Pratovecchio - Poggio a Pratovecchio
Testo di Bruno Roba (29/08/2019)
Pratovecchio: Comune Santa Sofia – Poggio a Pratovecchio: Comune Bagno di Romagna
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.
In particolare, la Valle del Fiume Bidente di Ridràcoli riguarda quel ramo intermedio del Bidente delimitato, ad Ovest, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli. Ad Est la valle è delimitata dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si diparte da Poggio allo Spillo (collegando Poggio della Bertesca, Croce di Romiceto, i Monti Moricciona, La Rocca, Marino, Pezzoli e Carnovaletto) per concludersi sul promontorio della Rondinaia digradando a valle di Isola costretto dalla confluenza del Fiume Bidentino o Torrente Bidente di Fiumicino nel Fiume Bidente. La Rondinaia è nota per il castello con la sua torre «[…] baluardo di antica potenza, elevato fin dai tempi romani alla difesa contro le orde barbariche che dal nord d’Europa scendevano a depredare le belle contrade d’Italia.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 274).
Il bacino idrografico, di ampiezza molto superiore rispetto alle valli collaterali e che vede il lago occupare una posizione baricentrica con l’asta principale fluvio/lacustre f.so Lama/invaso/fiume posizionata su un asse mediano Nord-Sud, mostra una morfologia molto differenziata rispetto al suo baricentro. L’area sorgentifera, con la realizzazione dell’invaso artificiale, si differenzia tra quella che lo alimenta e quella a valle della diga che alimenta direttamente il fiume. A monte l’area imbrifera si amplia estendendosi da Poggio Scali fino al Passo della Crocina mostrando, specie nella parte a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico (la c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), fortissime pendenze modellate dall’erosione e dal distacco dello spessore detritico superficiale con conseguente crollo dei banchi arenacei, lacerazione della copertura forestale e formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati, talvolta con roccia affiorante (Frana Vecchia, 1950, e Frana Nuova, 1983-1993, sempre attiva, di Sasso Fratino). Nei fondovalle, specie dove essi si fanno più tormentati, profondi e ristretti, conseguono formazioni di gole, forre, financo degli orridi, con erosioni fondali a forma c.d. di battello. A valle dell’invaso il bacino si restringe specie in sx idrografica e, dalla diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo è conseguita un’alternanza di pendii più dolci a prato-pascolo e di tratti intensamente deformati e brecciati, mentre i tratti più ripidi dei rilievi mostrano la roccia denudata.
Il tratto di contrafforte che, come detto, si stacca da Poggio Scali, trova una serie di picchi tra cui emerge subito Poggio della Serra, quindi il Monte Grosso e l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, in corrispondenza del quale comincia un’ampia rotazione, che volge al termine dopo aver superato Ronco dei Preti, quando precede una netta controcurva così riprendendo l’orientamento principale verso il suo termine. Detti rilievi costituiscono nodo montano da cui si diramano ulteriori dorsali di vario sviluppo e consistenza geomorfologica che delimitano il sistema vallivo del versante orientale del bacino idrografico di Ridràcoli che alimenta sia l’altra importante asta torrentizia afferente l’invaso ed incentrata sul Fosso del Molinuzzo sia quella del Rio Bacine. In particolare, dall’Altopiano di S. Paolo in Alpe si stacca una lunghissima, arcuata ed affilata dorsale caratterizzata dalle evidentissime stratificazioni marnoso-arenacee del suo versante meridionale, la cui sommità è nota come Crinale della Vacca, che termina contro l’ansa del Bidente tra la diga ed il Castello di Ridràcoli, affiancando il Lago. Questa dorsale costituisce il ripido versante esposto a settentrione della Valle del Rio Bacine mentre il versante meridionale dell’anfiteatro vallivo è disegnato dall’ampio arco del contrafforte, con testata che si sviluppa tra l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, Poggio Squilla e Ronco dei Preti, dove hanno origine i due principali affluenti Rio del Castagno e Fosso del Castagno, alla cui confluenza pare doversi attribuire l’origine del Rio Bacine, mentre storicamente il Rio del Castagno costituiva il tratto torrentizio principale ed il Fosso delle Bacine era il tratto finale. L’origine del Rio Bacine può comunque essere fatta coincidere con quella del Rio del Castagno, nell’anfiteatro di Poggio Squilla, mentre il Fosso del Castagno ha origine dall’Altopiano di S. Paolo in Alpe. Dopo Ronco dei Preti, mentre il contrafforte compie una decisa deviazione verso l’allineamento finale Poggio Collina-Poggio Castellina, si origina però uno sfrangiamento di dorsali che prosegue verso Levante ed avvicinandosi al Crinale della Vacca completa la delimitazione della Valle del Rio Bacine verso il suo sbocco.
