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Ronco del Cianco

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : rudere
Altezza mt. : 854
Coordinate WGS84: 43 52' 28" N , 11 46' 53" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (11/05/2018 – 15/05/2024) - La Valle del Fiume Bidente di Campigna ad Est è delimitata da parte del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in AlpePoggio SquillaRonco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Da Poggio Squilla si distacca una dorsale secondaria che, declinando a Nord, dopo il picco di Poggio Aguzzo precipita verso Corniolo con sproni puntati su Lago così completando la chiusura della valle. La sua testata si estende a ridosso delle maggiori quote dello Spartiacque Appenninico (quale parte della c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), caratterizzate dalle fortissime pendenze modellate dall’erosione, con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Scali, il Canale o Canalone del Pentolino, le Ripe della Porta e le Ripe di Pian Tombesi, oltre che con distacco dello spessore detritico superficiale, conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale.

In dx idrografica il Bidente riceve le acque provenienti dallo Spartiacque dei Fossi dell’Antennadelle Bruciatedella Corbaiadella Ghiraiadella Ruota e del Fiumicino o di Ricopri, quindi il Fosso di Bagnatoio e il Fosso del Fiumicino di S.Paolo, anticamente detto Fosso il Pianaccione, uno dei maggiori affluenti del Bidente di Campigna, avente origine dalle pieghe tra i Poggi Ricopri e Capannina e il contrafforte, alimentato da un’ampia ramificazione idrografica avente origine dal contrafforte secondario compreso tra Poggio Capannina e l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, ovvero i Fossi delle Fontanelledell’Alberacciadel Perono o Perone di Ristefani. Gli altri affluenti del tratto in dx idrografica sono i Fossi delle Farnie e di Campitelli. Le vene del Fiumicino di S.Paolo alimentano la Fonte del Rospo e la Fonte Miseria poste rispettivamente ai km 4+700 e 3+500 della Strada Vic.le Corniolino-S.Paolo in Alpe, la seconda presso un’Area Attrezzata.

La Valle del Fiumicino di S.Paolo sul versante orientale in gran parte è racchiusa dal tratto di contrafforte che delimita il bacino bidentino già descritto, che si sviluppa da Poggio Capannina fino a Poggio Aguzzo, da cui una breve diramazione bruscamente chiude la valle a settentrione puntando verso lo sbocco del fosso presso Moscoso. Sul versante occidentale la delimitazione è costituita dall’imponente dorsale di separazione dalla collaterale Valle del Fiumicino che si stacca da Poggio Capannina ed evidenzia Poggio Ricopri e Poggio di Montali (toponimo in uso nel XIX secolo), oltre il quale digrada verso Case Fiumari concludendosi con una ramificazione di costoni e sproni finali che obbligano il fiume a tortuose circonvoluzioni, quando punta verso il Bidente laddove il Fiumicino trova il suo sbocco sotto Moscoso, dopo essere passato sotto Ponte Cesare, con uno sviluppo di circa 4 km. Dal versante NO di Poggio di Montali ha origine il Fosso di Bagnatoio, dal modesto sviluppo di 750 m, chiuso in una strettissima vallecola che sbocca nel Bidente di fronte al Mulino di Fiumari e alla moderna Chiesa di S. Agostino, dove si trova una fonte.

Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di CampignaFiume Bidente di Campigna e Fosso del Fiumicino di S. Paolo.

L’area e i crinali circostanti in passato erano interessati da stretti ed impervi percorsi utilizzati a scopo militare, per transiti commerciali e per le attività boschive. La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), da integrare per la classificazione storica del Bidente con le Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna (1808-1830 – scala 1:5000) e la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 – scala 1:20.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Campigna. Tra le altre, le c.d. vie dei legni, o Strade dette dei legni per il trasporto dei medesimi (così riportate nella Carta Geometrica) utilizzate per il trasporto del legname fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli. Specificamente elencata nel contratto di vendita del 1857, con cui le foreste passarono dall’Opera del Duomo di Firenze alle Reali Possessioni, si trova la via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe«Una vastissima possessione la quale […]. E’ intersecato da molti burroni, fosse e vie ed quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosidetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei Legni, dalla , dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.). Già riportata nelle Bozze di mappa nel tratto alto come Strada del Poggio Scali e nel Catasto toscano Via di Scali è pure confermata tra le vie dei legni individuate all’inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone, nella relazione sullo stato delle foreste demaniali (cit.) come via del Poggio, che da S. Sofia, per S. Paolo in Alpe e Pian del Pero, sale a Poggio Scali

Oltre alla Via di Scali, strada di crinale che correva lungo il limite orientale della valle, la viabilità più antica interessante questo territorio, di origine preromana, percorreva il crinale insediativo di Corniolino; ben infrastrutturata e conservante ancora notevoli tratti di selciato naturale, seguendo la morfologia sopra descritta, superata la sella di Tre Faggi risaliva verso il Monte Gabrendo, giungendovi o dopo una più agevole deviazione dalle Mandracce o per via più diretta sfruttando le balze di Costa Poggio dei Ronchi e Omo Morto ed in ultimo insinuandosi verso Poggio Palaio per ridiscendere verso Campigna tramite la Via del Balzo o sul versante opposto verso Stia: si tratta dell’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata, l’antica Mevaniola. L’inizio del tratto alto-bidentino di questo antico tracciato è facilmente individuabile presso Lago (almeno nello sviluppo posteriore alla fine del XVII sec., successivo alla sopracitata rimodellazione post-lacustre). Tramite il Ponte di Fiordilino, struttura dalla poetica denominazione sul Bidente delle Celle ripresa dal nome di un adiacente fabbricato distrutto dalla frana (rimangono i resti dell’imposto dell’arco, con qualche concio inclinato di innesto, corrispondenti alla struttura del XV sec. ricordata dalla saggistica  - AA.VV., 1982, p. 188, cit. - posti a fianco del ponte moderno), la via antica si inerpicava subito sull’erta rocciosa in allineamento al ponte stesso, come documentato dal Catasto toscano, ma poi deviava fino a rasentare il Bidente quindi proseguiva a mezzacosta verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Evidenti resti della muratura di sostegno di questo tratto viario si notano poco sopra la provinciale, a 200 m dal ponte di Lago. Superato Corniolino, presso un tornante della S.P. a circa 2 km da Lago, si ritrova il tracciato antico (sent. 259 CAI) che si inerpica verso il Castellaccio poi prosegue sul crinale sfruttando le gradonate di estesi affioramenti rocciosi, dove sono evidenti le tipiche alternanze di arenarie e marne formanti cornicioni sporgenti fratturati a “denti di sega”.

Presso Corniolino si innestava il percorso di fondovalle da Corniolo Campigna che scendeva al Bidente (oggi intercettato dalla S.P. del Bidente a circa 500 m da Lago, dove è stato riutilizzato come accesso di un recente insediamento) superandolo grazie al Ponte dei Ladroni o del Ladrone o della Madonna, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona), che però si trovava circa 80 m più a monte, come risulta dal confronto con il Catasto toscano. Il ponte è stato segnalato dal Segretariato Regionale del Ministero della cultura dell’Emilia-Romagna nel portale https://www.tourer.it/. Dopo un breve tratto ancora integro e percorribile fino al moderno Ponte Ilario, datato 1969 e privo di interesse tipologico, la mulattiera procedeva in prossimità del fiume secondo un percorso diverso dalla strada forestale (iniziata negli anni 1966-67), che risale transitando poco sotto Campacci, oggi C.Campaccio. L’antico tracciato infatti giungeva fino al sito di un altro fabbricato che, benché anonimo, era evidentemente destinato a mulino già in base all’evidente rappresentazione di inizio ‘800 del lungo berignale o gora per il prelievo dell’acqua e del bottaccio di accumulo della stessa, confermata dalla simbologia (ruota dentata) dell’Opificio a forza idraulica della Carta d’Italia I.G.M. del 1894. Forse un tempo noto come  Mulino di Campacci, perse le sue funzioni originarie nella successiva mappa del 1937 è ormai rappresentato come semplice fabbricato. Oggi questa parte di tracciato è stata riutilizzata come strada di servizio per raggiungere le opere di imbrigliamento idraulico dei rami bidentini a favore dell’invaso di Ridràcoli e una moderna stazione di pompaggio ne occupa il sito. Oltrepassato Campacci, il tragitto antico prima attraversava il Fosso del Fiumicino di S. Paolo con una pedanca (ponte in legno pedonale documentato almeno dall'inizio del XX secolo), oggi sostituita dal Ponte Cesare, poi si inerpicava sul crinale rasentando Moscoso dal lato Est (praticamente dietro l’annesso posto accanto al suo attuale accesso stradale) e poco dopo, attraversato il sito oggi occupato della rotabile, calava di livello dirigendosi verso Fiumari (di sotto). Mentre la via principale proseguiva verso il Molino di Fiumari e Campigna, dove giungeva tramite la ripida Via di Villaneta (oggi sent. 243 CAI), almeno per tutto il XIX secolo solo un sentiero risaliva fino a Fiumari (di sopra) e, scavalcata la sella antistante, scendeva ad attraversare il Fiumicino. Solo al principio del secolo scorso (come rappresentato dalla mappa I.G.M. del 1937) una mulattiera evitava il saliscendi e manteneva il crinale, scendendo poi ad attraversare il fosso tramite un’altra pedanca; quindi, la via si inerpicava fino all'alpeggio di S. Paolo in Alpe e all'Eremo di S.Agostino tramite Campodonatino e Campodonato, nonostante la rilevanza classificata solo nel XX secolo come Strada Com.le Corniolo-Fiumari-S.Paolo, mentre nel fondovalle Casa Perinaia e Pian del Coltellino, facenti parte del Popolo di S. Paolo, nell’800 risultano collegati solo con l’insediamento religioso di appartenenza tramite una ripida mulattiera ed occorre attendere la fine del secolo per vedere collegati i due insediamenti con il fondovalle tramite un sentiero la cui traccia verrà sostanzialmente confermata prima da una mulattiera e in tempi moderni poco più a monte dall’odierna rotabile. Un tracciato secondario di crinale, distinto in sequenza nella Via di Val di CovileVia di Ronco del Cianco e Via della Capannina, nel XIX secolo percorreva la dorsale Poggio di Montali-Poggio Ricopri-Poggio Capannina, mentre varie diramazioni digradavano verso i fondivalle collaterali, tra cui la Via dello Scopetino, diretta verso il Fosso di Ricopri/Fiumicino.

