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Montaccesi

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : rudere
Altezza mt. : 885
Coordinate WGS84: 43 52' 37" N , 11 45' 16" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (28/03/2019)

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km. In quest’ambito, la Valle del Bidente di Campigna riguarda quel ramo fluviale intermedio delimitato, ad Ovest, dalla dorsale che staccandosi dal gruppo del Monte Falco ed inizialmente poco riconoscibile transita dalla conca dei Fangacci, si dirige verso Poggio Palaio, digrada con la Costa Poggio dei Ronchi verso Tre Faggi, come crinale di Corniolino di tipo insediativo risale (trovando infatti i nuclei difensivo e residenziale-religioso-ospitaliero del Castellaccio e di Corniolino) verso il Monte della Maestà, quindi termina a Lago non prima di aver diviso le Valli delle Celle e di Campigna. L’altro versante è delimitato in parte dal contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali fino all’Altopiano di S. Paolo e a Poggio Squilla, snodo da cui si distacca un’altra dorsale che, declinando a Nord, dopo Poggio Aguzzo precipita verso Corniolo così delimitando ad Est la valle. Gli alti bacini idrografici bidentini mostrano in genere una morfologia nettamente differenziata dovuta alla diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo; per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, i versanti orientali appaiono solitamente frastagliati mentre i versanti prevalentemente esposti a meridione mostrano pendii più dolci a prato-pascolo, spesso su terrazzi orografici, che si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati. La complessità orografica del tratto di dorsale esposta ad oriente successiva a Poggio Palaio e compresa tra la Costa Poggio dei Ronchi e il Monte della Maestà non riguarda solo la sommità dei suoi rilievi ma si estende sull’intero versante fino al fondovalle fluviale (senza farsi ingannare dall’artificiale discontinuità conseguente a tagli e modifiche dei pendii dovuti alla costruzione della S.P. del Bidente), mostrando corrugazioni di varia profondità ospitanti un susseguirsi di vallecole intersecate da un fitto reticolo idrografico, dove si distinguono i Fossi di Montaccesi, di Castagnoli, della Fonte, del Forcone, della Casaccia, della Pietra, di Faltroncella già di Padroncella, presso i quali, la favorevole esposizione e le caratteristiche morfologiche dei radi spianamenti (limitati alle quote minori ed un tempo verdi e soleggiati) hanno consentito l’insediamento di numerosi nuclei, a partire dalla stessa Campigna. Nell’ordine Capanna o Capanne, Casaccia, Casa Fiume, Case di Sotto o Montaccesi, Casina o Casa S. Francesco, Casa Franchetto o Castagnoli di Sopra, Casina Fiume, Castagnoli o Castagnoli di Sotto, Cerreta, Faltroncella già Padroncella, Grillaia o la Grillaia, Martinaccio o C. Martinaccio, Poggio, Tre Faggi, Valtuieri, Villaneta, la gran parte ancora in uso, alcuni allo stato di rudere di varia consistenza ed uno del tutto scomparso. In particolare, nella vallecola del Fosso di Montaccesi ricadono gli scarsi resti dei fabbricati del Podere di Montaccesi, costituiti dall’insediamento principale noto anche come Case di Sotto e di un capanno distanziato a quota superiore, come poi specificato. Lungo la mulattiera è sempre attiva la Fonte di Montaccesi.

Nel contesto comprensivo delle Valli di Campigna e delle Celle alcuni aspetti geologici si evidenziano per rarità e unicità, restituendo informazioni fondamentali per la conoscenza del territorio e contribuendo a disegnare il paesaggio: catalogati come Geositi, essi sono le Ripe Toscane, il Fosso del Satanasso, Le Mandriacce, la Linea delle Mandriacce a Pian del Grado e lo stesso Monte della Maestà, riguardo l’area prevalentemente compresa tra il crinale e la SP 4, tranne un brano sotto strada che dal km 31 scende brevemente lungo il Fosso della Pietra. Il versante Sud del monte presenta affioramenti di interesse stratigrafico e strutturale paragonabili a quelli degli Scalacci, sulla SR 71 dei Mandrioli, che i rimodellamenti conseguenti alla costruzione delle scarpate stradali della SP 4 hanno contribuito ad evidenziare o, comunque, a rendere agevolmente fruibili percorrendo il tratto tra i km 30+700 e 32+400. Al km 33, esterna al geosito, un’area di ex-cava mostra inoltre un interessante affioramento dello Strato Contessa.

Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovano collocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici.

