Mulino di Cà del Conte a Pietrapazza
Testo di Bruno Roba (04/2017 – Agg. 25/06/2022) - Il bacino idrografico del Fosso Fondo Rignone appartiene ad un tratto di versante orientale del contrafforte secondario, compreso tra Poggio della Bertesca, il terrazzamento orografico interglaciale di Pian della Saporita, l’area dell’Eremo Nuovo e la dorsale che staccandosi dietro Siepe dell’Orso si sviluppa fino al Bidente subito a monte di Pietrapazza, delimitando a Nord la valle dei Fossi del Vallone e dei Poderini, dorsale già detta Raggio di Valprandola, la parte alta e Raggio da Rignuno o Rignuni o di Rignone, il tratto inferiore. Questo brano di territorio è reso particolarmente impervio dal susseguirsi di diramazioni montane che danno origine ad un fitto e quasi indistinguibile reticolo idrografico, tra cui si identificano il Fosso del Castagnaccio e il suo ramo alto, che forse indentifica l’intero torrente, significativamente detto dal Piano al Fondo (ovvero da Pian della Saporita al Fosso Fondo), affluente del Fondo Rignone, e il Fosso di S. Giavolo, affluente del Bidente. Il ramo principale del Fosso Fondo Rignone (accoppiamento toponomastico accrescitivo del termine, dal latino classico, rivus e tardo latino rigus, con il significato sia di fossone, vallone sia di rigagnolo) ha origine dall’ampia sella del contrafforte al Paretaio, che costituisce passo montano di collegamento con la viabilità di crinale e con la Valle di Ridràcoli. Nel XVI secolo il Rignone era l’area più elevata che si estendeva fino all’Abetaccia e a S. Giavolo mentre l’Himo Rignone o Rignone Basso riguardava l’area della Casetta, estendendosi fino a Cà dei Conti, a Petrella e al Mulino Milanesi di Pietrapazza o di Cà del Conte. L’area fino alla zona dell’Eremo Nuovo era detta Sangiavolo. Nel XVIII secolo la parte elevata era semplicemente detta Monte e i coltivi di Siepe dell’Orso erano detti i Campi da Monte.
Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di Pietrapazza, Fiume Bidente di Pietrapazza e Fosso Fondo Rignone.
In base al Catasto Toscano (1826-34) nel sistema vallivo dei Fossi Fondo Rignone e di S. Giavolo, in ordine geografico, sorgevano i fabbricati di Siepe dell’orso, detto anche Mottoni, o Siepe all’Orso o Siepe dell’Orso di Sopra, oggi Siepe dell’Orso, restaurato, La Siepe dell’orso, poi distinto in Siepe dell’Orso di Mezzo e Siepe dell’Orso di Sotto, scomparso, Abetaccia o Albaraccio o Abataccio o Abedaccio, nella Carta d'Italia I.G.M. odierna declinato l'Abetaccia, Castagnaccio, nella Carta d'Italia declinato il Castagnaccio, Rignone o Rignoni o Rignuno o Rignuni e Casetta o Casetta di Cà del Conte, nel N.C.T. declinato La Casetta, ridotti a rudere. S. Giavolo, già S. Giavoli o Sangiavolo nella Carta d’Italia dell’I.G.M. precisato C. S. Giavolo, posto nel crinale di separazione dal fosso omonimo, e I Piani o Pian del Ghiro, posto nel crinale di separazione tra i Fossi di S. Giavolo e dell’Eremo Nuovo, sono anch’essi ridotti a rudere o pochi resti. In riva al Bidente, tra gli sbocchi dei due Fossi Fondo Rignone e di S. Giavolo, in un luogo già detto Macchia da Rignoni, si trovano i ruderi di Campo della Sega, già Campo alla Sega, c.d. dai caratteristici affioramenti delle stratificazioni marnoso-arenacee, a volte sporgenti e frammentati come denti di sega. Un ulteriore fabbricato scomparso era Il Baraccone, risalente all’epoca della ferrovia Decauville del Cancellino o della sua trasformazione in rotabile, cui si deve il lascito toponomastico relativo al sito dove sorgeva, presso il tornante stradale che aggira il contrafforte secondario e fronteggiante Siepe dell’Orso, evidente nelle vedute panoramiche. Sulle prime pendici orientali del Raggio di Rignone, scolanti sul Bidente ma anticamente appartenenti all’area di Rignone, si trovano Cà dei Conti, anticamente Casa del Conte e Cà del Conte, nel Catasto Toscano Ca de' Conti, nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894) trascritto come oggi per intero, e Petrella, nella Carta d’Italia dell’I.G.M. odierna C. Petrella, altrimenti anonimo nella cartografia antica ma detto La Petrella. Presso Pietrapazza, in riva al fiume e di là dal ponte si trova il Mulino Milanesi o Mulino di Cà del Conte, presente ma anonimo nel Catasto Toscano, con il solo simbolo dell’Opificio a forza idraulica nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894) e con il solo simbolo del fabbricato in quella successiva del 1937.