L’altopiano di S. Paolo in Alpe, nei documenti dell’archivio dell’Opera del Duomo di Firenze detto Poggio di S. Paolo in Alpe, costituiva confine delle proprietà dell’Opera (senza farne parte) che giungevano a comprendere i poderi di Val di Covile e Ronco del Cianco, come documentato fin dal 1545, mentre Campodonato apparteneva a privati: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Una presa di terra detta i Ronchi del Cianco e una detta Val di Covile sono some 13 per la Val di Covile, e per il Ronco del Cianco, che va fino al Fossato del Ronco del Conte, sono some 24» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 149, 150, cit.). Da una relazione del 1652: «Le selve di detta Opera benché tutte contigue fra loro per maggior chiarezza si distinguono da noi primieramente in due parti principali separate fra di loro dal poggio di S. Paolo in Alpe. Una cioè sopra detto poggio verso ponente e l’altra sotto il detto poggio verso levante. La superiore può suddividersi commodamente in tre parti delle quali quella di mezzo si chiama Campigna […]. La parte principale inferiore sotto il poggio di S. Paolo in Alpe parimenti suddividiamo in cinque parti: la prima delle quali quarta in ordine sopradetto, chiameremo Macchia di Scali […]. La quarta che contiene la macchia di Scali, la Fossa delle Macine, il Porcareccio […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 263-264, cit.). La precisa descrizione dei confini è contenuta nell’atto del 1818 stipulato con il Monastero di Camaldoli. Dalla composizione del podere di Ronco del Cianco, di cui all'atto del 1840 con i camaldolesi, si ha inoltre un'utile descrizione dei luoghi: «N. 4 - Podere denominato Ronco del Cianco […]. Terreni […]. E questa vasta tenuta è confinata come appresso: 1° a tramontana del Fosso di Pianaccione fino al Poggio di Montale Fabbri Giuliano […] 6° Fosso di Ricopri e volgendosi a levante in luogo detto Pian del Pero, 7° terre comprese nella Tenuta Forestale, 8° volgendosi verso tramontana e sempre sullo schienale del Poggio detto della Fringuella fino al Poggio della Capannina terreni compresi nella comunità di Santa Sofia, volgendosi quindi al nord-est e percorrendo sempre lo schienale del poggio che si succedono fino alla sommità del Poggio delle Bruciate, 9° terreni posti nella medesima comunità di Santa Sofia e discendendo fino al Fosso del Pianaccione Fabbri Eredi di Giovanni-Filippo salvo se altri.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 511-513, cit.). I toponimi citati sono localizzabili grazie alla Carta Geometrica: presso i siti delle Bruciate e delle Fontanelle si vede rappresentato un fosso identificabile nel Fosso delle Fontanelle, che infatti nasce dalle pieghe del contrafforte tra Poggio Capannina e Monte Grosso, confluendo nel Fiumicino di S. Paolo poco prima del Fosso dell’Alberaccio; il Fosso del Pianaccione dai confronti cartografici risulta corrispondere all’odierno Fiumicino di S. Paolo. Nella mappa è rappresentato anche il sito Faggio alla Fringuella, evidentemente corrispondente al poggio citato nel contratto.

Oltre all’insediamento eremitico e alpeggio di S. Paolo in Alpe e al citato grande podere di Ronco del Cianco, posto sulle pendici esposte a meridione del sopracitato Poggio di Montali, sia il crinale della dorsale occidentale sia il fondovalle principale, le valli confluenti e aree limitrofe ospitavano alcuni insediamenti. Fiumari (di sopra), appartenente al nucleo di Case Fiumari insieme a Fiumari (di sotto), e Moscoso sono abbarbicate sullo stretto crinale a nord del poggio e sono ancora utilizzati. Inevitabile il riferimento al citato Mulino di Fiumari e adiacente Chiesa di S. Agostino. Nel fondovalle del Fiumicino di S. Paolo si trovavano Casa Perinaia e Pian di Coltellino, stretto tra gli sbocchi dei Fossi dell’Alberaccia e del Perone, inopinatamente detto Fosso del Nespolo prima della recente scomparsa. Campodonatino (scomparso per frana in tempi moderni) si trovava su un crinale quasi sul limite della Valle di Ristefani mentre i resti di Campodonato appartengono alla Valle del PeroneRistefani, un tempo godente della massima insolazione nella solitudine della sua ampia valle, oggi nasconde i ruderi tra i pini.

Essendo situati “alle falde di vasto circondario delle selve d’abeti”, ovvero marginali alla pregiata area boschiva di Campigna, però posti ad una certa distanza, anche in questi luoghi si manifestò l’esigenza di impiantare una sega idraulica, anche a servizio dell’Opera: «Si sa che nel febbraio 1444 fu concessa una sega sul fosso di Ridracoli verso Valbona […], un’altra fu concessa nel 1482 sul fiume di Ricopri […] utile a detta selva per la località e la via inaccessibile che è a circa quattro miglia […]. Una terza ancora […] sempre sul fiume di Ridracoli nel 1484, ed una quarta nello stesso anno sul fiume di Ricopri in luogo detto i Diaccioni; una quinta nel Pianazzone nel 1490 ed una sesta nel 1503 […], con tanto di edificio, […] sul fiume dell’Asticciola.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 63-64, cit.). Riguardo la collocazione della Sega del Pianazzone, risalente al 1490, grazie alla cartografia ottocentesca si può individuare con certezza il sito di Pianaccione, posto sulle sponde di una delle ramificazioni di origine del Fiumicino, area oggi attraversata dagli stretti tornanti della Strada Vic.le Corniolino-S. Paolo in Alpe, a breve distanza dalla Fonte del Rospo, luogo già ricompreso nel podere di Ronco del Cianco«Di un solo e vasto tenimento di terre tutte giacenti in poggio si compone il podere […]. Questo si conosce per più e diverse denominazioni e vocaboli quali sono: […] Pianaccione […] E' molto intersecato dal Fosso principale detto il Pianaccione, dall'altro fosso delle Fontanelle […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 512, cit.). 

Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Catasto toscano, Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati della Valle del Fosso del Fiumicino si possono schematizzare come di seguito elencato:

S. Paolo nel Catasto toscano, o S.Paolo in Alpe nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna, o S. Paolo nel N.C.T., o S. Paolo in Alpe nella C.T.R.;

S. Paolo chiesa nel Catasto toscano, o S.Paolo in Alpe nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna, o S. Paolo in Alpe nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Ronco del Cianco nel Catasto toscano, o C.del Cianco nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o C.Ronco del Cianco nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o C. Ronco del Cianco in quella moderna, o Ronco del Cianco nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Fiumari nel Catasto toscano, o C.se Fiumari nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o C.se Fiumari in quella moderna, o Fiumari nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Muscoso nel Catasto toscano, o C.Muscoso nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o C.Moscoso nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o C. Moscoso in quella moderna, o Moscoso nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Molino de Fiumari nel Catasto toscano, o M.oFiumari con simbolo di Opificio a forza idraulica (ruota dentata) nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o M.o Fiumari in quella moderna, o Molino di Fiumari nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Chiesa di S. Agostino: assente nel Catasto toscano e nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o simbolo anonimo di Casa in muratura nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o simbolo anonimo di Chiese ed oratori in quella moderna, o Chiesa nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Casa Perinaia: anonimo nel Catasto toscano e nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o C.Perinaia nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o assente in quella moderna, nel N.C.T. e nella C.T.R.;

Pian di Coltellino nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o simbolo anonimo dei ruderi in quella moderna, o Pian di Coltellino nel N.C.T., o Fosso del Nespolo nella C.T.R.;

Campodonati nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o Campodonatino nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o assente in quella moderna, o Campodonatino nel N.C.T., o assente nella C.T.R.;

Campo Donati nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o Campodonato nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o Campodonato con simbolo dei ruderi in quella moderna, o Campo Donati nel N.C.T., o Campodonato nella C.T.R.;

Ristefani nel Catasto toscano, o C.Ristefani nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o C.Ristèfani nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o C. Ristèfani in quella moderna, o Ristefani nel N.C.T. e nella C.T.R.

Come sopracitati, l'appezzamento boschivo detto i Ronchi o il Ronco del Cianco si trova documentato tra i possedimenti già di proprietà dell’Opera del Duomo di Firenze fin dal 1545. Occorre però attendere quasi un secolo per datare almeno al 1631, in base ad una “nota” del 1637, l’effettiva formazione del podere: «1637 - Nota dei capi dei beni che l'opera è solita tenere allivellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l'anno 1631:» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 409-410, cit.). A tale intestazione fa seguito un accurato elenco di 23 possedimenti, tra cui il Podere di Ronco del Cianco, tenuto da Don Francesco Fabbri, aveva assunto una notevole rilevanza, infatti gli erano stati uniti ben 13 appezzamenti, di seguito elencati: Roncacci, terre tenute da Giovanni Cascesi, Palestrina, ronco tenuto da Martino di Silvestro, Fossette, terre tenute da Lorenzo di Rocco dal Pontassieve, Val di Covile terre tenute da Don Piero e Don Francesco Fabbri, Berceta ronco o terre tenuto da Guglielmo di Marcone, Macchia di Pippo e Bagnatoio, terre tenute da Don Francesco Fabbri, Diaccioni e Carbonaia, terre tenute da Don Francesco Fabbri, Abbruciata, terra tenuta da Don Francesco Fabbri, Albereta o ronco di Legro, tenuto da redi di Riccardo Lollini, Albereta terra tenuta da ser Antonio Lollini, Abbruciata dell’Albereta, terra tenuta da ser Antonio Lollini, Balzo della Brunora, terra tenuta da ser Antonio Lollini. 

