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Campo alla Sega

inserita da Bruno Roba
Tipo : fabbricato non pių esistente
Altezza mt. : 640
Coordinate WGS84: 43 51' 09" N , 11 49' 08" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (9/11/17- Agg. 23/10/2023) - Il Fosso delle Macine ha origine da Poggio della Serra e costituisce il tratto montano del Fosso di Campo alla Sega che ha esatta origine dalla confluenza del suo tratto montano con il Fosso di Sasso Fratino (a volte detto anch'esso Fosso delle Macine), con la sua ramificazione generata da quell’anfiteatro, tra cui il Fosso dell’Acqua Fredda o dell’Asticciola«I torrenti principali che attraversano la Riserva sono (da Ovest a Est): Sottobacino Bidente di Ridracoli – Fosso delle Macine, che costituisce la porzione alta del F.di Campo alla Sega […] Fosso di Sasso Fratino, affluente di destra del F. d. Macine – Fosso di Campo alla Sega, derivato dalla confluenza del F. d. Macine e del F. d. Sasso Fratino […]» (A. Bottacci, 2009, p. 23, cit.). Altri affluenti provenienti dalla Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino sono il Fosso dei Praticini o dei Fraticini, posto prima della confluenza del Fosso di Sasso Fratino, e il Fosso dei Preti, delimitato in dx idrografica dalla Costa di Poggio Piano, braccio orientale dello specifico anfiteatro di Sasso Fratino che, distaccatasi dallo spartiacque appenninico ed in continuità con la dorsale della Seghettina, chiude a SE il bacino idrografico. Mentre il Fosso dei Botriali confluisce nel Fosso di Campo alla Sega sul limite del suo braccio lacustre, gli altri affluenti in sx idrografica, ovvero il Fosso della Busca, già della Basca, e il Fosso dell’Asino, ormai si gettano direttamente nel lago. La dorsale della Seghettina separa la valle del Fosso di Campo alla Sega da quella del Fosso degli Altari.

Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di Ridràcoli e Fosso di Campo alla Sega.

La minore acclività di tratti del versante sx della valle, alcontrario di quella della Riserva, dei Fossi delle Macine e di Campo alla Sega, al contrario di quella della Riserva, ha consentito il diffondersi di insediamenti ed appoderamenti dediti al pascolo e al taglio del bosco, infatti il ricorrente toponimo ricorda la principale attività svolta nell’area dai secoli addietro fino alla prima metà del XX … «Ivi il Padre Apennino non corruso ma verde, mostravasi aperto e vestito con alberi sul fianco, appiè del quale una cascata di acque da sega in sega e tra i massi rompendosi lieve lieve come velo copriva un ponticello …» (P. Ferroni, Autobiografia, 1825, in: G.L. Corradi, O. Bandini, “Per quanto la veduta consenta di spaziare”. Scelta di testi dal XIV al XIX secolo, in: G.L. Corradi, O. Bandini, 1992, p.78, cit.). Gli insediamenti superstiti sono alcuni fabbricati del nucleo de La Seghettina e, fino a pochi decenni addietro, Campominacci, già Campo MinacciCampo di Minaccio e Campo Ominacci, che giunse ad essere recuperato ed indicato come rifugio nella prima cartografia del Parco delle Foreste Casentinesi, oggi ormai abbandonato al destino di rudere, come peraltro l'Ammannatoia, anche detto Mannatoia Manatoia Menatoja, ed i Botriali, già Butriali. Di Pratovecchio  e Poggio a Pratovecchio (posti sul crinale di Poggio della Gallona ma il primo appartenente al sistema vallivo del Fosso del Molinuzzo) e di Campo alla Sega rimangono poche pietre. Vari capanni (di alcuni rimangono resti poco consistenti) si trovavano sia sulla sella del contrafforte posta a monte dell’origine del Fosso delle Macine, l’ex rifugio di Pian del Pero, sia presso il suo corso (uno a metà circa di probabile uso forestale, uno verso il termine, forse un’antica macina, peraltro posta in un sito nel XIX secolo noto come La Macine), sia presso Campominacci Campo alla Sega.

