Molino di Sopra (Celle)
Testo di Bruno Roba
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, la Valle del Fiume Bidente delle Celle riguarda il ramo occidentale del Bidente delimitata: ad Ovest, da un tratto del contrafforte principale dal Monte Falco fino al Monte dell’Avòrgnolo da cui si stacca la dorsale di Pian dell’Olmo, che separa la Valle del Fosso della Fontaccia dalla Val di Noce, disegnando quell’arco di rilievi che costringe il fiume a confluire con il Bidente di Campigna a Lago così contribuendo a generare poco più in là, sotto il borgo omonimo, il Fiume Bidente di Corniolo; ad Est, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che sempre staccandosi dal gruppo del M. Falco si dirige verso Poggio Palaio, quindi con il crinale di Corniolino termina a Lago.
Il bacino idrografico, suddiviso dall’incisione dell’asta fluviale principale in due parti similari solo per superficie, mostra una morfologia nettamente differenziata caratterizzata da un versante orientale più frastagliato e da versanti occidentali submontani, prevalentemente esposti a meridione, dove pendii più dolci a prato-pascolo su terrazzi orografici si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati, mentre per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati.
Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovano collocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate, come quella di Corniolino. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici. In questa valle, anziché le tipiche maestà, sono presenti due cellette (una a Pian del Grado ed una a La Fossa, cui forse si deve la toponomastica locale insieme al probabile riferimento alle cellae di un antichissimo eremo, v. più avanti), piccoli e caratteristici chiostri votivi che paiono unire la funzione devozionale al culto delle acque, essendo dotati di fontana con soprastante resti di mensola/acquaio a corredo dell’icona sacra.
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente delle Celle.
Nella parte più remota della valle dominata dalle cime appenniniche, che anticamente ospitò insediamenti di nuclei arcaici di origine ligure e venne sicuramente percorsa anche dai Bizantini di Ravenna, prima di giungere al ponte moderno con cui la Pista di servizio S.P. 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado attraversa il Fosso di Pian del Grado, occorre fare mente locale (con l’aiuto di una mappa accurata) per rendersi conto che ci si trova nell’area dell’oggi trascuratissimo insediamento industriale/religioso de Le Celle che, insieme al villaggio di Pian del Grado, nel massimo sviluppo demografico giunse a contare una trentina di nuclei familiari (316 abitanti nel 1896). Costituito dalla Chiesa di S. Maria alle Celle, dal Molino di Sopra, dal Molino delle Celle, dal Cimitero di Celle, e dal nucleo di Pianacci, si può estendere fino alla casa nuova sopra Pianacci, tutti fabbricati abbandonati da decenni e ridotti a rudere. Abbandonando la rotabile e scendendo rapidamente al fosso, si ritrovano subito le infrastrutture viarie testimonianti di un fondamentale snodo di transito locale e generale costituite da un ponte in legno ad una campata che attraversa il Fosso di Pian del Grado e da un ponte in muratura di pietrame ad arco ribassato che attraversa il Fosso Bidente: sia questo (di probabile fattura di inizio ‘900) sia quello in legno (più recente) sono sostituzioni di strutture antiche inevitabilmente preesistenti data l’importanza del tracciato, infatti rappresentate nella cartografia storica I.G.M. del 1937 con il simbolo grafico detto “pedanca” (corrispondente alla modesta tecnica costruttiva di una passerella costituita solitamente fino a tre travi accostate anche senza parapetto poggianti su spalle in pietrame – un interessante esempio si trova presso l’Eremo Nuovo, v. scheda toponomastica Eremo Nuovo, XI sec.). Utilizzato anche per raggiungere Pian del Grado tramite La Fossa, questo tracciato dovette mantenere un rilievo superiore fino al XX sec. inoltrato se, con la realizzazione della mulattiera di fondovalle (solo in parte corrispondente alla moderna rotabile) nella cartografia storica IGM viene rappresentata mentre, rasentato il mulino, attraversa il fosso senza strutture, quindi a guado. Tra i due ponti posti alla confluenza tra il Fosso di Pian del Grado e il Fosso Bidente delle Celle, da cui ha origine il Fiume Bidente delle Celle, isolati e praticamente infossati si ergono i resti dell’ormai completamente diroccata Chiesa delle Celle. La prima documentazione della sua esistenza si ha grazie ad … «[…] un atto del 15 aprile 1270, col quale Ventura abate dell’Isola dà in locazione a Bonaventura da Sasso un podere […] nel luogo detto Celle di Solaiolo […] coll’obbligo di far celebrare ogni anno 2 Messe al mese nella chiesa delle Celle […] (Archivio di stato di Firenze, Spogli delle cartapecore di Camaldoli, v. II). […] Campigna appartiene alla parrocchia di S. Maria delle Celle. Di essa abbiamo una prima memoria nel 1223, in un atto delle cartapecore di Camaldoli, come dipendente dalla pieve di Galeata.» (D. Mambrini, 1935 - XIII, pp.268, 271, cit.), documento che consente anche di datare una “chiesa delle Celle” almeno al XIII sec., senza però poter conoscere la sua esatta datazione e collocazione: Celle di Solaiolo è il luogo un podere concesso in cambio di celebrazioni nella chiesa già esistente dal 1223. Nella zona pare già vi fosse insediato un eremo fondato dai conti di Valbona e donato nel 1091 ai Camaldolesi di Isola (E. Rosetti, 1894, p.194, cit.). Per approfondimenti v. scheda toponomastica Pianacci (sopra Celle). Dalla relazione di una visita del 1677 dei funzionari dell’Opera: «[…] passando da Monte Corsoio luogo di nostro confino con lo Spedale di S. Maria Nuova scesimo abbasso sino alla Chiesa delle Celle nel qual viaggio molto disastroso per li cattivi passi […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 320-321, cit.). Un altro autore riporta le descrizioni dei vari visitatori pastorali: «La chiesa è situata in un asperrimo luogo, alla radice del sommo giogo dell’Appennino, sotto il dirupo di Galterone […] è posta tra il fiume e il fosso e da ambe le parti circondata d’abeti e in luogo orrido e di grande solitudine […]» (E. Agnoletti, 1996, p. 61, cit.). Non è dato di sapere a quale epoca risalga l’”industrializzazione” del luogo con la costruzione del primo mulino, oggi ormai un rudere stretto tra il corso d’acqua e la moderna rotabile, che ne ha ricoperto la gora compromettendo l’organicità industriale del sito documentata dal Catasto Toscano del 1826-34, dove è rappresentato sia il berignale o gora di alimentazione del bottaccio, che prelevava l’acqua dal Fosso di Pian del Grado subito dopo il contributo del Fosso dell’Ortaccio, quando l’antico accesso viario terminava insinuandosi tra le due strutture. Allora detto Molino delle Celle ed inizialmente costituito da un singolo fabbricato, con la costruzione del mulino a valle di Celle diverrà il Molino di Sopra, così comparente nella cartografia posteriore di un secolo, inoltre composto da due fabbricati corrispondenti ai ruderi attuali. Poco distante, di fronte ai resti della Chiesa di S. Maria alle Celle, subito dopo la confluenza del Fosso di Pian del Grado nel Fosso Bidente delle Celle, quindi all’origine del Fiume Bidente delle Celle, si trovano i resti del secondo mulino che assorbì il toponimo delle Celle (“de-classificando” l’altro come detto con fredda logica conseguente alla nuova e reciproca posizione), di cui si rinviene una piccola struttura ormai parzialmente seminterrata mentre è scomparsa, per quanto recente, la parte più ampia dell’edificio verosimilmente retrostante. Assente nel catasto ottocentesco questo mulino è invece interamente rappresentato nel Catasto d’impianto del secolo scorso (quindi costruito in tale lasso temporale): per mancanza sia di qualsiasi notizia sia di ogni traccia strutturale è lecito supporre che, quanto mancante, sia stato demolito eventualmente riutilizzando il materiale per la strada o la vicina briglia. Già proprietà dell’A.R.F., i due mulini di Celle vennero censiti negli scorsi Anni ’70; in tale occasione il Molino delle Celle (più recente) risultò possedere una superficie di 35 mq, 210 mc e 5 vani, testimoniando a tale data anche della porzione maggioritaria scomparsa.
