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Val di Pavone

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : rudere
Altezza mt. : 625
Coordinate WGS84: 43 53' 57" N , 11 46' 13" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (22/02/2018 - Agg. 19/06/2024) - La Valle del Fiume Bidente di Campigna ad Ovest è delimitata dalla dorsale che si stacca dal Monte Falco separata da Poggio Martino dalla sella di Pian dei Fangacci, cui fa seguito la geometrica sequenza di creste degli altri quattro rilievi, detti (alcuni secondo l’antico oronimo), Poggio di ZaccagninoPoggio di MezzoPoggio del Palaio e Poggio delle Secchete, oggi Poggio Palaio. Da Poggio Palaio la dorsale digrada con la Costa Poggio dei Ronchi fino alla sella di Colla Tre Faggi, come crinale di Corniolino prima si innalza con il Monte della Maestà, poi digrada andando a concludersi presso Lago costretta dalla confluenza del Fiume Bidente delle Celle nel Fiume Bidente di Campigna. Ad Est il bacino idrografico è delimitato da parte del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in AlpePoggio SquillaRonco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Da Poggio Squilla si distacca una dorsale secondaria che, declinando a Nord, dopo il picco di Poggio Aguzzo precipita verso Corniolo con sproni puntati su Lago così completando la chiusura della valle. La sua testata si estende a ridosso delle maggiori quote dello Spartiacque Appenninico (quale parte della c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), caratterizzate dalle fortissime pendenze modellate dall’erosione, con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Scali, il Canale o Canalone del Pentolino, le Ripe della Porta e le Ripe di Pian Tombesi, oltre al distacco dello spessore detritico superficiale, conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale.

Il Fiume Bidente di Campigna, detto Bidente del Corniolo, ricevuto il contributo del Fosso dell’Abetìo, si sviluppa fino al sito un tempo detto I Tre Fossati oltre il quale viene detto Torrente Bidente, benché sia ormai prossimo a perdere le caratteristiche torrentizie e come tale giunge fino a Fiumari ricevendo nell’ordine, in sx idrografica i Fossi di Montaccesidi Castagnolidella Fonte e del Forcone (questi due ultimi noti in base al Catasto toscano). A valle di Fiumari il fiume assume l’idronimo Fosso del Bidente di Campigna, denominazione che mantiene fino ai pressi di Corniolo quando, circa 650 m dopo l’immissione del Bidente delle Celle, nel ricevere i contributi degli appena congiuntisi Fossi di Verghereto e dell’Alpicella (che discendono dal versante di Corniolo), sotto uno strettissimo tornante stradale, le sue acque proseguono lo scorrimento come Fiume Bidente di Corniolo, senza soluzione di continuità morfologica degli alvei. Affluenti di questo tratto vallivo in sx idrografica sono i Fossi della Casacciadella Pietra e di Padroncella (secondo il toponimo antico, oggi conservato).

Il Fosso di Padroncella ha origine dal Monte della Maestà, importante nodo montano del Crinale di Corniolino, e la sua valle è racchiusa tra una importante diramazione che si distacca dal monte e lo stesso Crinale, dando inizio alla sua parte insediativa, principalmente con l’antico borgo di Corniolino e il fulcro militare noto come Castellaccio, parte che, come detto, termina a Lago e si estende tra i Bidenti di Campigna e delle Celle mentre si avviano alla loro confluenza.

La morfologia del sito di Lago,  posto alla plurima convergenza di dorsali, non è antichissima anzi l’apparente idronimo rappresenta il consolidamento di una memoria relativamente recente, legata al cedimento del suo delicato equilibrio idrogeologico quando, nel 1681, la frana di Fordilino creò quell’ostruzione che effettivamente generò un lago, poi colmato da sedimentazioni successivamente modellate dal continuo scorrere delle acque, salvo eventuali interventi antropici di risanamento ambientale. La frana sommerse e distrusse il trecentesco Mulino Vecchio, il più antico dei mulini comunali dell’area, molto utile in quanto il Mulino di Fiumari veniva spesso rovinato dalle piene del Bidente, e comunque anche il contributo del Mulino di Sabatino, posto sotto Corniolo, appena soddisfaceva le esigenze della popolazione. Se le speranze di un recupero del Mulino Vecchio si protrassero per alcuni anni prima che scomparisse definitivamente sepolto nel lago (infatti solo nel 1686 venne chiesta la cancellazione tributaria all’amministrazione fiorentina), a causa della frana, nella notte tra l’8 e il 9 aprile 1681, scomparve completamente la casa del podere di Fiordilino, detta anche Fior di Lino, come documenta il drammatico resoconto del proprietario, il pievano don Matteo Fabbri, uccidendo i due lavoranti Domenico e Goro Michelacci con le loro consorti (Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, p. 40, cit.). Il Mulino Vecchio si trovava dove oggi sorge Lago Fiordilino forse poco sopra, ma sono del tutto scomparsi, mentre i massi affioranti sul pendio sovrastante appartengono all’antica frana.

Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di CampignaFiume Bidente di CampignaFosso di Padroncella e Corniolino.

La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), da integrare per la classificazione storica del Bidente con le Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna (1808-1830 – scala 1:5000) e la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 – scala 1:20.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Campigna. Tra le altre, le c.d. vie dei legni, o Strade dette dei legni per il trasporto dei medesimi (così riportate nella Carta Geometrica) utilizzate per il trasporto del legname fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli. Come sopracitato, specificamente elencata nel contratto di vendita del 1857, con cui le foreste passarono dall’Opera del Duomo di Firenze alle Reali Possessioni, si trova la via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe. Già riportata nelle Bozze di mappa nel tratto alto come Strada del Poggio Scali e nel Catasto toscano Via di Scali è pure confermata tra le vie dei legni individuate all’inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone, nella relazione sullo stato delle foreste demaniali (cit.) come via del Poggio, che da S. Sofia, per S. Paolo in Alpe e Pian del Pero, sale a Poggio Scali

Oltre alla Via di Scali, strada di crinale che correva lungo il limite orientale della valle, la viabilità più antica interessante questo territorio era costituita da quel ramo della Via Flaminia Minor che discendeva lungo la Valle delle Celle percorrendo a mezza costa le Ripe Toscane (le cui stratificazioni rocciose formano gradonate ancora oggi funzionali alla percorrenza, anche grazie alla “modernizzazione” dei primi anni del ‘900) ed oggi si ritrova a tratti fino al fabbricato di La Casina, ad Ovest di Lago, in corrispondenza della sbarra del moderno tratto di infrastrutturazione viaria di servizio dell’impianto di prelievo idrico afferente l’invaso di Ridràcoli. Nel Nuovo Catasto Terreni tale ramo si trova ancora interamente riportato e classificato come Str.com. Corniolo-Celle-Pian del Grado. Presso Lago si ricongiungeva con l’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola di origine preromama che risaliva da Galeata, l’antica Mevaniola e percorreva il Crinale di Corniolino. Ben infrastrutturata e conservante ancora notevoli tratti di selciato naturale, seguendo la morfologia sopra descritta, superata la sella di Colla Tre Faggi risaliva verso il Monte Gabrendo, giungendovi o dopo una più agevole deviazione dalle Mandriacce o per via più diretta sfruttando le balze di Costa Poggio dei Ronchi e Omo Morto ed in ultimo insinuandosi verso Poggio Palaio per ridiscendere a Campigna tramite la Via del Balzo o sul versante opposto verso Stia. A Tre Faggi incrociava il tracciato di controcrinale Celle-S. Paolo in Alpe, da un lato tramite Castagnoli e dall’altro tramite Poderone-Mandriacce. L’inizio del tratto alto-bidentino di questo antico tracciato è facilmente individuabile a Lago, almeno nello stato precedente l’emergenza ambientale e in quello successivo al suo superamento. Nel periodo lacustre occorre invece immaginare un allungamento del tragitto di oltre 1.5 km, con il viandante obbligato a proseguire oltre S. Giovanni e il Fosso della Fontaccia e a ridiscendere ad attraversare in qualche modo (guado, ponte provvisorio) il Bidente delle Celle, quantomeno all’altezza della Casina (presso la suddetta sbarra sulla rotabile che risale sull’argine fluviale) per poi guadagnare il versante opposto aggirandolo a mezzacosta e giungere a Corniolino da settentrione (forse in corrispondenza di un sentiero di cui alla CTR). Fino a gran parte del XVII secolo e almeno all’inizio del XIX (come documenta il Catasto toscano) se non prima, tramite il Ponte di Fiordilino si attraversava il Bidente delle Celle. I resti del ponte dalla poetica denominazione (ripresa dal nome del sopracitato podere), costituiti da una spalla e dall’imposto di un arco limitato a qualche concio inclinato di innesto, che si scorgono a fianco del ponte moderno (altri resti, se sussistenti, giacciono sommersi dalla vegetazione). La saggistica  -(AA.VV., 1982, p. 188, cit. - posti ) documenta una struttura risalente all’ampio periodo tra i secoli XV e XIX con tipologia ad arco (in questo caso non viene specificato se a sesto circolare o ribassato - un utile riferimento si può trovare nel progetto del 1556 per il rifacimento ad arco a tutto sesto del vicino Ponte della Balza – cfr. Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, p. 168, cit.). Quanto resta è sicuramente la conseguenza di successivi rimaneggiamenti ed ancora prima dei danni del cataclisma seicentesco la tipologia era stata ricondotta a quella ormai consueta che prevedeva l’utilizzo di travi lignee, come documentato dai rifacimenti delle spalle in pietra ad opera di maestri muratori lombardi (1580-1584) e dell’impalcato in castagno (1591) ad opera di Marco da Pellegrino (Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, pp. 39, 43, cit.). Qualche certezza la fornisce il seguente resoconto che pare piuttosto riferirsi ad un precursore o allo stesso ponte della nuova strada provinciale (a sesto ribassato, in pietra), forse con qualche confusione rispetto ai resti di una pila: «1898. Sorge il problema della disoccupazione anche al Corniolo che ora ha più di mille abitanti. Per alleviare tale disagio, si propone di avviare la costruzione della strada rotabile Corniolo-S. Sofia, la costruzione in pietra del ponte del Lago (si vede ancora una pila di questo) […].» (Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, p. 142, cit.). In effetti nella Carta d’Italia I.G.M. di primo impianto (1894) compare il simbolo grafico della pedanca mentre quello del ponte compare solamente nella mappa del 1937 in relazione al tratto della provinciale in corso di realizzazione ed ancora oggi in uso. 