La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), consente di conoscere il tracciato della viabilità antica che raggiungeva Ridràcoli. Attraversato il Bidente di Corniolo presso Isola, con il Ponte dell'Isola, sul luogo del ponte odierno, essa si manteneva in sx idrografica risalendo subito a mezzacosta fino a raggiungere Biserno, per quindi ridiscendere nel fondovalle del borgo, dove si concludeva con un lungo rettilineo al cui termine si trovava Il Ponte di Ridràcoli. Tale viabilità, anonima nelle mappe citate, verrà poi denominata Strada Comunale Ridràcoli-Biserno e Strada Comunale Isola-Biserno; solo in occasione dei lavori di costruzione dell’invaso quest’ultima verrà ristrutturata e ampliata diventando parte della S.P. n.112.

Vari itinerari trasversali collegavano le vallate adiacenti, principalmente dipartendosi dal baricentro militare-residenziale del Castello di Ridràcoli (nel 1216 è documentato come Castrum Ridiracoli un villaggio fortificato che, secondo la Descriptio Romandiole del 1371, raggiungeva appena 6 focularia) e dai nuclei economico e religioso del ponte e della chiesa (una villam Ridraculi cum omnibus ecclesiis è documentata già dal 1213), dialetticamente separati in base alla morfologia del luogo, determinata dalla fitta sequenza delle anse fluviali. Dal Castello partiva la Strada che dal Castello di Ridracoli conduce alla Chiesa della Casanova, risalente la Valle dei Tagli ed imperniata su Casanova dell’Alpe (su una pietra cantonale della chiesa sono ancora leggibili le distanze chilometriche – evidentemente non più valide - km 12,358 per Bagno e km 5,933 per Ridràcoli); costituiva parte della successiva Mulattiera Ridràcoli-Bagno. Dal Ponte di Ridràcoli partiva la Strada che da Ridracoli va al Poggio alla Lastra, che, superata la chiesa, risaliva la Valle del Corneta, parte della successiva e rinomata Mulattiera di Ridràcoli diretta a Santa Sofia tramite Strabatenza. Entrambe le mulattiere incrociavano sul crinale la Strada Maestra di S. Sofia o Strada che dalla Casanova va a Santa Sofia, la prima presso il Monte Moricciona, la seconda sul Passo della Colla, posto sulla Colla del Monte interposta tra i Monti Marino e La Rocca. Molto note e ancora riportate come tali nella cartografia moderna, negli anni ’50 alle estremità delle mulattiere vennero installati dei cippi stradali riportanti la rispettiva denominazione, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; rimasero localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, infatti le odierne strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo.

Dai piedi del centro religioso si staccava un percorso che giungeva fino alle pendici della Seghettina … «[…] praticabile solamente nella bella stagione, quando le acque del fiume erano scarse, e si snodava lungo il corso del Bidente che veniva attraversato ben 33 volte […]» (C. Bignami, 1995, p. 90, cit.). Dalla via castellana si staccava la strada comunale, sempre percorribile, che risaliva il Bidente per un lungo tratto correndo accanto all’alveo fluviale, per la parte fino alla diga oggi sostituito dalla viabilità di servizio, per il resto ormai sommerso. La via scavalcava il Fosso dei Tagli, presso lo sbocco nel Bidente, forse sul luogo oggi occupato dall’asfalto stradale, con il Ponte dei Tagli. Subito dopo la mulattiera passava sotto un arco del Mulino di Sopra costeggiandone il bottaccio. Con la costruzione della diga e con il riempimento dell’invaso, è scomparso pressoché l’intero tracciato viario e sono scomparsi mulini, insediamenti (le Celluzze – che spesso riemerge, la ForcaLagaccioloVerghereto), ponti e guadi che, come sopracitato, attraversavano 33 volte il Fiume della Lama o Obbediente (come era anticamente classificato), come il Ponte a Ripicchione (documentato da una mappa del 1637 allegata ad una relazione del 1710 del provveditore dell’Opera del Duomo di Firenze  riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, l’originale a colori, in A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.) e il Ponte alla Forca. La mulattiera, dopo il Ponte a Ripicchione abbandonava l’argine fluviale risalendo progressivamente il versante e, sorpassata la Fonte dei Bisernini, raggiungeva Lagacciolo; un bivio divideva il tratto che da Case di Sopra risaliva fino al Monte Cerviaia dalla prosecuzione della via che ridiscendeva fino a La Forca e al suo mulino, prima attraversando il fosso detto Il Fossone con una palancola lignea, in un’area ormai sommersa. La viabilità lungo il Bidente terminava con l'attraversamento tramite il Ponte alla Forca o della Seghettina, risalente al 1843. Oltrepassato il ponte con un lungo tragitto si poteva risalire fino a S. Paolo in Alpe oppure si imboccava l’importante e sopracitata Strada che dalla Seghettina va a Stia valicante il Passo Sodo alle Calle o La Scossa. Dal questa via si staccava pure un itinerario (detto anche Via dei Fedeli) che scendeva ad attraversare il Fosso degli Altari per poi seguire il Fosso della Lama penetrando nella sua valle fino a valicare il crinale con il passo del Gioghetto, diretto all’Eremo di Camaldoli. Alla seconda metà del secolo scorso risalgono il Ponte alla Sega, ampio ponte ligneo carrabile che consente alla S.F. Lama-S. Paolo in Alpe-Corniolo di attraversare il Fosso di Campo alla Sega e il Ponte alla Macchia, un robusto ponticello ligneo con spalle in pietra che viene utilizzato anche come carrabile da piccoli mezzi agricoli per collegare la Seghettina con la strada predetta tramite la strada forestale diretta all’Ammannatoia. La valle del Fosso di Campo alla Sega era inoltre interessata da alcune c.d. vie dei legni, utilizzate per il trasporto del legame tagliato dai boschi di prelievo fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli; una di queste, che probabilmente attraversava la Riserva di Sasso Fratino, era la via che dalla Lama conduceva alla Seghettina e quindi a Pian del Pero e la Calla, individuata all’inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone nella relazione sullo stato delle foreste demaniali (cit.). 