Mentre il cimitero e il ponte non sono rappresentati nel Catasto Toscano, del Mulino è rappresentato sia il berignale o gora di alimentazione del bottaccio, che prelevava l’acqua dal Bidente prima della confluenza del Fosso di Ridolmo, sia l’ampia area di stramazzo o scarico idrico antistante il doppio androne che ospitava i due ritrecini, ruote idrauliche, di cui era dotato. È documentato per la prima volta nel 1741 come Mulino di Cà del Conte in quanto eccezionalmente di proprietà dei suoi abitanti, anticipando di qualche decennio la riforma leopoldina che, alla fine del Settecento eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire mulini. È è noto anche come Molino Milanesi dal nome dei proprietari.Utilizzato nel corso dell’Ottocento come abitazione a pigione, nel 1891 venne aperta l’Osteria di Cà di Giorgio mentre, con il passaggio al nuovo secolo, perdeva definitivamente la funzione molitoria, come peraltro attestato dalla sopracitata cartografia storica. Una mappa dell’Archivio Comunale di Bagno di Romagna, datata 1888-1913 (cfr. AA.VV., 1989 e C. Bignami, A. Boattini, 2018, cit.), riguardante l’attribuzione delle numerazioni civiche, assegna al Mulino il n. 40. A seguito dell’abbandono abitativo, nel 1950, quando ancora è attiva l’osteria, diviene proprietà ex A.R.F., che ormai registra i dati catastali di un fabbricato non dimensionato, evidentemente ormai ridotto a rudere. Oggi mostra ancora consistenti ruderi invasi dalla vegetazione che non impediscono di vedere i due androni, ormai parzialmente interrati, mentre sono scomparse o irriconoscibili le altre strutture. Una foto storica degli Anni ’70-’80, ripresa dalle pendici del Crinale delle Graticce, mostra il ponte ed il mulino già in stato di forte fatiscenza e privo della copertura, immerso in un ambiente scarsamente boscato e ormai degradato segnato dai tornanti della Mulattiera di Pietrapazza che si inerpica tra le stratificazioni rocciose.
N.B.:- L’Appennino romagnolo era caratterizzato fino a metà del XX secolo (superata in qualche caso per un paio di decenni) da una capillare e diffusa presenza di mulini ad acqua, secondo un sistema socio-economico legato ai mulini e, da secoli, radicato nel territorio del Capitanato della Val di Bagno. Intorno al Cinquecento ognuno dei 12 comuni del Capitanato disponeva di almeno un mulino comunitativo la cui conduzione veniva annualmente sottoposta a gara pubblica a favore del migliore offerente. Nell’alta valle del Bidente di Pietrapazza il Comune di Poggio alla Lastra possedeva tre mulini, il Mulino di Pontevecchio, il Mulino delle Cortine e il Mulino delle Graticce; a quell’epoca nell’area si registrano assegnazioni per 230 bolognini. La manutenzione poteva essere a carico del comune o del mugnaio. Alla fine del Settecento l’attività riformatrice leopoldina eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire altri mulini in concorrenza produttiva, cui seguì un progressivo disinteresse comunale con riduzione dell’affitto annuale dei mulini pubblici fino alla loro privatizzazione. Nell’Ottocento, con la diffusione dell’agricoltura fino alle più profonde aree di montagna, vi fu ovunque una notevole proliferazione di opifici tanto che, ai primi decenni del Novecento, si potevano contare undici mulini dislocati lungo il Bidente di Pietrapazza e i suoi affluenti. Dagli anni ’30, la crisi del sistema socio-economico agro-forestale ebbe come conseguenza l’esodo dai poderi e il progressivo abbandono dell’attività molitoria e delle relative costruzioni.
