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Fosso dell’Abet́a

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : torrente
Altezza mt. : 1610
Coordinate WGS84: 43 52' 37" N , 11 42' 59" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (4/12/2018 - Agg. 24/02/2024) - ORIGINE (M. Falco) - 43° 52’ 37” N / 11° 42’ 59” E - Quota 1610 m - ORIGINE (P.gio Martino) - 43° 52’ 58” N / 11° 43’ 31” E - Quota 1325 m - SBOCCO (Confluenza Bidente) - 43° 52’ 15” N / 11° 44’ 25” E - Quota 1095 m - Sviluppo 2,8 km

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celledi Campignadi Ridràcolidi Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.

La Valle del Fiume Bidente di Campigna racchiude il bacino idrografico di quel ramo intermedio del Bidente delimitato ad Ovest dal primo tratto di una dorsale caratterizzata da uno dei tratti più impervi del versante appenninico. Alla morfologia piramidale di Poggio Martino, separata dal Monte Falco dalla sella di Pian dei Fangacci, fa seguito la geometrica sequenza di creste degli altri quattro rilievi, detti (alcuni secondo l’antico oronimo), Poggio di ZaccagninoPoggio di MezzoPoggio del Palaio e Poggio delle Secchete, oggi Poggio Palaio, che si sviluppa verso Est leggermente divaricandosi in un simil-parallelismo dallo Spartiacque Appenninico, secondo un evidente fenomeno di frattura e scivolamento di un colossale tratto di versante in ambiente marnoso-arenaceo, da attribuire alla storia geologica appenninica recente; lo scivolamento non ha modificato l’orientamento della giacitura stratigrafica originaria, caratterizzata dalla tipica asimmetria paesaggisticamente evidente. La depressione conseguente al fenomeno geomorfologico ha determinato la formazione della valle progressivamente incisa dal Fosso dell’Abetìa o Abetìo e la creazione dell'habitat favorevole allo sviluppo dell'Abetìa, rinomata quanto sfruttata specie tra il XV e il XIX secolo. Da Poggio Palaio la dorsale si orienta a NE e digrada con la Costa Poggio dei Ronchi fino alla sella dei Tre Faggi, come crinale di Corniolino prima si innalza con il Monte della Maestà, poi digrada andando a concludersi presso Lago costretta dalla confluenza del Fiume Bidente delle Celle nel Fiume Bidente di Campigna. Ad Est il bacino idrografico è delimitato da parte del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in AlpePoggio SquillaRonco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Da Poggio Squilla si distacca una dorsale secondaria che, declinando a Nord, dopo il picco di Poggio Aguzzo precipita verso Corniolo con sproni puntati su Lago così completando la chiusura della valle. La sua testata si estende a ridosso delle maggiori quote dello Spartiacque Appenninico (quale parte della c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), caratterizzate dalle fortissime pendenze modellate dall’erosione, con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Scali, il Canale o Canalone del Pentolino, le Ripe della Porta e le Ripe di Pian Tombesi, oltre al distacco dello spessore detritico superficiale, conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale.

