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Fosso della Fonte del Raggio

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : torrente
Altezza mt. : 750
Coordinate WGS84: 43 51' 55" N , 11 46' 14" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (24/04/2019 - 27/03/2024) - Coordinate WGS84: Origine (Costa Le Cullacce) 43° 51’ 35” N / 11° 45’ 42” E – Quota 1175 m – Sbocco (Fiumicino) 43° 51’ 55” N / 11° 46’ 14” E – Quota 750 m - Sviluppo 1 km

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celledi Campignadi Ridràcolidi Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.

La Valle del Fiume Bidente di Campigna racchiude il bacino idrografico di quel ramo intermedio del Bidente delimitato ad Ovest dal primo tratto di una dorsale caratterizzata da uno dei tratti più impervi del versante appenninico. Alla morfologia piramidale di Poggio Martino, separata dal Monte Falco dalla sella di Pian dei Fangacci, fa seguito la geometrica sequenza di creste degli altri quattro rilievi, detti (alcuni secondo l’antico oronimo), Poggio di ZaccagninoPoggio di MezzoPoggio del Palaio e Poggio delle Secchete, oggi Poggio Palaio, che si sviluppa verso Est leggermente divaricandosi in un simil-parallelismo dallo Spartiacque Appenninico, secondo un evidente fenomeno di frattura e scivolamento di un colossale tratto di versante in ambiente marnoso-arenaceo, da attribuire alla storia geologica appenninica recente; lo scivolamento non ha modificato l’orientamento della giacitura stratigrafica originaria, caratterizzata dalla tipica asimmetria paesaggisticamente evidente. La depressione conseguente al fenomeno geomorfologico ha determinato la formazione della valle progressivamente incisa dal Fosso dell’Abetìa o Abetìo e la creazione dell'habitat favorevole allo sviluppo dell'Abetìa, rinomata quanto sfruttata specie tra il XV e il XIX secolo. Da Poggio Palaio la dorsale assume un orientamento a NE e digrada con la Costa Poggio dei Ronchi fino alla sella dei Tre Faggi, come crinale di Corniolino prima si innalza con il Monte della Maestà, poi digrada andando a concludersi presso Lago costretta dalla confluenza del Fiume Bidente delle Celle nel Fiume Bidente di Campigna. Ad Est il bacino idrografico è delimitato da parte del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in AlpePoggio SquillaRonco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Da Poggio Squilla si distacca una dorsale secondaria che, declinando a Nord, dopo il picco di Poggio Aguzzo precipita verso Corniolo con sproni puntati su Lago così completando la chiusura della valle. La sua testata si estende a ridosso delle maggiori quote dello Spartiacque Appenninico (quale parte della c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), caratterizzate dalle fortissime pendenze modellate dall’erosione, con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Scali, il Canale o Canalone del Pentolino, le Ripe della Porta e le Ripe di Pian Tombesi, oltre al distacco dello spessore detritico superficiale, conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale.

L’asta fluviale principale cambia spesso denominazione, destino comune di ogni ramo bidentino, con differenze tra le varie cartografie storiche o moderne. La Carta Tecnica Regionale, consultabile tramite il Geoportale e le applicazioni Moka (cit.) evidenzia l’idronimo dei vari tratti. Se nel suo sviluppo appare una maggiore omogeneità morfologica con l’incisione del Fosso dell’Abetìo, evidente anche nelle vedute panoramiche, in effetti l’origine fluviale principale viene individuata a Poggio Lastraiolo, alla quota di 1450-1425 m e a circa 40 m dal Rifugio CAI Città di Forlì, con ramificazioni che si spingono fino a Poggio Sodo dei Conti ed una intermedia originata dalle acque sorgive della scomparsa Fonte al Bicchiere. Questo primo tratto è detto Fiume Bidente del Corniolo; ricevuto il contributo del Fosso dell’Abetìo si sviluppa fino al sito un tempo detto I Tre Fossati oltre il quale viene detto Torrente Bidente, benché sia ormai prossimo a perdere le caratteristiche torrentizie. I Tre Fossati è il luogo posto sul versante oltre il fiume, dove si verifica la contemporanea confluenza del Bidente con il Fosso della Corbaia (che nasce dalla Pendice della Calla) e il Fosso dell'Antenna, che a sua volta ha appena raccolto le acque del Fosso delle Bruciate. Il tratto definito Torrente Bidente prosegue verso Fiumari ricevendo in dx idrografica il Fosso della Ghiraia, il Fosso della Ruota e il Fosso del Fiumicino, uno dei maggiori affluenti del Bidente di Campigna, alimentato da un’ampia ramificazione idrografica avente origine dallo Spartiacque Appenninico, ovvero i Fossi della Fonte del Raggio già della Fonte del Raggiomozzodelle Cullaccedella Porta, mentre i Fossi di Ricopri e di Poggio Scali, già del Canale del Pentolino, costituiscono le sue sezioni più alte; alcuni sono interni alla Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino«I torrenti principali che attraversano la Riserva sono (da Ovest a Est): Sottobacino Bidente di Campigna - Fosso della Porta delle Cullacce, affluente di sinistra del F. di Ricopri - Fosso delle Cullacce, affluente di destra del F. d. Porta d. Cullacce - Fosso del Pentolino, affluente di sinistra del F. di Ricopri - Fosso di Ricopri - Fosso di Poggio Scali, costituente la sezione più alta del F. di Ricopri. […]» (A. Bottacci, P. Ciampelli, a cura di, 2018, p. 27, cit.). I Fossi delle Cullacce e della Fonte del Raggio, insieme ai Fossi della Ghiraia e della Ruota, separano tre imponenti dorsali che si staccano dallo Spartiacque, la Costa di Poggio Termini, già Poggio alla Ghiraia, la Costa Poggio del Ballatoio, forse già Poggio Piano e la costa detta Le Cullacce, in particolare dalle varie cime e pieghe in cui si esso articola: Il Poggione, già Poggio Seghettino, il Crino delle Mandre (O. Bandini, G. Casadei, G. Merendi, 1986, p. 116, cit.) o Raggio Lungo, le Ripe di Pian Tombesi e Poggio Pian Tombesi. Di seguito, le vaste ramificazioni del Fosso delle Cullacce si attestano sul Raggio Lungo e sulle Ripe di Pian Tombesi. Dai Poggi Pian Tombesidella Bertona (toponimo in uso nel XIX secolo) e Scali si staccano altrettante imponenti dorsali che racchiudono l’ampio “delta” in cui si frangia il Fosso della Porta nell’attestarsi sulle Ripe della Porta, mentre la stretta ramificazione di origine del Fosso di Poggio Scali, comprendente la profonda incisione del Canale del Pentolino si attesta sulle Ripe di Scali. Nella cartografia antica il toponimo Le Cullacce era attribuito alle odierne Ripe di Pian Tombesi, caratterizzate da una serie di canaloni prossimi alla verticale che incidono la parete settentrionale dello Spartiacque accompagnati da una sequenza di sellette bruscamente interrotte da precipizi. A tale impervia morfologia si deve il toponimo dall’assonanza dispregiativa ma anche esorcistica a fronte della natura maligna. In considerazione del contenuto informativo intrinseco della toponomastica e delle designazioni cartografiche, la compilazione delle mappe storiche fa propendere per la prima ipotesi interpretativa, mentre l’attribuzione moderna e conseguente disposizione scritturale, relativa alla morfologia di una costa che si allunga rialzandosi dolcemente verso il termine, privilegia l’efficacia della formulazione scaramantica.

Le fonti ricordate da M. Padula nella Foresta di Campigna, quindi nel bacino idrografico del Bidente, sono: «Fonte Occhi Brutti, presso la strada statale del Bidente, m 1150, particella forestale n. 42. Portata l/min 6 - Fonte del Raggio, sulla strada delle Cullacce, m 1030, particella forestale n. 89. Portata l/min 6 - Fonte Madonnina, presso la strada delle Cullacce, m 1040, particella forestale n. 77. Portata l/min 2 - Fonte Maso, m 1250, particella forestale n. 33. Portata l/min 12 - Fonte Sodo dei Conti, m 1600, particella forestale n. 8. Portata l/min 3 - Fonte Orti, m 1200, particella forestale n. 33. Portata l/min 18 - Fonte dell’Ingegnere (principale sorgente che alimenta l’abitato di Campigna), sotto la strada provinciale Passo Calla-Fangacci, m 1340, particella forestale n. 39. Portata l/min 168 - Fonte della Burraia, già Fonte rifugio Lombardini (alimenta l’albergo C.A.I.), m 1447, particella forestale n. 38. Portata l/min 8.» (M. Padula, G. Crudele, 1988, pp. 63-64, cit.). Una vena del Fosso della Fonte del Raggio alimenta la Fonte del Raggio, posta al km 4+500 della Strada delle Cullacce e restaurata nel 1977 a cura dell’Amm.re Padula, come da incisione con logo felino.

Lateralmente il bacino idrografico del Fosso del Fiumicino è delimitato dal tratto iniziale del contrafforte secondario compreso tra Poggio Scali Poggio Capannina, da cui si stacca la dorsale secondaria che dopo Poggio Ricopri termina con Poggio di Montali (toponimo in uso nel XIX secolo) e gli sproni che obbligano il fiume alle tortuose circonvoluzioni di Fiumari, alle quali contribuiscono le ultime pendici della Costa Poggio del Ballatoio e della Costa Poggio Termini, limite del versante occidentale, tra le quali si interpone il Fosso della Fonte del Raggio.