In questo contesto storico-geografico, tra le alte valli bidentine quella di Ridràcoli è quella che meno ha subito il fenomeno dell’abbandono grazie alle caratteristiche ambientali e climatiche più favorevoli della sua parte meno elevata. Il borgo principale, posto nel baricentro sia geografico sia del sistema insediativo, è quello più noto e frequentato e la frazione di Biserno è quella più abitata, ma le parti delle vallecole laterali più profonde e difficilmente raggiungibili sono trascurate e molti fabbricati oggi sono in stato di abbandono o ridotti a rudere o scomparsi, con vari casi di ristrutturazione interrotta, ma non fanno eccezione neanche le valli meglio infrastrutturate che, se hanno evitato il completo abbandono dei poderi, hanno scarsamente contribuito al riutilizzo dei rispettivi insediamenti, in prevalenza abbandonati o, al più, riutilizzati a fini turistici.

La Valle Fosso di Campo alla Sega e sue diramazioni erano abitate fin dal XVI secolo nelle parti più remote e alcuni insediamenti sono rappresentati nella mappa del 1637. Essi erano collegati alla viabilità principale di crinale da itinerari trasversali. Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Catasto toscano, Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati si possono schematizzare come di seguito elencato:

- L’Ammannatoja nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o Ammannatoia in quella moderna, o Ammannatoia nel N.C.T. e nella C.T.R.;

I Botriali nel Catasto toscano, o i Botrini nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o i Botriali nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o i Butriali in quella moderna, o Butriali nel N.C.T., o I Botriali nella C.T.R.;

Campominacci nel Catasto toscano, nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna, o Campominacci nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Campo alla Sega: anonimo nel Catasto toscano, o assente in tutta la restante cartografia antica e moderna; Campo alla Sega nella Carta Geometrica della Regia Foresta casentinese e adiacenze, l’anno 1850 (cfr. Regione Toscana – Progetto CASTORE, cit.);

- anonimo nel Catasto toscano, o la Seghettina nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna, o Seghettina nel N.C.T., o La Seghettina nella C.T.R.;

La Seghettina nel Catasto toscano, o la Seghettina nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna, o Seghettina di Sotto nel N.C.T. e  nella C.T.R.;

ex Rifugio di Pian del Pero: assente nel Catasto toscano, o C. Pian del Pero nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o assente nella restante cartografia antica e moderna; ex Rif. Pian del Pero in alcune edizioni di cartografia escursionistica;

Poggio a Pratovecchio nel Catasto toscano, o Pratovecchio nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna con rappresentazione del simbolo dei ruderi, o Pratovecchio nel N.C.T. e nella C.T.R.

Il sito dell’insediamento di Campo alla Sega, di cui rimane scarso pietrame mostrante il caratteristico ordine del collassamento perimetrale delle strutture di fabbrica, si colloca in un paesaggio di notevole interesse ambientale, caratterizzato dalla prevalenza di formazioni boschive a faggeta con ridotte macchie di conifere, profondamente mutato rispetto alle spoliazioni effettuate nel passato. Nel contratto livellrio stipulato tra l'Opera e il Monastero di camaldoli è inoltre documentata l'esistenza di coltivi comunque necessari per la sopravvivenza quoridiana: «Tutta questa tenuta […] è composta dai seguenti terreni cioè […] 18° Podere detto dell’Ammannatoia, nel popolo di Ridracoli in detta comune […]. Questo podere è composto dei seguenti terreni cioè […] III° una casetta denominata Campo alla Sega addetta al nominato podere composta di quattro stanze da cielo a terra. Questa fabbrica merita di essere resarcita […]. Annessi a questa casetta vi sono i seguenti terreni cioè: I° un tenimento di terre lavorative, sodive, prative, mozziconate, pomate, abetate, franate, sassose, ripate e balzate, di staia 140 coi vocaboli di Felceto, Campo alla Sega, su per la Bertesca, Casaccia e Poggiolo di Garbino, salvo se altri vocaboli.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 472-473, cit.). Da un accurato elenco relativo al 1637 così si hanno le prime informazioni sul luogo e gli affittuari: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenete al livellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] Tutti li beni infrascritti da n. 24 a n. 40 inclusine, sono in Romagna nel Capitanato di Bagno, nel Comune di Ridracoli, nel Popolo di San Martino a Ridracoli: […] 25) Campo alla Sega, podere tenuto da redi di ser Carlo di Iacopo Fei […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 410, cit.). L’insediamento, in affitto agli eredi di Ser Carlo di Jacopo Fei, non si deve confondere (come da parte di alcuni autori) con il quasi omonimo Campo della Sega, “nel popolo di Pietrapazza”, ricadente tra i beni appartenenti all’unico grandissimo appoderamento dell’Eremo Nuovo fino alla sua cessazione operativa a seguito dell’abbandono da parte dei Monaci di Camaldoli, nel 1511, quando venne frammentato in unità poderali. Nella Pianta Geometrica della Regia Foresta Casentinese del 1850 (conservata presso il Nàrodni Archiv Praha e consultabile on-line grazie al Progetto CASTORE della Regione Toscana) compare il fabbricato non distante dal Fosso del Campo alla Sega e lungo l’antica via che, correndo a mezzacosta, collegava l’Ammannatoia con Campominacci (con diramazione da un lato verso Botriali e dall’altro verso la Seghettina previo attraversamento del fosso sul luogo dell’odierno Ponte alla Macchia), della quale solo un breve tratto presso la confluenza del fosso nel Lago di Ridràcoli appare corrispondere con l’odierna rotabile verso l’Ammannatoia. In quell’epoca tale viabilità, di cui rimangono consistenti resti, appare di classificazione pari, se non superiore, rispetto a  quella del Catasto toscano antecedente di due decenni che collegava Santa Sofia con la Via di Scali tra S. Paolo in Alpe e la Giogana (giungendo da Ridràcoli, il Ponte alla Forca e l’Ammannatoia oltrepassava la valle del Ciriegiolone dopo aver valicato il crinale della Gallona poco più sopra dei Botriali). Se gli altri tracciati sono ridotti al rango di sentiero, la cresta incisa dalla S.F. Lama-S. Paolo in Alpe all’inizio del XX secolo non risulta interessata da alcun tipo di percorso, probabilmente per l’impraticabilità del versante orientale di Poggio della Serra precedentemente alla sua escavazione.

Nei dintorni di Campo alla Sega si trovano scarsi resti di altre costruzioni, in particolare a circa 100 m Est accanto alla sede viaria si trova del pietrame, mentre a circa 200 m NO si trovano i ruderi di un piccolo capanno, per le ridotte dimensioni probabilmente un ricovero.

Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.

