitabili sono quattro, se si include il Passo del Muraglione […] e cioè, oltre a questo, il Passo della Calla […], dei Mandrioli […] e di Montecoronaro […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 10, cit.). In particolare, lo spartiacque compreso tra il complesso dei Monti Falterona/Falco e Poggio Scali corre su altitudini minime sempre superiori ai m. 1300 e massime fino ai m. 1654-1657-1520 di detti rilievi, con abbassamento ai m. 1296 solo in corrispondenza del valico della Calla (il più elevato dello spartiacque, laddove, nell’assottigliarsi e convergere, le prime pendici occidentali del Poggione e le prime pendici orientali del Monte Gabrendo, creano quell’ampia ed utile sella) e rialzamenti spesso in coincidenza con i nodi montani da cui si distaccano contrafforti e dorsali, (questo aspetto si ripete con notevole parallelismo in tutti i contrafforti ed è significante tettonicamente, ovvero nella disposizione delle rocce e loro modalità di corrugamento e assestamento). Come gli altri, anche l’alto bacino idrografico di Campigna racchiuso tra tali diramazioni montuose mostra inoltre una morfologia nettamente differenziata tra opposti versanti dovuta alla diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo, con i versanti meno acclivi (stratigraficamente disposti a “franapoggio”, parallelamente al pendio) rivestiti da boschi compatti, prati-pascoli e coltivi abbandonati mentre quelli più acclivi (strati immersi a “reggipoggio”, perpendicolarmente al pendio) spesso denudati ed evidenzianti la stratigrafia o rivestiti da bosco rado o rimboschimenti, fino al versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico dove conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, con distacco detritico e lacerazioni della copertura forestale. A tale asprezza morfologica si contrappone il potente risalto di ampi tratti della stessa giogana appenninica, caratterizzati dalla generale morbidità dei crinali dovuta alla lentezza dell’alterazione delle grandiose banconate arenacee, la cui superficie coincide, appunto, con quella della stratificazione.