Come documentato dal Catasto toscano, la via antica si inerpicava subito sull’erta rocciosa (oggi rimodellata) in allineamento al ponte stesso (di lato alla provinciale e al ponte moderno) ma poi deviava fino a rasentare il Bidente. Le mappe antiche aiutano a ricostruire la morfologia del luogo prima della realizzazione della provinciale che all’inizio del XX secolo tagliò la balza mentre la Via Romagnola proseguiva a mezzacosta verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Evidenti resti della muratura di sostegno di questo tratto viario si notano poco sopra il piano stradale, a 200 m dal ponte di Lago. Da Corniolino la prosecuzione della vecchia via è stata rimodernata fino all’innesto, presso un tornante, sulla S.P. a circa 2 km da Lago, si ritrova il tracciato antico (sent. 259 CAI) che si inerpica verso il Castellaccio poi prosegue sul crinale sfruttando le gradonate di estesi affioramenti rocciosi, dove sono evidenti le tipiche alternanze di arenarie e marne formanti cornicioni sporgenti fratturati a “denti di sega”.

Da Corniolino, il percorso di fondovalle diretto a Campigna scendeva al Bidente superandolo grazie al Ponte dei Ladroni o del Ladrone o della Madonna, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona), che però si trovava circa 80 m più a monte, come risulta dal confronto con il Catasto toscano. Il ponte è stato segnalato dal Segretariato Regionale del Ministero della cultura dell’Emilia-Romagna nel portale https://www.tourer.it/. Dopo un breve tratto ancora integro e percorribile fino al moderno Ponte Ilario, datato 1969 e privo di interesse tipologico, la mulattiera procedeva in prossimità del fiume secondo un percorso diverso dalla strada forestale (iniziata negli anni 1966-67), che risale transitando poco sotto Campacci, oggi C.Campaccio. L’antico tracciato infatti giungeva fino al sito di un altro fabbricato che, benché anonimo, era evidentemente destinato a mulino già in base all’evidente rappresentazione di inizio ‘800 del lungo berignale o gora per il prelievo dell’acqua e del bottaccio di accumulo della stessa, confermata dalla simbologia (ruota dentata) dell’Opificio a forza idraulica della Carta d’Italia I.G.M. del 1894. Nella successiva mappa del 1937 il definibile Mulino di Campacci, perse le sue funzioni originarie, è ormai rappresentato come semplice fabbricato. Oggi l luogo è raggiungibile tramite la strada di servizio per raggiungere le opere di imbrigliamento idraulico dei rami bidentini a favore dell’invaso di Ridràcoli e una moderna stazione di pompaggio ne occupa il sito. Oltrepassato Campacci, secondo un percorso simile a quello moderno, il tragitto antico prima attraversava il Fosso del Fiumicino di S. Paolo con una pedanca (ponte in legno pedonale documentato almeno dall'inizio del XX secolo), oggi sostituita dal Ponte Cesare, poi si inerpicava sul crinale rasentando Moscoso dal lato Est (praticamente dietro l’annesso posto accanto al suo attuale accesso stradale) e poco dopo, attraversato il sito oggi occupato della rotabile, calava di livello dirigendosi verso Fiumari (di sotto). Mentre la via principale proseguiva verso il Molino di Fiumari e Campigna, dove giungeva tramite la ripida Via di Villaneta (oggi sent. 243 CAI), almeno per tutto il XIX secolo solo un sentiero risaliva fino a Fiumari (di sopra) e, scavalcata la sella antistante, scendeva ad attraversare il Fiumicino per poi inerpicarsi fino all'alpeggio di S. Paolo in Alpe e all'Eremo di S.Agostino tramite Campodonatino e Campodonato.

Il contesto insediativo del Crinale di Corniolino, in base a quanto fotografato nei primi decenni del XIX secolo dal Catasto toscano, oltre a riguardare il borghetto le cui abitazioni conservano scarse tracce del villaggio medievale, in origine detto Corniolo e arroccato sulle pendici del Castrum Cornioli, si estendeva principalmente sul versante di Campigna, più favorevole per morfologia ed esposizione, fino a comprendere i poderi Le Balzette a mezzacosta e Padroncella, poi Faltroncella, prossimo al Monte della Maestà. Anche il versante delle Celle, per quanto impervio e con tratti di parete prossimi alla verticale, era percorso da esili mulattiere che si allungavano con lieve pendenza fino a Val di Paone o Val di Pavone, affacciato sul fiume, cui si aggiunsero entro la fine del secolo un capanno a mezzacosta e Pulita quasi sul fiume, allora raggiunti solo da un ripido sentiero di crinale.

Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Catasto toscano, Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati del contesto insediativo di Corniolino fino al versante del Bidente attraversato dal Fosso di Padroncella si possono schematizzare come di seguito elencato:

Castellaccio nel Catasto toscano, o Castellaccio di Corniolino nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 - 1937) e in quella moderna con simbolo dei ruderi, o assente nel N.C.T., o Castellaccio di Corniolino nella C.T.R.;

Corniolino nel Catasto toscano, o gruppo di fabbricati anonimi tra cui due con simbolo crociato di Chiese ed oratori nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o Corniolino con un fabbricato con simbolo crociato di Chiese ed oratori nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), in quella moderna, nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Casina Corniolino: anonimo nel Catasto toscano, nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 - 1937) e in quella moderna, o Casina nel N.C.T., o Casina Coniolino nella C.T.R.;

Balzette nel Catasto toscano, o C. le Balzette nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 - 1937) e in quella moderna, o Balzette nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Padroncella nel Catasto toscano, o C.Padroncella nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o Faltroncella nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937) e in quella moderna, o Padroncello nel N.C.T., o Faltroncella nella C.T.R.

Pulita: assente nel Catasto toscano, o anonimo con capanno a mezzacosta nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 - 1937), o anonimo in quella moderna, o la Pulita con capanno a mezzacosta nel N.C.T., o Pulita con capanno a mezzacosta nella C.T.R.

Val di Paone nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 - 1937), o assente in quella moderna, o Val di Pavone nel N.C.T., o assente nella C.T.R.

