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Fosso Rogheta

inserita da Bruno Roba
Tipo : torrente
Altezza mt. : 990
Coordinate WGS84: 43 51' 43" N , 11 51' 55" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (17/01/2021)

Coordinate WGS84: Origine (Monte Moricciona) 43° 51' 44' N / 11° 51' 58' E – S.F. Grigiole-Poggio alla Lastra (presso M. Moricciona) 43° 51’ 43” N / 11° 51’ 55” E - Sbocco (Fosso del Molino) 43° 50’ 58” N / 11° 51’ 17” E - QUOTE: Origine (Monte Moricciona) 1027 m - S.F. Grigiole-Poggio alla Lastra (presso M. Moricciona) 990 m - Sbocco (Fosso del Molino) 614 m - Sviluppo 2 km.

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.

In particolare, la Valle del Fiume Bidente di Ridràcoli riguarda quel ramo intermedio del Bidente delimitato, ad Ovest, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli. Ad Est la valle è delimitata dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si diparte da Poggio allo Spillo (collegando Poggio della Bertesca, Croce di Romiceto, i Monti Moricciona, La Rocca, Marino, Pezzoli e Carnovaletto) per concludersi con il promontorio della Rondinaia digradando a valle di Isola costretto dalla confluenza del Fiume Bidentino o Torrente Bidente di Fiumicino nel Fiume Bidente. La Rondinaia è nota per il castello con la sua torre «[…] baluardo di antica potenza, elevato fin dai tempi romani alla difesa contro le orde barbariche che dal nord d’Europa scendevano a depredare le belle contrade d’Italia.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 274).

Il bacino idrografico del Fiume Bidente di Ridràcoli, di ampiezza molto superiore rispetto alle valli collaterali e che vede il lago occupare una posizione baricentrica con l’asta principale fluvio/lacustre f.so Lama/invaso/fiume posizionata su un asse mediano Nord-Sud, mostra una morfologia molto differenziata rispetto al suo baricentro. L’area sorgentifera, con la realizzazione dell’invaso artificiale, si differenzia nettamente tra quella che lo alimenta e quella a valle della diga che alimenta direttamente il fiume. A monte del lago l’area imbrifera si amplia estendendosi da Poggio Scali fino al Passo della Crocina mostrando, specie nella parte a ridosso delle maggiori quote dello Spartiacque Appenninico (la c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati, talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Pian Tombesi, le Ripe della Porta, le Ripe di Scali e il Canale o Canalone del Pentolino, oltre che dal distacco dello spessore detritico superficiale, con conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale, come la Frana Vecchia, 1950, e la Frana Nuova, 1983-1993, sempre attiva, di Sasso Fratino. Il reticolo idrografico confluisce in cinque corsi d’acqua principali che costituiscono i corrispondenti bracci lacustri di cui si compone il lago. Essi sono il Fosso delle Macine, poi di Campo alla Sega, il Fosso degli Altari e il Fosso della Lama, tranne l’ultimo provenienti dal tratto di bastionata interna alla Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino. Quindi l’asta torrentizia costituita dalla sequenza dei Fossi del Ciriegiolone, dell’Aiaccia e del Molinuzzo, proveniente dall’anfiteatro generato dal contrafforte secondario nel distaccarsi dallo Spartiacque a Poggio Scali. Infine il Fosso del Molino che, pure raccogliendo il reticolo idrografico generato dal contrafforte secondario distaccatosi da Poggio allo Spillo, tuttavia è piuttosto breve anche in relazione all’ampiezza del suo alveo ed è totalmente di fondovalle, infatti il suo sviluppo di circa 2 km vedeva un dislivello di soli 76 m tra la sua origine, dovuta alla confluenza tra il Fosso Rogheta e il Fosso di Romiceto, e il suo antico termine pre-lacustre (confluenza con il Fosso della Lama e conseguente origine del Bidente).

Il bacino idrografico del Fosso Rogheta è delimitato dall’anfiteatro vallivo incentrato sul Monte Moricciona verso cui convergono - lato Levante - il tratto del contrafforte secondario che risale dal poggio di Croce di Romiceto, toccando la sella con la Maestà di Valdora ed il crinale di Casanova dell’Alpe - lato Maestrale - la dorsale che raggiunge il Monte Cerviaia, toccando la Maestà della Chiesaccia, la Croce del Pratalino e Pratalino e terminando con il Monte Palestrina, mentre il limite meridionale è determinato dalla dorsale che si stacca da Croce di Romiceto, proiettandosi verso il fondovalle. Quest’ultima delimita anche il Fosso dei Bruciaticci, importante affluente del Fosso Rogheta assieme al Fosso delle Piagge, acque aventi origine dal contrafforte, da cui infatti si staccano le maggiori diramazioni montuose.

Anticamente il fosso era detto della Rogheta (e forse anche dei Diavoli): tale declinazione del toponimo, diffuso anche nella sua variazione roveta, dal latino medievale «[…] rubetum (rubeta) = terra a rubus (rovo), prunaio […].» (A. Polloni, 1966-2004, p. 270, cit.), è significativa per una descrizione storicizzata del sito. Il tratto alto del Fosso dei Bruciaticci era detto della Capannella, il Monte Cerviaia era detto Poggio al Pratalino o Monte della Chiesaccia e Croce di Romiceto era detto Poggio alla Croce.

Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. A dimostrare il tipo di interesse per il legname di questi boschi fa fede una lunga relazione del 1652 presentata direttamente al granduca contenente una molto precisa descrizione dei luoghi e della qualità delle piante presenti a fini economici e da cui si ricava un interessante elenco dei numerosi “vocaboli” che identificano i vari siti. «La […] Valdoria si trova passando dal Comignolo nel Felcetino al dirimpetto del quale sono le Fontanacce, più alto la Canapaia, poi la Lecceta, e i Balzoni, e quella balza che propriamente si chiama Valdoria. In questi luoghi l’Opera di presente fa fare parte dei suoi legni quadri e son più abbondanti di faggi che di abeti e gli abeti sono per lo più inutili per le galere. Nella spiaggia solamente di Valdoria, verso il fondo quanto acqua pende verso il fosso del Romiceto, vi si trovano alcuni abeti buoni per legni tondi barca e alberi di trinchetto e antenne di maestra di galeazza […], perché se alcune ve n’è a grossezza d’alberi di maestra sono torti o nodosi o altrimenti infetti e fuori detto fondo non vi è legni buoni per galere perché verso la Cresta del Poggio non allungano. Di questo luogo dunque non è da far capitale […]. Però non è da pensare a farvi strade quando fussero peraltro fattibili che non sono, atteso che conviene cavar legni o per Giogo o per la Lama. Per Giogo si reputa impossibile non solo in riguardo de sassi svolte e dirupi che vi sono ma ancora perché per Giogo i buoi non vi avrebbero ne acque ne pasture e per la Lama si vede qualmente essere impossibile o più giacchè oltre alle difficoltà simili che per condurli nella Lama si incontrerebbero poi quell’altre che per cavarli dalla Lama si sono quivi accennate. Con la detta parte di Valdoria comprendesi la Macchia di Romiceto quella delle Grigiole, le coste della Penna, e di Giogo, Pian di Sambuco, e Siepe dell’Orso, e il Pianazzone. Luoghi di la di Valdoria verso levante e sopra di essa verso Giogo ma che piuttosto debbonsi chiamare faggete invece che abetie essendovi fra cento faggi dieci abeti e questi brutti.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 270-271, cit.).

La favorevole esposizione della valle rese comunque possibile l’appoderamento, specie nel versante in dx idrografica, dove l’erosione superficiale di vaste aree in corrispondenza degli insediamenti testimonia le conseguenze dei disboscamenti; scriveva il senatore F.M. Gianni (1728-1821) protagonista delle riforme leopoldine: «[…] è notabile come in molti luoghi l’Appennino è spogliato nella faccia di solatio, e vestito nella parte di bacìo perché da bacìo non era sperabile il trarre la misera raccolta di poca sementa e perciò non è stata perseguitata la montagna con Ronchi e Licenze» (Archivio di Stato di Firenze, Carte Gianni, cit. da M. Pinzani, Lineamenti di storia forestale della Romagna toscana, in: N. Graziani,a cura di, 2001, vol. I, p. 137, cit.). Il podere di maggiore rilievo faceva capo a Casanova dell’Alpe, unico insediamento ancora oggi frequentato; gli altri erano Il Castelluccio, Cà di Rombolo, La Casina, Pratalino e Valdora, tutti diruti o scomparsi. Afferiva all’area, ma posto al margine del bacino idrografico direttamente scolante nel Fosso del Molino, anche Il Casone. I vari luoghi sono documentati nell’inventario eseguito dopo che l’Opera aveva costatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi che altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti e roncamenti non autorizzati; pertanto, anche al fine di evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. La citazioni più antiche relative a quest’area, ripresa da detto elenco, risalgono agli anni 1545-47 e riguardano Pratalino e Valdora: «[...] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Una presa di terra cerretata detta le Mandriacce e Romiceto confina con i beni censuati di Valbona dell’Opera e scende giù fino alla testa del raggio di Valdora e sono some 19 e 1 staio - Una presa di terra in Valdora in luogo detto alla Pozzaccia […] 1547 […] – Una presa di terra lavorativa e roncata con casa posta al Pratalino di some 15 […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 150, cit.). Le prime notizie di Casanova dell’Alpe risalgono al XIV secolo grazie ai rapporti della Descriptio provinciae Romandiole, quando corrispondeva «[…] all’antico Castronuovo dei Conti di Valbona il quale nel 1371 conteneva 6 focolari. Ora la parrocchia di Santa Maria del Carmine di Casanova, diocesi di Borgo San Sepolcro, conta 157 abitanti.» . Successivamente sono documentati il Podere la Casa Nuova e il Podere del Castelluccio, appartenenti all’Opera di S. Maria del Fiore, che dal 1605 al 1637 sono concessi in affitto, così da un accurato elenco relativo al 1637: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenere allivellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] 40) Felcetino e Fossette terre tenute da redi di Antonio di Santino detto il Cordovano. L’anno 1636 il Felcetino fu distinto e separato dalle Fossette perché quello fu unito al Podere del Castelluccio e queste furono unite al podere della Palestrina […] 42) Castelluccio, podere tenuto da redi Riccardo Lollini. 43) Cerreta, terra tenuta da redi di Lionardo Cascesi unita al Podere della Casanova […] 48) Casanova, podere tenuto da Lionardo Cascesi 49) Casanuova, terre tenute da Lionardo Cascesi unite al podere Casanuova [...]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 411, cit.). Il Casone, La Casina e Cà di Rombolo o Romolo, appartenenti a privati, sono documentati per la prima volta nel 1765/66 grazie ai registri delle imposizioni fiscali del Capitanato di Bagno e, nel 1818, nella descrizione dei confini territoriali contenuta negli atti del Contratto livellario tra l’Opera del Duomo di Firenze e il Monastero di Camaldoli. Fabbricato geograficamente confinante ma evidentemente afferente alla stessa area era il Molino di Carpanone o del Carpanone, di cui non si conosce la datazione (pare di inizio ‘800), ma è noto che serviva la zona di Casanova dell’Alpe, il mugnaio che lo conduceva nel 1816 ed un contratto di acquisto del 1819 (S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, 1987, p.177, cit.). Se esso è comparente nel Catasto Toscano del 1826/34 ed ancora rappresentato nella Carta d’Italia dell’I.G.M. del 1894 è già allo stato di rudere in base alla mappa del 1937.

Fino alla costruzione della strada sterrata (1959-69, inizialmente con deviazione dalla S.F. del Cancellino al Paretaio, poi collegata alla S.F. Grigiole-Poggio alla Lastra) - in gran parte fortunatamente salvaguardato dal distruttivo progetto dell’ingegnere granducale Ferroni che, tra le ipotesi di “strada dei due mari” che doveva unire la Toscana e la Romagna, indicava il tracciato montano Moggiona-Eremo di Camaldoli-Passo della Crocina-Casanova in Alpe-Santa Sofia (essendo ritenuto idrogeologicamente valido) - il crinale che dal Passo della Crocina si svolge fino alla Rondinaia nelle varie epoche (fino alla demanializzazione delle foreste) era frequentato dagli operatori del settore del legname, lavoratori e commercianti, incrociando altri itinerari di collegamento alle vallate laterali, in particolare nel baricentro economico-religioso di Casanova dell’Alpe. Tra essi la Mulattiera Ridràcoli-Bagno (su una pietra cantonale della chiesa sono ancora leggibili le distanze chilometriche – evidentemente non più valide - km 12,358 per Bagno e km 5,933 per Ridràcoli) che era una deviazione della Mulattiera di Ridràcoli diretta a Santa Sofia tramite Strabatenza, dove a la Bottega un tratto risaliva la valle del Trogo, e la Mulattiera di Pietrapazza, utile anch’essa a collegare Bagno di Romagna con Ridràcoli. Essa, seguito l’itinerario Colla di Càrpano, Rio d’Olmo, Pietrapazza, Siepe dell’Orso, da Croce di Romiceto diveniva anche Strada Maestra di S. Sofia trovando subito la Maestà di Valdora; superata la chiesa e il cimitero una deviazione aggirava in alto la gola del Fosso Rogheta (occorre immaginarsi la continuità del versante del Monte Moricciona prima del taglio della sterrata) e, come Strada che dal Pontino va alla Casanova, raggiungeva il crinale del Monte Cerviaia all’altezza della Maestà della Chiesaccia (presente nella mappa I.G.M. del 1894, dove un parziale restauro ha eliminato le tracce dell’incisione precedente M.M. 1919 ed è stata posta un’icona con targhetta MADONNA GRECA VENERATA A RAVENNA datata agosto 2004). Presso la grande Croce di Pratalino (in legno con grande basamento lapideo monoblocco, forato al centro per la sede crucifera, che è stato posizionato accanto in occasione del restauro curato, come da targa, dall’Associazione Nazionale Alpini, GRUPPO ALTO BIDENTE “Capitano DINO BERTINI”), si imboccava la discesa verso Ridràcoli mentre la via di crinale raggiungeva Pratalino passando per luoghi detti la Chiesaccia o vestigie della Chiesa Vecchia (S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, 1987, pp. 100-106 cit.). Altre mulattiere permettevano i collegamenti con il fondovalle ed i vari insediamenti. A seguito dell’infrastrutturazione viaria del XX secolo venne realizzata una carrareccia che dal Podere Romiceto raggiungeva Valdora (come ad agevolare il suo coincidente abbandono), riutilizzando parte dell’antica Strada che va alla Casanova, e da qui discendeva nel fondovalle seguendo in dx idrografica il Fosso dei Bruciaticci fino al guado del Fosso Rogheta presso Il Castelluccio, quindi risaliva nell’area degli insediamenti probabilmente fino a Il Casone, forse nell’ambito dei programmi regionali dell’A.R.F. (Anni ’70) di contrasto all’abbandono del patrimonio edilizio nel Demanio forestale.

In merito alla conoscenza e alla descrizione dei luoghi ha grande importanza la «[…] raccolta manoscritta relativa alla Romagna granducale e al Casentino prodotta dia “pittori paesaggisti” Antonio Fedi e Francesco Mazzuoli – sotto la direzione del matematico Pietro Ferroni – nel 1788-89, durante i lavori di progettazione della Strada di Romagna da Firenze ai porti dell’Adriatico per l’Appennino tosco romagnolo. La Raccolta delle principali vedute degli Appennini del Mugello, Casentino e Romagna osservati dai punti più favorevoli sì dalla parte del Mare Mediterraneo, sì dall’opposta dell’Adriatico […] tipica del vedutismo pittorico di matrice rinascimentale – come dimostrano le numerose, suggestive scene di vita e le gustose figurine antropomorfe […]» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p. 39, cit.); in particolare, nella Veduta dell’Appennino e Monti secondari dell’Opera e Camaldoli dalla parte della Casa-Nuova in Romagna, del Mazzuoli, compresa in tale raccolta (1788, BNCF, G.F. 164 - Cfr. G.L. Corradi, a cura di, 1992, pp. 50-51, cit. e N. Graziani, 2001; p. 875, cit.), tra i rarissimi insediamenti umani rappresentati compare la Canonica e Chiesa Parrocchiale della Chiesa-Nuova dell’Opera di S. Maria del Fiore, sotto il titolo della SS. Vergine del Carmine.

Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Ridràcoli e/o relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.

N.B.: - Informazioni preziose riguardo luoghi e fabbricati si hanno grazie alla Descriptio provinciae Romandiole, rapporto geografico-statistico-censuario redatto dal legato pontificio cardinale Anglic de Grimoard (fratello di Urbano V) per l’area della Romandiola durante il periodo della Cattività avignonese (trasferimento del papato da Roma ad Avignone, 1305-1377). Se la descrizione dei luoghi ivi contenuta è approssimativa dal punto di vista geografico, è invece minuziosa riguardo i tributi cui era soggetta la popolazione. In tale documento si trova, tra l’altro, la classificazione degli insediamenti in ordine di importanza, tra cui i castra e le villae, distinti soprattutto in base alla presenza o meno di opere difensive, che vengono presi in considerazione solo se presenti i focularia, ovvero soggetti con capacità contributiva (di solito nuclei familiari non definiti per numero di componenti; ad aliquota fissa, il tributo della fumantaria era indipendente dal reddito e dai possedimenti). In particolare, nelle vallate del Montone, del Rabbi e del Bidente furono costituiti i Vicariati rurali delle Fiumane.

- Negli scorsi anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Il Castelluccio, