Fonte del Porcareccio
Testo di Bruno Roba (15/01/2020)
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.
In particolare, la Valle del Fiume Bidente di Ridràcoli riguarda quel ramo intermedio del Bidente delimitato, ad Ovest, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella 'a corda molla' di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli. Ad Est la valle è delimitata dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si diparte da Poggio allo Spillo (collegando Poggio della Bertesca, Croce di Romiceto, i Monti Moricciona, La Rocca, Marino, Pezzoli e Carnovaletto) per concludersi con il promontorio della Rondinaia digradando a valle di Isola costretto dalla confluenza del Fiume Bidentino o Torrente Bidente di Fiumicino nel Fiume Bidente. La Rondinaia è nota per il castello con la sua torre «[…] baluardo di antica potenza, elevato fin dai tempi romani alla difesa contro le orde barbariche che dal nord d’Europa scendevano a depredare le belle contrade d’Italia.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 274).
Il bacino idrografico, di ampiezza molto superiore rispetto alle valli collaterali e che vede il lago occupare una posizione baricentrica con l’asta principale fluvio/lacustre f.so Lama/invaso/fiume posizionata su un asse mediano Nord-Sud, mostra una morfologia molto differenziata rispetto al suo baricentro. L’area sorgentifera, con la realizzazione dell’invaso artificiale, si differenzia tra quella che lo alimenta e quella a valle della diga che alimenta direttamente il fiume. A monte l’area imbrifera si amplia estendendosi da Poggio Scali fino al Passo della Crocina mostrando, specie nella parte a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico (la c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati, talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Pian Tombesi, le Ripe della Porta, le Ripe di Scali e il Canale o Canalone del Pentolino, oltre che il distacco dello spessore detritico superficiale, con conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale, come la Frana Vecchia, 1950, e la Frana Nuova, 1983-1993, sempre attiva, di Sasso Fratino. Il tratto di contrafforte che, come detto, si stacca da Poggio Scali, trova una serie di picchi e rilievi tra cui emerge subito Poggio della Serra, quindi il Monte Grosso e l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, in corrispondenza del quale comincia un’ampia rotazione, che volge al termine dopo aver superato Ronco dei Preti, quando precede una netta controcurva così riprendendo l’orientamento principale verso il suo termine. Detti rilievi costituiscono nodo montano da cui si diramano ulteriori dorsali di vario sviluppo e consistenza geomorfologica che delimitano il sistema vallivo del versante orientale del bacino idrografico di Ridràcoli. Dall’Altopiano di S. Paolo in Alpe si stacca una lunghissima, arcuata ed affilata dorsale caratterizzata dalle evidentissime stratificazioni marnoso-arenacee del suo versante meridionale, la cui sommità è nota come Crinale della Vacca, dividente la Valle del Rio Fossati da quella del Rio Bacine. Dal Monte Grosso si distacca verso SE un lungo costone di pendenza modesta che raggiunge il fondovalle del Fosso dell’Aiaccia, delimitando la Valle delle Pozzacchere da NE (ma panoramicamente risalta l’ampia Valle del Ciriegiolone). Il Fosso del Molinuzzo costituisce braccio lacustre e terminale dell’asta torrentizia costituita con i Fossi del Ciriegiolone e dell’Aiaccia, proveniente dall’anfiteatro generato dal contrafforte secondario nel distaccarsi dallo Spartiacque Appenninico a Poggio Scali. Gli altri bracci lacustri di cui si compone il lago sono relativi al Fosso di Campo alla Sega, al Fosso degli Altari ed al Fosso della Lama, provenienti direttamente o indirettamente dalla bastionata e i primi due indirettamente anche dalla Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, infine al Fosso del Molino, che raccoglie il reticolo idrografico generato dal contrafforte distaccatosi da Poggio allo Spillo.