Sugli opposti versanti del Crinale di Corniolino si trovano due insediamenti antichi raggiungibili solo da diramazioni dal tracciato di cresta, quindi provenienti dall’area castellana, a inizio Ottocento detti Padroncella Val di Paone, uno oggi più noto come Faltroncella ma anche Padroncello, l’altro ancora accatastato come Val di Pavone benché ne rimangano scarse tracce. La formazione di tali toponimi in tale contesto porta a ipotizzare una derivazione conseguente ad antichi assetti proprietari, tenendo presente che non è nota la data di costituzione degli assetti poderali ed il precoce abbandono del castello, del quale ancora nel 1588 è documentata la manutenzione e l’utilizzo di una torre come sede della Campana della Comunità, posizione ottimale per la diffusione dei segnali sonori. In questo senso, si possono rispettivamente proporre le sequenze con trasformazione diminutiva padrone > padroncella e con contrazione padrone > pa(dr)one > paone (= valle del padrone?). Riguardo le trasformazioni più recenti si possono immaginare le rispettive sequenze Faltona > Falt(te)rona > Faltrona > Faltroncella, di origine etrusca o pre-etrusca, vuoi dall’italico antico falto = franato, scosceso, vuoi dai corradicali etrusco-latini Faltonius e fala, ae = altura, in coerenza al sito e in virtù di una delle mete dell’antica via verso la catena appenninica, e Paone > Pavone, ma, considerato che l’ornitonimo richiamante l’uccello galliforme pare incongruente con un sito che non manifesta niente di appariscente, non rimane che interpretare intenzionalità esorcistiche rispetto alle difficoltà del vivere in luoghi avversi (del tutto pertinenti e altrove praticate) o un ingentilimento subentrato col tempo e/o al momento della trascrizione cartacea.

Faltroncella, è un insediamento pare risalente al ‘700, come accennato ricadente poco sotto la cresta (circa 40 m di dislivello) del versante orientale con esposizione meridionale, oggi è immerso in un reimpianto restaurativo di conifere testimoniante la necessità di consolidare il disboscamento (ronco) con finalità prevalentemente pascolive dell’antico podere ed è composto da quattro fabbricati variamente dislocati, uno maggiore residenziale e tre annessi minori, che paiono conservare le principali caratteristiche originarie solo come numero e varietà di dislocazione, mentre sono evidenti le traslazioni da cui conseguono le ricostruzioni. A seguito degli aggiornamenti catastali, risulta costantemente abitato dal 1834 fino al 1962, quindi negli anni ’80 è stato recuperato e riutilizzato nonostante la collocazione come abitazione anche saltuaria come ritrovo settimanale di famiglie alla ricerca di una vita d’altri tempi, come in uso in quell’epoca. In quegli anni divenne più accessibile grazie alla realizzazione di una ripidissima pista di servizio della linea elettrica ad alta tensione che, adiacente all’incisione del Fosso di Padroncella, raggiunge il crinale consentendo l’accesso anche a questo sito. In questi ultimi anni pare che quell’esperienza sia terminata e il luogo sia nuovamente abbandonato.

Val di Pavone, benché ormai ridotto ad un cumulo di pietrame verdeggiante di muschio tra i quali emerge solo un pezzo di cantonata, nel catasto moderno conserva la particella catastale corrispondente al resede del fabbricato accompagnata dalla scrittura del nome, ed appare raggiunto dalla Strada vicinale Val di Pavone di raccordo alla viabilità di crinale (classificata Strada comunale Corniolo-Campigna), da cui si distacca presso la sella prospiciente il Castellaccio mentre il “viadotto” in pietrame risale verso Sud. La mulattiera raggiunge l’insediamento scivolando con leggera pendenza (12%) in contrasto con la morfologia del versante e tagliando le numerose coste che lo tormentano, intercalate ai frequenti ruscellamenti che ormai contribuiscono a rendere precario il transito insieme a numerosi smottamenti. Un lieve addolcimento della costa ospite consentì in epoca non nota (probabilmente settecentesca, come Padroncella) l’insediamento colonico, composto da un fabbricato a pianta rettangolare con lieve risega e un piccolo annesso lato monte. Nello stesso versante compaiono alcune aree di reimpianto di conifere, testimonianti la necessità di consolidare aree disboscate con finalità prevalentemente pascolive. La via pare proseguisse con la stessa pendenza oltre l’insediamento verso il fondovalle, ma ormai verosimilmente interrotta dai crolli di parete del Monte della Maestà.