L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio: «[…] in antico i movimenti delle popolazioni non avvenivano “lungo le valli dei fiumi, […] bensì lungo i crinali, e […] una unità territoriale non poteva essere una valle (se non nelle Alpi) bensì un sistema montuoso o collinare. […] erano unità territoriali il Pratomagno da un lato e l’Appennino dall’altro. È del tutto probabile che in epoca pre-etrusca esistessero due popolazioni diverse, una sul Pratomagno e i suoi contrafforti e un’altra sull’Appennino e i suoi contrafforti, e che queste si confrontassero sulle sponde opposte dell’Arno […].» (G. Caselli, 2009, p. 50, cit.). Già nel paleolitico (tra un milione e centomila anni fa) garantiva un’ampia rete di percorsi naturali che permetteva ai primi frequentatori di muoversi e di orientarsi con sicurezza senza richiedere opere artificiali. Nell’eneolitico (che perdura fino al 1900-1800 a.C.) i ritrovamenti di armi di offesa (accette, punte di freccia, martelli, asce) attestano una frequentazione a scopo di caccia o conflitti tra popolazioni di agricoltori già insediati (tra cui Campigna, con ritrovamenti isolati di epoca umbro-etrusca, Rio Salso e S. Paolo in Alpe, anche con ritrovamenti di sepolture). In epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur permanendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate ma p. es., nel Settecento, chi voleva salire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi che in modo che appena vi può passare un pedone […]», per Ridràcoli «[…]composto di viottolo appena praticabili […]» e per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, cit. da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.); oppure: «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur  malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi - a cura di, 1992, p. 32, cit.). Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.). Così, se al diffondersi dell’appoderamento si accompagna un fitto reticolo di mulattiere di servizio locale e intorno alle metà dell’800 le aree collinari della Romagna toscana e alcune vallate avevano raggiunto un relativo grado di sviluppo essendo ormai dotate di una rete di strade rotabili abbastanza ampia, perdurava invece l’isolamento del settore più orientale, con le valli del Bidente e del Savio ancora prive di carrozzabili per la Toscana e il luogo del passo era detto semplicemente Calla di Giogo, o Calla a Giogo, come si può leggere nel bando della Bandita di Campigna in Romagna del 1645: «[…] Calla di Giogo cioè dove per la strada della Fossa che viene da Pratovecchio in Campigna si passa di Toscana in Romagna sul giogo appennino, qui appunto dove si dice alla Calla a giogo […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 124-125, cit.). Tra i miglioramenti infrastrutturali, dopo il 1850 e per le comodità granducali, il Siemoni fece sistemare e lastricare il tratto di mulattiera che raggiungeva il valico, transitando per gli Occhi Bui e la Croce del Piccino, infatti noto come Mulattiera del Granduca, ancor’oggi riconoscibile per i consistenti tratti selciati che resistono all’abbandono. La Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese e adiacenze (datata 1850 e conservata presso il Nàrodni Archiv Praha), tra gli assi viari convergenti sul passo dal versante romagnolo, oltre ad essa registrava nell’area la presenza esclusiva di Strade dette dei legni per il trasporto dei medesimi, evidentemente utili anche come infrastrutture generali, consistenti nelle due piste per Poggio della Ghiraia, oggi Poggio Termini, una delle quali corrisponde al Sentiero 241 CAI e l’altra in parte al Sentiero delle Cullacce che si innesta sulla Giogana a Pian delle Carbonaie; una terza pista collegava Le Cullacce alla cima minore del Poggione, allora Poggio Seghettino, corrispondendo al tratto inferiore del Sentiero delle Cullacce. Dal crinale occidentale non vi pervenivano piste di sorta, infatti la nota e frequentata Stradella scendeva con un lungo giro a Campigna passando da La Stretta o Via delle Strette, oggi S. Vic.le Fonte al Bicchiere, deviando dai «[…] bei prati della Stradella […], in mezzo ai quali sorge un capannone di pietra, detto la Burraia, conosciuta pel suo buon latte e squisitissimo burro. Più sotto si vede la gran fattoria di Campigna circondata a nord da una bellissima foresta di abeti, mentre al di sopra della Stradella s’innalza il poggio Caprenno, che gareggia in altezza con quello della Falterona. Dal lato nord-est di poggio Caprenno per un sentiero sassoso si scende alla Calla […]» (C. Beni, 1881, pp. 55-56, cit.) (NB.: il Caprenno oggi è il Gabrendo). Per la realizzazione delle prime grandi strade carrozzabili transappenniniche occorrerà attendere tra la metà del XIX secolo e l’inizio del XX; negli anni ’30 del ‘900 verrà costruita la rotabile transappenninica tra S. Sofia, Stia e il Casentino attraverso il Passo della Calla, inaugurata il 27 ottobre 1932 ed asfaltata solo nella seconda metà del secolo scorso (ma se la prima tavoletta I.G.M. in scala 1:50.000, rilevata nel 1894, mostrava con evidenza il tracciato della Mulattiera del Granduca che si sviluppava tra Campigna e il valico, interrompendosi oltre tali limiti, la prima tavoletta in scala 1:25.000, rilevata nel 1937, mostrava ormai saldato il tracciato della nuova rotabile sul versante toscano ma ancora mancante quello da Campigna al Monte della Maestà).