Come accennato, il Fosso degli Altari proviene indirettamente dalla bastionata, infatti è generato dalla confluenza del Fosso della Bucaccia con il Fosso delle Segarine, già della Segherina, confluenza che avviene poco a valle della Riserva e della S.F. S. Paolo in Alpe-La Lama, che ne costituisce il confine. Il tratto alto del Fosso della Bucaccia è detto Fosso della Fonte del Porcareccio, già Fosso di Prato Matteino e Fosso del Porcareccio, principalmente avente origine dall’omonima fonte posta lungo la Giogana, non distante dal Passo del Porcareccio, ma il suo bacino idrografico si estende fino alle pendici di Poggio Porcareccio. Le acque meteoriche, per la permeabilità delle Arenarie del Falterona, filtrano fino al sottostante strato di Scisti Varicolori che le conduce verso l’esterno dando origine alla sorgente perenne della Fonte del Porcareccio (che in estate tende a prosciugarsi anche per l’assorbimento dovuto alla sovrastante ceppaia di Faggio). Nell’area circostante, classificata Geosito di rilevanza locale e costituita da una radura prativa che presenta una morfologia pianeggiante, per la presenza di argille le acque si disperdono formando un esteso impaludamento con formazione di una torbiera e sviluppo di specie floristiche tipiche degli ambienti umidi. Risistemata a cura dell’A.S.F.D. nel 1975, recentemente la falda sta soffrendo di intasamenti per cui è stata affiancata una precaria tubazione suppletiva. Nell’ambito del Programma LIFE e del progetto WetFlyAmphibia (conservazione di anfibi e farfalle di aree umide e loro habitat nel Parco delle Foreste Casentinesi), presso la fonte è stato realizzata una vasca abbeveratoio per anfibi. Le specie interessate dal progetto sono l’Ululone dal ventre giallo (Bombina variegata), la Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina tergiditata) e il Tritone crestato (Triturus carnifex). In tale occasione è stata anche risistemata l’area e la fonte stessa è stata restaurata.
«I torrenti principali che attraversano la Riserva sono (da Ovest a Est): […] Sottobacino Bidente di Ridracoli – Fosso delle Macine, che costituisce la porzione alta del F.di Campo alla Sega – Fosso dei Fraicini (o dei Praticini), affluente di destra del F. d. Macine – Fosso dell’Acqua Fredda, affluente di sinistra del F. d. Sasso Fratino – Fosso di Sasso Fratino, affluente di destra del F. d. Macine – Fosso di Campo alla Sega, derivato dalla confluenza del F. d. Macine e del F. d. Sasso Fratino – Fosso dei Preti – Fosso della Bucaccia, denominato nella parte alta del bacino F. della Fonte del Porcareccio – F. delle Segarine – F. dei Pianelli - F. della Spazzola.» (A. Bottacci, 2009, p. 23, cit.).
Sasso Fratino è il toponimo (catastalmente individuato) di una porzione della Foresta della Lama ricadente nel settore N di quell’area che ha costituito il nucleo originario della Riserva Naturale Integrale, inizialmente composta da 45 ettari oltre ulteriori 65 di area-tampone, per quanto attiene alla vegetazione definita foresta originaria (conservante la struttura delle associazioni vegetali risalenti alle “origini”, ovvero al tempo delle antiche civiltà mediterranee). «La zona della riserva in Comune di Bagno di Romagna, comprendente il territorio classificato in più atti dal 1959 al 1972, è senza dubbio la più interessante. Appartiene a questa zona l’anfiteatro di Sasso Fratino, che fronteggia la collina e l’antica casa di Campominacci […]. Da mille anni (forse da tremila) questa foresta appare da lontano con l’aspetto di oggi: soltanto le future generazioni sapranno nei prossimi secoli, se il nuovo microclima indotto dal bacino artificiale di