La CTR assegna all’intera asta torrentizia il medesimo idronimo Fosso del Fiumicino, dalle Ripe di Scali allo sbocco nel Bidente poco a monte del suo attraversamento con il moderno Ponte Giovannone, quasi di fronte alla Chiesa di S. Agostino e presso il Molino di Fiumari. Nella cartografia storica al tratto di origine detto Fosso del Canale del Pentolino fa seguito il Fosso di Ricopri successivamente alla confluenza del Fosso della Porta o del Fosso delle Cullacce, mentre il Fiumicino ha inizio a seguito della confluenza del Fosso della Fonte del Raggio, con uno spettacolare salto di quota. La toponomastica storica, come sopracitato, è sostanzialmente confermata dalla Carta della Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino (A. Bottacci, P. Ciampelli, a cura di, 2018, p. 31, cit.), in base alla quale la sezione più alta è il Fosso di Poggio Scali, mentre il Canale del Pentolino è limitato ad un suo notissimo e precipitoso ramo. Riguardo gli affluenti, il Fosso della Porta nasce dalle ripe dette La Porta, comprese tra quelle di Scali e le Ripe di Pian Tombesi, il Fosso delle Cullacce e il Fosso della Fonte del Raggio nascono dai versanti del Poggione, separati dalla dorsale de Le Cullacce, che da lì si stacca e dalla quale ha origine il rispettivo ed ampio reticolo idrografico.

L’area e i crinali circostanti in passato erano interessati da stretti ed impervi percorsi utilizzati a scopo militare, per transiti commerciali e per le attività boschive. La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), da integrare per la classificazione storica del Bidente con le Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna (1808-1830 – scala 1:5000) e la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 – scala 1:20.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Campigna. Tra le altre, le c.d. vie dei legni, o Strade dette dei legni per il trasporto dei medesimi (così riportate nella Carta Geometrica) utilizzate per il trasporto del legname fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli. Oltre alla Strada delle Cullacce, in effetti di epoca moderna, probabilmente risalente al 1938 (come farebbe ipotizzare la data incisa sotto la nicchia della Fonte alla Madonnina - la seconda cifra è poco leggibile) e rientrante nel piano di modernizzazione della viabilità forestale che in 25 anni - dal ‘14 al ‘39 - ha portato alla costruzione di 57,1 Km di strade rotabili, interrotto dal ’39 al ’48 ma ampiamente ripreso nel dopoguerra (F. Clauser, 1962, p.249, cit.), tra le vie che interessano i bacini idrografici in questione, specificamente elencate nel sopracitato contratto di vendita del 1857, con cui le foreste passarono dall’Opera del Duomo di Firenze alle Reali Possessioni, si trova la via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe«Una vastissima possessione la quale […]. E’ intersecato da molti burroni, fosse e vie ed quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosidetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei Legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.).

Tra le vie dei legni individuate all’inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone, nella relazione sullo stato delle foreste demaniali (cit.) è citata la via della Sega, che da Pian del Pero, pel fosso delle Culacce, porta alla Calla e da qui a Pratovecchio, funzionale all’utilizzo forestale del versante orientale del Corniolo, documentata anche nelle Bozze di mappa dove, nel tratto iniziale tra il Passo della Calla e il crinale di Costa Poggio Termini (dove si attestano i fossi sopracitati) viene descrittivamente denominata Antica via dei legni detta Via dei Muri ora inservibile, ed è confermata la via del Poggio, che da S. Sofia, per S. Paolo in Alpe e Pian del Pero, sale a Poggio Scali, nelle Bozze di mappa denominata nel tratto alto Strada del Poggio Scali e nel Catasto toscano Via di Scali.

Oltre alla Via di Scali, strada di crinale che correva lungo il limite orientale della valle, la viabilità più antica interessante questo territorio, di origine preromana, percorreva il crinale insediativo di Corniolino; ben infrastrutturata e conservante ancora notevoli tratti di selciato naturale, seguendo la morfologia sopra descritta, superata la sella di Tre Faggi risaliva verso il Monte Gabrendo, giungendovi o dopo una più agevole deviazione dalle Mandracce o per via più diretta sfruttando le balze di Costa Poggio dei Ronchi e Omo Morto ed in ultimo insinuandosi verso Poggio Palaio per ridiscendere verso Campigna tramite la Via del Balzo o sul versante opposto verso Stia: si tratta dell’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata, l’antica Mevaniola. L’inizio del tratto alto-bidentino di questo antico tracciato è facilmente individuabile presso Lago (almeno nello sviluppo posteriore alla fine del XVII sec., successivo alla sopracitata rimodellazione post-lacustre). Tramite il Ponte di Fiordilino, struttura dalla poetica denominazione sul Bidente delle Celle ripresa dal nome di un adiacente fabbricato distrutto dalla frana (rimangono i resti dell’imposto dell’arco, con qualche concio inclinato di innesto, corrispondenti alla struttura del XV sec. ricordata dalla saggistica  - AA.VV., 1982, p. 188, cit. - posti a fianco del ponte moderno), la via antica si inerpicava subito sull’erta rocciosa in allineamento al ponte stesso, come documentato dal Catasto toscano, ma poi deviava fino a rasentare il Bidente quindi proseguiva a mezzacosta verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Evidenti resti della muratura di sostegno di questo tratto viario si notano poco sopra la provinciale, a 200 m dal ponte di Lago. Superato Corniolino, presso un tornante della S.P. a circa 2 km da Lago, si ritrova il tracciato antico (sent. 259 CAI) che si inerpica verso il Castellaccio poi prosegue sul crinale sfruttando le gradonate di estesi affioramenti rocciosi, dove sono evidenti le tipiche alternanze di arenarie e marne formanti cornicioni sporgenti fratturati a “denti di sega”.