Sullo stesso versante si trovano altri due fabbricati, che dovrebbero essere stati edificati nel corso dell’Ottocento in quanto documentati nella cartografia di fine secolo. Sono posti a mezzacosta e alla base delle pieghe del versante, in origine raggiunti da un sentiero di crinale che scende ripido distaccandosi dalla mulattiera per Val di Pavone o apparentemente isolati e scollegati da qualsiasi infrastruttura (salvo un probabile guado fluviale collegato alla via per Le Celle, la cui traccia si trova nell’odierna cartografia, da ritenere però spesso impraticabile), probabilmente entrambi dediti all’utilizzo della conca sottostante il Castellaccio. Si tratta di un capanno, come evidenziano le dimensioni dei suoi resti e di Pulita, ancora oggi utilizzato in quanto raggiunto dalla comoda strada di servizio riservata per l’accesso alle opere di presa idraulica collegate all’invaso di Ridràcoli e mantenente le caratteristiche originarie sia tipologiche sia del suo intorno.

Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, monti e insediamenti citati.

N.B.: - La Descriptio Provinciae Romandiolae è un rapporto geografico-statistico-censuario redatto dal legato pontificio cardinale Anglic de Grimoard (fratello di Urbano V) per l’area della Romandiola durante il periodo della “Cattività avignonese” (trasferimento del papato da Roma ad Avignone, 1305-1377). Se la descrizione dei luoghi ivi contenuta è approssimativa dal punto di vista geografico, è invece minuziosa riguardo i tributi cui era soggetta la popolazione. In tale documento si trova, tra l’altro, la classificazione degli insediamenti in ordine di importanza, tra cui i castra e le villae, distinti soprattutto in base alla presenza o meno di opere difensive, che vengono presi in considerazione solo se presenti i focularia, ovvero soggetti con capacità contributiva (di solito nuclei familiari non definiti per numero di componenti; ad aliquota fissa, il tributo della fumantaria era indipendente dal reddito e dai possedimenti). In particolare, nelle vallate del Montonedel Rabbi e del Bidente furono costituiti i Vicariati rurali delle Fiumane.

- La visita apostolica o pastorale, che veniva effettuata dal vescovo o suo rappresentante, era una prassi della Chiesa antica e medievale riportata in auge dal Concilio di Trento che ne stabilì la cadenza annuale o biennale, che tuttavia fu raramente rispettata. La definizione di apostolica può essere impropria in quanto derivante dalla peculiarità di sede papale della diocesi di Roma, alla cui organizzazione era predisposta una specifica Congregazione della visita apostolica. Scopo della visita pastorale è quello di ispezione e di rilievo di eventuali abusi. I verbali delle visite, cui era chiamata a partecipare anche la popolazione e che avvenivano secondo specifiche modalità di preparazione e svolgimento che prevedevano l'esame dei luoghi sacri, degli oggetti e degli arredi destinati al culto (vasi, arredi, reliquie, altari), sono conservati negli archivi diocesani; da essi derivano documentate informazioni spesso fondamentali per conoscere l’esistenza nell’antichità degli edifici sacri, per assegnare una datazione certa alle diverse fasi delle loro strutture oltre che per averne una descrizione a volte abbastanza accurata.

- Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo la presa in possesso l’Opera aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.

- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XIX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi fluitato per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno. Per approfondimenti, v. M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, 2024, cit. 

- Negli scorsi anni ’70, seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, per le Balzette senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto della citata pubblicazione specifica. 

- Il termine “pedanca” deriva dal dialetto piemontese e ciò potrebbe spiegare anche l’adozione del termine da parte dell’I.G.M. o Istituto Geografico Militare, che fu fondato a Torino nel 1861, che quindi assorbì tale denominazione per indicare il simbolo tecnico cartografico (⤚⤙) corrispondente ai ponti pedonali.

- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo. Inoltre, le pratiche scritturali prevedono che tra l’abbreviazione “C”, l’interpunzione e la parola seguente non vi siano interspazi.

- Agevole l’analisi toponomastica per la derivazione dal latino baltea, balteus = passaggio in roccia scosceso, con la declinazione in gentile diminutivo nel tentativo di esorcizzare la difficoltosa vivibilità di un sito, comunque sempre più agevole rispetto a luoghi di maggiore asprezza meritanti infatti il toponimo-tipo “balze”.

RIFERIMENTI    

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AA. VV., Il luogo e la continuità. I percorsi, i nuclei, le case sparse nella Vallata del Bidente, Catalogo della mostra, C.C.I.A.A. Forlì, Amm. Prov. Forlì, E.P.T. Forlì, 1984;

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ALPE APPENNINA rivista on-line - Storia e storie fra Romagna e Toscana, Monti editore, Cesena;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze

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Regione Toscana – Progetto CASTORE – CAtasti STOrici REgionali;

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Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11479;

Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11644;

URL http://www.popolidelparco.it/media/archivio-pietro-zangheri-zan098/;

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URL https://www.tourer.it/;  

URL https://www.igmi.org/italia-atlante-dei-tipi-geografici/++theme++igm/atlante_tipi_geografici/pdf/normetopo.pdf;

URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba - Val di Pavone è raggiungibile dalla S.P. 4 del Bidente seguendo il sentiero 259 fino alla sella antistante il Castellaccio; da qui si stacca un sentiero tagliato nel versante che guarda sul Bidente delle Celle che, se non fosse spesso interrotto da smottamenti e ruscellamenti, una - a volte - ancora ampia mulattiera condurrebbe agevolmente (m 850 - dislivello 100 m) fino ai resti del fabbricato. Il capanno sopracitato è più facilmente raggiungibile per minore distanza e inferiori interruzioni, con ripida deviazione di cresta dallo stesso sentiero (m 300 – dislivello 75 m).

foto/descrizione :

Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore.

001a – 001b - Dal Sentiero degli Alpini (SA 301 CAI), sul contrafforte principale a SO di P.gio Bini, si abbraccia il versante vallivo dai pressi dell’origine del F.so Bidente delle Celle e, benché da remoto, si fronteggia il versante occidentale del Crinale del Corniolino, apprezzandone la morfologia dove spicca appena la vetta del Monte della Maestà; l’imponente dorsale che vi si stacca delimita l’area contingente all’insediamento di  Val di Pavone, localizzabile nelle coste sulla sx (16/04/16).

 

001c – 001d - Alcuni scorci visuali della dorsale sono possibili da siti più scomodi da raggiungere; tra essi il Sentiero del Satanasso (poco distante dall’innesto sulla S.P.del Bidente, nel tratto che sovrasta gli insediamenti del Poderone e di Mandriacce) consente di traguardare il versante da Sud, così risultando evidenziata la morfologia tormentata da ripide coste dove, stagionalmente, per il differente cromatismo vegetazionale, si possono distinguere i rimboschimenti corrispondenti agli antichi ronchi. I due costoni paralleli che si dipartono dal 3° picco dopo quello del Castellaccio, parzialmente in ombra sul margine dx della 2^ foto, riguardano il sito di Val di Pavone (8/04/17).

 

001e - 001f – L’interesse può superare la scomodità di raggiungere la Costa Poggio dell’Aggio Grosso, ancora tramite il Sentiero del Satanasso ma imboccandolo dalla S.F. di Giogo di Castagno, spostandosi in fondo al sito laddove spiana (il Pianellone, 1200 m), da cui si aprono scorci panoramici sullo sviluppo della Valle del Bidente delle Celle, dove si notano le Ripe Toscane ed il versante occidentale del Crinale del Corniolino, particolarmente tormentato da costoni e canaloni a ridosso del Monte della Maestà. Anche qui, parzialmente fuori margine dx della 2^ foto, si vedono i due costoni del sito di val di Pavone (31/10/17).

 

001g/001l – Il Sentiero degli Alpini, dai pressi del M. dell’Avòrgnolo, anche nelle giornate più nuvolose consente ampie viste panoramiche verso Sud-Est, che restituiscono una certa imponenza al Crinale del Corniolino mettendone in diverso rilievo il rapporto con il Monte della Maestà e tende ad appiattirsi l’articolata morfologia della porzione di versante che ospita gli insediamenti; comunque si nota bene (4^ foto) la stretta sella prima della quale si stacca il sentiero, già via Val di Pavone, e sul margine il costone dove si trova il capanno (23/11/16 – 26/11/16).