Dai verbali di una “visita” del 1677, oltre ad informazioni sui luoghi, si hanno notizie riguardo un nuovo affittuario: «Relazione della gita e visita generale fatta dall’Ill.mo Sig.re Alessandro Segni Operaio […]. La mattina di mercoledì andammo a visitare le macchie che si domandano di Ricopri luogo di grandissima tenuta dove vi sono grandissimi e grossissimi abeti ma molto difficili a cavarsi di quivi. In codesto luogo si considerò due posti dove altre volte erano state due seghe ad acqua conforme a quelle di Campigna […]. Dopo aver considerato la sopra nominata selva ci fermammo a fare colazione in luogo chiamato Pian Coltellino dove sta un nostro soccio il quale tiene alcune poche bestie. Di poco riconobbamo uno dei nostri poderi allivellati per ducati 50 a Francesco Santi da Fiumara che si chiama il Ronco del Cianco.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 321, cit.); (“soccio” nel senso di soccidario, ndr). Seguivano le precisazioni del cancelliere: «[…] Pian del Coltellino dove è una soccita dell’Opera consistente in pecore e capre; di poi salimmo al podere del Ronco del Cianco che è grandissimo […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 328, cit.). Da un decreto del 1731 si apprende che Bernardo Grifolini, nuovo affittuario del podere, chiedeva una riduzione del canone, ritenuto insostenibile, ottenendo invece l’assegnazione di altre terre seminative così mantenendo il medesimo affitto (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 351-352 cit.). Da una relazione del 1751 sullo stato dei poderi dell’Opera si apprende che ora l’affittuario è lo stesso Diacinto Mainetti di Val di Covile: «[…] 6) Podere di RONCO DEL CIANCO tenuto in affitto dal Mainetti medesimo. Qui per non esserci trovato il contadino e serrata la casa si tralascia ogni descrizione. Disse essere vacche n.4, pecore n. 30, birracchi (vitelli non castrati n. 2, lattonzolo, n.1 […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977 , p. 434, cit.). Nel 1789, da una relazione del fattore sui canoni da stabilirsi, risulta che diversi poderi tra cui: «Ronco del Cianco […] sono situati alle falde di vasto circondario delle selve d’abeti e sembra che sieno stati fabbricati in detti luoghi per servire di custodia e per far invigilare dai contadini di detti poderi al fuoco, al taglio insomma alla conservazione di dette selve[…] non ardirei mai di far proposizione di alienarli ma seguitare a tenerli per l’oggetto che sono stati fabbricati […] come si rileva chiaramente dalla loro posizione servendo di cordone e custodia alle macchie medesime […] onde proporrei di darli in affitto a buoni affittuari […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441, 442, cit.). Occorre attendere il citato Contratto livellario del 1818, tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli per trovare la prima descrizione dei fabbricati del podere: «[…] descritte tutte le tenute […] della comunità di Premilcuore la quale viene composta dei seguenti terreni cioè: […] 44° Podere detto Ronco del Cianco […] con casa da lavoratore composta di otto stanze da cielo a terra, compreso la caciaia, forno, loggia, aia, orto. Questa casa merita di essere resarcita con la spesa di lire 105. questo podere è composto dai seguenti terreni cioè: I° un tenimento di terre lavorative, zappative, con diversi frutti, pasturate, boscate, sode di staia 150 circa.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 476, 480, cit.). Nel 1832 viene conferito l’incarico per una perizia probabilmente relativa a detti lavori di restauro o nuova costruzione della stalla e della capanna del podere, a carico del Monastero di Camaldoli in base alla concessione enfiteutica. (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 459, cit.). Per inadempienze nell’applicazione di un rigoroso regime forestale ai possedimenti dell’Opera, nel 1840 il Granduca fece sciogliere il contratto del 1818 stipulandone uno nuovo; in esso si trova un’ulteriore, ed ora estremamente precisa, descrizione del podere e dei fabbricati: «N. 4 - Podere denominato Ronco del Cianco […] lavorato dalla famiglia colonica di Giuseppe Amadori. Fabbricati colonici. La casa di abitazione della famiglia colonica comprende a terreno due stalle sterrate che una per le pecore e per le capre e l’altra con ingresso esterno a mezzogiorno. Il piano superiore a cui atteso l’inclinazione del suolo ha l’ingresso dalla strada a tramontana si compone di un portichetto ove a destra corrisponde la bocchetta del forno a sinistra una stanzetta ad uso di caciaia e di fronte introduce alla cucina lastricata alla rinfusa corredata dal camino e dall’acquaio e di una scaletta di legno che monta superiormente. Questa ha contiguo un breve andito il quale libera tre camerette con il piano intavolato e composte mediante alcuni divisori di tavole. Il piano superiore salita la indicata scaletta, ha due soffitte praticabili. Separata a ponente esiste una fabbrichetta di recente costruzione la quale nel suo piano terreno ha una stalla grande per le vaccine lastricata e corredata di doppia mangiatoria e di materiale con ingresso dalla piazzetta e superiormente una capanna intavolata il cui tetto è sostenuto in mezzo da un cavalletto alla quale si accede per un finestrone corrispondente sull’aia. Contigui sono i resedi e l’aia sterrata retta da un muro a secco di recente costruzione nella parte inferiore. Ed i sopra descritti fabbricati quantunque attualmente si ritrovino in buono stato, pure la casa colonica ha necessità di alcuni lavori alle pareti esterne. […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 511-512, cit.). Dal contratto risulta la vastità del podere, comprendendo entrambi i versanti della dorsale fino ai Fossi del Pianaccione, oggi Fiumicino di S. Paolo da un lato, ai Fossi di Ricopri e del Fiumicino dall’altro lato, ai Poggi della Serra e Capannina a Levante ed al Poggio di Montale a Ponente. Altri “vocaboli” oggi dimenticati corrispondenti a terreni o confini del podere erano Ronco dei Conti, Macchia Nuova, Poggio alla Fringuella, Mandrione, Poggio delle Bruciate, Pian della Serra, Fosso del Ruota, Fosso di Pianaccione e Fosso delle Fontanelle, per un totale di circa 907 staia, oltre 17 ettari (uno staio era pari a circa 1900 mq), con una rendita imponibile di lire 479,22.