Presso Corniolino si innestava il percorso di fondovalle da Corniolo Campigna che scendeva al Bidente (oggi intercettato dalla S.P. del Bidente a circa 500 m da Lago, dove è stato riutilizzato come accesso di un recente insediamento) superandolo grazie al Ponte dei Ladroni o del Ladrone o della Madonna, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona), che però si trovava circa 80 m più a monte, come risulta dal confronto con il Catasto toscano. Il ponte è stato segnalato dal Segretariato Regionale del Ministero della cultura dell’Emilia-Romagna nel portale https://www.tourer.it/. Dopo un breve tratto ancora integro e percorribile fino al moderno Ponte Ilario, datato 1969 e privo di interesse tipologico, la mulattiera procedeva in prossimità del fiume secondo un percorso diverso dalla strada forestale (iniziata negli anni 1966-67), che risale transitando poco sotto Campacci, oggi C. Campaccio. L’antico tracciato infatti giungeva fino al sito di un altro fabbricato che, benché anonimo, era evidentemente destinato a mulino già in base all’evidente rappresentazione di inizio ‘800 del lungo berignale o gora per il prelievo dell’acqua e del bottaccio di accumulo della stessa, confermata dalla simbologia (ruota dentata) dell’Opificio a forza idraulica della Carta d’Italia I.G.M. del 1894. Nella successiva mappa del 1937 il definibile Mulino di Campacci, perse le sue funzioni originarie, è ormai rappresentato come semplice fabbricato. Oggi questa parte di tracciato è stata riutilizzata come strada di servizio per raggiungere le opere di imbrigliamento idraulico dei rami bidentini a favore dell’invaso di Ridràcoli e una moderna stazione di pompaggio ne occupa il sito. Oltrepassato Campacci, il tragitto antico prima attraversava il Fosso del Fiumicino di S. Paolo con una pedanca documentata sotto le pendici di Moscoso, il c.d. Ponte a Moscoso, oggi sostituito dal Ponte Cesare, poi scavalcava la sella di Case Fiumari dirigendosi verso il Molino di Fiumari e Campigna, dove giungeva tramite la ripida Via di Villaneta (oggi sent. 243 CAI). Presso Fiumari (di sopra) si innestava la via che si inerpicava fino a S. Paolo in Alpe tramite Campodonatino e Campodonato, classificata solo nel XX secolo come Strada Com.le Corniolo-Fiumari-S.Paolo.  Un tracciato secondario di crinale, distinto in sequenza nella Via di Val di CovileVia di Ronco del Cianco e Via della Capannina, percorreva la dorsale Poggio di Montali-Poggio Ricopri-Poggio Capannina, mentre varie diramazioni digradavano verso i fondivalle, tra cui la Via dello Scopetino scendeva verso il Fosso di Ricopri/Fiumicino.

L’altopiano di S. Paolo in Alpe, nei documenti dell’archivio dell’Opera del Duomo di Firenze detto Poggio di S. Paolo in Alpe, costituiva confine delle proprietà dell’Opera senza farne parte, che giungevano a comprendere i poderi di Val di Covile e Ronco del Cianco, come documentato fin dal 1545: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Una presa di terra detta i Ronchi del Cianco e una detta Val di Covile sono some 13 per la Val di Covile, e per il Ronco del Cianco, che va fino al Fossato del Ronco del Conte, sono some 24» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 149, 150, cit.). Da una relazione del 1652: «Le selve di detta Opera benché tutte contigue fra loro per maggior chiarezza si distinguono da noi primieramente in due parti principali separate fra di loro dal poggio di S. Paolo in Alpe. Una cioè sopra detto poggio verso ponente e l’altra sotto il detto poggio verso levante. La superiore può suddividersi commodamente in tre parti delle quali quella di mezzo si chiama Campigna […]. La parte principale inferiore sotto il poggio di S. Paolo in Alpe parimenti suddividiamo in cinque parti: la prima delle quali quarta in ordine sopradetto, chiameremo Macchia di Scali […]. La quarta che contiene la macchia di Scali, la Fossa delle Macine, il Porcareccio […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 263-264, cit.). La precisa descrizione dei confini è contenuta nell’atto del 1818 stipulato con il Monastero di Camaldoli: «Comunità di Bagno. Una vasta tenuta di terre […] alla quale per la circonferenza confina: […] ventitreesimo, Signor Dottore Deodato Grisolini dal punto lasciato tenendo il crine a sinistra per l’Opera fino al crinale di Campo Minacci e da questo seguitando sempre fino a Pian del Pero sempre detto Grisolini con i poderi di Valdulbiana e Ciriegiolone; ventiquattresimo, da questo punto traversando la macchia dell’Opera sempre in diretto a confine con la comunità di Premilcuore si giunge al Giogo di Scali […]. Comunità di Premilcuore. […] dal punto del confine di questa Comune con quella di Bagno in luogo detto Pian del Pero tenendo i beni dell’Opera a sinistra correndo la strada che da Scali conduce a S. Paolo in Alpe sempre per la sommità del monte confinano i S.ri Grisolini e Giovanni Filippo Fabbri coi poderi del Ciriegiolino e del Fosso  […] terzo, Eredi Perini, scendendo dal detto punto al Fosso dei Fiumari e del Pianaccione ed attraversando detto fosso sale il Poggio di Montali fino alla sommità; […] quinto, Dionisio Mainetti comincia […] col podere del Fiume e da questo punto passa al poggetto del Faggio seguita a mezza costa la fonda della Peschiera fino alla strada del crine del poggio della medesima, discendendo fino al fiumicello di Ricopri quali restano sempre alla destra delle tenute dell’Opera […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 461, 463, 465, 474, cit.).