Il Passo della Calla «[…] è il varco più basso dell’Appennino, per cui passa la mulattiera che da Stia conduce nella vicina Romagna. Da questo punto, sempre in direzione di levante, passato il Pian delle Carbonaie, e Pian Tombesi, la montagna comincia a farsi imponente per maestose piantate di faggio, grandi scogliere, e profondi burroni. Non lungi è il Piano della Malanotte, che offre dei punti di vista ove il ridente e l’orrido si alternano vagamente, e si uniscono per formare i più bei quadri della natura. […] Ma giunti dopo pochi passi al Canal del Pentolino, un nuovo spettacolo si presenta allo sguardo: un profondo abisso, alla cui estremità rumoreggia un torrente, rupi sospese, precipizi fiancheggiati da folte macchie, e questo selvaggio orrore temperato dalle più pittoresche creazioni della natura! Io credo che nelle nostre montagne non possano desiderarsi luoghi più belli. Proseguendo oltre, si giunge in breve al più elevato vertice di questa parte dell’Appennino, detto Poggio Scali […] dove pure si gode lo spettacolo di una bella e svariata prospettiva.» (C. Beni, 1881, p. 56, cit.). Il termine calla anticamente aveva il semplice significato di varco, come concordano due autori, P.L. della Bordella: «[…] ”Calla, id est stretta via”, “calles”, in latino significa propriamente viottoli stretti fatti dal callo … de’ piè degli animali, onde dichiamo ‘calle’ … […]» (P.L. della Bordella, 2004, p. 208, cit.) e G. Caselli: «[…] sono certo che deriva dal teutonico KALLA, un apposito passaggio in una siepe dove si contano le pecore per far pagare la dogana. […] ovvero: luogo dove si “chiamano” (kall), o contano le bestie che vanno o vengono dai pascoli.» (G. Caselli, 2009, pp. 144, 193, cit.). L’uso del termine venne “istituzionalizzato” con gli statuti comunali e statali quattro-cinquecenteschi: infatti, prima dell’abolizione della dogana dei Paschi e la liberalizzazione della transumanza (1778) una serie di “passi” o “calle” di dogana, assoggettati ai vincoli del regime mediceo-granducali, vennero disposti a raggiera a sud dell’arco montano e sullo stesso, lungo percorsi transitanti fino alle estreme terre di transumanza: «[…] sicuramente dal varco della Calla, il cui significativo toponimo indica – come quello del Sodo alle Calle, presso l’altro punto di valico del Giogo Seccheta – un evidente tracciato di transumanza lungo una direttrice in cui venivano in parte a coincidere vie dei pastori, “vie dei legni” e vie di altro uso pubblico (“via da Stia per Campigna e S. Sofia”).» (L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 51, cit.). «Pastori e bestiame che andavano a passare l’inverno in Maremma avevano certe strade prescritte dall’Appennino fino in Maremma, dette strade doganali. A passare dal Fiorentino dovevano pagare un tanto per testa di gabella anche sul bestiame piccolo che facevano contare. […] Nell’entrare in Maremma vi erano altre dogane dette Calle: a queste bisognava presentarsi, far contare il bestiame e pigliar le polizze.» (Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, 1774, vol. III, p. 26, cit. da P. Marcaccini, L. Calzolai, La pastorizia transumante, in: N. Graziani - a cura di, 2001, p. 114, cit.). La Calla è ancora detta un’ampia area delle pendici SE del M. Gabrendo, ricadente nel versante toscano, dove probabilmente si ammassava il bestiame in attesa della conta.

Mentre l’edificio della casa cantoniera, costruito dall’Anas sul luogo dell’antica dogana contemporaneamente al piazzale, già ridotto a rudere, è stato messo all'asta dalla Regione Toscana, settembre 2017, e ceduto a privati (è in corso -2022- la ristrutturazione ad uso bed and breakfast, che prevede una dotazione di 10 camere articolate fra i due piani e la mansarda, con sala per le prime colazioni al piano terra), il passo oggi è attrezzato da un ampio parcheggio, anche per autocaravan-camper; vi sorgono la struttura in legno del ristorante I Faggi ed il Rifugio CAI La Calla. Vi si trova inoltre la Madonna della Foresta, maestà ricavata in una grande sezione cava di tronco d’albero, il Monumento a Dante Alighieri con epigrafe (NEL CUORE DELLA FORESTA SPESSA E VIVA / SUL DORSO DELL’ITALIA BELLA / E NEL RICORDO DELLA DIVINA POESIA / VADA IL PENSIERO AL NOME IMMORTALE / DI / DANTE), e il Memoriale Pio Campana medaglia d’argento della Resistenza.

Per approfondimenti si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Campigna e/o relative a monti e insediamenti citati.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

C. Beni, Guida illustrata del Casentino, Brami Edizioni, Bibbiena 1998, rist. anast. 1^ Ed. Firenze 1881;

G. Caselli, Il Casentino da Ama a Zenna, Accademia dell’Iris - Barbès Editore, Firenze 2009;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Foreste Casentinesi, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2012;

Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Passo appenninico da Santa Sofia a Stia

Testo di Bruno Roba

Al km 24 della SP 310 del Bidente, a 27 km da Santa Sofia e 68 km da Forlì.

foto/descrizione :


_________________

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.

001a – La S.P. 4 del Bidente offre molteplici panoramiche e scorci della testata della valle del Bidente e delle dorsali che la compenetrano, ma del Passo della Calla si distingue solo lo skiline (20/05/18).

 

001b – 001c - Da monte di S. Paolo in Alpe, le quote superiori consentono di osservare l’incidenza della sella corrispondente al Passo della Calla (25/04/18).

