Fonte al Bicchiere
Testo di Bruno Roba (4/12/2018)
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico. Una dorsale minore si dirama dal contrafforte principale e precisamente dal Monte Falco in direzione Est (mentre il contrafforte inizialmente va a Nord) scivolando poco riconoscibile con la conca di Pian dei Fangacci, ma evidenziando subito uno dei tratti più impervi del versante appenninico che comprende una caratteristica sequenza di 5 rilievi, di alcuni è nota la denominazione antica: Poggio Martino, Poggio di Zaccagnino, Poggio di Mezzo, Poggio del Palaio e Poggio delle Secchete, oggi Poggio Palaio. Successivamente la dorsale digrada con la Costa Poggio dei Ronchi verso Tre Faggi, come crinale di Corniolino risale verso il Monte della Maestà trovando gli insediamenti difensivi e residenziali-religioso-ospitalieri del Castellaccio e di Corniolino, quindi termina a Lago non prima di aver diviso le Valli del Bidente delle Celle e del Bidente di Campigna, attestate sulle maggiori quote dello spartiacque appenninico (la c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), dove si manifestano fortissime pendenze modellate dall’erosione e dal distacco dello spessore detritico superficiale con conseguente crollo dei banchi arenacei, lacerazione della copertura forestale e formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati, talvolta con roccia affiorante (Ripe di Scali, Canale del Pentolino, Ripe di Pian Tombesi). Questo versante ovviamente rappresenta l’area sorgentifera principale della Valle del Bidente di Campigna, che vede l’asta fluviale principale, destino comune di ogni ramo bidentino, cambiare spesso identità e con differenze tra le varie cartografie, già da monte suddivisa in vari tratti dalla diversa denominazione: secondo la particolareggiata cartografia regionale, nasce alla quota di 1425 m da Poggio Lastraiolo a circa 40 m dal Rifugio CAI Città di Forlì come Fiume Bidente del Corniolo; successivamente, a quota 825 m, dopo alcuni contributi ricevuti nel sito un tempo detto I Tre Fossati, diviene Torrente Bidente; a valle di Fiumari è il Fosso del Bidente di Campigna, denominazione che mantiene fino ai pressi di Corniolo quando, sotto un strettissimo tornante stradale, ricevuti i contributi degli appena congiuntisi Fossi di Verghereto e dell’Alpicella, in coerenza con il sovrastante borgo, avrà origine il Fiume Bidente di Corniolo. Tra gli affluenti il più rilevante è il Fosso dell’Abetìa o dell’Abetìo, che ha autonoma origine dall’estremo versante di Poggio Martino, laddove crea una sella con il Poggio di Zaccagnino (rilievo di antica e forse trascorsa conoscenza), ma il ramo principale, altrimenti noto come Fosso dei Fangacci, piega verso lo spartiacque attraversando Pian dei Fangacci, così condividendo con il Fosso del Satanasso le maggiori quote sorgentifere, entrambe tra il M. Falco e P.gio Sodo dei Conti.
Tra le due declinazioni quella di Fosso dell’Abetìa è da preferire in quanto storicamente derivante dalle rilevanti peculiarità vegetazionali del suo bacino idrografico, caratterizzato dalla netta contropendenza del versante destro, dovuta all’asimmetria della giacitura dell’ambiente marnoso-arenaceo delimitato dal Poggio di Zaccagnino e dalla geometrica sequenza di creste dei Poggi di Mezzo e del Palaio, così come anticamente documentati (l’odierno Poggio Palaio sgronda direttamente nel Bidente). Il bacino, oggi ricoperto dalla rigogliosa Abetina di Campigna, costituiva infatti gran parte della Bandita di Campigna in Romagna essendo oggetto di particolare riguardo ed interesse commerciale da parte del principato mediceo per le bellissime piante che vi si trovavano. Dalla descrizione dei confini della Bandita contenuta nel bando istitutivo del 1645 già si ricavano informazioni sull’area: «Cominciando dalla Calla di Giogo cioè dove per la strada della Fossa che viene da Pratovecchio in Campigna si passa di Toscana in Romagna sul giogo appennino, qui appunto dove si dice alla Calla a giogo e scendendo per le Macchie in Romagna giù addirittura per il Fosso della Corbaia fino nel fiume di Campigna detto l’Obbediente dove si chiama ai Tre Fossati, passare detto fiume e andare a dirittura della casa del podere della Vellaneta, oggi tenuto a livello dal Signor Balì Medici e di quivi a dirittura per il confino che è a piè dei Sodi di Campigna e divide detti sodi da detto podere, arrivare fin dove il poggio dei detti sodi volta verso Montaccesi e quivi rivolgendosi sulla man sinistra camminare su per la sommità di detti sodi fino all’abetio e tirando su per la cresta del poggio lasciando nella bandita tanto quanto acqua pende verso il fiume e case di Campigna attraversando la via che si dice Romagnuola e passare il Poggio del Palaio e il Poggio di Mezzo e arrivare al Passo di Giuntino e tirare sempre su la detta cresta per il Poggio di Zaccagnino e per il Prato dei Fangacci, e arrivare di nuovo al Giogo appennino e quivi ripigliando a man sinistra per la giogana su per la Stradella tornarsene, per il Piano della Fossa di Zampone, alla Calla a Giogo che fu nominata da principio per primo confine.