Maestà Madonna del Fuoco
Testo di Bruno Roba (4/09/2018 - Agg. 24/04/24) - La Valle del Fiume Bidente di Campigna ad Est è delimitata da parte del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Da Poggio Squilla si distacca una dorsale secondaria che, declinando a Nord, dopo il picco di Poggio Aguzzo precipita verso Corniolo con sproni puntati su Lago così completando la chiusura della valle. La sua testata si estende a ridosso delle maggiori quote dello Spartiacque Appenninico (quale parte della c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), caratterizzate dalle fortissime pendenze modellate dall’erosione, con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Scali, il Canale o Canalone del Pentolino, le Ripe della Porta e le Ripe di Pian Tombesi, oltre al distacco dello spessore detritico superficiale, conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale.
Il versante orientale del bacino idrografico del Fosso del Fiumicino è delimitato dal tratto iniziale del contrafforte secondario compreso tra Poggio Scali e Poggio Capannina, da cui si stacca la dorsale secondaria che dopo Poggio Ricopri termina con Poggio di Montali (toponimo in uso nel XIX secolo) e gli sproni che obbligano il fiume alle tortuose circonvoluzioni di Fiumari, alle quali contribuiscono le ultime pendici della Costa Poggio del Ballatoio e della Costa Poggio Termini, limite del versante occidentale, tra le quali si interpone il Fosso della Fonte del Raggio.
Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di Campigna, Fiume Bidente di Campigna e Fosso del Fiumicino.
L’area e i crinali circostanti in passato erano interessati da stretti ed impervi percorsi utilizzati a scopo militare, per transiti commerciali e per le attività boschive. La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), da integrare per la classificazione storica del Bidente con le Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna (1808-1830 – scala 1:5000) e la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 – scala 1:20.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Campigna. Tra le altre, le c.d. vie dei legni, o Strade dette dei legni per il trasporto dei medesimi (così riportate nella Carta Geometrica) utilizzate per il trasporto del legname fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli. Oltre alla Strada delle Cullacce, in effetti di epoca moderna, probabilmente risalente al 1938 (come farebbe ipotizzare la data incisa sotto la nicchia della Fonte alla Madonnina - la seconda cifra è poco leggibile) e rientrante nel piano di modernizzazione della viabilità forestale che in 25 anni - dal ‘14 al ‘39 - ha portato alla costruzione di 57,1 Km di strade rotabili, interrotto dal ’39 al ’48 ma ampiamente ripreso nel dopoguerra (F. Clauser, 1962, p.249, cit.), tra le vie che interessano i bacini idrografici in questione, specificamente elencate nel sopracitato contratto di vendita del 1857, con cui le foreste passarono dall’Opera del Duomo di Firenze alle Reali Possessioni, si trova la via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe: «Una vastissima possessione la quale […]. E’ intersecato da molti burroni, fosse e vie ed quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosidetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei Legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.).
Tra le vie dei legni individuate all’inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone, nella relazione sullo stato delle foreste demaniali (cit.) è citata la via della Sega, che da Pian del Pero, pel fosso delle Culacce, porta alla Calla e da qui a Pratovecchio, funzionale all’utilizzo forestale del versante orientale del Corniolo, documentata anche nelle Bozze di mappa dove, nel tratto iniziale tra il Passo della Calla e il crinale di Costa Poggio Termini (dove si attestano i fossi sopracitati) viene descrittivamente denominata Antica via dei legni detta Via dei Muri ora inservibile, ed è confermata la via del Poggio, che da S. Sofia, per S. Paolo in Alpe e Pian del Pero, sale a Poggio Scali, nelle Bozze di mappa denominata nel tratto alto Strada del Poggio Scali e nel Catasto toscano Via di Scali.