L’asta fluviale principale cambia spesso denominazione, destino comune di ogni ramo bidentino, con differenze tra le varie cartografie storiche o moderne. La Carta Tecnica Regionale, consultabile tramite il Geoportale e le applicazioni Moka (cit.) evidenzia l’idronimo dei vari tratti. Se nel suo sviluppo appare una maggiore omogeneità morfologica con l’incisione del Fosso dell’Abetìo, evidente anche nelle vedute panoramiche, in effetti l’origine fluviale principale viene individuata a Poggio Lastraiolo, alla quota di 1450-1425 m e a circa 40 m dal Rifugio CAI Città di Forlì, con ramificazioni che si spingono fino a Poggio Sodo dei Conti ed una intermedia che trova origine dalle acque sorgive della scomparsa Fonte al Bicchiere. Questo primo tratto, detto Fiume Bidente del Corniolo, ricevuto il contributo del Fosso dell’Abetìo si sviluppa fino al sito un tempo detto I Tre Fossati, oltre il quale viene detto Torrente Bidente, benché sia ormai prossimo a perdere le caratteristiche torrentizie. A valle di Fiumari il fiume assume l’idronimo Fosso del Bidente di Campigna, denominazione che (in coerenza con la particolare inversione dei ruoli - fiume > torrente > fosso - nel procedere verso valle) mantiene fino ai pressi di Corniolo quando, dopo l’immissione del Bidente delle Celle, nel ricevere i contributi degli appena congiuntisi Fossi di Verghereto e dell’Alpicella, le sue acque proseguono lo scorrimento come Fiume Bidente di Corniolo, senza soluzione di continuità morfologica degli alvei. Peraltro, come Fosso Bidente compare sia nel Catasto toscano del 1825-34, sia nelle Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna, datate 1808-1830 (cit.), sia nella Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese del 1850 (cit.), conservata presso il Nàrodni Archiv Praha, nelle quali però, verso monte, è registrata la citata prevalente continuità morfologica degli alvei con il Fosso dell’Abetia. Su questo aspetto concordava un noto studioso, con ulteriori precisazioni: «Fiume Ronco: si potrebbe dire, considerando la cima più alta dalla quale prende origine uno dei fossi confluenti a costituirne l’alto corso, che il fiume Ronco nasce esso pure dal M. Falco ad una altezza che supera i 1500 metri; ma è forse più esatto ammettere, anche per il fatto che gli altri fossi confluenti hanno in parte origine ad altezza uguale o di poco inferiore, che le sorgenti del fiume coprono una estensione notevole dell’Appennino romagnolo, una ventina di chilometri, fra M. Falco e Poggio del Termine. Senza entrare in troppi dettagli, si può ricordare che il Ronco, il quale prende questo nome fra Meldola e Cusercoli e si chiama invece Bidente nel corso superiore, ha origine da tre torrenti che confluiscono sopra S. Sofia. Precisamente sono: il superiore, verso nord, il Bidente delle Celle che nasce sulle propaggini di Monte Falco; esso confluisce presso Corniolino col Bidente del Corniolo (che nasce a M. Guffone), dopo aver raccolto le acque del cosidetto Bidente di Campigna, che nasce nelle alte propaggini della foresta omonima col nome di fosso dell’Abetìa […]. Tutto il ventaglio dei rigagnoli, che scola il crinale fra M. Falco e Poggio Scali si congiunge nel già ricordato Bidente del Corniolo […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 21, cit.). Secondo questa illustre ipotesi l’asta principale del Bidente del Corniolo trova la sua origine sul M. Guffone tramite il suddetto Fosso di Valdonasso-Verghereto, mentre tutto il reticolo idrografico bidentino proveniente dallo spartiacque appenninico sarebbe costituito da meri “rigagnoli”.

Il Fosso dell’Abetìa o dell’Abetìo è comunque l’affluente più rilevante che ha origine dall’estremo versante di Poggio Martino, laddove crea una sella con il Poggio di Zaccagnino (come detto toponimo di antica e forse trascorsa conoscenza, così come La Stretta era detto questo luogo), ma il suo ramo più elevato, un tempo noto come Fosso dei Fangacci, attesta le sue quote sorgentifere sullo spartiacque tra il M. Falco e P.gio Sodo dei Conti, per poi attraversare Pian dei Fangacci e riunirsi al fosso principale presso il Ponticino della Stretta. Il Fosso dell’Abetìa termina alla confluenza nel Bidente, 4-500 m a monte di Campigna, ma spesso si ritiene che prosegua fino ai Tre Fossati, da cui avrebbe quindi origine il Bidente.