N.B.: - I luoghi della Valle di Campo alla Sega si sono trovati in qualche modo coinvolti dalla storia nell’evoluzione del ciclo delle acque di Ridràcoli, note e sfruttate fin dall’antichità in tutta la Romagna. Lo stesso toponimo deriverebbe dal latino Rivus Oracolum o Oraculorum per la probabile presenza presso il torrente di un piccolo tempio pagano con sibilla oracolante, ipotesi comunque verosimile e conforme alla leggenda della Sibilla appenninica delle vicine montagne marchigiane. Già nel II secolo d.C. le problematiche legate al reperimento delle risorse idriche e soprattutto alle necessità di Ravenna e del porto di Classe portarono l’Impero Romano alla realizzazione di un imponente acquedotto che sfruttava il flumen aqueductus Bidente; tracce di esso si trovano negli scritti antichi ed essenzialmente nella toponomastica locale. Dopo un lunghissimo interregno, negli anni ’30 del XX secolo le esigenze della civiltà moderna portano ad effettuare i primi studi per localizzare una diga nell’Alto Appennino forlivese e, nei primi anni ‘60, al fine di fornire risorse idriche sufficienti alle aree di Forlì e Ravenna e alla fascia costiera romagnola, viene individuata l’area a monte di Ridràcoli come idonea per l’imbrigliamento delle acque dell’alto corso del Bidente (oltre ad altre risorse idriche tramite condotte sotterranee), con conseguente realizzazione dell’opera tra il 1975 e il 1982. Oggi, come probabilmente il lago artificiale ha alterato il microclima dell’anfiteatro della Lama, portando variazioni nell’assetto vegetazionale con un diverso equilibrio a vantaggio delle specie oceaniche (faggio) in confronto a quelle continentali, così l’ambiente circostante è stato modificato da viabilità ed opere connesse alla diga e diversi edifici, acquisiti dalla Romagna Acque-Società delle Fonti S.p.A., hanno subito modifiche e/o riutilizzi a fini turistici.

- L’Opera del Duomo di Firenze, dopo la presa in possesso delle selve “di Casentino e di Romagna”, aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.

- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno. 

- La sega ad acqua venne inventata da Villard de Honnecourt nel sec. XIII e Leonardo da Vinci ne studiò il funzionamento nel 1480. A metà del ‘400 in Casentino sono documentate una sega ad acqua a Camaldoli (i monaci sono stati sempre all’avanguardia nella lavorazione del legno) e due artigiani specializzati a Papiano (M. Massaini, 2015, cit.) mentre, sul versante romagnolo «All’interno della foresta si costruirono direttamente e per concessione a terzi, nel corso del ‘500 e del ‘600, alcune seghe idrauliche per la lavorazione del legname sul posto e la sua preparazione al trasporto (sega del fosso del Bidente, sega del Ridracoli, dell’Asticciuola, del Ricopri). Tali seghe lavoravano al limite della legalità e, nonostante una rigida legislazione e una serie di regolamenti e di divieti per impedire tagli abusivi, per tutta l’età moderna hanno favorito la spogliazione della foresta da parte delle popolazioni confinanti.» (N. Graziani, 2001, p. 149, cit.). In particolare nel ‘6-‘700 l’Opera del Duomo di Firenze puntò al depezzamento del legname in dimensioni di più agevole trasporto con la costruzione di numerose seghe ad acqua in foresta, che però si ridussero ad una tra ‘700 e ‘800 a seguito del progressivo e totale disimpegno della stessa Opera, in attesa dei miglioramenti introdotti dal Siemoni.

- Il toponimo forca, dal latino classico furca, ae = forca, strada a bivio e forcelle montana (A. Polloni) era probabilmente dovuto o alla viabilità che, oltre il ponte omonimo, si biforcava con detto tracciato di crinale e con uno di fondovalle che poi risaliva verso l’Ammannatoia ed oltre, oppure alla biforcazione fluviale con il Fosso di Campo alla Sega.

- Negli scorsi anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Butriali, Campominacci, Manatoia e Seghettina, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo tranne il parziale riutilizzo della Seghettina. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.

- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

C. Bignami, A. Boattini, La gente di Ridràcoli, Monti editore, Cesena 2022;

C. Bignami (a cura di), Il popolo di Ridracoli, Nuova Grafica, Santa Sofia 1995;

A. Bottacci, La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, 1959-2009, 50 anni di conservazione della biodiversità, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, Pratovecchio, 2009;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997;

M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

M. Massaini, Alto Casentino, Papiano e Urbech, la Storia, i Fatti, la Gente, AGC Edizioni, Pratovecchio Stia 2015;

A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;

Sansone A., Relazione sulla Azienda del Demanio Forestale di Stato – 1° luglio 1910/30 luglio 1914, Roma 1915;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Parco nazionale delle foreste casentinesi. Carta dei sentieri 1:25.000, N.20, Monti editore, 2019;

Regione Toscana – Progetto CASTORE – CAtasti STorici REgionali;

URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11479;

URL http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;

URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba - Campo alla Sega si raggiunge utilizzando la viabilità antica da Campominacci (km 1, circa) o dalla rotabile dell’Ammannatoia (300 m) risalendo brevemente il versante (WGS84  43° 51’ 10” N / 11° 49’ 23” E), in entrambi i casi con qualche difficoltà per trovare i primi tratti, da un lato causa i vari smottamenti e dilavamenti intercorsi nel tempo, dall’altro lato per le modifiche apportate dal nuovo tracciato stradale. Il versante è inoltre attraversato da numerosi sentieri che possono deviare, comunque con buon senso dell’orientamento e perseveranza si può ritrovare l’intero tracciato viario. La CTR regionale riporta inoltre il tracciato di un sentiero che risale da detta rotabile dell’Ammannatoia (WGS84  43° 51’ 5” N / 11° 49’ 13” E) che in 200 m giunge direttamente a Campo alla Sega con un dislivello di circa 40 m, ritrovando prima l’antica via poi, sulla sx, i resti del fabbricato. La cartografia escursionistica non riporta alcunché, salvo la sentieristica Botriali-Seghettina-Ammannatoia.

foto/descrizione :

Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore.

001a – 001b – 001c – L’ampia vista panoramica dal Monte Penna consente di contestualizzare la dorsale che ospita Campominacci e Campo alla Sega nell’alta Valle del Bidente di Ridràcoli. Mentre la vestizione arborea invernale consente anche di individuare il fabbricato Campominacci circondato dalla sempreverde abetina, il sito di Campo della Sega, individuabile grazie al confronto degli affioramenti rocciosi con le viste satellitari, rimane subito sotto il filo di cresta della dorsale della Seghettina (7/02/11 – 17/10/13 - 13/01/16).

 

001d/001h – Se dal sito di Palestrina si fronteggia il versante della parte centrale dello spartiacque appenninico che ospita la Riserva di Sasso Fratino e la dorsale che si distacca da Poggio della Serra si nota appena sulla dx, portandosi sotto Pratalino, sul sentiero 235 CAI tra il Monte Cerviaia e il Monte Palestrina (che si nota in 1° p. sulla sx), la stessa dorsale appare nell’intero sviluppo insieme alla profonda incisone del Fosso delle Macine, che poi diviene di Campo alla Sega, fosso che si riesce a seguire fino al tratto ormai parte dell’invaso lacustre, come si nota dalle sponde prive di vegetazione. Si riesce ad individuare anche l’Ammannatoia (16/10/16).

 

001i – 001l – Dalla dorsale che dalla Costa Poggio Piano prosegue verso la Seghettina, sviluppandosi parallela alla dorsale di Poggio della Gallona, si può avere una vista frontale, ravvicinata e quasi in asse della ramificazione delle valli dei Fossi delle Macine/Campo alla Sega e dei Botriali. La conformazione di affioramenti rocciosi confrontati con le viste satellitari consentono di localizzare il sito di Campo alla Sega (v. puntinato), mentre più in alto è facile distinguere l’abetina di Campominacci (17/11/11).

 

001m – Dal Belvedere Bocab sulla S.F. Lama-S. Paolo in Alpe, vista opposta alle precedenti della valle del Fosso delle Macine/Campo della Sega (5/05/17).

 

001n – Schema da cartografia moderna della vallata dei Fossi delle Macine e di Campo alla Sega e loro affluenti, con gli insediamenti esistenti o scomparsi in evidenza.

001o – Ricostruzione su base cartografica moderna dei tratti rintracciabili dell’antica via lungo la quale sorgeva Campo alla Sega, con indicazione di resti e ruderi di fabbricati individuati nell’area, esattamente posizionati in base a coordinate GPS. L’intera area è attraversata da numerose mulattiere e sentieri, peraltro ignoti alla cartografia tecnica.

