Fonte del Bercio
Testo di Bruno Roba (8/10/2017)
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico. Tra essi, il contrafforte principale che divide il Rabbi dal Bidente si distacca dal Monte Falco proseguendo per Pian Cancelli «[…] per la costa di Pian delle Fontanelle (m. 1520) scende rapidamente a Poggio Bini (m. 1105), attraversa Poggio Corsoio e risale a Monte Ritoio (m. 1193) […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.), vira bruscamente verso Est fino al Monte dell’Avòrgnolo, dove riprende l’andamento principale puntando verso Forlì per terminare dopo circa 55 km evidenziando subito i Monti Guffone e della Fratta. Presso l’Avòrgnolo si stacca la dorsale di Pian dell’Olmo, che separa la Valle del Fosso della Fontaccia dalla Val Bonella e Val di Noce e disegna quell’arco di rilievi che delimitano il versante sx della Valle del Fiume Bidente delle Celle e costringono il fiume a riunificarsi con il Bidente di Campigna presso Lago, contribuendo a generare poco più in là, sotto il borgo omonimo, il Fiume Bidente di Corniolo.
Anche il bacino idrografico del Bidente delle Celle mostra una morfologia nettamente differenziata dovuta alla diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo: se per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, anche il versante orientale appare frastagliato mentre i versanti occidentali o prevalentemente esposti a meridione mostrano pendii più dolci a prato-pascolo, spesso su terrazzi orografici, che si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati. In particolare il tratto di contrafforte riguardante la Valle delle Celle evidenzia pressoché tutti gli aspetti elencati, inoltre qui la cresta non discende con regolarità assoluta tendendo anzi a rialzarsi tra il M. Ritoio e il M. Guffone (questo aspetto si ripete con notevole parallelismo in tutti i contrafforti in coincidenza con i nodi montani ed è significante tettonicamente, ovvero nella disposizione delle rocce e loro modalità di corrugamento e assestamento). Con il Monte Ritoio che “indica la retta via”, insieme al Guffone nodo montano nell’assetto tettonico, descrive planimetricamente un angolo concavo cui si oppone subito un angolo contrario disegnando una sorta “Z” rettificata a 90° e complessivamente inclinata di 45° dove l’angolo convesso ha come perno il Monte Cavallo, zoonimo probabilmente da riferirsi alla lunga schiena montana sormontata dall’evidente sella, completa di “pomo” e “paletta” costituiti dalle due vette, senza dimenticare il romagnolo cavaión per i cavaglioni o mucchi di covoni che sicuramente numerosi caratterizzavano i suoi versanti. Dal Cavallo si distaccano due imponenti dorsali che compenetrano l’intera vallata, una mantenendo stretta, decisa e disomogenea nei versanti opposti l’inclinazione a 45°, l’altra più ampia, sfrangiata in canaloni ed meno disomogenea, tanto da essere interamente appoderata ed utilizzata a prato-pascolo, tranne una vasta area inaridita a causa dei processi erosivi innescati dagli utilizzi impropri. A questo contesto la Valle delle Celle aggiunge alcuni aspetti geologici di rarità e unicità, che contribuiscono a disegnare il paesaggio e restituiscono informazioni fondamentali per la conoscenza del territorio, che sono stati catalogati come Geositi. Essi sono il Fosso del Satanasso, la Linea delle Mandriacce a Pian del Grado, Le Mandriacce e le Ripe Toscane.
Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle, mentre lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur mantenendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate. In particolare La viabilità più antica riguardante anche la valle delle Celle è la Via Flaminia Minor, utilizzata dalle legioni romane per valicare l’Appennino al fine di sottomettere Celti, Liguri e Galli Boj che stanziavano nella pianura padana: si ipotizza che provenendo da Montelleri, sopra Stia, transitasse dal Lago degli Idoli, dal Monte Falco e da Poggio Sodo dei Conti, quindi discendeva da quella che oggi è nota come Pista del Lupo lungo la Costa di Pian Cancelli transitando da Pian delle Fontanelle (così detta per la presenza di polle d’acqua) e da Poggio Corsoio dove trovava un bivio ancor oggi praticato: a sx si dirigeva verso Castel dell’Alpe e Faenza per immettersi nella Via Aemilia (questo è ritenuto il più antico itinerario di valico), a dx si dirigeva verso Forlì e Ravenna sia transitando dal crinale del contrafforte principale, dove passava dietro vetta di Monte Ritoio e davanti a quella dell’Avòrgnolo, sia discendendo verso il percorso vallivo in direzione di Galeata (l’antica Mevaniola), anche qui potendo rimanere a mezza costa percorrendo, appunto, la valle delle Celle sulle Ripe Toscane, le cui stratificazioni offrono ancora oggi gradonate semi-naturali funzionali alla percorrenza e ripercorse dal Sentiero 261 CAI. A differenza del tratto che attraversa la zona di Filettino, che le mappe antiche mostrano spostato leggermente più a valle dell’attuale, la morfologia dei luoghi e i riscontri storico-cartografici fanno ritenere che il tratto sulle Ripe sia rimasto inalterato nei secoli, salvo l’usura naturale dovuta anche all’abbandono. Lungo il sentiero, sul margine O delle Ripe e a breve distanza dal Fosso dei Fondi, si incontra la Fonte del Bercio, probabilmente anch’essa di antico utilizzo ma la sistemazione odierna risale al 1980, come ricorda la lapide toponomastica. Lo scorrimento superficiale delle sue acque contribuisce a mantenere attiva un’area di frana. L’ispirazione topica per la sua denominazione forse si può far risalire alla ristrettezza valliva che facilitava il propagarsi di urla sguaiate, però, essendo termine dialettale regionale lombardo-toscano dal latino volgare berbiciare = belare, può trovarsi una correlazione anche in riferimento a quel luogo adatto semmai alle capre.
Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Ripe Toscane, Valle del Bidente delle Celle e/o relative a monti e insediamenti citati.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
S. Bassi, N. Agostini, A Piedi nel Parco, Escursioni nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2010;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Alpe di S. Benedetto, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;
Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html.
Testo inserito da Bruno Roba
Dalla S.P. 4 del Bidente, giunti a Lago si segue la strada di servizio che risale il Bidente delle Celle, sostando presso il cancello. Percorsi circa 450 m occorre fare attenzione per ritrovare il Sent. 261 CAI il cui innesto non è segnalato. Di esso si percorrono circa 250 m corrispondenti all’antica mulattiera per giungere al ponte in legno sul Fosso di Lavacchio oltre il quale, dopo circa 1,6 km, superata la Fonte di Fossacupa e guadato il Fosso delle Fontacce, si prosegue per circa 850 m intersecando il Fosso di Montecavallo e raggiungendo senza problemi il luogo dove il sentiero raggiunge l’inizio delle Ripe: occorre quindi attraversarle interamente, circa 650 m, per raggiungere la Fonte. In tutto quasi 4 km, mentre bastano 1,8 km per giungervi da Celle.
Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore
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001/004 - Dalla S.F. di Giogo di Castagno (vi si giunge tramite la S.P. n.94 del Castagno dal Passo della Calla), tagliata sotto Pian delle Fontanelle, scorci panoramici consentono la vista della delimitazione montana occidentale della Valle delle Celle, costituita dal primo tratto del contrafforte tra i MM. Ritoio e dell’Avòrgnolo, da cui si sviluppa la dorsale del M. Cavallo le cui pendici terminano con l’esteso affioramento marnoso-arenaceo delle Ripe Toscane, sul cui profilo si riesce a distinguere appena la traccia del sentiero che le attraversa (nella 4^ foto, grazie al confronto con le viste satellitari, è possibile posizionare il sito della Fonte del Bercio); questa postazione forse è l’unica che ne consente l’osservazione da remoto e la contestualizzazione panoramica nella valle (26/09/14 - 14/04/16 – 7/10/17).
005 - Schema di mappa relativa all’area delle Ripe Toscane.
006/011m – La Fonte del Bercio; lapide toponomastica del 1980 (11/09/16).