Tra le due declinazioni quella di Abetìa è da preferire in quanto storicamente derivante dalle rilevanti peculiarità vegetazionali del suo bacino idrografico, oggi ricoperto dalla rigogliosa Abetina di Campigna, costituente gran parte della Bandita di Campigna in Romagna essendo oggetto di particolare riguardo ed interesse commerciale da parte del principato mediceo e del granducato per le bellissime piante che vi si trovavano, che deve l’aspetto odierno sia all’opera del Siemoni che al rimboschimento demaniale di Abete bianco risalente al 1914. Dalla descrizione dei confini della Bandita contenuta nel bando istitutivo del 1645 si ricavano informazioni sull’area e riguardo l’esistenza di un Prato dei Fangacci: «Cominciando dalla Calla di Giogo cioè dove per la strada della Fossa che viene da Pratovecchio in Campigna si passa di Toscana in Romagna sul giogo appennino, qui appunto dove si dice alla Calla a giogo e scendendo per le Macchie in Romagna giù addirittura per il Fosso della Corbaia fino nel fiume di Campigna detto l’Obbediente dove si chiama ai Tre Fossati, passare detto fiume e andare a dirittura della casa del podere della Vellaneta, oggi tenuto a livello dal Signor Balì Medici e di quivi a dirittura per il confino che è a piè dei Sodi di Campigna e divide detti sodi da detto podere, arrivare fin dove il poggio dei detti sodi volta verso Montaccesi e quivi rivolgendosi sulla man sinistra camminare su per la sommità di detti sodi fino all’abetio e tirando su per la cresta del poggio lasciando nella bandita tanto quanto acqua pende verso il fiume e case di Campigna attraversando la via che si dice Romagnuola e passare il Poggio del Palaio e il Poggio di Mezzo e arrivare al Passo di Giuntino e tirare sempre su la detta cresta per il Poggio di Zaccagnino e per il Prato dei Fangacci, e arrivare di nuovo al Giogo appennino e quivi ripigliando a man sinistra per la giogana su per la Stradella tornarsene, per il Piano della Fossa di Zampone, alla Calla a Giogo che fu nominata da principio per primo confine.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 124-125, cit.). Ulteriore descrizione dei luoghi si trova nei documenti dell’Opera del Duomo di Firenze relativi all’affidamento delle varie parti delle selve alle guardie. Nel 1655, p. es., si trova riportato: «[…] prima parte […] abetie dell’Opera in Romagna, le quali sono sopra la nuova bandita di Campigna verso ponente, cioè Mortai, Pianazzone, Raggio Grosso, Poggio Martino […]. Seconda parte sia quella della bandita di Campigna tale quale ella è di presente e nel bando di essa l’anno 1645. Aggiungetevi di più tutte quelle pendici che sono appresso a Campigna e sono il Poggio di Zaccagnino, Grifoglieta, Poggio di Mezzo, Poggio del Palaio, Seccheta […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 52, 53, cit.). In una relazione del 1652 in particolare si ritrova l’utilizzo del toponimo Abetìa e compaiono gli oronimi Poggio de Fangacci e Coste de Fangacci (la Carta Geometrica è utile alla loro localizzazione): «Le selve di detta Opera benché tutte contigue fra loro per maggiore chiarezza si distinguono in due parti principali […]. La superiore può suddividersi commodamente in tre parti […]. La prima dunque e la più occidentale di tutte diremo sopra Campigna; la seconda Campigna con alcune sue pendici; […]. Nella prima di queste otto parti […] contenendo in sé molti luoghi con diversi vocaboli come fra gli altri sono i Mortai, il Pianazzone, il Raggio Grosso, e il Poggio Martino che è il più vicino a Campigna da tutti gli uomini dell’Opera pratichi ci è stato concordemente affermato non esservi abeti buoni per alcun servizio delle galere producendoli quivi la natura tutti corti e pieni di nodi atti perciò solamente all’uso ordinario dell’opera per legni quadri […]. Campigna in ordine è la seconda ma per natura la prima e principalissima parte di tutte le selve dell’Opera. […] è anco per natura più feconda di bellissimi e lunghissimi abeti e propriamente Abetia: perciò bandita e riservata per le galere e altri pubblici servizi. […] ma per esservi ormai continuato come si crede cento anni a cavare tutti gli abeti […] ell’è veramente ridotta esausta[…]. Questa è stata visitata da noi con attenzione e diligenza per ogni parte […] i suoi luoghi particolari sono molti ell’è si può dire una valle stretta nella sommità verso ponente si viene allargando e calando verso levante. Un fosso che nasce in mezzo a sommo di essa sopra quel luogo che si dice la Stretta scorrendo a levante la divide in maniera che la parte a mezzo giorno resta molto minore e anco di sito e di copia di abeti inferiore all’altra. Nella maggiore e più bella ad alto son compresi il Poggio di Zaccagnino, di Mezzo, del Pianaccio, del Palaio, del Lastraio, e della Termine e verso il fondo vi sono la capanna dei Moggioni, la fonte di Bernardo e il Poggio della Casa Vecchia. Sopra la casa moderna e sopra i sodi evvi una posticcia di abetelle giovani e più su un’altra di più giovani sotto al detto Pianaccio. D’attorno alla sega e d’attorno ai prati da casa un’altra posticcia. […] Nell’altra parte minore di Campigna posta di là dal suo fosso verso mezzodì son compresi il Poggio de Fangacci a sommo la Stretta pieno di faggi, le Coste de Fangacci dove sono delle abetelle più giovani e più abbasso sopra il fosso della Stretta una posticcia.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 263-265, cit.). 

Le fonti ricordate da M. Padula nella Foresta di Campigna, quindi nel bacino idrografico del Bidente, sono: «Fonte Occhi Brutti, presso la strada statale del Bidente, m 1150, particella forestale n. 42. Portata l/min 6 - Fonte del Raggio, sulla strada delle Cullacce, m 1030, particella forestale n. 89. Portata l/min 6 - Fonte Madonnina, presso la strada delle Cullacce, m 1040, particella forestale n. 77. Portata l/min 2 - Fonte Maso, m 1250, particella forestale n. 33. Portata l/min 12 - Fonte Sodo dei Conti, m 1600, particella forestale n. 8. Portata l/min 3 - Fonte Orti, m 1200, particella forestale n. 33. Portata l/min 18 - Fonte dell’Ingegnere (principale sorgente che alimenta l’abitato di Campigna), sotto la strada provinciale Passo Calla-Fangacci, m 1340, particella forestale n. 39. Portata l/min 168 - Fonte della Burraia, già Fonte rifugio Lombardini (alimenta l’albergo C.A.I.), m 1447, particella forestale n. 38. Portata l/min 8.» (M. Padula, G. Crudele, 1988, pp. 63-64, cit.).

L’area e i crinali circostanti in passato erano interessati da stretti ed impervi percorsi utilizzati a scopo militare, per transiti commerciali e per le attività boschive. La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), da integrare per la classificazione storica del Bidente con le Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna (1808-1830 – scala 1:5000) e la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 – scala 1:20.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Campigna. Tra le altre, le c.d. vie dei legni, o Strade dette dei legni per il trasporto dei medesimi (così riportate nella Carta Geometrica) utilizzate per il trasporto del legname fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli. Una di queste era la Via delle Strette, specificamente elencata nel contratto di vendita del 1857, con cui le foreste passarono dall’Opera alle Reali Possessioni: «Una vastissima possessione la quale […]. E’ intersecato da molti burroni, fosse e vie ed quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosidetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei Legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.). Essa probabilmente collegava l’area di “imposto” per il deposito del legname della Stretta e la Bandita di Campigna con la Stradella e la Gran via dei legni (che dalle pendici del Monte Gabrendo scendeva a Pratovecchio) ed è la stessa che oggi attraversa con il Ponticino della Stretta il Fosso dell’Abetìa e risale verso lo Spartiacque Appenninico andando a terminare sui Prati della Stradella o della Burraia, riclassificata Strada Vicinale Fonte al Bicchiere (sent. 253).

La Via che dal Piano dei Cancelli va a Campigna e la Via di Monte corsojo (strade così denominate rispettivamente nelle Bozze di mappa e nel Catasto toscano) tramite La Stretta erano utilizzate inizialmente per i trasporti diretti ai porti sul Fiume Sieve, e successivamente con la predisposizione del Porto dell’Opera del Duomo di Firenze a Pratovecchio furono invece qui preferibilmente diretti.

La Pista del Lupo, Sent. GEA SOFT 00 e confine regionale, ricalca l’antico tracciato della Via Flaminia Minor, realizzata «[…] sfruttando tratti di percorsi etruschi preesistenti […] (A. Fatucchi, 1995, p. 27, cit.), era probabilmente utilizzata dalle legioni romane per valicare l’Appennino al fine di sottomettere Celti, Liguri e Galli Boj che stanziavano nella pianura padana: si ipotizza che toccando Montelleri, sopra Stia, rasentato il Lago degli Idoli, dal Monte Falco e da Poggio Sodo dei Conti discendesse lungo la Costa di Pian Cancelli transitando da Pian delle Fontanelle (così detta per la presenza di polle d’acqua) e dalla Costa Poggio Corsoio. Viabilità di origine preromana risaliva il Crinale di Corniolino, ben infrastrutturata e conservante oggi ancora notevoli tratti selciati, discendeva ai Tre Faggi quindi risaliva verso lo Spartiacque, giungendovi o dopo una più agevole deviazione dalle Mandracce o per via più diretta sfruttando le balze di Costa Poggio dei Ronchi e Omo Morto ed in ultimo insinuandosi verso Poggio Palaio per ridiscendere sul versante opposto: si tratta dell’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata, l’antica MevaniolaStradella era la denominazione di quel luogo attraversato dalle vie dei legni che scavalcava anch’essa i prati a fianco del Monte Gabrendo giungendo da Campigna, poi dalle Bozze di mappa attribuito al lungo fabbricato rettangolare ivi rappresentato corrispondente ad una stalla in muratura di pietrame, usato come alpeggio estivo per le mandrie. Oggi è noto come il Casone della Burraia o La Burraia; a seguito delle migliorie effettuate dal Siemoni nel 1853 prese il nome di Burraia dei Prati, quando venne aggiunto un piccolo fabbricato posto ad Est della stalla con l’abitazione del custode, il forno ed i rinomati locali per la lavorazione del latte. È così citato anche da Carlo Beni nella sua “Guida del Casentino” (C. Beni, 1881, pp. 55-56, cit.).

L’area fu interessata dall’infrastrutturazione turistica postbellica, quando fortunatamente fu evitato lo «[…] scempio urbanistico minacciato nelle due località di Campigna e Badia Prataglia.» (F. Clauser, 2016, p. 72, cit.), diretto «[…] ad ottenere una ben più alta e deleteria incidenza di strade, ville e negozi all’interno della foresta (richiesta della creazione di un villaggio turistico in Campigna).» (P. Bronchi, 1985, p. 109, cit.), con la costruzione della prima pista sciistica dal Monte Gabrendo ai Prati della Burraia, risalente agli anni 1952/55, cui seguirono l’impianto di risalita collegato alla prima stazione invernale del luogo, oggi Chalet Burraia, struttura nata negli Anni ’30 come servizio per escursioni appenniniche (impianto poi abbandonato e definitivamente smantellato nel 2016 con riqualificazione dell’area), cui seguì nel 1958 l’impianto Sodo dei Conti/Fangacci. L’altro rifugio citato, il CAI Città di Forlì, tutt’ora operante ed edificato come servizio sia degli impianti sciistici sia del turismo montano è stato edificato nel 1974 al margine dei prati in corrispondenza di un fabbricato documentato dalla Carta Geometrica del 1850 con il toponimo Capanna. Nel bacino idrografico del Fosso dell’Abetìo ricadono il Rifugio di Beppe, anch’esso di origini non remote (le stesse guide d’epoca non lo citano), efficiente e noto (attrezzato per le grigliate al coperto) e rinnovato nel 2013, si trova presso gli altri impianti sciistici odierni, ovvero le piste di fondo e lo snow park dei Fangacci, e il probabilmente moderno Rifugio del Sano, noto in quanto citato nelle guide degli scorsi Anni ’80: «Dall'albergo Scoiattolo si prende la deviazione per la strada statale, raggiuntala, si prende di fronte dove ha inizio lo stradello forestale contrassegnato dal segnavia N° 26, che attraversa tutta la foresta di abete. Si sale a destra del fosso dell'Abetio poi ad una biforcazione (30 min.) si piega a sinistra per raggiungere il rifugio del Sano (40 min.) per poi scendere al fosso dell'Abetio in località Ponticino (50 min.)» (O. Bandini, G. Casadei, G. Merendi, 1986, p. 108, cit.).