Per essere particolarmente impervia e difficilmente raggiungibile la parte montana dell'area non fu interessata dall’infrastrutturazione turistica postbellica del comprensorio di Campigna, laddove fortunatamente fu evitato lo «[…] scempio urbanistico minacciato nelle due località di Campigna e Badia Prataglia.» (F. Clauser, 2016, p. 72, cit.), diretto «[…] ad ottenere una ben più alta e deleteria incidenza di strade, ville e negozi all’interno della foresta (richiesta della creazione di un villaggio turistico in Campigna).» (P. Bronchi, 1985, p. 109, cit.), con la costruzione della prima pista sciistica dal Monte Gabrendo ai Prati della Burraia, risalente agli anni 1952/55, cui seguirono l’impianto di risalita collegato alla prima stazione invernale del luogo, oggi Chalet Burraia, struttura nata negli Anni ’30 come servizio per escursioni appenniniche (impianto poi abbandonato e definitivamente smantellato nel 2016 con riqualificazione dell’area), e nel 1958 l’impianto Sodo dei Conti/Fangacci.

Gli unici fabbricati dell’area montana orientale del Corniolo consistono pertanto in ricoveri per boscaioli. Sul crinale che separa i bacini idrografici dei Fossi di Poggio Scali e delle Macine si trovano i resti dell’ex­-rifugio di Pian del Pero, nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), comparente con il toponimo C. Pian del Pero (Casa Pian del Pero), mentre una recente edizione di cartografia escursionistica riporta il toponimo dell’ex rifugio accanto al simbolo dei ruderi, abbandonato per essersi trovato all’interno della Riserva di Sasso Fratino«All’interno della Riserva non sono presenti manufatti, ad eccezione dell’ex rifugio di Pian del Pero, attualmente inutilizzato, e di alcune strutture viarie nelle aree di ampliamento.»  (A. Bottacci, P. Ciampelli, a cura di, 2018, p. 28, cit.). Sul versante di Poggio Capannina appartenente al versante del bacino del Fosso di Ricopri esterno alla Riserva si trovano i resti di un ridottissimo ricovero (monoposto) ancora efficiente poi i resti di un ricovero maggiore, che nel recente passato veniva ricordato come Casetta, entrambi descritti nell’ambito del medesimo percorso: «[…] lasciando il crinale, si evita la diramazione che sale a Poggio Capannina per continuare su un largo sentiero che taglia il pendio sotto il Poggio medesimo a mezza costa. […] dopo aver superato una capanna in sasso, ad una biforcazione. Lasciato a destra il sentiero che scende alla Casetta ci si immette in un sentierino che risale […] sulla strada Corniolo-Lama […]» (O. Bandini, G. Casadei, G. Merendi, 1986, p. 127-128, cit.). Quest’ultimo, perfettamente riconoscibile nella sua consistenza mostra (incoerenti) tracce di un suo moderno riutilizzo consistenti in lastre ondulate di copertura poste ad integrazione delle fatiscenze. Un altro rudere è posto sull’argine del Fosso di Ricopri, poco prima della confluenza con il Fosso delle Cullacce da cui nasce il Fosso del Fiumicino, probabilmente in origine destinato a ospitare il ricovero di una sega idraulica (Sega di Mezzo). Si tratta di impianti documentati nel sito di Ricopri Ricuopri, fino al XIX secolo rinomato per la presenza di numerosi abeti e faggi di pregio. Una lettera dei funzionari dell’Opera del Duomo di Firenze del 1664 prescrive: «[…] che andassero a cercare nella nuova bandita di Campigna quei faggi grossi per il servizio dell’Arte della Lana […] e mi dicono di aver veduto quei faggi grossi in Campigna e molti altri ancora per Ricopri […] e quelli si potrebbero vendere ai madiai e simili artefici con qualche utile presente e pulire la macchia in molti luoghi ove i faggi danneggiano l’abetio […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p.70, cit.). Da un verbale del 1677: «[…] andammo a visitare le macchie che si domandano di Ricopri luogo di grandissima tenuta dove vi sono grandissimi e grossissimi abeti ma molto difficili da cavarsi di quivi.