Il fabbricato, già proprietà ex A.R.F., nell’ambito dei programmi regionali di riutilizzo del patrimonio edilizio nel Demanio forestale venne sottoposto a schedatura da cui si apprende che aveva dimensioni esterne pari a 144 mq e 884 mc, suddivisi in 8 vani, ma non era utilizzato; da tale dato si comprende che a tale epoca esso manteneva ancora la sua consistenza. I resti dei fabbricati colonici oggi visibili trovano corrispondenza con la rappresentazione del catasto ottocentesco. A circa 50 m dal fabbricato vegeta ancora, in condizioni mediocri, il Pero di Ronco del Cianco, il più grande esemplare di Pyrus sylvatica rinvenuto all’interno del Parco delle Foreste Casentinesi, di eccezionale valore per patrimonio genetico, per vetustà (circa due secoli) e dimensione (H m 16, circonferenza m 3,65). Raggiunto il crinale, a 700 m circa verso Sud nelle vicinanza di Poggio Ricopri si trova il sito dove era censito un'altra pianta monumentale, il Cerro di Ronco del Cianco, la cui scheda si trova ancora nel sito del Parco delle Foreste Casentinesi dedicato agli alberi monumentali, un esemplare di Quercus cerris di 180 anni, circonferenza m 3,8 e 26 m di altezza, non più rinvenibile dove indicato, forse ormai collassato.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.

N.B. - Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo la presa in possesso l’Opera aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.

- La visita apostolica o pastorale, che veniva effettuata dal vescovo o suo rappresentante, era una prassi della Chiesa antica e medievale riportata in auge dal Concilio di Trento che ne stabilì la cadenza annuale o biennale, che tuttavia fu raramente rispettata. La definizione di apostolica può essere impropria in quanto derivante dalla peculiarità di sede papale della diocesi di Roma, alla cui organizzazione era predisposta una specifica Congregazione della visita apostolica. Scopo della visita pastorale è quello di ispezione e di rilievo di eventuali abusi. I verbali delle visite, cui era chiamata a partecipare anche la popolazione e che avvenivano secondo specifiche modalità di preparazione e svolgimento che prevedevano l'esame dei luoghi sacri, degli oggetti e degli arredi destinati al culto (vasi, arredi, reliquie, altari), sono conservati negli archivi diocesani; da essi derivano documentate informazioni spesso fondamentali per conoscere l’esistenza nell’antichità degli edifici sacri, per assegnare una datazione certa alle diverse fasi delle loro strutture oltre che per averne una descrizione a volte abbastanza accurata.

- L'Appennino romagnolo era caratterizzato fino a metà del XX secolo (superata in qualche caso per un paio di decenni) da una capillare e diffusa presenza di mulini idraulici, secondo un sistema socio-economico legato ai mulini e, da secoli, radicato nel territorio del Capitanato della Val di Bagno. Intorno al Cinquecento ognuno dei 12 comuni del Capitanato (BagnoCaresteCastel BenedettoFaccianoMontegranelliPoggio alla LastraRidràcoliRiopetrosoRondinaiaSan PieroSelvapianaValbona) disponeva di almeno un mulino comunitativo la cui conduzione veniva annualmente sottoposta a gara pubblica a favore del migliore offerente; a quell’epoca nell’area si registrano assegnazioni per 230 bolognini. La manutenzione poteva essere a carico del comune o del mugnaio. Alla fine del Settecento l’attività riformatrice leopoldina eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire altri mulini in concorrenza produttiva, cui seguì un progressivo disinteresse comunale con riduzione dell’affitto annuale dei mulini pubblici fino alla loro privatizzazione. Nell’Ottocento, con la diffusione dell’agricoltura fino alle più profonde aree di montagna, vi fu ovunque una notevole proliferazione di opifici tanto che, ai primi decenni del Novecento, si potevano contare 5-6 mulini dislocati nella valle del Bidente di Campigna. Dagli anni ’30, la crisi del sistema socio-economico agro-forestale ebbe come conseguenza l’esodo dai poderi e il progressivo abbandono dell’attività molitoria e delle relative costruzioni.Gli Opifici a forza idraulica (def. I.G.M.) posti sul Bidente di Campigna o i suoi affluenti oggi noti sono: il Molino de Fiumari, documentato per l’origine quattrocentesca, quando insieme al Mulino Vecchio e al Mulino di Sabatino, presso Corniolo di proprietà comunale, benché spesso danneggiati dall’irruenza fluviale, rispondevano alle necessità della popolazione della vasta area del Popolo di Corniolo. Ad essi vanno aggiunti i Mulini di CampignaCampacci e Casina Bianca. Il Mulino di Sabatino però probabilmente si trovava all’inizio del Bidente di Corniolo, mentre il Mulino Casina Bianca, ancora completo delle opere di presa idraulica, si trova al termine del Bidente di Campigna ma pare risalga al principio del XX secolo.

- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XIX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi fluitato per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno. Per approfondimenti, v. M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, 2024, cit.

- La sega idraulica o “ad acqua” venne inventata da Villard de Honnecourt nel sec. XIII e Leonardo da Vinci ne studiò il funzionamento nel 1480. Già a metà del ‘400 sono documentati alcuni impianti in Casentino, in particolare una sega ad acqua a Camaldoli (i monaci sono stati sempre all’avanguardia nella lavorazione del legno) e due artigiani specializzati a Papiano (M. Massaini, 2015, cit.).

- Negli scorsi anni ’70, seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui CampodonatoPian di ColtellinoRistefaniRonco del CiancoSan Paolo in Alpe e Val di Covile, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo tranne che per il Casone di S. Paolo grazie al recupero odierno. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica. 

- La Mostra “Il luogo e la continuità”, organizzata nel 1984 dalla C.C.I.A.A., dall’Amm. Prov. Forlì e dall’E.P.T. Forlì, completata da specifico catalogo, rappresentava la conclusione di una ricerca, avviata nel 1978, allo scopo di contribuire alla conoscenza della realtà territoriale ed antropica della Vallata del Bidente, come oggetto specifico aveva lo studio dei percorsi, dei nuclei e delle case sparse, però come momento fondamentale di lettura e progetto di un territorio, di verifica delle risorse e delle potenzialità presenti, al fine di una valorizzazione delle sue caratteristiche storico-culturali. Le tavole prodotte, oltre 100, sono state affidate al Museo “T. Aldini” per una più agevole consultazione; inoltre sono state tutte digitalizzate e sono disponibili sul sito camerale.

- Riguardo l’analisi toponomastica: «Nel lat. med. … vale “sterpeto” ronco fitto, sodaglia “locus ruvis plenus” … ; poi “bosco dissodato” come deverbio di runco, (< [deriva da, ndr] runca, ae = roncolaruncina), runcare  < [deriva da, ndr] “sarchiare”» (A. Polloni, 1966-2004, p. 266, cit.). Definizioni così rielaborate: «La parola ronco deriva dal latino [medievale, ndr] runcare, la cui traduzione è sarchiare, sminuzzare il terreno in superficie mediante opportuni strumenti (roncola) allo scopo di asportare erbacce. … Nel medioevo ronco denota anche “sterpeto”, ronco fitto, sodaglia, bosco dissodato, come deverbio di “runco”, “runcare”, “sarchiare”. Runcus poteva poi significare “terra dissodata” a roncola.» (AA. VV., 1984, p. 27, cit.).

- Il termine “pedanca” deriva dal dialetto piemontese e ciò potrebbe spiegare anche l’adozione del termine da parte dell’I.G.M. o Istituto Geografico Militare, che fu fondato a Torino nel 1861, che quindi assorbì tale denominazione per indicare il simbolo tecnico cartografico (⤚⤙) corrispondente ai ponti pedonali.

- Il prefisso toponomastico Ca o Cà compare raramente nel catasto antico mentre diviene di uso comune nella forma abbreviata 'C.' con la nascita dell'Istituto Geografico Militare Italiano come organo cartografico di Forza Armata, nel 1861 a seguito dell'unità d'Italia, quando presumibilmente si è manifestata l’esigenza per uso militare di precisare la funzione abitativa dei fabbricati rappresentati in mappa. In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.” viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo. Inoltre, le pratiche scritturali di minimizzazione della copertura della mappa prevedono che tra l’abbreviazione “C”, l’interpunzione e la parola seguente non vi siano interspazi.

RIFERIMENTI    

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

AA. VV., Il luogo e la continuità. I percorsi, i nuclei, le case sparse nella Vallata del Bidente, C.C.I.A.A., Amm. Prov. Forlì, E.P.T. Forlì, Forlì 1984;

AA.VV., Indagine sulle caratteristiche ambientali suscettibili di valorizzazione turistico-culturale delle vallate forlivesi. Repertorio, C.C.I.A.A. Forlì, 1982;

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M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, “Le vive travi” e i loro cammini nel Parco e nella storia, Monti editore, Cesena 2024;

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Regione Toscana – Progetto CASTORE – CAtasti STOrici REgionali;

Carta della Romagna Toscana e Pontificia: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=10910;

G. Inghirami, Carta Geometrica della Toscana, 1830;

Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11479;

Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11644;

URL http://www.popolidelparco.it/media/archivio-pietro-zangheri-zan098/;

URL https://www.tourer.it/;  

URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba - Ronco del Cianco è raggiungibile dalla S.P. 4 del Bidente seguendo la rotabile S.Vic.le Corniolino-S. Paolo in Alpe, bivio per S.Agostino al km 35+100, fino al bivio indicato da segnavia; percorrendo circa 170 m con un dislivello di circa 35 m. Il segnavia riguarda anche il Pero e il Cerro di Ronco del Cianco.

foto/descrizione :

Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore.

001a/001d – Da Poggio Scali, la vegetazione nasconde il primo tratto del contrafforte, di cui se ne nota il successivo sviluppo zigzagante, dove tra Poggio Ricopri e Poggio Capannina, entrambi nodi montani della dorsale che penetra nella valle del Bidente di Campigna, la deformazione prospettica ravvicina Poggio di Montali sulle cui pendici si individua il sito di Ronco del Cianco (5/02/11 – 15/05/14 – 16/02/18).

 

001e/001h – Dal varco sulla Giogana, non lontano da Poggio Scali, aperto dall’incisione del Canale del Pentolino, si sovrasta la sella di Pian del Pero alla cui estremità si erge Poggio della Serra da cui, mentre verso dx si stacca il crinale che penetra nella valle del Bidente di Ridràcoli, in allineamento prosegue il contrafforte fino ai nodi montani di Poggio Capannina e Poggio Ricopri, ma occorre riposizionarsi per riuscire ad ottenere viste dall’alto prospetticamente più realistiche del restante sviluppo della dorsale, che termina con Poggio di Montali, sulle cui pendici si notano i ruderi di Ronco del Cianco (2/09/11 - 15/05/14 – 11/12/14).

 

001i – Schema da cartografia moderna del bacino idrografico del Fosso del Fiumicino di S. Paolo, con i suoi affluenti della Fonte delle Fontanelle, dell’Alberaccia, del Perone e di Ristefani nonché della vallecola del Fosso del Bagnatoio.

001l - 001m - Schema di mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con utilizzo di grassetto nero, e confronti schematici tra cartografia antica e moderna da cui si rilevano le modifiche planimetriche e alla viabilità intercorse nel periodo frapposto.

001n – Mappa schematica dedotta da cartografia del 1850 dove, in base ai toponimi storici, sono evidenziati i siti delle seghe idrauliche localizzate a Campigna, prima lato ovest poi forse spostata pressi I Tre Fossati, le altre presso il Fosso di Ricopri, ovvero a Diaccioni la Sega di Sotto e a Ricopri le Seghe di Mezzo e di Sopra, a Pianaccione presso il Fosso Fiumicino di S. Paolo e a Sasso Fratino, sul Fosso dell’Asticciola.

001o - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, riguardo la viabilità principale evidenziava esclusivamente i tracciati viari che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, mantenendosi prossimi al fondovalle fino a Corniolo, nella valle di Campigna risalendo sul crinale di Corniolino fino alla sella di Tre Faggi con discesa a Campigna e risalita al Passo della Calla.

001p - Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo viario e idrografico precedente al completamento della viabilità provinciale.

002a – 002b – Il panorama che si apre da Poggio Sodo dei Conti sui rilievi dell’Appennino romagnolo evidenzia la sequenza di dorsali e contrafforti che si sviluppano con prevalentemente parallelismo, tra cui la continuità morfologica tra il primo tratto del contrafforte e il primo tratto della dorsale con l’allineamento Poggio della Serra-Poggio Capannina-Poggio Ricopri, la cui asimmetria delle giaciture dell’ambiente marnoso-arenaceo, pressoché parallelo allo spartiacque principale, pare dovuto a dislocazioni recenti lungo fratture sub verticali ipotizzabili anche per il Monte Penna, o Pian Tombesi sul versante toscano. Al termine della dorsale si nota il profilo di Poggio di Montali; dietro il crinale si trova Ronco del Cianco (22/12/11).

 

002c – 002d – Da una cresta lungo la S.P. 4 del Bidente l’asse visivo è simile a quello da Poggio Sodo dei Conti ma da quota inferiore, così evidenziando l’incisione dei Fossi di Poggio Scali e di Ricopri, che costituiscono tratto iniziale del Fosso del Fiumicino. A mezzacosta del Poggio di Montali, che da qui appare molto vicino, si vedono i ruderi di Val di Covile mentre Ronco del Cianco si trova sul versante opposto (26/03/12).

 

002e – 002f – 002g - Da Tre Faggi, all’inizio del Crinale del Corniolino, altra vista da occidente dello stesso tratto di dorsale di cui in precedenza, dove le ombre pomeridiane evidenziano la morfologia (30/11/16).

 

002h/002n - Risalendo sul Crinale del Corniolino e percorrendo il sentiero 259 dal lato del Castellaccio si può notare la penetrazione nella valle della dorsale Poggio Capannina-Poggio Ricopri-Poggio di Montali e il condizionamento morfologico alla confluenza del Fosso Fiumicino di S. Paolo nel Bidente (30/11/16 - 13/12/16).

 

002o – 002p – Ancora dalla S.P. 4 si hanno viste ottimali dell’ultimo tratto della dorsale che proviene da Poggio Capannina che consentono di coglierne vari aspetti morfologici; oltre all’assenza di interventi di mitigazione determinanti il forte impatto paesaggistico della rotabile, che ha separato il sito del fabbricato di Moscoso dal suo poderino in gran parte ricoperto da un’abetina, sulla sx si nota l’incisione del Fosso del Fiumicino di S. Paolo all’altezza del Ponte Cesare e il tratto dell’antica mulattiera che raggiungeva il fabbricato sul bordo sx della cresta, interrotto dalla nuova scarpata stradale, di cui si può comprendere la difficoltà del tracciato che si accompagnava ad un insignificante impatto paesaggistico (12/03/12 - 30/11/16).

 

003a/003db – Dalla rotabile per S. Paolo in Alpe, all’altezza di M. Grosso, si ha uno scorcio dall’alto del Poggio di Montali dove, a sx della macchia di conifere e alla base dell’area scoscesa e franosa, si vedono i ruderi di Ronco del Cianco (26/03/12 - 25/04/18).

 

003e/003i – Dal sentiero 255 che da Fiumari risale verso S. Paolo in Alpe toccando Campodonato, si hanno viste del tratto di versante dove si distingue bene il profilo dei Poggi Capannina e Ricopri ed il Poggio di Montale (toponimo in uso nel XIX secolo); nelle prime due foto si nota l’impianto restaurativo di conifere oltre il quale si trova Ronco del Cianco, quindi si vede il repentino digradare della dorsale verso il sito di Case Fiumari affiancato dalla rotabile da cui si stacca il bivio per Ronco del Cianco, nell’ultima foto (18/11/15).

 

003l/003t – I resti sempre più precari del fabbricato principale del podere; l’annesso è scomparso tra la vegetazione, l’ultima immagine è una neografia pittorica del fabbricato solo 10 anni prima (18/11/15).

 

004a/004d – il Pero di Ronco del Cianco (18/11/15).

 

004e – 004f – 004g – La scheda dal sito del Parco delle Foreste Casentinesi relativa al Cerro di Ronco del Cianco ed un esemplare che si trova sul luogo segnalato, conversione coord. in gradi WGS84 43°52’12” N – 11°46’48” E (18/11/15).

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