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La Casina (di Fontaccia)

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : rudere
Altezza mt. : 550
Coordinate WGS84: 43 54' 23" N , 11 44' 46" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo inserito da Bruno Roba (12/12/17 - Agg. 26/12/18).

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, la Valle del Fiume Bidente delle Celle riguarda il ramo occidentale del Bidente delimitata: ad Ovest, da un tratto del contrafforte principale dal Monte Falco fino al Monte dell’Avòrgnolo, presso il quale (mentre l’andamento principale dei rilievi prosegue verso Forlì evidenziando subito i Monti Guffone e della Fratta) si stacca la dorsale di Pian dell’Olmo così disegnando quell’arco di rilievi che costringe il fiume a confluire con il Bidente di Campigna e contribuendo a generare poco più in là, sotto il borgo omonimo, il Fiume Bidente di Corniolo; ad Est, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che sempre staccandosi dal gruppo del M. Falco si dirige verso Poggio Palaio, quindi con il crinale di Corniolino termina a Lago. Il bacino idrografico, suddiviso dall’incisione dell’asta fluviale principale in due parti similari solo per superficie, mostra una morfologia nettamente differenziata caratterizzata da un versante orientale più frastagliato e da versanti occidentali submontani, prevalentemente esposti a meridione, dove pendii più dolci a prato-pascolo su terrazzi orografici si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati, mentre per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati.

Tra l’Avòrgnolo e il Passo della Braccina, come accennato, si stacca la dorsale che separa la Valle del Fosso della Fontaccia dalle Val Bonella e Val della Noce e che contribuisce a disegnare quell’arco di rilievi che delimitano il versante sx della Valle del Fiume del Bidente delle Celle, dove il sito di Lago, posto all’imbocco dei sistemi vallivi, svolge quindi anche la funzione di centro di convergenza fluviale: il toponimo e la morfologia del luogo non sono antichissimi, infatti il suo delicato equilibrio idrogeologico nel 1681 cedette quando una frana creò quell’ostruzione che effettivamente generò un lago (sommergendo il quattrocentesco Mulino Vecchio) poi colmato da sedimentazioni comunque modellate dal continuo scorrere delle acque. Orientata NO-SE e compresa tra la dorsale citata e l’altra dorsale che alla sua dx, staccandosi dall’Avòrgnolo, la separa da quella amplissima di Lavacchio, in questo contesto storico-geografico la Valle del Fosso della Fontaccia, come le altre circumvicine, si presenta con il versante esposto a solatìo in parte caratterizzato da una morfologia da scivolamento, determinata da detrito di versante incoerente di dimensioni e litologie varie depositato per gravità e ruscellamento, risalente al Quaternario, Pleistocene superiore-Olocene (da 10 mila a 1,8 milioni di anni fa), alternato ad ampie e lisce stratificazioni arenacee affioranti ed in erosione, che ha determinato una sorta di terrazzo morfologico dalle dolci pendenze delimitato dalle stratificazioni marnoso-arenacee incise dal Bidente delle Celle, mentre il versante a bacìo è scosceso e dirupato. Si sviluppa longitudinalmente per circa 2 km su un dislivello compreso tra i 530 m del fondovalle e i 1113 m del contrafforte, mentre l’Avòrgnolo raggiunge i 1161,7 m. Sul bordo superiore settentrionale e all’interno dei prati-pascoli della paleofrana si distribuiscono gran parte degli insediamenti, o ne debordano fino a raggiungere gli 800 m di quota. Essi sono Cà d’Armati già Casa Armai e forse Cà D’Amati, Ca dell’Orso o Cà dell’Orso o Cà D’Orso, già Cas’Orso e l’Orso, Ca di Belletta già Casabelleta, Ca S. Giovanni o Cà S. Giovanni o C. S. Giovanni già Giovanni, Ciortino documentato già Certino, Capo alla Villa già Capo la Villacentro amministrativo di tutta la zona, Pian dell’Olmo e La Casina, quest’ultimo toponimo noto solo nel luogo e tramandato oralmente di un fabbricato altrimenti anonimo in cartografia. Va inoltre ricordata l’antica e scomparsa Chiesa di S. Giovanni in Certino, parrocchiale documentata dal 1378, oggetto di visita pastorale nel 1573, quando viene trovata in buono stato, ma risultante soppressa nel 1806; nella chiesa venivano inumati i defunti della zona. Il Giornale di Campagna del Catasto Toscano in data 1826 riporta la descrizione di un fabbricato diroccato già oratorio di proprietà della Pievania di Corniolo, infatti grazie ai proventi dei terreni annessi vi viveva il cappellano della Pieve, mentre il P.R.G. del 1985 del Comune di S. Sofia rilevava ancora la presenza di un mucchio di pietre e il rinvenimento di resti di scheletri umani in seguito a lavori agricoli. Della chiesa ha conservato memoria il vicino fabbricato di S. Giovanni, mentre il diffuso toponimo certino è una contrazione da cerretino dal latino cerretum, bosco di cerri, anch’esso antico e diffuso toponimo, da cui ha tratto origine anche il citato Ciortino, rilevato dalla CARTA GEOGRAFICA DELLA DIOCESI DI S. ILLARO del 1754-59, unico toponimo riportato nell’area specifica insieme a Vergareto, ma già allora non accompagnato dalla simbologia utilizzata in caso di presenza di strutture religiose. 

Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovano collocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate, come quella di Corniolino. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici. Il sistema insediativo della Valle del Fosso della Fontaccia ha subito notevoli modifiche riguardo l’abbandono della viabilità antica, in particolare con l’interruzione di quel ramo della Via Flaminia Minor che, attraversante a mezza costa le Ripe Toscane (le cui stratificazioni rocciose formano gradonate ancora oggi funzionali alla percorrenza, anche grazie alla “modernizzazione” progettata nel 1906 ed iniziata nel 1910, ma forse mai terminata, della viabilità dal ponte di Lago verso le Celle), oggi si ritrova a tratti fino al fabbricato di La Casina, ad Ovest di Lago mentre, superato il Fosso della Fontaccia correva poco alto rispetto al Bidente delle Celle in corrispondenza del moderno tratto di infrastrutturazione viaria di servizio dell’impianto di prelievo idrico afferente l’invaso di Ridràcoli. Nel Nuovo Catasto Terreni (1930-1952) tale ramo si trova ancora interamente riportato e classificato come Str.com. Corniolo-Celle-Pian del GradoRaggiunto il Bidente, la viabilità consentiva di proseguire verso Est oltre l’odierna Lago, andando a ritrovare l’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che proveniva da Galeata (l’antica Mevaniola), prima che essa attraversasse il fiume tramite il Ponte di Fiordilino, oltre il quale si inerpicava sul crinale del Corniolino, con alternative di mezzacosta e di crinale o di fondovalle in direzione di Campigna o dei passi montani. Altri tracciato antichi percorrevano la valle del Fontaccia a mezza costa sia toccando la scomparsa Chiesa di S. Giovanni in Certino per poi ridiscendere sul fondovalle (Str.vic. S.Giovanni-Lavacchio) sia raggiungendo gli insediamenti più alti (Str.vic. S.Giovanni-Cà Orso).