 

001p - 001q – Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo idrografico, infrastrutture e insediamenti, oltre che la superficie del futuro invaso, con particolare evidenziante il sito del Ponte alla Forca; la toponomastica riprende anche nella scrittura quella originale.

001r – 001s - 001t - Mappe schematiche dedotte da cartografia storica di inizio e di metà del XIX sec. evidenziante reticolo idrografico, infrastrutture e insediamenti; la seconda riporta anche il toponimo del fabbricato di Campo alla Sega, comparente anonimo nella prima. La toponomastica riprende anche nella scrittura quella originale. Infine confronto schematico tra cartografia antica e moderna da cui si rilevano le modifiche planimetriche e alla viabilità intercorse nel secolo frapposto.

002a/002h – Una fitta ed esile faggeta, impiantata sull’antico prato-pascolo di Campo alla Sega, circonda ma non occulta l’ammasso del pietrame strutturale del fabbricato, omaggiato da una fioritura di Senecio ovatus, Senecio ovato, Senecione di Fuchs (5/05/17).

 

002i/002v – Nell’ammasso di pietrame, mostrante il caratteristico ordine del crollo perimetrale delle strutture di fabbrica (non essendo scomparso per frana o per demolizione con rimozione), pochissimi conci conservano un assetto ordinato (5/05/17).

 

003a – 003b – Ad un centinaio di metri, lungo la via, altro pietrame pare riferibile ad una piccola costruzione piuttosto che a inutili murature di sostegno (5/05/17).

 

003c – 003d – 003e – A monte di Campo alla Sega si trovano i ruderi di un piccolo capanno, per le ridotte dimensioni probabilmente un ricovero (WGS84  43° 51’ 13” N / 11° 49’ 2” E) (5/05/17).

003f/003p – Dalla via principale si staccava una diramazione per la Seghettina, ancora oggi sentiero escursionistico che attraversa il Fosso di Campo alla Sega con il Ponte alla Macchia, in legno su spalle in pietra la cui tessitura evidenzia un rifacimento moderno, immerso in un ambiente suggestivo e rigoglioso, favorevole allo sviluppo del Petasites hybridus, Farfaraccio maggiore (5/05/17).

 

004a/004m – Da Campominacci, tracce di sentiero, mantenendo inizialmente una quota più elevata con tratti che attraversano aree in erosione e profondi fossatelli, aiutano a ritrovare il tratto evidente dell’antica via per Campo alla Sega-Ammannatoia, poco prima transitando su un ampio (e scivoloso) liscione nudo (al cui margine vegeta una fitta e giovane cerreta) che consente una suggestiva vista panoramica sul fronteggiante versante dello spartiacque occupato dalla Riserva e dal sito specifico di Sasso Fratino, dove si apre la c.d. Frana Nuova (5/05/17).

 

005a/005g – Sempre da Campominacci, altre tracce di sentiero scendono di quota trovando subito un abbeveratoio ed attraversando aree dilavate o in dissesto e fossatelli, fino a ritrovare il tratto evidente dell’antica via per Campo alla Sega alla disotto del liscione nudo di cui alle precedenti foto (5/05/17).

 

006a/006p – Al disotto del liscione nudo di cui alle precedenti foto (collocato in cresta, non è da escludere che venisse utilizzato per il transito) inizia il tratto evidente di circa 600 m dell’antica via fino a Campo alla Sega (WGS84  43° 51’ 10” N / 11° 48’ 50” E) che non si perde nonostante fossattelli e dissesti vari (5/05/17).

 

007a/007d – Superati i resti del fabbricato il tracciato viario prosegue per altri 300 m circa, ma tende a perdersi nell’avvicinarsi alla rotabile dell’Ammannatoia, mentre si ritrova il sentiero che risale verso i Botriali (5/05/17).

 

007e – 007f – 007g – Sulla scarpata di detta rotabile è segnato l’innesto del sentiero per i Botriali (WGS84  43° 51’ 11” N / 11° 49’ 28” E), mentre poco più a valle è localizzabile il sito di transito della viabilità antica, da qui sostituita dal nuovo tracciato. Un ulteriore traccia si nota poco dopo, ma non risulta corrispondere all’antico sviluppo principale (5/05/17).

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