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 320, 321, cit.). È noto che le difficoltà di trasporto del legname per morfologia dei luoghi e/o assenza di vie di smacchio portarono nei secoli ad autorizzare la costruzione di seghe idrauliche, anche a servizio dell’Opera: «Si sa che nel febbraio 1444 fu concessa una sega sul fosso di Ridracoli verso Valbona […], un’altra fu concessa nel 1482 sul fiume di Ricopri […] utile a detta selva per la località e la via inaccessibile che è a circa quattro miglia […]. Una terza ancora […] sempre sul fiume di Ridracoli nel 1484, ed una quarta nello stesso anno sul fiume di Ricopri in luogo detto i Diaccioni; una quinta nel Pianazzone nel 1490 ed una sesta nel 1503 […], con tanto di edificio, […] sul fiume dell’Asticciola.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 63-64, cit.). Alcuni di tali impianti erano documentati come Sega di Sottodi Mezzo e di Sopra per essere collocate presso il “fiume di Ricopri”. Da un verbale di un’ispezione del 1652: «La terza parte delle selve dell’Opera succede sotto Campigna a levante e contiene […] Sega di Mezzo, Sega di sotto, Ricuopri […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 267, cit.). Da una relazione del 1672: «[…] e scendendo per Ricopri dalla Via di Scali verso la Docciola in quelle coste calando alla sega di sopra sino alla sega di mezzo per la via verso Vellaneta.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 388, cit.). Dalla relazione di un’ispezione eseguita nel 1677 da funzionari dell’Opera si ha notizia dell’esistenza di una sega ad acqua a Campigna mentre di quelle che stavano a Ricopri occorreva ripristinarne almeno una: «Relazione della gita e visita […] descritta da esso Sig. Provveditore […]. ci incamminammo poi il lunedì mattina e arrivammo […]. In detto luogo di Campigna vi è una cappella da celebrarci la messa con tutti li paramenti sacerdotali et altro che vi bisogna. Non molto lontano di lì ancora si trova uno strumento idrolico di una sega la quale in tempo che ci è acqua a sufficienza sega i panconcelli che d’ordinario qua si vendono […]. La mattina di mercoledì andammo a visitare le macchie che si domandano di Ricopri luogo di grandissima tenuta dove vi sono grandissimi e grossissimi abeti ma molto difficili di cavarsi da quivi. In codesto luogo si considerò due posti dove altre volte erano state due seghe ad acqua conforme a quella di Campigna e si fece riflessione se fusse bene rimetterne su almeno una […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 320, 321, cit.). Da un’informativa dello stesso anno si apprende che la struttura di Campigna è insufficiente e si conferma che ne andrebbe installata un’altra lungo il “fiume di Ricopri”, dove già si trovavano anticamente in numero di tre, preferibilmente ripristinando la sega di mezzo«Relazione della gita e visita […] descritta da me Ulisse Magnani Cancelliere […]. Lunedì 20 si partirono […] per la volta di Campigna […]. Si riconobbe l’edificio della sega a acqua trovando essere in buon grado e parve dover far reflessione se si deva aggiungere altra simile sega o quivi sotto o altrove come parrà meglio giacché questa pare lavori poco e non faccia tanti panconcelli quanti potrebbe esitare […]. Mercoledì 22 […] si andò alla visita dell’abetia di Ricopri e suoi contorni passando il fiume di Campigna si arrivò al Borghicciolo e si salì a Crocicchi sino al fiume di Ricopri nel quale si riconobbe esservi già state anticamente tre seghe ad acqua e considerando che la sega ad acqua di Campigna non può resistere, come si disse sopra, a fare quel numero di panconcelli che bisognerebbe si considerò che sarebbe buon servizio dell’Opera rifare una quivi, massime per esserci grandissima quantità di abeti grossi buoni per panconcelli già che per farvi travi sono troppo grosse e trascorse e impossibili quasi a potersi trainare e si risparmierebbero gli abeti di Campigna che perciò si ordinò al Ministro che facessi conoscere quale fusse il posto migliore e che spesa vi sarebbe per farla parendo che la sega di mezzo fusse molto opportuna.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 325, 328, cit.). 