Per essere particolarmente impervia e difficilmente raggiungibile la parte montana dell'area non fu interessata dall’infrastrutturazione turistica postbellica del comprensorio di Campigna, laddove fortunatamente fu evitato lo «[…] scempio urbanistico minacciato nelle due località di Campigna e Badia Prataglia.» (F. Clauser, 2016, p. 72, cit.), diretto «[…] ad ottenere una ben più alta e deleteria incidenza di strade, ville e negozi all’interno della foresta (richiesta della creazione di un villaggio turistico in Campigna).» (P. Bronchi, 1985, p. 109, cit.), con la costruzione della prima pista sciistica dal Monte Gabrendo ai Prati della Burraia, risalente agli anni 1952/55, cui seguirono l’impianto di risalita collegato alla prima stazione invernale del luogo, oggi Chalet Burraia, struttura nata negli Anni ’30 come servizio per escursioni appenniniche (impianto poi abbandonato e definitivamente smantellato nel 2016 con riqualificazione dell’area), e nel 1958 l’impianto Sodo dei Conti/Fangacci.
Gli unici fabbricati dell’area montana orientale del Corniolo consistono pertanto in ricoveri per boscaioli. Sul crinale che separa i bacini idrografici dei Fossi di Poggio Scali e delle Macine si trovano i resti dell’ex-rifugio di Pian del Pero, nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), comparente con il toponimo C. Pian del Pero (Casa Pian del Pero), mentre una recente edizione di cartografia escursionistica riporta il toponimo dell’ex rifugio accanto al simbolo dei ruderi, abbandonato per essersi trovato all’interno della Riserva di Sasso Fratino: «All’interno della Riserva non sono presenti manufatti, ad eccezione dell’ex rifugio di Pian del Pero, attualmente inutilizzato, e di alcune strutture viarie nelle aree di ampliamento.» (A. Bottacci, P. Ciampelli, a cura di, 2018, p. 28, cit.). Sul versante di Poggio Capannina appartenente al versante del bacino del Fosso di Ricopri esterno alla Riserva si trovano i resti di un ridottissimo ricovero (monoposto) ancora efficiente poi i resti di un ricovero maggiore, che nel recente passato veniva ricordato come Casetta. Ulteriore fabbricato dell'area montana è il Rifugio Ballatoio, posto sulla Costa Poggio del Ballatoio, comparente nella Carta d’Italia I.G.M. (1937) con il toponimo Casetta: oggetto di attento restauro a scopo escursionistico, è posto presso l’incrocio tra il sentiero di crinale ed uno degli importanti itinerari trasversali di antico utilizzo forestale, in parte corrispondente al Sent. 243 CAI, che mettevano in comunicazione Campigna con l’area di Ricopri. Negli scorsi Anni ’80 nell’area ancora si contavano inoltre (oggi scomparsi) un Rifugio Renzo lungo la pista in sx del Bidente tra il ponte in legno sotto Villaneta e Case di Sotto (forse riutilizzava l’antico Mulino di Campigna fino alla sua demolizione, ma è una supposizione) e un Rifugio del Raggio, posto lungo la Strada delle Cullacce a 200 m dall’omonima Fonte (O. Bandini, G. Casadei, G. Merendi, 1986, pp. 116-117, cit.). Un altro rudere, posto sull’argine del Fosso di Ricopri, poco prima della confluenza con il Fosso delle Cullacce da cui nasce il Fosso del Fiumicino, probabilmente in origine destinato a ospitare il ricovero di una sega idraulica (Sega di Mezzo), costituisce memoria degli impianti documentati fina dal XV secolo. Le pendici pedemontane esposte a meridione del sopracitato Poggio di Montali hanno consentito l’unico insediamento della Valle del Fiumicino, costituito dal podere di Val di Covile, posto sul limite dell’areale vallivo in prossimità dell’area di Fiumari.
Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Catasto toscano, Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati della Valle del Fosso del Fiumicino si possono schematizzare come di seguito elencato:
- Casetta (Ballatoio): assente nel Catasto toscano, o Casetta nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o Rif.o Ballatoio in quella moderna, o anonimo nel N.C.T., o simbolo anonimo Ricovero di emergenza nella C.T.R.;
- Casetta (Ricopri): assente nel Catasto toscano e nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o Casetta nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o simbolo anonimo dei ruderi in quella moderna, o fabbricato anonimo nel N.C.T., o assente nella C.T.R.;
- Val di Covile nel Catasto toscano, o C.Valcovile nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o C.Val di Covile nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o simbolo anonimo dei ruderi in quella moderna, o fabbricato anonimo nel N.C.T., o assente nella C.T.R.
Presso le pendici occidentali di Poggio Scali si incontra la moderna maestà detta Madonna del Fuoco, eretta a protezione dagli incendi ma oggetto di generale venerazione, testimoniata dai numerosi lasciti devozionali da parte di viandanti e, soprattutto, pellegrini che, anche in solitudine, ripercorrono le varie “vie della fede” diretti all’Eremo di Camaldoli. Essendo essi a volte più che altro interessati al compimento del pellegrinaggio e inesperti di pratiche escursionistiche (sensazione raccolta dopo ripetuti incontri), le difficoltà della montagna possono suscitare gli antichi timori, così rinnovando per la maestà sentimenti altrove perduti. Recita la lapide, ben riassumendo il significato topico: LA MADONNA DEL FUOCO / TORNA OGGI IN QUESTI LUOGHI / DONDE SCESE COL MAESTRO LOMBARDINO / PER BENEDIRE LA MONTAGNA / DEI FORLIVESI CHE IN CITTA' LA VENERANO / DA CINQUE SECOLI / ED I PASSANTI CHE QUI L’ONORANO / IL CAI DI FORLI' NEL 50° DI FONDAZIONE / 11 SET 1977. La Festa della Madonna del Fuoco, patrona della città, si tiene a Forlì il 4 febbraio.
Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.: - «La devozione alla Madonna del Fuoco cominciò molti anni fa, nel 1428, quando accadde il miracolo del quale furono testimoni tanti forlivesi. Nella notte tra il 4 e il 5 febbraio scoppiò un incendio che distrusse una scuola, che si trovava nell’attuale via Cobelli, dove si trova oggi la chiesina del Miracolo. In quella scuola insegnava da poche settimane mastro Lombardino da Riopetroso. Non si sa molto di questo maestro: era arrivato a Forlì all’inizio di quell’anno dal suo paese di Valbona, tra Bagno di Romagna e Santa Sofia ed aveva insegnato ai suoi alunni non solo a leggere e a scrivere ma anche a pregare davanti all'immagine della Madonna che si trovava nella scuola. Era un disegno, più precisamente una xilografia, cioè un disegno stampato che raffigurava la Madonna circondata da tanti Santi. […] Quando la scuola bruciò i forlivesi si accorsero con stupore che l’immagine della Madonna era rimasta intatta, non si era bruciata e non era neanche annerita dal fumo. Pochi giorni dopo, l’8 febbraio, l’immagine venne portata in processione fino alla vicina Cattedrale e sistemata prima accanto all’altare maggiore poi nella cappella che le venne dedicata e dopo si trova ancora oggi. Nel corso dei secoli i forlivesi sono accorsi attorno alla Madonna non solo in occasione della festa, il 4 febbraio, ma tutte le volte che hanno affrontato difficoltà e pericoli, come durante le guerre e i terremoti affidandosi a lei come Madre e Patrona. Sono nate anche delle tradizioni particolari legate alla festa come quella della Fiorita alla colonna della Madonna del Fuoco in piazza del Duomo […]. Altre tradizioni sono quelle di accendere i lumini alle finestre la sera della vigilia e quella di mangiare la “piadina della Madonna” il 4 febbraio.» (http://www.diocesiforli.it/madonna_del_fuoco).