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 124-125, cit.). Una relazione del 1652 è utile sia per la descrizione sia per la toponomastica, quando viene utilizzato il termine Abetìa: «Le selve di detta Opera benché tutte contigue fra loro per maggiore chiarezza si distinguono in due parti principali […]. La superiore può suddividersi commodamente in tre parti […]. La prima dunque e la più occidentale di tutte diremo sopra Campigna; la seconda Campigna con alcune sue pendici; […]. Nella prima di queste otto parti […] contenendo in sé molti luoghi con diversi vocaboli come fra gli altri sono i Mortai, il Pianazzone, il Raggio Grosso, e il Poggio Martino che è il più vicino a Campigna da tutti gli uomini dell’Opera pratichi ci è stato concordemente affermato non esservi abeti buoni per alcun servizio delle galere producendoli quivi la natura tutti corti e pieni di nodi atti perciò solamente all’uso ordinario dell’opera per legni quadri […]. Campigna in ordine è la seconda ma per natura la prima e principalissima parte di tutte le selve dell’Opera. […] è anco per natura più feconda di bellissimi e lunghissimi abeti e propriamente Abetia: perciò bandita e riservata per le galere e altri pubblici servizi. […] ma per esservi ormai continuato come si crede cento anni a cavare tutti gli abeti […] ell’è veramente ridotta esausta[…]. Questa è stata visitata da noi con attenzione e diligenza per ogni parte […] i suoi luoghi particolari sono molti ell’è si può dire una valle stretta nella sommità verso ponente si viene allargando e calando verso levante. Un fosso che nasce in mezzo a sommo di essa sopra quel luogo che si dice la Stretta scorrendo a levante la divide in maniera che la parte a mezzo giorno resta molto minore e anco di sito e di copia di abeti inferiore all’altra. Nella maggiore e più bella ad alto son compresi il Poggio di Zaccagnino, di Mezzo, del Pianaccio, del Palaio, del Lastraio, e della Termine e verso il fondo vi sono la capanna dei Moggioni, la fonte di Bernardo e il Poggio della Casa Vecchia. Sopra la casa moderna e sopra i sodi evvi una posticcia di abetelle giovani e più su un’altra di più giovani sotto al detto Pianaccio. D’attorno alla sega e d’attorno ai prati da casa un’altra posticcia. […] Nell’altra parte minore di Campigna posta di là dal suo fosso verso mezzodì son compresi il Poggio de Fangacci a sommo la Stretta pieno di faggi, le Coste de Fangacci dove sono delle abetelle più giovani e più abbasso sopra il fosso della Stretta una posticcia.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 263-265, cit.). Contribuisce alla localizzazione dei toponimi la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese e adiacenze (datata 1850 e conservata presso il Nàrodni Archiv Praha).
L’area e i crinali circostanti erano frequentate già dall’antichità per gli stretti ed impervi percorsi utilizzati a scopo militare, per transiti commerciali e per le attività boschive. La Pista del Lupo, Sent. GEA SOFT 00 e confine regionale, ricalca l’antico tracciato della Via Flaminia Minor, realizzata «[…] sfruttando tratti di percorsi etruschi preesistenti […]» (A. Fatucchi, 1995, p. 27, cit.), utilizzata dalle legioni romane per valicare l’Appennino. Viabilità di origine preromana risaliva il Crinale di Corniolino, ben infrastrutturata e conservante oggi ancora notevoli tratti selciati, discendeva ai Tre Faggi quindi risaliva verso il Monte Gabrendo, giungendovi dopo lunghe circonvoluzioni sfruttando le dorsali di Costa Poggio dei Ronchi e Omo Morto ed affrontando il crinale del Poggio delle Secchete, ma in ultimo insinuandosi tra esso e Poggio Palaio (oggi in parte corrispondente al sentiero 289 CAI), poi ridiscendendo sul versante opposto verso Stia: si tratta dell’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata (l’antica Mevaniola). Stradella era la denominazione dell’antica via dei legni che scavalcava anch’essa i prati a fianco del Monte Gabrendo giungendo da Campigna per il trasporto dei lunghi tronchi da adibire ad alberi di maestra. Gli stretti ed impervi percorsi di crinale utilizzati per le attività boschive, prevalentemente scollegati tra loro nel raggiungere la viabilità barrocciabile, oggi sono spesso ampie strade forestali o piste ad uso turistico-ricreativo: Strade di Fonte al Bicchiere e Ponte al Bicchiere, Ponticino, La Stretta sono altri toponimi di antico utilizzo relativi alla viabilità che attraversa il bacino idrografico del Fosso dell’Abetìa. In particolare La Stretta è situata laddove la strada forestale compie un tornante nel risalire verso Pian dei Fangacci, venendo attraversata dal primo scolo del fosso, presso cui uno spiazzo sul bordo del ripido versante delle Celle veniva utilizzato come area di “imposto” dove accatastare provvisoriamente il legname. Lungo l’antico tracciato viario che ancora oggi dal Ponticino risale verso il valico della Burraia per ridiscendere sul versante toscano, la citata mappa del XIX sec. documenta la localizzazione delle fonti presenti, dimostrandone l’importanza. Sul versante romagnolo ne sono indicate due. La Fonte al Bicchiere è indicata nei pressi del tratto dell’omonima pista che oggi, anche sentiero 253, dalla SP di Castagno risale verso la Burraia e il Rifugio Città di Forlì; confronti cartografici e sopralluoghi conducono a localizzare il sito in corrispondenza della piazzola di sosta carrabile accanto alla sbarra: infatti mentre a monte non vi sono sorgenti, fossi o impluvi e conseguenti tombini sottostradali, subito a valle si nota un fossatello cospicuamente alimentato da un getto sgorgante da un tubo che fuoriesce dalla gabbionata di sostegno. Dalla piazzola si imbocca il sentiero che conduce sul crinale e ai rifugi che pare corrispondere all’antica viabilità. Purtroppo risulta evidente che con la realizzazione della piazzola, opera di limitata utilità, è stata ricoperta la storica fonte, che comunque ancora contribuisce ad alimentare il reticolo idrografico di origine del Bidente. La Fonte di Maldo è localizzabile con buona precisione sulla stessa pista, circa 500 m sotto la provinciale, accanto ad un affluente dell’Abetìa, dove un grosso masso erratico pare ricoprire le tracce di sistemazioni abbandonate di un effluvio d’acqua non perenne. Presso il Passo di Giuntino, sella tra il Poggio di Zaccagnino e il Poggio di Mezzo (toponomastica di antica e forse trascorsa conoscenza) si trovava il Rifugio del Sano, in passato evidenziato nella cartografia escursionistica e ancora citato nelle guide degli scorsi Anni ‘80, poi evidentemente rimosso. Efficiente e noto, anch’esso di origini non remote (le stesse guide d’epoca non lo citano) e rinnovato nel 2013, è il Rifugio di Beppe, posto ai Fangacci presso lo Snowpark, utilizzatissimo in estate come barbecue al coperto.
Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente di Campigna e/o relative ad acque, monti e insediamenti citati.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
S. Bassi, N. Agostini, A Piedi nel Parco, Escursioni nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2010;
S. Bassi, A Piedi nel Parco 2, Escursioni nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2016;
O. Bandini, G. Casadei, G. Merendi, L’alto Bidente e le sue valli, Maggioli Editore, Guide Verdi, Rimini 1986;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
A. Fatucchi, La viabilità storica, in: AA. VV., Il Casentino, Octavo Franco Cantini Editore – Comunità Montana del Casentino, Firenze – Ponte a Poppi 1995;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Foreste Casentinesi, Campigna – Camaldoli – Chiusi della Verna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2012;
Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html.
Testo di Bruno Roba
Dal Passo della Calla si percorre la SP del Castagno per 2 km fino all’innesto del sentiero 253, da percorrere in salita per circa 500 m con un dislivello di 35 m.
Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore
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Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
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001 – La vetta di Poggio Capannina costituisce il migliore punto di osservazione dell’inconfondibile “piano inclinato” di Poggio Palaio e dell’intero bacino del Fosso dell’Abetìa (2/06/18).
002 – Elaborazione da cartografia storica (1850) delle Regie Foreste Casentinesi relativa al bacino del Fosso dell’Abetìa, dove compare la Fonte al Bicchiere. La scrittura della toponomastica riprende quella originale.
003 – Il bacino idrografico del Fosso dell’Abetìa; elaborazione da cartografia moderna integrata con localizzazione dei luoghi di antica documentazione.
004 - Il bacino idrografico del Fosso dell’Abetìa gode di caratteristiche geo-morfologiche inconfondibili specie se osservate da viste privilegiate come questa ottenuta per rielaborazione da un manifesto del Parco delle Foreste Casentinesi esposto presso il Centro Visite di Campigna. La Fonte al Bicchiere si trova di poco fuori margine, sulla sx della veduta.
005 - 006 – 007 – La piazzola di sosta accanto alla sbarra sulla strada di Fonte al Bicchiere, realizzata sul sito della fonte. Dell’antico tracciato rimane un tratto di muraglia (29/11/18).
008 – 009 – Dalla gabbionata di sostegno della piazzola sporge un tubo il cui effluvio, prima della realizzazione del terrapieno, verosimilmente alimentava la Fonte al Bicchiere, costituente sorgente di un ramo del Bidente (29/11/18).
010 – A monte della piazzola non si notano fossatelli sopra strada tombati; più avanti sgorga una piccola polla d’acqua (29/11/18).
011 – 012 – 013 – Dalla piazzola si stacca un sentiero verso i rifugi ed il crinale, che pare corrispondere con l’antico tracciato stradale, avvalorando la localizzazione della Fonte al Bicchiere (29/11/18).