Ridracoli avrà portato variazioni tali da trasformare profondamente questa preziosa testimonianza delle foreste originarie.» (P. Bronchi, 1985, pp. 66, 67, cit.). La morfologia dell’anfiteatro di Sasso Fratino è caratterizzata (con evidenza panoramica) dalle dorsali che lo abbracciano rispettivamente distaccandosi una da Poggio Scali con le sue Ripe verso Levante, l’altra dallo Spartiacque Appenninico all’altezza di Poggio Porcareccio, questa piegante decisa verso Settentrione fino alla Posticcia di Matteino guidata dall’ampia curva della netta incisione valliva del Fosso della Fonte del Porcareccio, quindi dalla biforcazione crinalizia che segue al Poggio di Sciagano (antico oronimo) digradante repentinamente trovando come toponimo identificativo il sito detto La Bruciata. Dalla biforcazione del Poggio di Sciagano si dirama la Costa Poggio Piano che delimita in dx idrografica il Fosso dei Preti e che, in continuità con la dorsale della Seghettina, chiude a SE il bacino idrografico del Fosso di Campo alla Sega. Con la Posticcia ha inizio un vallone che si sviluppa verso SE parallelamente allo Spartiacque Appenninico e che deve la sua formazione a dislocazioni geologicamente recenti lungo fratture sub verticali, ovvero particolari movimenti franosi che si evolvono molto lentamente lungo superfici profonde causando, nella parte superiore, l’apertura di avvallamenti e il conseguente fenomeno dello sdoppiamento delle creste (fenomeno similare a quello del bacino del Fosso dell’Abetìa, delimitato da Poggio Palaio e ricoperto dall’Abetina di Campigna), che però qui si è manifestato con una sequenza di picchi o rialzi in contropendenza posti al principio delle dorsali che, in successione, si distaccano perpendicolarmente. Oltre la conformazione del caratteristico piano inclinato in contropendenza su cui è situata la medesima Posticcia, si tratta delle adiacenti Ripe di Michelone, di Poggio Cornacchia e, in ultimo, del Monte Penna, che emerge invadente nel fondovalle della Lama evidenziando nella morfologia asimmetrica la giacitura a reggipoggio degli strati. In questo avvallamento si è inizialmente insinuato il citato Fosso della Fonte del Porcareccio, quindi si trovano il Bagnatoio, Pian delle Malenotti o delle Malinotti e la Pozza del Corvo o Buca del Cervo, mentre il suo termine è inciso dal Fosso degli Acuti. Dal ristagno del Bagnatoio trova ulteriore alimento il Fosso delle Segarine, con l’ampia testata del bacino che si spinge fino a ridosso dello Spartiacque Appenninico, estendendosi tra il passo La Scossa e Prato al Soglio: dai ristagni di quest’ultimo ha origine il ramo principale del fosso mentre il ramo più alto ha origine da Giogo Seccheta o Secchieta. Tra i bacini dei due confluenti Fossi delle Segarine e della Bucaccia si interpone una dorsale minore che si distacca dal poggetto che si erge al Bagnatoio. Le Ripe di Michelone, cui fa seguito senza soluzione di continuità prolungandosi fino al fondovalle la dorsale di Poggio della Cornioleta, si interpongono invece tra il bacino idrografico del Fosso delle Segarine, quindi del Fosso degli Altari (ma nel finale anche tra quest’ultimo e quello del Fosso della Lama), e quello del Fosso dei Pianelli. Il Poggio della Spessoleta (antico oronimo forse dimenticato) si interpone tra quest’ultimo e il Fosso della Spazzola. Il Fosso dei Pianelli ha un’ampia ramificazione che si estende tra Poggio Cornacchia e le Ripe di Michelone, con il ramo più alto che ha origine dalla piega tra le due vette di Poggio Cornacchia e il ramo più lungo alimentato dai ristagni della sella di Pian delle Malenotti, che si cela dietro le Ripe di Michelone.