Dal Monte Grosso si distacca verso SE un lungo costone di pendenza modesta che raggiunge il fondovalle del Fosso dell’Aiaccia, delimitando la Valle delle Pozzacchere da NE (ma panoramicamente risalta l’ampia Valle del Ciriegiolone), mentre il versante opposto del costone delimita la Valle del Rio Fossati o Fosso del Raggio.
Dal Poggio della Serra si stacca verso Levante una lunga ed affilata dorsale di pendenza modesta che completa la delimitazione meridionale del bacino idrografico del Fosso del Ciriegiolone.
Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovano collocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate, come quella di Corniolino. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici.
La confluenza del Fosso del Ciriegiolone con il Fosso delle Pozzacchere origina il Fosso dell’Aiaccia, il quale confluendo con il Rio Fossati dà origine al Fosso del Molinuzzo: di fatto, (mentre la valle del Fossati mantiene una propria autonomia morfologica) l’insieme dei fossi evidenziati costituisce la ramificazione più elevata di un bacino idrografico omogeneo convergente nel Fosso del Molinuzzo e, come accennato, importante sistema torrentizio afferente l’invaso, che storicamente si univa con il Fiume Bidente di Ridràcoli proprio sul sito della diga. L’ampio complesso vallivo, rispetto al suo asse di fondovalle costituito dalla sequenza Ciriegiolone-Aiaccia-Molinuzzo, appare asimmetrico nell’estensione superficiale, più sviluppata ed aperta a ventaglio nel versante in sx idrografica, di ampiezza costante in quello opposto costituito dai versanti N e NO di quella lunga ed arcuata dorsale che si stacca da Poggio della Serra per concludersi con Poggio della Gallona, quando precipita verso la diga con un appuntito sprone. L’asimmetria è confermata anche dall’aspetto geomorfologico e vegetazionale, con vasti prati-pascoli e sparse aree denudate ed in erosione di là, pendii più ripidi e boscosi di qua. La convergenza della dorsale Serra-Gallona con quella del Crinale della Vacca conforma infine i ripidissimi versanti dello stretto sbocco vallivo del Fosso del Molinuzzo. Un ramo del Fosso delle Pozzacchere alimenta la Fonte del Rospo.
L’ampio ventaglio vallivo in sx idrografica è quello che ospitava gli insediamenti maggiormente collegati al pascolo brado, ancora oggi praticato stagionalmente nei suo vasti e dolci pendii, Le Pozzacchere o Pozzacchere, il Fosso, Ciriegiolino e Ciriegiolone. Nei versanti del Fosso dell’Aiaccia, benché più ripidi e boscosi, si trovavano comunque gli insediamenti di Pachino, la Casetta o le Casette o Casetta, la Poderina o Poderina e Val di Rubbiana o Valdubiana. Sul crinale presso Poggio della Gallona, costituente anche confine amministrativo, si trovava il duplice insediamento di Pratovecchio, per la precisione da distinguersi tra quello posto appena sul lato occidentale e quello oggi più noto e posto sul lato orientale, però storicamente detto Poggio a Pratovecchio, appartenente al sistema vallivo del Fosso di Campo alla Sega. Il Molinuzzo o Mulinuzzo, posto pressoché all’inizio dell’omonimo fosso, le Celluzze o Le Colluzze, posto su un’ampia stratificazione rocciosa di bassa mezzacosta oggi raggiunta dalle acque dell’invaso, e Ridondone o Rindondone o Ritondone, posto su un ristretto terrazzo morfologico del ripido versante che risale verso il Crinale della Vacca presso un vecchio percorso di scavalcamento, sono gli insediamenti che si trovavano presso lo sbocco vallivo ormai braccio lacustre. Il Fosso è scomparso mentre degli altri insediamenti spesso oggi si ritrovano ruderi sempre più inconsistenti.