Dalle corrispondenze tra quanto documentato, la Carta Geometrica ed il Catasto toscano si rileva l’esistenza di una Via della Sega di Mezzo parallela al Fosso di Ricopri ed i sopracitati resti possono essere quantomeno attribuiti al ripristino sei-settecentesco della Sega di Mezzo, eventualmente costituente la «casetta o capanna […] che serve per comodità del condurre i legni […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 326, cit.), mentre sull’argine rimangono i probabili resti del basamento di appoggio dell’impianto. Peraltro, nella stretta lingua di terra che si interpone tra i Fossi delle Cullacce di Ricopri nel loro confluire si notano resti di muratura di pietrame, attribuibili all’impianto del 1482. Riguardo la collocazione della Sega di Sotto, risalente al 1484, grazie alla cartografia ottocentesca si può individuare con certezza il sito di Diaccioni, posto subito a valle di Val di Covile in riva al Fiumicino. Il luogo, raggiunto da vari tracciati collegati alla viabilità principale dell’epoca, è caratterizzato da ampie aree idonee per l’accatastamento del legname, anche di grandi pezzature, attraversate dalle anse del fosso. Un’ansa presenta la particolarità di un breve canale tagliato parallelamente al fosso, con depositi di pietrame che paiono resti di sistemazioni spondali, facendo presumere che trattasi di opera artificiale di derivazione idraulica, eventualmente dotata di paratie, il tutto a servizio del probabile impianto della Sega di Sotto. La posizione della Sega di Sopra, “scendendo per Ricopri dalla Via di Scali … calando alla sega di sopra sino alla sega di mezzo per la via verso Vellaneta”, oltre che in luoghi non verificabili interni alla Riserva, è immaginabile presso gli attraversamenti del Fosso di Poggio Scali, già del Canale del Pentolino, raggiunti dalla Via della Sega di Mezzo, o in vari siti successivi verso valle.

Anche riguardo la collocazione della Sega del Pianazzone, risalente al 1490, grazie alla cartografia ottocentesca si può individuare con certezza il sito di Pianaccione, posto nell’adiacente Valle del Fiumicino di S. Paolo, a valle di Poggio Capannina, sulle sponde di una delle ramificazioni di origine del Fiumicino, area oggi attraversata dagli stretti tornanti della Strada Vic.le Corniolino-S. Paolo in Alpe, a breve distanza dalla Fonte del Rospo, già ricompreso nel podere di Ronco del Cianco: «Di un solo e vasto tenimento di terre tutte giacenti in poggio si compone il podere […]. Questo si conosce per più e diverse denominazioni e vocaboli quali sono: […] Pianaccione […] E' molto intersecato dal Fosso principale detto il Pianaccione, dall'altro fosso delle Fontanelle […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 512, cit.). Riguardo gli impianti sul “fosso” o “fiume di Ridràcoli”, la genericità dell’indicazione non consente di precisarne la collocazione, mentre il sito dell’impianto posto su “fiume dell’Asticciola” non è verificabile trattandosi di luogo interno alla Riserva, salvo precisare che il Fosso dell’Asticciola, con tale idronimo comparente in una mappa del 1637 allegata ad una relazione del 1710 del provveditore dell’Opera del Duomo di Firenze (riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, in A. Bottacci, P. Ciampelli, a cura di, 2018, p. 35, cit.), nel Catasto toscano detto Fosso della Sega de Butteri, è oggi noto come Fosso dell’Acqua Fredda, nasce dall’area di Frana Nuova al limite di Sasso Fratino ed è un affluente del Fosso di Sasso Fratino, a sua volta affluente del Fosso delle Macine, poi di Campo alla Sega.

Ulteriore fabbricato dell'area montana è il Rifugio Ballatoio, posto sulla Costa Poggio del Ballatoio, comparente nella Carta d’Italia I.G.M. (1937) con il toponimo Casetta: oggetto di attento restauro a scopo escursionistico, è posto presso l’incrocio tra il sentiero di crinale ed uno degli importanti itinerari trasversali di antico utilizzo forestale, in parte corrispondente al Sent. 243 CAI, che mettevano in comunicazione Campigna con l’area di Ricopri.

Le pendici pedemontane esposte a meridione del sopracitato Poggio di Montali hanno consentito l’unico insediamento della Valle del Fiumicino, costituito dal sopracitato podere di Val di Covile, posto sul limite dell’areale vallivo in prossimità dell’area di Fiumari.

Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Catasto toscano, Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati della Valle del Fosso del Fiumicino si possono schematizzare come di seguito elencato:

 - Casetta (Ballatoio): assente nel Catasto toscano, o Casetta nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o Rif.o Ballatoio in quella moderna, o anonimo nel N.C.T., o simbolo anonimo Ricovero di emergenza nella C.T.R.;

Casetta (Ricopri): assente nel Catasto toscano e nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o Casetta nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o simbolo anonimo dei ruderi in quella moderna, o fabbricato anonimo nel N.C.T., o assente nella C.T.R.;

Val di Covile nel Catasto toscano, o C. Valcovile nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o C.Valcovile nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o simbolo anonimo dei ruderi in quella moderna, o fabbricato anonimo nel N.C.T., o assente nella C.T.R.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente di CampignaFiume Bidente di Campigna e/o relative a monti e insediamenti citati.

N.B.: - Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo la presa in possesso l’Opera aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.

- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XIX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi fluitato per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno. Per approfondimenti, v. M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, 2024, cit.

- La sega idraulica o “ad acqua” venne inventata da Villard de Honnecourt nel sec. XIII e Leonardo da Vinci ne studiò il funzionamento nel 1480. Già a metà del ‘400 sono documentati alcuni impianti in Casentino, in particolare una sega ad acqua a Camaldoli (i monaci sono stati sempre all’avanguardia nella lavorazione del legno) e due artigiani specializzati a Papiano (M. Massaini, 2015, cit.).

RIFERIMENTI    

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AA.VV., Indagine sulle caratteristiche ambientali suscettibili di valorizzazione turistico-culturale delle vallate forlivesi. Repertorio, C.C.I.A.A. Forlì, 1982;

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M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, “Le vive travi” e i loro cammini nel Parco e nella storia, Monti editore, Cesena 2024;

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A. Sansone, Relazione sulla Azienda del Demanio Forestale di Stato – 1° luglio 1910/30 luglio 1914, Roma 1915;

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Regione Toscana – Progetto CASTORE – CAtasti STOrici REgionali;

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Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11479;

Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11644;

URL http://www.popolidelparco.it/media/archivio-pietro-zangheri-zan098/;

URL https://www.tourer.it/;  

URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba - Tramite la Giogana, da Pian delle Carbonaie con evidente traccia il Sentiero delle Cullacce (bolli rossi) consente di attraversare i primi impluvi della ramificazione del Fosso della Fonte del Raggio. La Strada delle Cullacce conduce da Campigna ad intersecare i vari rami del fosso, compresa la Fonte del Raggio al km 4+500. Dal Rifugio Ballatoio, sent. 243 CAI, un sentiero (bolli rossi) consente di raggiungere il salto finale del fosso nel Fiumicino.

foto/descrizione :

Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore.

00A – Ubicazione della valle del Fosso del Fiumicino-di Ricopri-di Poggio Scali, con i suoi affluenti della Fonte del Raggio, delle Cullacce, della Porta e Canale del Pentolino.

001a/001l - Prima da monte di S. Paolo in Alpe poi dal crinale che delimita la valle del Fosso di Ristèfani, si nota lo sviluppo dallo Spartiacque Appenninico delle Coste di P.gio Termini, di P.gio del Ballatoio e delle Cullacce, in parte occultato dalla dorsale Poggio Capannina-Poggio Ricopri-Poggio di Montali, e le incisioni dei fossi, con indice fotografico (25/04/18).

001m – 001n – 001o - La S.P. 4 del Bidente offre molteplici panoramiche e scorci del versante dx della valle del Bidente e delle dorsali che la compenetrano, consentendo di distinguere le Coste delle Cullacce e di P.gio del Ballatoio nel distaccarsi dalla biforcazione della vetta principale del Poggione, sullo Spartiacque Appenninico, e di P.gio Termini dalla vetta minore. Le tre coste sono separate dalle profonde incisioni dove scorrono i Fossi della Fonte del Raggio e della Ruota, con indice fotografico (26/03/12 – 11/02/16 – 20/05/18).

001p – 001q – Da Poggio Capannina si hanno vedute di profilo dello sviluppo delle valli dei Fossi della Fonte del Raggio e della Ruota (16/11/16).

001r – Schema da cartografia moderna del bacino idrografico dei Fossi della Ruota e del Fosso del Fiumicino, con i suoi tratti alti di Ricopri e di Poggio Scali ed i suoi affluenti della Fonte del Raggio, delle Cullacce, della Porta e Canale del Pentolino.

001s – Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo viario e idrografico precedente al completamento della viabilità provinciale.

 

001t - Schema di mappa da cartografia di inizio XIX secolo, con evidenziati gli assetti insediativi, idrografici ed infrastrutturali della valle del Fiumicino, dove si possono notare i tracciati della viabilità antica. La toponomastica riprende quella originale.

002d – Mappa schematica dedotta da cartografia del 1850 dove, in base ai toponimi storici, sono evidenziati i siti delle seghe idrauliche localizzate a Campigna, prima lato ovest poi forse spostata pressi I Tre Fossati, le altre presso il Fosso di Ricopri, ovvero a Diaccioni la Sega di Sotto e a Ricopri le Seghe di Mezzo e di Sopra, a Pianaccione presso il Fosso Fiumicino di S. Paolo e a Sasso Fratino, sul Fosso dell’Asticciola.

002a/002f – Discendendo dal Sentiero delle Cullacce si nota la ramificazione idrografica del Fosso della Fonte del Raggio sul versante occidentale della costa de Le Cullacce (19/06/18).

002g/002p – La Strada delle Cullacce verso il suo termine interseca le numerose ramificazioni del Fosso della Fonte del Raggio (19/06/18).

002q/002v – Una vena del fosso alimenta la Fonte del Raggio, restaurata nel 1977 a cura dell’Amm.re Michele Padula, come da logo felino (19/06/18).

003a/003p – Un evidente sentiero (scarsi bolli rossi) che dal Rifugio Ballatoio scende a varcare il Fiumicino, prima attraversa e guada il Fosso della Fonte del Raggio che, a 150 m dallo sbocco nel Fiumicino presenta un alveo piatto che anticipa un precipizio (9/07/18).

004a/004i – Il suggestivo sbocco del Fosso della Fonte del Raggio nel Fiumicino, a valle del salto di quota che segna l’alveo (9/07/18).

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