N.B. - Negli scorsi anni ’70, seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, per i mulini di Celle senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente (i mulini, compresi nell’elenco, furono esclusi dalla schedatura per cui non sono disponibili ulteriori informazioni). Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
AA. VV., Indagine sulle caratteristiche ambientali suscettibili di valorizzazione turistico-culturale delle vallate forlivesi. Repertorio, C.C.I.A.A. Forlì, 1982;
E. Agnoletti, Viaggio per le valli bidentine, Tipografia Poggiali, Rufina 1996;
S. Bassi, N. Agostini, A Piedi nel Parco, Escursioni nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2010;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e figlio, Bagno di Romagna 1935 - XIII;
E. Rosetti, La Romagna. Geografia e storia, Hoepli, Milano 1894;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anastatica Castrocaro Terme 1989;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Carta dei sentieri Alpe di S. Benedetto, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;
Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html.
Testo di Bruno Roba
Il fondovalle delle Celle è facilmente raggiungibile dalla S.P. 4 del Bidente percorrendo circa 5 km della Pista di servizio SP 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado, in parte sconnessa e ripida. Qui si trova l’antico Molino di Celle poi Molino di Sopra.
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001a/001d – Dal crinale di Partinico (che costeggia il Geosito delle Mandriacce) si abbraccia la valle del Fosso Bidente delle Celle distinguendo bene il nucleo de La Fossa, raggiunta dalla mulattiera proveniente da Celle, nascosta 250 m più a valle con un dislivello di 80 m, che rasenta una circoscritta abetina che lascia intravedere l’edificio di “casa nuova sopra Pianacci” (2/12/16).
001e – 001f – Dall’estremo del crinale del Corniolino, pressi de I Tre Faggi, si abbraccia l’alto bacino idrografico dove hanno origine i Fossi delle Celle e di Pian del Grado che, confluendo a Celle, daranno origine al Fiume Bidente. Il parzialmente spoglio “crinaletto di Pian del Grado” che si distacca dal contrafforte principale separa le incisioni dei rami alti dei suddetti Fossi e, mentre La Fossa riflette la luce solare, la dorsale di Partinico nasconde la profondità valliva che ospita Celle e insediamenti vicini (30/11/16).
001g – 001h – 001i – Dal Sentiero degli Alpini (SA 301 CAI) a SO di P.gio Bini, si abbraccia il versante vallivo dai pressi dell’origine del F.so Bidente, prima che diventi fiume, potendo avere una diversa contestualizzazione del sito di Celle, pur rimanendo totalmente nascosto nelle profondità che lo ospitano. In 1° p., Porcini di sotto (16/04/16).
001j – 001k - Mappa schematica dell’area di Celle e raffronto tra cartografie degli inizi dei due secoli trascorsi. La mappa ottocentesca offre particolari interessanti dell’assetto industriale/religioso del luogo e della toponomastica antica mentre quella novecentesca dà indicazioni utili sull’evolversi della viabilità. La cartografia più recente denota lo scambio toponomastico riguardante i mulini.
001l/001x – Il mulino, pur essendo oggi rasentato dalla rotabile per Pian del Grado, può rimanere seminascosto a causa della fitta vegetazione. A causa dei crolli, anche dalla strada si riesce a riconoscere la vecchia cucina per la presenza del camino (11/09/16 – 2/12/16).
001y – Vista dall’alto (2/12/16).
002a/002g –Nonostante sorga sul greto del Fosso di Pian del Grado e l’abbandono il mulino resiste agli eventi naturali (11/09/16 – 2/12/16).
002h - 002i – Anziché dal fiume, il danno maggiore è stato provocato dal crollo del tetto (per assenza di manutenzione), quindi del solaio sovrastanti la cucina e le stanze superiori, mentre la probabile sottrazione dell’architrave (“affronto” subito da molti edifici abbandonati delle Valli del Bidente) ha fatto collassare la cappa del camino (11/09/16).
002l/002s – Accanto all’edificio abitativo rimangono i resti della struttura molitoria più antica con parte della muratura del berignale o gora (ricoperta con la realizzazione della rotabile) separata dal mulino dallo stretto passaggio ben rappresentato nel catasto ottocentesco (11/09/16).
002t – 002u – Il moderno ponte sul Fosso di Pian del Grado, a monte del mulino (2/12/16).