 

001m/001p – Scorci particolari del Crinale del Corniolino, al suo termine, si hanno nel risalire la Valle del Fosso delle Fontacce, tra Cà d’Orso e Pian dell’Olmo o nel percorrere la mulattiera che penetra nella Valle di Lavacchio, a un certo punto (3^ foto) attraversando la cresta che fa allineare i cadenti tetti di Capria di Sopra e quelli riflettenti di Pulita, nel fondovalle, quest'ultima raggiunta dal costone soleggiato (distinguibile anche nelle altre foto) che, in alto, ospita il capanno; dal picco successivo si dipartono i costoni relativi a Val di Pavone (8/12/16 – 10/12/16).

 

002a – Dal sentiero che, spesso interrotto, percorre a mezzacosta il versante settentrionale del M. della Maestà dipartendosi dal crinale, si ha un’insolita vista verso N/E della Valle delle Celle con il fondale della Valle del Fontaccia coronata dal M. Guffone; stando al tema, si notano tre picchi del crinale: dal primo si staccano i costoni che ospitano Val di Pavone (in ombra, circa 120 m più sotto), l’ultimo è quello del Castellaccio (24/01/18).

 

002b – Da Filettino di Sotto si ha uno scorcio ugualmente orientato ma dal versante opposto del Bidente avendo in p.p. il costone che si stacca dal M. della Maestà; si distingue anche il picco da cui si staccano i costoni di Val di Pavone, in basso evidenziati dalle macchie dei rimboschimenti di conifere (4/01/18).

 

002c/002h – Dal sentiero 261 (delle Ripe Toscane), nel fondovalle si nota Pulita sormontata dal costone che, 75 m più sopra, ospita il capanno. Verso N/E e S/O si vedono i picchi del Castellaccio e la parte elevata dei costoni di Val di Pavone (11/09/16 – 12/12/16 – 4/01/18).

 

002i/002r – Proseguendo sul sentiero, prima nel fondovalle si nota la condotta di prelievo idrico adducenti all’invaso di Ridràcoli mentre in lontananza stagionalmente spiccano macchie di conifere dell’insediamento di Val di Pavone, poi fronteggiate e ben distinguibili, così come la traccia del sentiero che lo raggiunge (4/01/18).

 

003a – Schema da cartografia moderna dell’area di Corniolino e del bacino idrografico della Valle del Fosso di Padroncella.

003b1 - 003b2 - 003b3 – Schema di mappa da cartografia di inizio XIX secolo, con evidenziati gli assetti insediativi, idrografici ed infrastrutturali della valle del Bidente e suoi affluenti, con particolari dell’area di Corniolino e del villaggio dove, tra l’altro, sono riportati  i tracciati della viabilità antica con il sito più probabile della scomparsa Torre della Rovere, e confronto schematico tra cartografia antica e moderna da cui si rilevano le modifiche planimetriche e alla viabilità intercorse nel periodo frapposto. La toponomastica riprende quella originale.

003c - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, riguardo la viabilità principale evidenziava esclusivamente i tracciati viari che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, mantenendosi prossimi al fondovalle fino a Corniolo, nella valle di Campigna risalendo sul crinale di Corniolino fino alla sella di Tre Faggi con discesa a Campigna e risalita al Passo della Calla.

003d - Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo viario e idrografico precedente al completamento della viabilità provinciale.

003e/003h - Il portale del Castellaccio di Corniolino dà idealmente inizio al tragitto alla via Val di Pavone, che si stacca dalla stretta sella del crinale, prima del “viadotto” in pietrame (30/11/16 - 13/12/16 – 4/01/18 - 24/01/18).

 

003i/003r – Alcuni scorci esemplificativi di via Val di Pavone, oggi catastalmente classificata strada vicinale (4/01/18).

 

004a/004p – Poco dopo il suo inizio, dalla via Val di Pavone si stacca un ripido sentiero di cresta che discende fino a Pulita ma, ben prima, raggiunge i resti di un modesto fabbricato, pertanto riferibili ad un capanno (24/01/18).

 

004a/005o – Superate le difficoltà di transito la via si allarga e stabilizza nel raggiungere gli scarsi resti di Val di Pavone, abbarbicati su un modesto spianamento del costone mentre nel (pro)fondo si intravede appena il fiume (4/01/18).

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