La dorsale Poggio della Serra/Poggio della Gallona, oltre che lunga ed arcuata, si presenta disomogenea nello sviluppo ed articolata nei suoi versanti da una continua sequenza di diramazioni generate dai picchi che la caratterizzano, specie l’ultimo tratto dove si evidenzia la morfologia piramidale di Poggio della Gallona, preceduto dal picco similare di Poggio di Pratovecchio, dove la sezione trasversale mostra la tipica contrapposizione tra l’esposizione della stratificazione marnoso-arenacea del ripido versante orientale giacente a reggipoggio, interessato da rimboschimenti restaurativi di pinacee, e le dolci pendenze delle praterie del versante opposto giacente a franapoggio, in corso di ricolonizzazione arbustiva. Il Poggio di Pratovecchio separa i due insediamenti (non è noto se un tempo appartenenti a poderi diversi) di Pratovecchio e Poggio a Pratovecchio, così differenziati in base al Catasto Toscano del 1826-34 non solo per toponomastica ma anche dal punto di vista amministrativo, costituendo già allora il crinale linea di confine, per trovarsi su lati opposti del medesimo. Pratovecchio (rappresentato solo fino alla cartografia di impianto della Carta d’Italia I.G.M. del 1894) in base al Catasto ottocentesco apparteneva al Popolo di S. Paolo e ricadeva nella Comunità di S. Sofia “di S. Paolo in Alpi e Mulinuzzo”; Poggio a Pratovecchio (oggi noto come Pratovecchio e ancora rappresentato nella moderna cartografia regionale come fabbricato esistente), sempre in base al Catasto ottocentesco, apparteneva al Popolo di Paganico e ricadeva nella Comunità di Bagno “della LAMA”. Detto confine oggi intercorre tra i Comuni di S. Sofia e Bagno di Romagna.
Storicamente questi luoghi appartenevano all’Opera del Duomo di Firenze. Se fino al 1506/1508 l’Opera nei suoi possedimenti aveva sempre privilegiato l’impianto delle abetine ed aveva cercato di impedire insediamenti abitativi fissi e coltivi, dalla fine del 1510, avendo costatato che, oltre i vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi, si manifestavano numerosi disboscamenti e roncamenti non autorizzati, intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. In un verbale dell’epoca compare così per la prima volta il riferimento ad una costruzione eseguita a Poggio di Pratovecchio: «[…] far buon viso a cattivo gioco […] visto […] come certi uomini di Radiracoli […] sono entrati in […] luogo detto pendice del Poggio di Pratovecchio dove […] hanno roncato e disboscato da più anni […] detti operai […] quivi hanno fatto alcuna capanna et habitatione per loro uso. […] Et essendo necessario provvedere […]. Che per virtù della presente provvisione, ogni casa o capanna, dissodamento, sementa, commodo et utilità […] siano incorporati e ridotti nel dominio, proprietà, uso e possessione dell’Opera […]. Che detti poderi e ronchi si debbino terminare e confinare […]. che detti operai habbino autorità di poter locare e concedere in affitto detti poderi […] per più tempo che cinque anni per volta.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 147-148, cit.). I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile dei possedimenti che l’Opera aveva in Romagna. Dal verbale di una “visita” del 1677 scritto dal cancelliere si apprende in merito al podere «[…] li poderi di Romagna appresso notati cioè […] Poggio di Pratovecchio che tiene a linea Andrea Piero Tozzi […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 329, cit.). Un nuovo accurato elenco è relativo al 1637: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenere allivellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] Comune del Corniolo, nel Popolo della Pieve di S. Pietro al Corniolo: […] 34) Poggio di Pratovecchio, podere tenuto da Ottavio Capacci […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 408, 410, cit.). Da una relazione del 1751 sullo stato dei poderi dell’Opera si apprende: «[…] 8) Podere di PRATOVECCHIO o POGGIO A PRATOVECCHIO tenuto in affitto da Francesco di Lazzero Checcacci. Questo è un piccolo poderetto composto anco di terre poco buone che torna nel poggio superiore al podere di Botriali molto sottoposto a venti e per ciò quella casa soffre maggior danno delle altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977 , p. 435, cit.). Nel 1789, da una relazione sui canoni da stabilirsi, risulta che i: «I soli poderi […] Poggio di Pratovecchio […] potrebbero allinearsi e vendersi […] ma sono ridotti in tal cattivo stato dai passati affittuari […] e le case e stalle e capanne si trovano in stato rovinoso perché non si hanno fatti gli annuali risarcimenti dal 1730 […] non si troverebbero oblatori in compra […]. Sono del parere […] vadino riconfermati nell’affitto […] con nuovi patti e condizioni da rimettere in buono stato case e poderi ed alla scadenza dell’affitto allora migliorati si potrà prendere la risoluzione più utile e conveniente sopra i medesimi cioè di venderli o di allivellarli o in affitti.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441-442, cit.). Nell’Archivio dell’Opera si trova una documentazione non datata, comunque di fine ‘700, contenente una descrizione delle case rurali dei poderi di appartenenza, tra cui la «[…] Casa del podere di Poggio di Pratovecchio: […] Piano a palco – Ha l’ingresso per mezzo di una scala esterna a un lato della quale vi è una loggetta con il forno e sotto lo stabbiolo per il maiale. La prima stanza contiene il camino ed è in soffitta, da questa si passa in altra pure in soffitta.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 448, cit.). Nel Contratto livellario stipulato nel 1818 tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli si trova un’ulteriore descrizione del podere: «Comunità di Bagno […]. Tutta questa tenuta […] è composta dai seguenti terreni cioè […] 21° Podere denominato Poggio di Pratovecchio […] con casa da lavoratore composta di numero sei stanze da cielo a terra compresoci stalle e capanne, forno, tutto in cattivo stato. […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 473-474, cit.). Sciolto d’imperio il contratto del 1818 per inadempienze nell’applicazione di un rigoroso regime forestale ai possedimenti dell’Opera, nel 1840 il Granduca fece stipulare un nuovo Contratto livellario con il Monastero di Camaldoli, così si trova un’ulteriore, ed ora estremamente precisa, descrizione dei poderi da cui ormai risulta l’abbandono di Pratovecchio: «N. 7 - Podere dei Botriali, posto in comunità di Bagno e nel popolo di San Paolo in Alpe lavorato dalla famiglia colonica di Stefano Milanesi. A questo è stato recentemente riunito il piccolo podere detto Poggio di Pratovecchio per cui attualmente compongono un solo ed unico podere. Fabbricati colonici. […] La fabbrichetta già attenente al podere del Poggio di Pratovecchio situata sul vertice di un poggio di detto nome, ed in stato di assoluta rovina, si compone al terreno di tre stanze con ingresso esterno destinate per stalle e nel piano superiore con eguale numero che una cucina una ad uso di camera e l’altra capanna.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 516-517, cit.). La Poderina, Poggio Pratovecchio e Val di Rubbiana compaiono in una mappa del 1637 allegata ad una relazione del 1710 del provveditore dell'Opera del Duomo di Firenze.
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Ridràcoli e/o relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.: Negli scorsi anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Casetta, Ciriegiolone, Le Celluzze, Poderina, Pozzacchere, Ridondone e Val di Rubbiana, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
A. Bottacci, La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, 1959-2009, 50 anni di conservazione della biodiversità, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, Pratovecchio, 2009;
M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Comune di Bagno di Romagna, PSC 2004, Insediamenti ed edifici del territorio rurale, 2004, Scheda n.178;
Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
Testo di Bruno Roba
Le Valli del Fosso del Ciriegiolone (e in lontananza quella del Fosso del Molinuzzo) e delle Pozzacchere sono facilmente osservabili panoramicamente dalla viabilità di crinale del contrafforte presso Poggio Capannina e dalla S. Vic.le San Paolo in Alpe-La Lama. Si può raggiungere Pratovecchio raggiungendo Campominacci tramite detta Vic.le quindi deviando sul sentiero di crinale per Poggio della Gallona, in tutto circa 5,6 km dalla sbarra.
Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore
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001a – 001b – 001c - Dal Monte Penna, veduta panoramica sulla Valle di Ridràcoli, dove il contrafforte costituisce testata da cui si staccano le dorsali che delimitano il sistema vallivo afferente all’invaso; nell’ultimo particolare si evidenzia il tratto finale compreso da i Poggi di Pratovecchio e della Gallona (7/02/11 – 13/01/16).
001d – 001e – 001f - Dal varco del Canale del Pentolino, presso Poggio Scali, sono possibili queste uniche vedute dalla Giogana della dorsale da Poggio della Serra a Poggio della Gallona, laddove la contrazione prospettica ne evidenzia la complessità morfologica; nel particolare finale il tratto tra i Poggi di Pratovecchio e della Gallona (20/08/19).
001g/001o – Dai pressi di S. Paolo in Alpe, vedute della parte della valle del Rio Fossati che in fondo appare chiusa dalla dorsale di Poggio della Gallona dove spiccano i prati di Pratovecchio (25/04/18 - 24/10/18 – 21/11/18).
001p/001t - Da Poggio Capannina, vedute del sistema vallivo delimitato in dx idrografica dalla lunga ed arcuata dorsale Poggio della Serra/Poggio della Gallona con particolari dell’ultimo tratto Poggio di Pratovecchio/Poggio della Gallona (2/06/18).
001u – 001v – 001z - Dalla S.Vic.le S. Paolo in Alpe-La Lama, vedute del tratto finale della dorsale di Poggio della Gallona dove spiccano i prati di Pratovecchio (31/03/12 - 15/06/12).
002a/002g – Dal Crinale della Vacca, vedute del tratto finale della dorsale tra i Poggi della Gallona e di Pratovecchio (10/12/15 – 19/07/18).
002h/002n – Dai pressi delle Pozzacchere, vedute del sito di Pratovecchio con indicazione dei resti dei due insediamenti, separati dal Poggio omonimo (27/04/12).
002o – 002p – Dal crinale della Seghettina, vedute dell’impervio versante orientale della dorsale di Poggio della Gallona (17/11/11).
002q – 002r – Mappe schematiche dedotte da cartografia storica di inizio XX e XIX secolo evidenzianti reticolo idrografico, infrastrutture e insediamenti; la toponomastica riprende anche nella scrittura quella originale.
002s – Particolare della mappa del 1637 dove sono rappresentati gli insediamenti di Poderina, Poggio Pratovecchio e Val di Rubbiana (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.).
002t - Schema da cartografia moderna con individuazione del bacino idrografico complessivo.
003a/003h – Il sentiero di crinale verso Poggio della Gallona conserva resti di sistemazioni ormai in abbandono, segno di frequentazioni moderne e controllate, offrendo scorci panoramici con aspetti caratteristici riguardo l’assetto geomorfologico; in alcune vedute si nota l’incrocio con l’antico percorso trasversale collegante gli opposti versanti vallivi (15/06/12 - 18/12/16).
003i – Veduta panoramica da Sud del sito di Pratovecchio/Poggio a Pratovecchio (15/06/12).
003l – 003m – 003n - Vedute da Sud e da Nord delle praterie di Pratovecchio/Poggio a Pratovecchio (15/06/12).
003o/003z – Il sito e i resti di Pratovecchio (15/06/12 - 18/12/16).
004a – Da Pratovecchio veduta del Poggio di Pratovecchio (15/06/12).
004b/004f - Il sito e i resti di Poggio a Pratovecchio (15/06/12).
004g – 004h – Da Poggio a Pratovecchio vedute verso il lago (15/06/12).