- Nel passato anche recente l’ambiente montano veniva visto soprattutto nelle sue asperità e difficoltà ed avvertito come ostile non solo riguardo gli aspetti climatici o l’instabilità dei suoli ma anche per le potenze maligne che si riteneva si nascondessero nei luoghi più reconditi. Dovendoci vivere si operava per la santificazione del territorio con atteggiamenti devozionali nell’utilizzo delle immagini sacre che oltre che espressioni di fiducia esprimevano anche un bisogno di protezione con una componente esorcizzante. Così lungo i percorsi sorgevano manufatti (variamente classificabili a seconda della tipologia costruttiva come pilastrini, edicole, tabernacoli, capitelli, cellette, maestà) la cui realizzazione, oltre che costituire punti di riferimento scandendo i tempi di percorrenza (p.es., recitando un numero prestabilito di “rosari”), rispondeva non solo all’esigenza di ricordare al passante la presenza protettiva e costante della divinità ma svolgeva anche una funzione apotropaica. Spesso recanti epigrafi con preghiere, sollecitazioni o riferimenti ad avvenimenti accaduti, oggi hanno un valore legato al loro significato documentario.
- Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo la presa in possesso l’Opera aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.
- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XIX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi fluitato per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno. Per approfondimenti, v. M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, 2024, cit.
RIFERIMENTI
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Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11644;
URL http://www.popolidelparco.it/media/archivio-pietro-zangheri-zan098/;
URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
Testo di Bruno Roba - Dal Passo della Calla, tramite la Giogana, si raggiungono (900 m) prima la cima più bassa del Poggione, segnalata da tabella (quota errata, 1424 anziché 1398 m), e dopo 550 m, quelle più alte e adiacenti (non segnalate), oltre le quali il percorso mantiene un andamento più regolare con lunghi tratti complanari o moderati saliscendi fino a costeggiare Poggio Pian Tombesi sul versante toscano, attraversando il vallone omonimo dopo circa 2,5 km dalla base di partenza. Ancora 1,5 km e si raggiunge Poggio Scali e la Madonna del Fuoco alle sue pendici, in tutto 4,3 km.
Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore.
001a/001e - La S.P. 4 del Bidente offre molteplici panoramiche della testata della valle del Bidente, forse suscitando forti emozioni nei pellegrini che si dirigono al Passo della Calla per affrontare, forse la prima volta la Giogana. Pur essendo la vetta più alta, essi distinguono appena Poggio Scali ma forse sanno che lì accanto troveranno il conforto della Madonna del Fuoco (20/05/18).
001f - Da Campigna, ultima sosta lungo la S.P. del Bidente per osservare dal basso la Giogana prima di affrontare la risalita. Poggio Scali è all’estrema sx (17/08/11).
001g/001s – Percorrendo la Giogana da Scirocco, la salita sulla sommità di Poggio Scali offre vedute panoramiche e anticipa la vista dall’alto della maestà nelle varie situazioni stagionali (1/01/11 – 13/01/11 - 25/02/11 – 9/03/11– 23/10/11 – 31/10/11 – 15/05/14 - 11/12/14 – 16/02/18).
001t – Schema da cartografia moderna del bacino idrografico dei Fossi della Ruota e del Fosso del Fiumicino, con i suoi tratti alti di Ricopri e di Poggio Scali ed i suoi affluenti della Fonte del Raggio, delle Cullacce, della Porta e Canale del Pentolino.
001u – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con utilizzo di grassetto nero.
001v – Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo viario e idrografico precedente al completamento della viabilità provinciale.
002a/002g – Da Maestrale la maestà anticipa la salita al poggio, salvo condizionamenti meteorologici (9/03/11– 24/03/11 - 19/04/11 – 21/05/14).
002h/002o – La maestà della Madonna del Fuoco è oggetto di radicate testimonianze devozionali (19/04/11 – 4/08/16).
002p – 002q – L’icona della maestà e la xilografia custodita a Forlì.