 

001d – 001e - Dal crinale che da Grecale delimita la valle del Fosso di Ristèfani, la distanza e la quota mostra un ampio tratto dello spartiacque inciso dal Passo della Calla in allineamento con l’asse di fondovalle del Bidente di Campigna; tale aspetto orografico, evidentemente noto anche ai frequentatori dell’antichità, non si rivelò esauriente per i transiti, forse neanche in epoca romana, quando la viabilità si spostò nei fondovalle, sicuramente proprio per caratteristiche morfologiche delle opposte valli ivi convergenti. A parte i transiti obbligati della transumanza provenienti che qui si dovevano concentrare, che ne determinarono il toponimo, gli spostamenti privilegiarono sempre i crinali adiacenti mentre la principale Via dei Legni, per il trascinamento delle grosse pezzature dall’area di Campigna in direzione del porto di Pratovecchio e la fluitazione in Arno, scavalcava lo spartiacque presso il Monte Gabrendo, sulla sella dei prati della Burraia (25/04/18).

 

001f/001m – Vari scorci  del Passo della Calla (24/05/11 – 21/06/11 - 7/07/11 – 11/01/12 – 2/07/18).

 

001n – Sulle pendici SE del M. Gabrendo, che conservano ancora la denominazione La Calla, probabilmente si ammassava il bestiame in attesa della conta (24/05/11).

 

002a/002cc – Transitando dal Passo della Calla la maggiore evidenza è costituita dai ruderi della casa cantoniera, costruita dall’Anas sul luogo della vecchia dogana (si notano incongrue e sismicamente inutili strutture in c.a.); il fabbricato, ridotto a rudere è stato messo all’asta quindi ceduto dalla Regione Toscana, è in corso la ristrutturazione ad uso bed and breakfast (24/05/11 – 2/07/18 - 28/03/22).

 

002d - 002e – Altra evidenza è costituita dal Ristorante I Faggi (24/05/11 - 7/07/11).

 

002f - 002g – Non particolarmente evidente e forse abbastanza snobbato è il Monumento a Dante Alighieri, di cui nel testo è citata l’epigrafe (24/05/11 – 21/06/11).

 

002h/002m – Il Rifugio CAI La Calla è una probabile ristrutturazione di una struttura preesistente ad uso forestale (7/07/11 – 21/06/11– 11/01/12).

 

002n – 002o - 002p – Poco evidente ma suggestiva è la Maestà detta Madonna della Foresta, ricavata da un grosso tronco cavo (21/06/11).

 

002q/002u – Altrettanto poco evidente quanto essenziale e privo di retorica è il Memoriale Pio Campana, medaglia d’argento della Resistenza, di cui si riporta il testo della bacheca illustrativa (11/01/12).

 

003a – 003b - Schemi di mappa da cartografia storica (1850 – 1894 - 1937) con evidenziata l'evoluzione degli assetti infrastrutturali dell’area del Passo della Calla; la toponomastica riprende anche come scrittura quella originale.

 

003c – 003d – Il tratto di Giogana che giunge al Passo della Calla tende ad assumere aspetti “naturalistici” che forse non ha mai posseduto (24/05/11 – 11/01/12).

 

003e/003p – I tratti superstiti della Mulattiera del Granduca, che si ritrova a 500 m dal Passo della Calla, mantengono ancora le prevalenti caratteristiche originali; se l’aspetto vegetazionale può avere subito notevoli modifiche, il rapporto con gli aspetti tettonici (varie emergenze rocciose) è evidentemente sostanzialmente lo stesso dalla data (1850 e successivi) della sua sistemazione (2/07/18).

 

003q - «I valichi comodamente transitabili sono quattro, se si include il Passo del Muraglione […] e cioè, oltre a questo, il Passo della Calla (fig. 7), dei Mandrioli […] e di Montecoronaro […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 10, cit.). Oltre il testo è d’obbligo “citare” (elaborazione neografica) anche la fotografia contenuta nel medesimo volume (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 12, cit.), eseguita dallo stesso Pietro Zangheri (1889-1983) presumibilmente negli anni immediatamente precedenti alla pubblicazione, utile ad evidenziare cosa si intendesse per “comodità” in tale epoca in relazione a quei luoghi. La ripresa pare inquadrare il bivio tra la transappenninica e la pista per i rifugi dei Fangacci, oggi S.P. n.94 del Castagno.

 

003r – Elaborazione neografica da foto probabilmente degli Anni ’70, quando la Giogana si poteva considerare perfettamente transitabile in rapporto alla strada principale, ancora in macadam (massicciata di pietrisco). Pare di riconoscere già presente una lapide commemorativa di Pio Campana.

{#emotions_dlg.07}