La Casina, o Casina, è un insediamento praticamente di fondovalle del versante dx del Fosso della Fontaccia, laddove si appresta a confluire nel Bidente delle Celle, oggi sottopassando la moderna rotabile di servizio all’impianto di prelievo idrico afferente all’invaso di Ridràcoli tramite condotta sotterranea. Il sito è esterno rispetto alla paleofrana, comunque presenta le classiche caratteristiche morfologiche da scivolamento detritico di fondovalle, presso l’antico tracciato viario che, proveniente da Celle attraverso le Ripe Toscane (riclassificata Str.com. Corniolo-Celle-Pian del Grado), qui oggi si interrompe mentre in passato si avvicinava al fiume, costretta dalla ripa scoscesa che sostiene il sovrastante terrazzo morfologico, per ricongiungersi come detto con la Via Romagnola presso lo scomparso Ponte di Fiordilino. Il confronto tra le fatiscenti strutture odierne, la mappa del Catasto Toscano del 1826-34 e quella del NCT di impianto, pare mostrare differenze di collocazione e planimetriche per un fabbricato comparente sempre anonimo, così che la denominazione indicata è nota solo localmente: mentre nella mappa più antica il fabbricato, poco sopra la via di Celle, aderisce alla diramazione che risale verso Cà di Belletta per ricongiungersi con la via proveniente da Capria e la Valle del Lavacchio, già nel NCT appare posto sul bordo inferiore della stessa via di Celle. Risulta quindi evidente una ricostruzione con traslazione, databile tra metà XIX secolo e inizio XX, a seguito di dissesti avvenuti per inadeguatezza strutturale e/o per instabilità del versante (benché l’area sia esterna a quella adiacente e critica del deposito detritico del Quaternario), probabilmente con riutilizzo del materiale considerato che non se ne rinviene traccia. Nella mappa antica, poco più in alto si nota un piccolo annesso, anch’esso oggi scomparso o inglobato nella macchia. Se fino ad oggi il fabbricato appare aver ben risposto ai problemi fondali legati alla scelta del sito, considerato che le strutture verticali appaiono prive di lesioni, o distacchi in corrispondenza delle discontinuità della tessitura muraria dovute agli ampliamenti, l’abbandono ha invece ovviamente comportato il cedimento delle strutture orizzontali (tetto e solai) con le prime conseguenze sulle murature, comunque consentendo di evidenziare la diacronicità costruttiva individuando 4 corpi edilizi suddivisi verticalmente, due principali allineati a monte cui corrispondono due successivi ampliamenti lato valle, uno della stessa profondità e uno di profondità minore in modo da formare un’ampia risega (praticamente una pianta rettangolare suddivisa in quattro porzioni uguali tranne una con un lato più corto), tutti con doppio livello reciprocamente sfalsato per via dell’impostazione di pendio, utile per il disimpegno dei locali. Il livello superiore dei due corpi retrostanti, sostanzialmente due locali, conserva tracce dell’uso abitativo, dove si riconosce la nicchia del camino che identifica il vano cucina recante ancora tracce di intonaco fino al solaio del basso sottotetto non abitabile, mentre gli interi due corpi anteriori e tutti i locali al livello inferiore erano con evidenza stalle e fienili. L’omogeneità della tessitura muraria fa presumere che le 4 fasi costruttive si siano susseguite in un lasso temporale limitato.

Per approfondimenti si rimanda alla schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle, Fosso della Fontaccia e/o relative a monti e insediamenti citati.

N.B. - La visita apostolica o pastorale, che veniva effettuata dal vescovo o suo rappresentante, era una prassi della Chiesa antica e medievale riportata in auge dal Concilio di Trento che ne stabilì la cadenza annuale o biennale, che tuttavia fu raramente rispettata. La definizione di apostolica può essere impropria in quanto derivante dalla peculiarità di sede papale della diocesi di Roma, alla cui organizzazione era predisposta una specifica Congregazione della visita apostolica. Scopo della visita pastorale è quello di ispezione e di rilievo di eventuali abusi. I verbali delle visite, cui era chiamata a partecipare anche la popolazione e che avvenivano secondo specifiche modalità di preparazione e svolgimento che prevedevano l'esame dei luoghi sacri, degli oggetti e degli arredi destinati al culto (vasi, arredi, reliquie, altari), sono conservati negli archivi diocesani; da essi derivano documentate informazioni spesso fondamentali per conoscere l’esistenza nell’antichità degli edifici sacri, per assegnare una datazione certa alle diverse fasi delle loro strutture oltre che per averne una descrizione a volte abbastanza accurata.

- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

AA. VV., Il luogo e la continuità. I percorsi, i nuclei, le case sparse nella Vallata del Bidente, Catalogo della mostra, C.C.I.A.A. Forlì, Amm. Prov. Forlì, E.P.T. Forlì, 1984;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;

Pro Loco Corniolo-Campigna (a cura di), Corniolo, storia di una comunità, Grafiche Marzocchi Editrice, Forlì 2004;

Schede di analisi e indicazioni operative relative agli edifici del territorio rurale, Piano Strutturale del Comune di Santa Sofia, 2009, Scheda n.214, completa di documentazione fotografica;

Itinerari Geologico-Ambientali nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Regione Emilia-Romagna, Parco delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze

Alpe di S. Benedetto, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;

Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html;

Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;

Link www.fc.camcom.it/area biblioteca/documento.htm?ID_D=4931.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba

Dalla S.P. 4 del Bidente, giunti a Lago, prima del ponte si imbocca la rotabile che risale il Bidente delle Celle, dopo circa 500 m, appena scavalcato il Fosso della Fontaccia (v. guard-rail), resti di recinzione con passo aperto o apribile consente di risalire nel podere abbandonato e raggiungere subito il fabbricato, poi ritrovando dietro sia l’antica mulattiera che si inoltra nella Valle delle Celle sia, verso dx, traccia dei tracciati antichi che risalgono verso Cà di Belletta su cui insisteva il fabbricato più antico scomparso. Il percorso si trova in un’edizione della cartografia escursionistica.

foto/descrizione :

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001a – 001b – 001c – Dalla mulattiera che risale la Valle delle Celle diretta verso Capria, si nota il bordo del terrazzo morfologico che sostiene e delimita i dolci pendii pascolivi, segnato da un’evidente frana attiva, e l’incisione del tratto terminale del Fosso della Fontaccia che si immette nel Bidente sottopassando la serpentina della rotabile accanto al quale sorge, quasi sempre in ombra, La Casina, ipotetico toponimo di fabbricato altrimenti anonimo (8/12/16).