Pochissimo antropizzata fin da epoche remote, facente parte dalla fine del XIV sec. della “Macchia dell’Opera del Duomo”, l’impraticabilità del luogo impedì i tagli forestali già da parte delle maestranze dell’Opera e solo in rarissimi casi si trovano lettere di taglio che riguardassero l’area di Sasso Fratino, peraltro riferite a concessioni per l’utilizzo di pochi alberi da parte di bigonai; in merito, p.es., si possono leggere uno di seguito all’altro, come uniti in un unico brano, alcuni passi di due documenti rispettivamente del 1701 e del 1721, quando si … «[…]ordinò che le lettere dei legni d’abeto da concedere a particolari tanto per privilegio che in pagamento, si facciano negli infrascritti luoghi per maggiore conservazione di dette selve: Agli uomini di Ridracoli: nella Seghettina, nella Fossa dei Preti […] Agli uomini del Comune di Ragginopoli: nell’Asticciola, nel Sasso Fratino, in Ricopri. […] // […] l’anno prossimo si potrebbero mettere nella macchia alli appresso confini, essendo tutta macchia scomoda per la trattura delle travi e lontana, con grande spesa per fare vie per la condotta. I confini: […] la Fossa dei Preti, l’Acquitrino dell’Asticciola, la motta di Sasso Fratino, la Fossa, l’Asticciola che confina con Poggio Scali quanto acqua pende verso il Campo alla Sega e Campo Minacci e sono tutti luoghi dove i conduttori non vi hanno mai tagliato per essere impraticabile per vie […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 73-74, cit.). (N.B.: Ragginopoli era un antico castello di origine longobarda adiacente Lierna, nel Comune di Poppi - rimangono ruderi già trasformati ad uso rurale). La difficoltà di trasporto del legname per morfologia dei luoghi e/o assenza di vie di smacchio portarono nei secoli ad autorizzare la costruzione di alcuni impianti idraulici per il taglio della legna, anche a servizio dell’Opera del Duomo di Firenze, così: «[…] gli artigiani fin dal 1503 impiantavano le seghe ad acqua ed i loro banchi mobili di lavorazione a lato dei fossi dell’anfiteatro di Sasso Fratino.» (P. Bronchi, 1985, pp. 66, 67, cit.). Per le consistenti e difficilmente controllabili utilizzazioni che si verificarono nella foresta, nel 1561 venne predisposta la Riforma delle leggi sulle selve e delle cose a quelle attenenti che, tra l’altro, sanciva che «[…] le seghe ad acqua nella foresta non devono superare il numero di quattro […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 174, cit.). A dimostrare l’interesse per il legname di questi boschi fa fede una lunga relazione del 1652, presentata direttamente al granduca, contenente una molto precisa descrizione dei luoghi e della qualità delle piante presenti a fini economici; dagli interessanti riferimenti ai numerosi “vocaboli” che identificano i vari siti si riconosce come vi sia ricompresa anche l’area di Costa Poggio Piano. La relazione inizia individuando una suddivisione delle selve dell’Opera in 8 parti omogenee, tra cui si trova la descrizione della quarta e della quinta, tra cui sono ricompresi “il Porcareccio”, “gli Altari” e “il Piano delle Malenotti”, ricadente nel vallone sopracitato, e il “Poggio del Castagno” probabilmente corrispondente alla Costa (un sito del suo versante prossimo al Fosso della Bucaccia conserva il toponimo Castagno): «La quarta che contiene la Macchia di Scali, la Fossa delle Macine, il Porcareccio, la Motta, l’Hasticciuola, la Fossa del Prete, il Poggio del Castagno, e gli Altari con qualche altro vocabolo. Questa parte non ci è stata mostrata dalli uomini dell’Opera che ci guidavano e ce ne siamo avveduti dopo averla tralasciata: ma ci assicuriamo che ciò hanno fatto supponendo che noi gradissimo di non impiegar tempo superfluamente in visitar luoghi dove non sono e non si spera mai che siano per essere abeti buoni per legni da galere e donde quando vene fossero non si potrebbon cavare. […] per la cagion del sito da non potersene mai cavare, come […] si disse havendone i conduttori dell’opera che fanno le travi cavate con difficoltà quelle che erano di due traini che chiamano doppie. Alla quinta parte si passa per il Piano delle Malenotti e questa si nomina col vocabolo degli Aguti e dell’Abetuccia. Ell’è una valletta non molto grande dove son molti faggi mescolati con pochi abeti e questi corti e nodosi: peciò la giudichiamo luogo da non ne fare capitale per legni tondi per la piccolezza del luogo e per la mala qualità degli abeti. Egli è ben vero che quando ve ne fussero ne caverebbero con non molta fatica per essere vicini al Giogo e massime se abbandonando la vecchia strada bordonaia de legni quadri se ne facesse una nuova più alta tirandoli appiè del Porcareccio.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 269, cit.).
