La Traversa
Testo di Bruno Roba (Apr. 2017 – Agg. 22/01/2019)
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, la Valle del Fiume Bidente delle Celle riguarda il ramo occidentale del Bidente ed è delimitata: ad Ovest, da un tratto del contrafforte principale che distacca dal Monte Falco proseguendo per Pian Cancelli «[…] per la costa di Pian delle Fontanelle (m. 1520) scende rapidamente a Poggio Bini (m. 1105), attraversa Poggio Corsoio e risale a Monte Ritoio (m. 1193) […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.), vira bruscamente verso Est fino al Monte dell’Avòrgnolo, dove riprende l’andamento principale puntando verso Forlì per terminare dopo circa 55 km evidenziando presto i Monti Guffone e della Fratta. Presso l’Avòrgnolo si stacca la dorsale di Pian dell’Olmo, che disegna quell’arco di rilievi che delimitano il versante sx della Valle del Fiume Bidente delle Celle, costringendo il fiume a riunificarsi con il Bidente di Campigna presso Lago e contribuendo a generare poco più in là, sotto il borgo omonimo, il Fiume Bidente di Corniolo; ad Est, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che sempre staccandosi dal gruppo del M. Falco si dirige verso Poggio Palaio, quindi con il crinale di Corniolino termina a Lago. Dai rilievi del contrafforte si staccano varie dorsali delimitanti valli e vallecole contributive del bacino in sx idrografica: a quella principale, topica, di testata del Bidente delle Celle costituita dalla Valle del Fosso delle Celle seguono le Valli del Fosso dei Fondi, delle Fontacce, di Lavacchio e della Fontaccia.
Come gli altri vicini, il bacino idrografico del Bidente delle Celle mostra una morfologia nettamente differenziata: se per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, anche il versante orientale appare frastagliato mentre i versanti occidentali o prevalentemente esposti a meridione mostrano pendii più dolci a prato-pascolo, spesso su terrazzi orografici, che si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati. In particolare, il tratto di contrafforte principale che ne costituisce testata idrografica evidenzia pressoché tutti gli aspetti elencati, inoltre la cresta non discende con regolarità assoluta tendendo anzi a rialzarsi tra il M. Ritoio e il M. Guffone (caratteristica significante tettonicamente, ovvero nella disposizione delle rocce e loro modalità di corrugamento e assestamento, che si ripete con notevole parallelismo in tutti i contrafforti in coincidenza con i nodi montani). Dal Monte Ritoio (che “indica la retta via”), nodo montano dell’assetto tettonico insieme al Guffone, la linea di cresta principale inizia a descrivere planimetricamente una serpentina da cui si distacca un’imponente dorsale (che presto si biforca), orientata di 30-45° rispetto all’asse N/S ed imperniata sul Monte Cavallo (c.d. vuoi per la lunga schiena montana sormontata dall’evidente sella, completa di “pomo” e “paletta”, vuoi per i cavaglioni, mucchi, di covoni, in passato ivi disseminati), che compenetra l’intera vallata. Un anfiteatro naturale così si apre sotto il Ritoio, rivolto a meridione come a raccoglierne gli influssi benefici, compreso tra Poggio Bini e il M. Cavallo e le dorsali che rispettivamente vi si distaccano. Racchiude un ventaglio di fossi che costituisce il bacino idrografico del Fosso dei Fondi, tra cui il Fosso del Foscolo, suo principale affluente con origine da Poggio Bini. Il Fosso dei Fondi ha origine dal M. Ritoio con due rami tra i quali si situa Acquaviva ma, in coerenza con le rappresentazioni cartografiche antiche, il ramo principale (da alcuni ritenuto Fosso di Acquaviva) è quello più occidentale mentre il ramo orientale sgorga da una fonte-abbeveratoio posta a SE dei resti del fabbricato. Successivamente sprofonda e si incassa tra alte pareti che espongono estese stratificazioni marnoso-arenacee e, come un cordone ombelicale, si allunga a trovare sbocco nel Bidente delle Celle, presso le Ripe Toscane, noto Geosito che espone lo spesso Strato Contessa. La parte ampia e meglio esposta della valle accoglie gli ampi prati-pascoli di Acquaviva, già Acqua viva e C. Acquaviva, stagionalmente ancora utilizzati da allevamenti di bestiame allo stato brado, conservando scarsissimi resti del fabbricato, mentre rimane solo la memoria di Casa Sabelli, così come di insediamenti quali il topico e profondo Fondi, con un capanno poco distante, ed il sacrificato La Traversa, diversamente da Foscolo, già C. Foscolo e noto anche come Cà Foscolo benché tale toponimo non compaia nella cartografia, i cui ruderi ancora sono appollaiati su un poggetto. Un’altra fonte-abbeveratoio, ma ormai arida e abbandonata, si trova poco sotto il crinale tra i MM. Cavallo e Ritoio, accanto all’inizio della pista poderale che serve l’intero comprensorio, presso cui si trovano pure i resti di un capanno o recinto in pietra o altra struttura di servizio. Tranne quest’ultimo e le fonti, tutti compaiono nel Catasto Toscano del 1826-34, mentre sia nella cartografia I.G.M. di impianto (1894) in scala 1:50.000 sia nella tavoletta I.G.M. (1937) in scala 1:25.000, sia nella cartografia moderna (1995) sono presenti solo C. Acquaviva, C. Foscolo e La Traversa. Per curiosità si può segnalare un particolare fenomeno di frattura e scivolamento di una grossa massa rocciosa in ambiente marnoso-arenaceo presso Acquaviva che, a seguito dell’erosione della stessa e del dilavamento del versante retrostante (che ha generato un caratteristico passaggio a canyon utilizzato per il transito), ha determinato una morfologia tale da essere interpretata cartograficamente come edificio (o, finanche, detto edificio): una rock-house, casa di roccia.
Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovano collocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate, come quella di Corniolino. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici.
Il sistema insediativo locale dipende ancora dall’infrastrutturazione viaria più antica riguardante l’intera valle delle Celle, cioè la Via Flaminia Minor, un ramo della quale si dirigeva verso Forlì e Ravenna transitando dal crinale del contrafforte principale (nel catasto ottocentesco un tratto è detto Via di Corniolo), e dal suo ramo a mezza costa e fondovalle attraversante le Ripe Toscane, le cui stratificazioni rocciose formano gradonate ancora oggi funzionali alla percorrenza (anche grazie alla “modernizzazione” dei primi anni del ‘900), così andando a ritrovare l’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola proveniente da Galeata (l’antica Mevaniola). Percorsi di controcrinale trasversali scalavano i ripidi pendii, come quello che dai pressi della Fonte del Bercio si inerpicava verso il M. Cavallo, collegando la viabilità principale e toccando alcuni insediamenti. Fondi veniva raggiunta da uno specifico tracciato di fondovalle incentrato sul crocevia di La Fossa, in parte oggi scomparso in coerenza con l’antico abbandono per evidenti difficoltà di conduzione in un sito posto nel profondo vallivo di un ripido versante, appena sopraelevato rispetto ad una confluenza torrentizia. Dell’insediamento rimane un consistente accumulo del pietrame che costituiva le sue murature, ormai verdeggiante di muschio, la cui ampiezza dimostra l’esistenza di un corpo di fabbrica di dimensioni superiori di quelle rilevabili dal catasto antico. Un capanno dell’insediamento, dalla caratteristica e stringatissima planimetria pseudo-absidale (ricorrente per tale tipologia di fabbricati), ormai privo di poco più della copertura, che pare una costruzione più tarda ad uso ricovero utilizzante i resti giacenti, consente una classificazione di “rudere” anziché di “fabbricato non più esistente”. Del tratto in sx idrografica dell’antico collegamento viario con La Fossa si rinvengono scarsissime tracce; di quello in dx ne rimangono di consistenti limitatamente alla porzione O-E, fino alla sommità del rilievo prospiciente le balze di Montecavallo di sopra. I prati-pascoli di Acquaviva e Casa Sabelli che a tratti giungono fino alla linea spartiacque, posti su pendii di acclività minore quasi in diretta proporzione con l’incremento dell’altitudine, con aspetti di scivolamento del versante dalla morfologia ancora tormentata e di limitata ampiezza, hanno potuto godere della realizzazione delle piste poderali (spinte fino a Montecavallo di sopra), indispensabili per l’odierno alpeggio stagionale, diversamente dal destino dei loro fabbricati che, anzi, pare abbiano subito le conseguenze delle risistemazioni del sito. I resti di Acquaviva sono ormai costituiti da un accumulo di sassi ricoperti da rovi e vitalbe che non possono conseguire da crollo spontaneo, infatti apparendo all’inizio di questo secolo ancora “ordinati” in qualche brano murario, come risulta da qualche foto che circola in rete. Un vecchio tracciato ancora riconoscibile collega con il sito di Casa Sabelli, ormai riconfigurato in un poggetto posto all’incrocio con la citata pista poderale, dove pare di riconoscere la traccia di una “fossa” edilizia, mentre il pietrame murario pare ricoperto da una macchia di rovi e cornioli. Posti in aree di transizione con prevalenza di terreni intensamente deformati e brecciati, non si sono avvantaggiati degli ammodernamenti viari gli insediamenti di Foscolo, già in passato privilegiato dall’essere posto al centro di un quadrivio e che mostra consistenti resti di due fabbricati (quello minore non comparente solo nella mappa di inizio Ottocento quindi realizzato entro l’inizio del successivo), segno di un prolungato utilizzo, e de La Traversa posto, quasi nascosto, su un piccolo ed inaspettato terrazzo morfologico che si colloca in un contesto accidentato e profondamente inciso da una serie di fossatelli che, dalla Colla di Pian di Mezzano, convergono nel Fosso dei Fondi insieme al Fosso del Foscolo. Anche di quest’ultimo fabbricato rimangono limitatissime e sparse spoglie sassose, come profanate da eventi geoclimatici nel loro precipitare nel profondo dei fossi sottostanti, o demolite volontariamente, considerato che negli scorsi anni ’70 risultava esistente ed in uso all’Azienda Regionale Foreste. Benché sia ancora riconoscibile l’incavo nel leggero pendio che conteneva le sue strutture (peraltro dal confronto delle coordinate circa 20 m discosto rispetto alle indicazioni della mappa regionale, invece corrispondenti ad una radura perfettamente piana, o spianata, e priva di tracce), il limitato cumulo di pietrame ricoperto da folta vegetazione erbacea oltre quello citato antistante e franante nel fosso, porta ad una classificazione di “fabbricato non più esistente” anziché di “rudere”. In ogni carta compare peraltro distante da mulattiere e sentieri, tranne che nel Catasto Toscano dove è rappresentato il comodo tratto che ancora oggi lo raggiunge dipartendosi da Foscolo.
N.B. - Negli scorsi anni ’70, seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente (La Traversa ed Acquaviva, compreso nell’elenco senza specifiche, furono esclusi dalla schedatura). Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.
- Il toponimo Foscolo può derivare dal latino fuscus = oscuro, per quanto in senso diminutivo, con significato tendente a “terra oscura”, forse per trovarsi per esposizione facilmente in ombra.
- Il toponimo Traversa (che si ritrova anche in una frazione di Firenzuola, centro toscano del versante imolese dell’Appennino tosco-romagnolo quindi della Romagna Toscana) pare quasi un oronimo, infatti deriva dal latino transversus (trans-verto) = in posizione obliqua, di traverso, ben rappresentando la difficile collocazione dell’insediamento.
Per approfondimenti si rimanda alla schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle e/o relative a monti e insediamenti citati.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;
Pro Loco Corniolo-Campigna (a cura di), Corniolo, storia di una comunità, Grafiche Marzocchi Editrice, Forlì 2004;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Carta dei sentieri Alpe di S. Benedetto, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;
Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html
Testo di Bruno Roba
Dalla S.P. 4R del Bidente alla Colla Tre Faggi, a circa 2,5 km da Campigna, si prende la Pista di servizio SP 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado per circa 4 km fino a Celle da cui si stacca una mulattiera che, conservando ancora tratti di lastricatura, risale in direzione del valico della Colla di Pian di Mezzano trovando la S.Vic.le Valbiancana-Camporomagnolo a La Fossa da seguire per circa 2 km fino a Foscolo. A 300 m a monte di Foscolo una pista poco visibile (segnalata in una sola mappa escursionistica ma che, insieme alla CTR regionale, riporta correttamente la posizione del fabbricato), attraversa il podere in abbandono e scende nella vallecola per 200 m con un dislivello di 50 m prima fiancheggiando l’omonimo fosso poi presto deviando sulla sx e trovando una larga mulattiera che, pressoché complanare intorno ai 900 m di quota (tale curva di livello ne può rappresentare la traccia cartografica) e perfettamente corrispondente alla mappa catastale ottocentesca, aggira in senso antiorario il ripido costone. Sul suo crinale si abbandona la traccia segnalata dalla mappa proseguendo a sx sulla mulattiera e addentrandosi verso monte fino a raggiungere e guadare due fossatelli tramite le antiche briglie in sasso appositamente predisposte, avendo come unica difficoltà il superamento di un vecchio accumulo di faggi divelti. Dopo i guadi il tracciato porta subito (in tutto 800 m) sul sito di La Traversa, senza inoltrarsi nell’impianto misto di Pinacee visibile da distante. L’agibilità del luogo contrasta con l’impressione che si ricava da un’osservazione da remoto.
Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
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001a/001d - Da Poggio Scali, benché da remoto, si può seguire lo sviluppo del contrafforte principale e si osserva dall’alto gran parte della valle del Fosso dei Fondi, fronteggiando il delta della vallecola che ospitava l’insediamento de La Traversa (5/02/11 – 4/08/16 - 16/08/16).
001e – 001f – Dal Monte Falco la veduta si estende all’intero tratto del contrafforte che delimita la Valle delle Celle, benché il M. dell’Avòrgnolo quasi non si noti sopraffatto dal M. Guffone. L’innevamento evidenzia le aree prative, le piste e le mulattiere di servizio degli alpeggi dell’alta valle del Fosso dei Fondi: la fascia di pinacee più in p.p. sulla sx riguarda il sito de La Traversa (22/12/11).
001g – 001h - 001i - Dalla S.F. di Giogo di Castagno (vi si giunge tramite la S.P. n.94 del Castagno dal Passo della Calla), tagliata sotto Pian delle Fontanelle, le vedute sono progressivamente ravvicinate sul sito de La Traversa, riconoscibile solo se noto (01/01/19).
001l/001p - Dal Sentiero degli Alpini 301 CAI vari scorci consentono di individuare l’impianto misto di pinacee dell’insediamento sia di profilo sia dall’alto, oltre l’Abete bianco al centro di due vedute, mentre in lontananza si notano le stratificazioni della dorsale di Monte Cavallo e la profonda incisione del Fosso dei Fondi diretto alla confluenza nel Bidente delle Celle. Più avanti, con il fondale del massiccio appenninico, si ha una veduta delle profonde incisioni dell’alta valle del Fosso dei Fondi dove si riconosce Ca Foscolo e la fascia mista di pinacee sul ciglio di un costone relativo al sito de La Traversa (21/03/17).
001q - Il bacino idrografico del Fosso dei Fondi; elaborazione da cartografia moderna integrata con localizzazione di luoghi di antica documentazione.
001r - Elaborazione da cartografia di inizio Ottocento con rappresentazione dell’assetto insediativo ed infrastrutturale: sono rappresentati gli scomparsi insediamenti di Fondi, Casa Sabelli e capanno di Fondi. La viabilità si ritrova ancora tranne gran parte del tratto di fondovalle La Fossa-Fondi, così come si ritrovano la mulattiera dal crinale ad Acquaviva e Casa Sabelli e quelle complanari verso le praterie di M. Cavallo, benché non rappresentate in mappa. La scrittura della toponomastica riprende quella originale.
001s – Schema di mappa risalente ai primi decenni del XX sec. da cui si nota la scomparsa sia del tratto viario antico che penetrava nel profondo vallivo sia degli stessi insediamenti in sx idrografica (Fondi, Casa Sabelli e capanno) tranne Acquaviva. Mentre compare il percorso trasversale risalente a Foscolo, ancora oggi esistente, non vi è traccia del tratto di bella mulattiera che risale la valle in sx idrografica, forse successiva.
001t - Veduta con indice fotografico.
002a/002d - Dalla rotabile che discende dalla Colla di Pian di Mezzano vedute della vallecola che attraversa il podere in abbandono di Ca Foscolo; dalla strada si stacca un ampio tratto iniziale cui seguono vaghe tracce (segnalate in una sola mappa escursionistica) che presto troveranno una larga mulattiera (21/03/17).
002e/002h - La mulattiera, pressoché complanare intorno ai 900 m di quota (tale curva di livello ne può rappresentare la traccia cartografica), come da mappa ottocentesca, segue in senso antiorario le pieghe di un ripido costone fino ad aggirare con un tornante il suo crinale; qui si abbandona il sentiero segnalato che procede sul crinale mantenendo a sx la mulattiera: il relitto di un grosso faggio ancora per molti anni può svolgere una funzione segnaletica (21/03/17).
002i/002z - La mulattiera si addentra verso monte fino a raggiungere e guadare due fossatelli tramite le antiche briglie in sasso appositamente predisposte, avendo come unica difficoltà il superamento di un vecchio accumulo di faggi divelti. Dopo i guadi il tracciato porta subito (in tutto 800 m) sul sito cercato senza inoltrarsi nell’impianto misto di Pinacee, visto da distante. Il fosso che delimita il terrazzo morfologico dell’insediamento, dopo un breve tratto ancora ben regimato da antiche briglie in pietra che svolgono anche la funzione di guado, precipita sempre più ripido accogliendo gran parte delle spoglie de La Traversa (21/03/17).
003a/003i - Gli scarsissimi resti de La Traversa, come spoglie sassose profanate da eventi geoclimatici, giacciono sparsi fino al ciglio del luogo dove sorgeva il fabbricato, peraltro a circa 20 m discosto rispetto alle indicazioni della particolareggiata mappa regionale aggiornata al 1991. Il terrazzo morfologico dell’insediamento conserva l’aspetto di una radura (piana o ben spianata, corrispondente alla posizione del fabbricato rispetto alle indicazioni della mappa regionale) sul limite di un impianto misto di Pinacee che consente di individuare il sito anche da remoto (21/03/17).