Il rifugio, ancora rappresentato (senza toponimo) nella cartografia escursionistica benché non più esistente, è stato evidentemente rimosso, con ripristino dei luoghi: si trovava presso il Passo di Giuntino, antico toponimo tra il Poggio di Zaccagnino e il Poggio di Mezzo. Il Rifugio CAI Città di Forlì è l’unico che ricade nello specifico bacino idrografico del Bidente del Corniolo ovvero di Campigna, mentre i Rifugi di Beppe e del Sano ricadono in quello del suo affluente Fosso dell’Abetìo, e il citato Rifugio CAI La Burraia in quello del Fosso dell’Antenna. Il Rifugio La Capanna appartiene al versante adiacente, infatti ricade nel bacino del Bidente delle Celle.

Lungo il citato itinerario che dal Ponticino della Stretta risale verso la Burraia la Carta Geometrica documenta la presenza e localizzazione di due fonti, la Fonte al Bicchiere è indicata nei pressi del tratto dell’omonima strada vicinale che, anche sentiero 253, dalla S.P. di Castagno risale verso il Rifugio Città di Forlì ma di cui rimangono solo le acque sorgive regimentate con la realizzazione del parcheggio prossimo al rifugio che contribuiscono ad alimentare il reticolo idrografico di origine del Bidente. La Fonte di Maldo è localizzabile sulla stessa pista, circa 500 m sotto la provinciale, accanto ad un affluente dell’Abetìa, dove un grosso masso erratico pare proteggere le tracce di sistemazioni abbandonate di un effluvio d’acqua non perenne. Tratti dei sentieri 251 e 253 corrispondono al Sentiero Natura Campigna – L’abete bianco e le abetine dove, grazie alla specifica segnaletica ed all’opuscolo dedicato, tra l’altro è possibile notare la specificità dell’Abete bianco (Abies alba), specie autoctona e privilegiata fin dal Codice Forestale camaldolese risalente al 1080. Nell’area attraversata tale specie forma in prevalenza un bosco coetaneo ed artificiale poco più che centenario, con assenza di giovani piante di abete, il cui impianto non è più previsto ed il taglio avviene solo in caso di schianti per avversità meteorologiche o essiccamento per parassiti o malattie. La gestione forestale naturalistica prevede di aiutare il bosco a ritrovare il proprio equilibrio naturale, ovvero ad assumere i caratteri floristici e strutturali della fascia climatica di appartenenza, con trasformazione in faggeta mista dove l’Abete bianco sarà solo una delle specie arboree presenti, ed eventualmente favorendo la penetrazione delle latifoglie o introducendo specie come il Tasso e l’Agrifoglio.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente di Campigna, Fiume Bidente di Campigna e/o relative ad acque, monti e insediamenti citati.

N.B.: - Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo la presa in possesso l’Opera aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.

- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XIX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi fluitato per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno.

RIFERIMENTI    

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URL https://www.tourer.it/;  

URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba - I tratti iniziali del Fosso dei Fangacci (ramo di origine del Fosso dell’Abetìa) sono agevolmente visibili dalla SP del Castagno presso il parcheggio dei Fangacci, dal quale, seguendo il sentiero 251 (km 1,4, dislivello 150 m), si raggiunge La Stretta e si attraversa la cunetta/guado del ramo del Fosso dell’Abetìa nascente da Poggio Martino. Da una piazzola subito a monte di Campigna si discende agevolmente a ritrovare la confluenza Abetìa-Bidente. Tramite i sentieri CAI 251 e 253 da Campigna si può seguire il Sentiero Natura Campigna – L’abete bianco e le abetine.

foto/descrizione :

Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore.

00A – Ubicazione della Valle del Fosso dell’Abetìo nell’ambito dei bacini idrografici dell’Alta Valle del Bidente.

001a/001d - Dal Monte Piano (sul contrafforte principale, ad oltre 5 km da Cima del Termine) si può avere una delle più ampie viste dell’intero spartiacque appenninico, che si innalza oltre il contrafforte secondario che separa le Valli del Bidente di Pietrapazza (in p.p.) e di Ridràcoli. Mentre nel suo sviluppo è abbastanza agevole riconoscere le due vette maggiori dei Monti Falterona e Falco, si riesce a distinguere anche il verde intenso del “piano inclinato” in contropendenza del versante meridionale di Poggio Palaio, appartenente al bacino del Fosso dell’Abetìa infatti ricoperto dall’Abetina di Campigna (01/01/12).

 

001e - Dalla Colla dei Ripiani, alle pendici del Monte Castelluccio (altra cima del contrafforte principale più prossima allo spartiacque), per la lieve modifica dell’asse visivo e della quota rispetto alle viste precedenti la vista differisce di poco; il bacino del Fosso dell’Abetìa delimitato dal Palaio emerge solo in parte oltre la sequenza dei crinali di Casanova dell’Alpe e di Poggio Capannina, sul contrafforte che si distacca da Poggio Scali (27/11/11).

 

001f – Dalla dorsale Poggio Capannina-Poggio Ricopri, si può cogliere uno scorcio dell’area di Campigna e del tratto del Fosso dell’Abetìa mentre diviene Bidente (16/11/16).

 

001g/001l – La vetta di Poggio Capannina costituisce il migliore punto di osservazione dell’inconfondibile “piano inclinato” di Poggio Palaio e dell’intero bacino del Fosso dell’Abetìa (2/06/18).

 

001m/001p – Da S. Paolo in Alpe il leggero innevamento evidenzia il profilo del “piano inclinato” di Poggio Palaio e del bacino del Fosso dell’Abetìa (21/11/18).

001qSchema da cartografia moderna del bacino idrografico del Fosso dell’Abetìa.

 

001r – Ricostruzione dell’area della Bandita di Campigna in base al bando del 1645 che recita: Cominciando dalla Calla di Giogo cioè dove per la strada della Fossa che viene da Pratovecchio in Campigna si passa di Toscana in Romagna sul giogo appennino, qui appunto dove si dice alla Calla a giogo e scendendo per le Macchie in Romagna giù addirittura per il Fosso della Corbaia fino nel fiume di Campigna detto l’Obbediente dove si chiama ai Tre Fossati, passare detto fiume e andare a dirittura della casa del podere della Vellaneta, oggi tenuto a livello dal Signor Balì Medici e di quivi a dirittura per il confino che è a piè dei Sodi di Campigna e divide detti sodi da detto podere, arrivare fin dove il poggio dei detti sodi volta verso Montaccesi e quivi rivolgendosi sulla man sinistra camminare su per la sommità di detti sodi fino all’abetio e tirando su per la cresta del poggio lasciando nella bandita tanto quanto acqua pende verso il fiume e case di Campigna attraversando la via che si dice Romagnuola e passare il Poggio del Palaio e il Poggio di Mezzo e arrivare al Passo di Giuntino e tirare sempre su la detta cresta per il Poggio di Zaccagnino e per il Prato dei Fangacci, e arrivare di nuovo al Giogo appennino e quivi ripigliando a man sinistra per la giogana su per la Stradella tornarsene, per il Piano della Fossa di Zampone, alla Calla a Giogo che fu nominata da principio per primo confine.

 

 

 

001q - Il bacino idrografico del Fosso dell’Abetìo gode di caratteristiche geo-morfologiche inconfondibili, specie se osservate da viste privilegiate come questa rielaborazione da un manifesto del Parco delle Foreste Casentinesi esposto presso il Centro Visite di Campigna (particolare su Poggio Martino), con un bacino idrografico caratterizzato dalla netta contropendenza del versante sx, dovuta ad un evidente fenomeno di frattura e scivolamento in ambiente marnoso-arenaceo, da attribuire alla storia geologica appenninica recente, infatti mantenente la precedente giacitura e così determinante la caratteristica asimmetria morfologica.

 

001t – Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo viario e idrografico precedente al completamento della viabilità provinciale.

002a – 002b – 002c – Il primo tratto del Fosso dell’Abetìa già detto dei Fangacci, subito sotto strada presso il parcheggio ai Fangacci, visto dallo snowpark (24/01/18 - 27/06/18).

 

002d/002h – Il ramo del Fosso dell’Abetìa già detto dei Fangacci attraversa la parte alta e anticamente più rinomata dell’abetina di Campigna e si ricongiunge con il ramo proveniente da P.gio Martino poco prima del Ponticino (27/06/18).

 

002i – 002l – 002m – Il ramo che ha origine da P.gio Martino inizialmente scorre su un canalone che bordeggia il versante quasi ricongiungendosi con i primi impluvi del Fosso delle Capanne, che sgronda nel bacino delle Celle, quindi attraversa la pista tramite un guado appositamente predisposto presso La Stretta (27/06/18).

 

002m/002z – Alla Stretta una selletta sull’orlo del precipizio tra i Poggi Martino e di Zaccagnino fungeva da area di “imposto” del legname. Il fosso scorre nei pressi della pista, che mostra tracce dell’antico selciato, fino al Ponticino (27/06/18).

 

003a/003e – Dopo il Ponticino il fosso si incassa tra emergenze rocciose che ne condizionano il corso fino al Ponte degli Orti (27/06/18).

 

003f/003p – Superato il Ponte degli Orti e un tratto caratterizzato da caotici massi, il fosso acquista maggiore regolarità fino alla confluenza con il Bidente, subito oltre la provinciale, dopo aver rasentato una piantata centenaria di Abete bianco segnalata dal Sentiero Natura (27/06/18).

 

003q/003v – L’antico Poggio del Palaio, oggi forse rilievo anonimo, era anch’esso ricoperto da abeti pregiati, di cui non rimane traccia, mentre il Pycnoporellus fulgens, appariscente specie fungina abeticola molto rara ma piuttosto diffusa nel Parco e in particolare nella Riserva di Sasso Fratino, si sviluppa dopo la loro caduta (27/06/18).

 

004a/004g – Essendo gemello, l’antico Poggio di Mezzo appare molto simile al precedente, salvo la presenza di numerosi nidi di Formica rufa sul versante meridionale (27/06/18).

 

004h – La sella tra Poggio di Mezzo e Poggio di Zaccagnino in passato era nota come Passo di Giuntino (27/06/18).

 

004i/004n – Dal versante orientale di Poggio di Zaccagnino si aprono scorci panoramici sulla Valle delle Celle (27/06/18).

 

004o/004z – La Strada di Fonte al Bicchiere, sentiero 253, in gran parte corrisponde ad un antico percorso diretto verso lo scavalco della Burraia che, lungo il tragitto, attraversa varia affluenti del Fosso dell’Abetìa; presso uno di essi (a 500 m dalla SP di Castagno) si trovava la Fonte di Maldo, di cui pare di riconoscere traccia sotto il grosso macigno o tra le vicine sistemazioni. Invece la Fonte al Bicchiere (ultime tre foto) è purtroppo localizzabile sotto la piazzola-parcheggio posta accanto alla sbarra (27/06/18 – 29/11/18).

 

005a/005e – Da una piazzola presso Campigna si scende agevolmente sul greto del Bidente e si raggiunge la confluenza con il Fosso dell’Abetìa, che è quello dall’alveo più ampio, sulla dx (27/06/18).

 

005f – Presso la sella tra Poggio di Mezzo e Poggio di Zaccagnino vecchie edizioni della cartografia escursionistica segnalavano la presenza del Rifugio Sano, forse una vecchia capanna riadattata, ora scomparsa (27/06/18).

 

005g – 005h – Sempre nel bacino del Fosso dell’Abetià, ai Fangacci, si trova il Rifugio di Beppe, restaurato nel 2013 (27/06/18).

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