L’intensa frequentazione e le molteplici utilizzazioni si sono protratte fino a tempi relativamente recenti: «nel secolo passato […] inoltre anche in questo secolo, ed in specie nell’ultimo dopoguerra, queste zone hanno subito massicce asportazioni per decine di migliaia di metri cubi di legname da opera e da combustione.» (P. Bronchi, 1985, pp. 69, 70, cit.). All’atto di prima istituzione della Riserva sono state censite 126 aie carbonili, peraltro in zone maggiormente accessibili e ormai pressoché inglobate nella vegetazione (ma documenti del 1915 fanno intuire che le stesse e i corrispondenti tagli risalgono alla seconda metà dell’Ottocento, quando tale attività raggiunse l’apice); oggi si può considerare la presenza di particelle di oltre 220 anni.
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Ridràcoli e/o relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.: - La sega ad acqua venne inventata da Villard de Honnecourt nel sec. XIII e Leonardo da Vinci ne studiò il funzionamento nel 1480. A metà del ‘400 in Casentino sono documentate una sega ad acqua a Camaldoli (i monaci sono stati sempre all’avanguardia nella lavorazione del legno) e due artigiani specializzati a Papiano (M. Massaini, 2015, cit.) mentre, sul versante romagnolo «All’interno della foresta si costruirono direttamente e per concessione a terzi, nel corso del ‘500 e del ‘600, alcune seghe idrauliche per la lavorazione del legname sul posto e la sua preparazione al trasporto (sega del fosso del Bidente, sega del Ridracoli, dell’Asticciuola, del Ricopri). Tali seghe lavoravano al limite della legalità e, nonostante una rigida legislazione e una serie di regolamenti e di divieti per impedire tagli abusivi, per tutta l’età moderna hanno favorito la spogliazione della foresta da parte delle popolazioni confinanti.» (N. Graziani, 2001, p. 149, cit.). In particolare nel ‘6-‘700 l’Opera del Duomo di Firenze puntò al depezzamento del legname in dimensioni di più agevole trasporto con la costruzione di numerose seghe ad acqua in foresta, che però si ridussero ad una tra ‘700 e ‘800 a seguito del progressivo e totale disimpegno della stessa Opera, in attesa dei miglioramenti introdotti dal Siemoni.
- Le posticce erano impianti di piantine spontanee di Abete: «[…] venivano prelevati sistematicamente e ovunque, e quindi anche nelle zone più impervie, ove si riteneva di non fare danno, piantine spontanee (selvaggioni) di Abete per far piantate (posticce) nelle tagliate […]» (P. Bronchi, 1985, p. 76, cit.). «Le operazioni colturali che l’Opera fece nelle sue selve si limitarono alle “aggirate, sterpate e posticce”. Con le prime si intendeva, di solito, l’eliminazione delle piante di faggio nel bosco misto di faggio e abete dal quale si ritraeva il massimo utile, con le seconde s’indicavano le ripuliture che venivano fatte sia nelle nuove piantagioni che nel bosco naturale nel quale oltre gli arbusti e le altre erbe ritenute infestanti, veniva eliminata la rinnovazione del faggio, con le terze, infine, si indicavano le nuove piantagioni o rimboschimenti che si facevano nei luoghi più comodi o dove erano stati effettuati i tagli più consistenti.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 125,
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
A. Bottacci, La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, 1959-2009, 50 anni di conservazione della biodiversità, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, Pratovecchio, 2009;
P. Bronchi, Alberi, boschi e foreste nella Provincia di Forlì e note di politica forestale e montana, C.C.I.A.A. di Forlì (a cura di), Nuova Cappelli, Rocca S. Casciano 1985;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;
M. Massaini, Alto Casentino, Papiano e Urbech, la Storia, i Fatti, la Gente, AGC Edizioni, Pratovecchio Stia 2015;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Crinali – Anno XXVI n°48 – Luglio 2019, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, Pratovecchio-Stia;
Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Itinerari Geologico-Ambientali, Carta Geologica del Parco, Regione Emilia-Romagna, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Link http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=1631;
Link www.lifewetflyamphibia.eu;
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
Testo di Bruno Roba
La Fonte del Porcareccio è facilmente visibile accanto alla Giogana, km 4,7 dal Passo della Calla.
Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore
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001 – 002 – 003 - Dal Monte Penna, appare gran parte della Riserva Naturale di Sasso Fratino attraversata dalla trama di dorsali che penetrano nella Vallata di Ridràcoli, intercalandosi al reticolo di affluenti del Bidente divenuto lago e del Fosso della Lama, mentre l’inconfondibile appezzamento triangolare dell’abetina della Posticcia di Matteino, posta sul caratteristico piano inclinato in contropendenza, evidenzia l’incisione del Fosso della Fonte del Porcareccio che lo delimita (10/12/10 – 7/02/11 - 26/01/12).
004/007 - Da Maestà di Valdora, presso Casanova dell’Alpe, si ha una delle vedute più complete dello sviluppo delle dorsali della porzione orientale della Riserva di Sasso Fratino e si può distinguere la ramificazione del reticolo idrografico, agevolata dall’indice fotografico, con particolare dell’incisione del Fosso della Fonte del Porcareccio con il suo ramo minore proveniente dal valico La Scossa, mentre il ramo principale segue il caratteristico pendio della Posticcia in direzione del Passo del Porcareccio, andando ad incontrare la Giogana presso la quale (orientativamente, oltre il crinale che delimita l’anfiteatro di Sasso Fratino) si riesce a collocare la Fonte (19/07/16).
008/011 - Dal crinale tra i monti Cerviaia e Palestrina, nei pressi di Pratalino, la veduta oltre la sommità del Monte Palestrina evidenzia le caratteristiche del vallone che si estende, parallelo allo Spartiacque Appenninico, dalla Posticcia a Poggio Cornacchia, così da riconoscere i suoi luoghi e i fossi che si diramano, come da indice fotografico, evidenziando con la vista ravvicinata l’incisione del Fosso della Fonte del Porcareccio (16/10/16).
012 – Schema da cartografia moderna della vallata del Fosso degli Altari e dei suoi confluenti, Fossi della Fonte del Porcareccio, della Bucaccia e delle Segarine, con l’indicazione della viabilità antica, differenziata nei tratti cartografati come esistenti e quelli presumibilmente scomparsi.
013 - Mappa schematica dedotta da cartografia storica di metà del XIX sec evidenziante reticolo idrografico e infrastrutture. Il Poggio di Sciagano si trova a monte della Costa Poggio Piano, sulla stessa dorsale. La toponomastica riprende anche nella scrittura quella originale.
014/019 - L’area del geosito della Fonte del Porcareccio (13/01/11 - 10/02/11 - 1/05/13 – 11/12/19).
020/024 – La Fonte con particolare della lapide prima del restauro da cui si riesce a leggere oltre l’anno del probabile rifacimento anche le sole lettere NT di Fonte che, interrotte dal tubo, fanno pensare ad un problema di posizionamento o ad un utilizzo di lapide di recupero (10/02/11 - 11/12/19).
025 – 026 – Particolari dell’abbeveratoio e targhetta del Programma LIFE relativo al progetto WetFlyAmphibia (conservazione di anfibi e farfalle di aree umide e loro habitat nel Parco delle Foreste Casentinesi). Le specie interessate dal progetto: Ululone dal ventre giallo (Bombina variegata), Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina tergiditata) e Tritone crestato (Triturus carnifex). In tale occasione è stata anche risistemata l’area e la fonte stessa è stata restaurata (11/12/19).