La viabilità più antica interessante anche la valle di Campigna, di origine preromana, percorreva il crinale insediativo di Corniolino: si tratta dell’antica Stratam magistram, ben infrastrutturata e conservante ancora notevoli tratti selciati, la strada maestra romagnola o Via Romagnola iniziava a Galeata, l’antica Mevaniola, mentre l’inizio del tratto alto-bidentino di questo antico tracciato è facilmente individuabile presso Lago (almeno nello sviluppo posteriore alla fine del XVII sec., infatti la morfologia del luogo non è antichissima ma è dovuta ad una frana che nel 1681 creò un’ostruzione che effettivamente generò un lago -che sommerse il Mulino Vecchio risalente al XV secolo- poi colmato da sedimentazioni modellate dallo scorrimento delle acque), grazie ai resti del Ponte di Fiordilino, struttura dalla poetica denominazione sul Bidente delle Celle adiacente al ponte moderno, dopo il quale si inerpicava subito sull’erta rocciosa senza deviazioni in allineamento al ponte stesso, come documentato dal Catasto Toscano del 1826-34, quindi deviava fino a rasentare il Bidente per poi risalire verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Modificato dalla viabilità moderna, il tracciato antico si ritrova sulla S.P. a circa 2 km da Lago, in un tratto caratterizzato da un esteso affioramento roccioso dove sono evidenti le tipiche alternanze di arenarie e marne formanti cornicioni sporgenti fratturati a “denti di sega”, quando guadagna deciso il crinale presso il Castellaccio. Alternative di mezzacosta o di fondovalle si sviluppavano in direzione di Campigna. Una diramazione da Tre Faggi proseguiva a mezza costa mantenendo la quota verso Campigna: lunghi tratti corrono ancora sotto l’odierna provinciale e sono riutilizzati dai Sent. 259 e  249 CAI. Tra i miglioramenti infrastrutturali, dopo il 1850 il Siemoni fece realizzare il tratto di mulattiera che, ancor’oggi in gran parte acciottolato, raggiunge la Calla transitando per gli Occhi Brutti e la Croce del Piccino, noto come Mulattiera del Granduca (Sent. 247). Il percorso antico di fondovalle da Corniolo a Campigna, superava il Bidente con il Ponte dei Ladroni o del Ladrone o della Madonna, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona), poi (dopo un breve tratto ancora integro e percorribile fino al moderno Ponte Ilario, datato 1969) procedeva su un tracciato prossimo al fiume dirigendosi verso Fiumari. Successivamente, mentre l’odierna strada forestale (risalente agli anni 1966-67) risale a mezzacosta, presso il Mulino di Fiumari e dopo di esso si ritrovano ancora tratti dell’antica mulattiera mentre prosegue verso Campigna superando il Bidente su un ponte in legno ancora esistente (su pile in pietrame, eseguito ai primi dell’800 in sostituzione di un guado rilevabile dal confronto dei catasti storici; la tecnica costruttiva utilizzata, che doveva essere molto comune nell’area del Bidente -tra l’altro si trova codificata in una relazione di quell’epoca del comune di Bagno di Romagna- vedeva tre tronchi poggianti su pile laterali in pietrame a secco, tavolato protetto da un manto di pietrisco e parapetto in legno). Se il tracciato viario di fondovalle fin qui è in gran parte modificato dalla moderna rotabile, poco oltre il Ponte Giovannone, da Casa Fiume, si può ritrovare l’antica mulattiera mentre  prosegue verso Campigna.