- Negli scorsi Anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Abetaccia, Cà dei Conti, La Casetta, La Pedrella, Molino, Rignone e S. Giavolo, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
- Il timore suscitato nell’immaginario collettivo dal possibile incontro con animali potenzialmente pericolosi rendeva frequente l’usanza di “battezzare” significativamente i luoghi di tali eventi: Cà dell’Orso, Cà D’Orso, Cà Orsarola, Fonte Lupaia, Fossa dell’Orso, Fossa del Lupo, Macchia d’Orso, Orsaiola, Orsaro, Passo dei Lupatti, Pian dei Lupi, Prato all’Orso, Tana all’Orso. A proposito si può citare l’inchiesta leopoldina del 1766 sull’economia locale del territorio, estremamente povera e di sussistenza specie nelle zone montane, eventualmente integrata con i prodotti della pesca e della caccia ai piccoli animali: se la caccia ai mammiferi maggiori era riservata ai grandi proprietari con riserva dei rapaci e delle loro uova al Granduca, ricompense venivano concesse a chi uccideva lupi e orsi bruni, questi ultimi segnalati ancora nel 1733 presso i confini geografici.
- Quando il toponimo compare con anteposta l’abbreviazione “C.” presumibilmente si è manifestata l’esigenza di precisarne la funzione abitativa; in base alle note tecniche dell’I.G.M., se viene preferito il troncamento Ca, deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
AA.VV., Il popolo di Pietrapazza, C.C.I.A.A. di Forlì, Cooperativa culturale Re Medello, Forlì 1989;
E. Agnoletti, Viaggio per le valli bidentine, Tipografia Poggiali, Rufina 1996;
C. Bignami, A. Boattini, La Gente di Pietrapazza, Monti editore, Cesena 2018;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997;
M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Piano Strutturale del Comune di Bagno di Romagna, Insediamenti ed edifici del territorio rurale, 2004, Scheda n.867;
Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
Testo di Bruno Roba - È raggiungibile senza difficoltà da Pietrapazza, dove si perviene dalla S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza (sterrata di circa 10 km), percorrendo un breve tratto (300 m) del Sent. 221 CAI fino ad oltrepassare il ponte sul Bidente, oltre il quale occorre cercare il sentierino sulla dx che porta al mulino da monte, oppure si può scendere nell’alveo sulla sx del ponte passando sotto la sua arcata e risalire la sponda in corrispondenza del mulino.
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00a1 – Dalla Maestà del Raggio, sul Crinale del Raggio o del Finocchio, veduta della valle che si stringe verso Pietrapazza: sulla sx si scorge l’ultimo sprone della dorsale già detta Raggio da Rignuno o Rignuni o Raggio del Valone, con il poggetto di Casetta, che sovrasta il sito del Mulino di Pietrapazza (19/04/18).
00a2/00a5 – Dalla dorsale che digrada dal Monte Càrpano, pressi Cà di Mengaglia, veduta opposta alla precedente della valle di Pietrapazza: si distinguono bene il campanile della chiesa e la traccia della Mulattiera di Pietrapazza che si arrampica sul versante roccioso verso Siepe dell’Orso mentre i resti del mulino sono occultati dalla vegetazione (19/04/18).
00b1 – 00b2 – Elaborazioni da una foto storica degli Anni ’70-’80 ripresa dallo stesso sito delle precedenti presso Cà di Mengaglia, che mostra il ponte ed il mulino già in stato di forte fatiscenza e privo della copertura, immerso in un ambiente scarsamente boscato e ormai degradato, segnato dai tornanti della mulattiera.
00b3 – 00b4 – 00b5 – Dal Crinale delle Graticce a monte del Pianaccio, panoramica e vedute dove, oltre la perfetta morfologia piramidale del picco di Pietrapazza, si trova il sito del mulino, nei pressi di un tratto roccioso adiacente all’alveo del Bidente, visibile nella successiva 00d6 (23/03/22).
00c1 – 00c2 - Schema cartografico della bassa valle del Bidente antecedente alla realizzazione della S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza e particolare dell’area di Pietrapazza.
00c3 – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale. Qui compare anche la toponomastica della viabilità principale di fondovalle e di crinale.
00c4 - 00c5 – Confronto tra schemi di mappa derivati dal catasto ottocentesco e da cartografia moderna che consentono di apprezzare alcune modifiche dell'area, con particolare del mulino dove si nota il berignale, di presa idraulica, e lo stramazzo, di scarico.
00d1 – 00d2 – 00d3 – Vedute del ponte e della zona del mulino nascosta dalla folta vegetazione e, dal ponte, veduta dell’alveo in corrispondenza del mulino (9/05/13 – 1/09/16).
00d4/00d7 – Dall’alveo fluviale, vedute del ponte e del Bidente presso il mulino e scorcio dello stesso nascosto nella boscaglia (18/10/11 – 12/07/16).
00e1/00e14 – Vedute del mulino e della zona di stramazzo o scarico delle acque utilizzate con particolare dei due androni, di differenti dimensioni, che ospitavano i ritrecini o ruote idrauliche (12/07/16).