 

001ca/00cf – Da Poggio Squilla (a monte di S. Paolo in Alpe, deviazione dal sent. 288 CAI) si sviluppa una dorsale dal crinale affilato che delimita la valle del Fosso di Ristèfani, terminando con Poggio Aguzzo, da cui si aprono vasti panorami; in particolare, tra maestrale e tramontana la vista spazia tra il M. Guffone e il M. dell’Avòrgnolo, profondamente inciso dal canalone dove scorre il Fosso della Fontaccia che, quando si appresta a confluire nel Bidente delle Celle, libera in dx idrografica un tratto di pendio più dolce dove rimangono i ruderi del fabbricato noto come La Casina (25/04/18).

001d/001g – Da monte del fabbricato, contestualizzazione dell’habitat di Casina, quasi sempre in ombra come preannunciano le prime luci mattutine (8/12/16).

 

001h – 001i – 001l - Mappe schematiche insediative dedotte sia da cartografia storica sia da cartografia moderna riproducenti l’evoluzione dell’infrastrutturazione viaria della Valle del Fosso della Fontaccia, nella seconda mappa il corsivo elegante riprende la toponomastica originale; parte della viabilità abbandonata è ancora oggi utilizzata a scopo turistico-ricreativo.

 

002a/002d – Dalla moderna rotabile che da Lago corre parallela al Bidente delle Celle, viste del sito di La Casina, in varie ore della giornata (7, 13, 15) perennemente in ombra; il guard rail segnala l’attraversamento del Fosso della Fontaccia (11/09/16 - 8/12/16 – 10/12/16).

 

002e – 002f - 002g - Dalla stessa rotabile, in prossimità di La Casina, tratti di mulattiera già ramo secondario della Via Flaminia Minor proveniente dalle Ripe Toscane (8/12/16 - 12/12/16).

 

002h/002p – Ancora dalla rotabile, varie viste contestualizzanti di La Casina: nel pendio poco sopra si abbarbicava lo scomparso fabbricato registrato nel Catasto del 1826-34; quello attuale mostra tracce della costruzione in quattro fasi: le esigenze agricolturali della limitata economia di montagna hanno portato ad anteporre i due ampliamenti dei fienili a gran parte dei due corpi abitativi, compromettendone l’impatto estetico (11/09/16 - 8/12/16 – 10/12/16).

 

002q - 002r – 002s – Viste da monte del fabbricato (8/12/16 – 10/12/16).

 

003a/003h – A differenza dello scomparso fabbricato retrostante, la solidità delle strutture ben fondate su un suolo meno instabile, acclarata anche dall’assenza di distacchi in corrispondenza delle discontinuità della tessitura muraria dovute agli ampliamenti, tranne alcuni cedimenti trascinati dal consueto collasso delle travature lignee di tetti e solai, pare ancora contrastare le conseguenze dell’abbandono. La facciata Est mostra il corpo costruito per prima e la netta discontinuità verticale dell’ampliamento; nell’ultima foto si vede l’accesso alla cucina (10/12/16).

 

003i – 003l – 003m – L’interno del corpo edilizio della prima fase costruttiva, di cui non è accertabile un originario uso abitativo; a sx, l’interno della facciata Est (8/12/16).

 

003n/003q- All’interno del corpo edilizio adiacente al precedente, la discontinuità verticale della muratura, visibile nelle prime due foto, appoggiata alla parete d’angolo, evidenzia la sua appartenenza alla seconda fase costruttiva, mentre la nicchia del camino accerta l’uso del locale superiore come cucina, che mostra ancora tracce di intonaco fino al solaio del sottotetto, come peraltro parti delle pareti esterne (8/12/16).

 

003r – 003s – 003t – L’ingresso della porcilaia e le altre stalle (10/12/16).

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