Prima di giungere a Campigna e prima di Villaneta, presso gli scarsi resti di Case di Sotto, mentre la mulattiera di fondovalle attraversa la vallecola del Fosso di Montaccesi tratti di pista risalgono il ripido versante un tempo posto sui confini della Bandita di Campigna, come risulta dal bando del 1645 che li specificava: «Cominciando dalla Calla di Giogo cioè dove per la strada della Fossa che viene da Pratovecchio in Campigna si passa di Toscana in Romagna sul giogo appennino, qui appunto dove si dice alla Calla a giogo e scendendo per le Macchie in Romagna giù addirittura per il Fosso della Corbaia fino nel fiume di Campigna detto l’Obbediente dove si chiama ai Tre Fossati, passare detto fiume e andare a dirittura della casa del podere della Vellaneta, oggi tenuto a livello dal Signor Balì Medici e di quivi a dirittura per il confino che è a piè dei Sodi di Campigna e divide detti sodi da detto podere, arrivare fin dove il poggio dei detti sodi volta verso Montaccesi e quivi rivolgendosi sulla man sinistra camminare su per la sommità di detti sodi fino all’abetio e tirando su per la cresta del poggio lasciando nella bandita tanto quanto acqua pende verso il fiume e case di Campigna attraversando la via che si dice Romagnuola e passare il Poggio del Palaio e il Poggio di Mezzo e arrivare al Passo di Giuntino e tirare sempre su la detta cresta per il Poggio di Zaccagnino e per il Prato dei Fangacci, e arrivare di nuovo al Giogo appennino e quivi ripigliando a man sinistra per la giogana su per la Stradella tornarsene, per il Piano della Fossa di Zampone, alla Calla a Giogo che fu nominata da principio per primo confine.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 124-125, cit.). Poiché il luogo rientrava tra i beni posseduti dall’Opera del Duomo di Firenze in Romagna i suoi nuovi confinamenti erano raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti”; da un elenco, di poco precedente all’epoca del bando, si trova un riferimento al luogo da cui già si presume l’esistenza di un insediamento abitato: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenere allivellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] 8) Vellaneta e Porticciolo ronco o terre tenuto da Francesco Lionardo da Montaccesi […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 409, cit.). Di un Podere di Montaccesi si ha notizia ancora nel corso dell’Ottocento grazie al Fondo Lorena dell’ASF, quando riporta che all’amministratore Luigi Fiumicelli, insieme ai poderi di Prataglia, Campigna e Villaneta, dai Lorena venne affidato «[…] di amministrare tutte le Nostre terre a cultura di Casentino […]» (G. Chiari, 2014, p. 9, cit.). Nell’elenco dei sedici poderi contenuto nel contratto dei primi del ‘900 con cui il cav. Tonietti acquistò le proprietà lorenesi si trova peraltro quello di «[…] Montaccesi o Case di Sotto nella foresta di Campigna, […]» (G. Chiari, 2014, p. 19, cit.), così apprendendo di un’identificazione toponomastica dei sue siti. Del podere, a mezzacosta del versante rimangono scarsissimi resti del capanno di Montaccesi, tale in base al toponimo riportato dal Catasto Toscano del 1824-34 (benché la grafia risulti posticcia), comunque nella stessa mappa distinto dal sottostante nucleo di Case di Sotto, per le ridotte dimensioni rilevabili da ritenere fabbricato di servizio per le attività poderali e/o boschive.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle e/o relative a monti e insediamenti citati.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

S. Bassi, N. Agostini, A Piedi nel Parco, Escursioni nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2010;

G. Chiari, La Foresta Casentinese nel periodo di proprietà privata dal 1900 al 1914, Ministero Politiche Agricole Alimentari e Forestali, CFS, Tipografia Il Bandino srl, Bagno a Ripoli, 2014;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Alpe di S. Benedetto, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;

Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba

Percorrendo da Campigna i sentieri 243 e 249 dopo Villaneta e 2 km si attraversa il Fosso di Montaccesi e, mentre sotto il sentiero si vedono i resti di Case di Sotto, occorre risalire il versante per circa 250 m tenendo di vista il fosso, in scarsità di piste riconoscibili, fino a trovare gli scarsi resti del capanno, a circa 70 m dal fosso.

foto/descrizione :

Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore
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001 – 002 – 003 – Dal crinale che si sviluppa da Poggio Squilla a monte di Ristèfani, veduta assiale della valle del Bidente di Campigna ma, mentre si scorgono vari insediamenti, Case di Sotto ed il capanno di Montaccesi rimangono ovviamente occultati. Sono segnalate le posizioni approssimative (25/04/18).

004/010 – Il Fosso di Montaccesi al guado della mulattiera, oggi sentiero 249 (6/04/16 – 11/12/18).

011 – 012 – La Fonte di Montaccesi (6/04/16).

013/016 – Il Fosso di Montaccesi a monte della mulattiera (11/12/18).

0017 - 018 – Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX secolo e schema da mappa catastale antica evidenzianti reticolo idrografico, infrastrutture e insediamenti; la toponomastica riprende anche nella scrittura quella originale.

019 - Schema da cartografia moderna con individuazione del bacino idrografico e integrazione con gli insediamenti.

020/028 – I resti del capanno di Montaccesi (11/12/18).

029/032 – I dintorni del capanno, in parte ricoperti da reimpianto di abetina restaurativa e la parte più elevata del bacino idrografico in vista della Costa Poggio dei Ronchi (11/12/18).

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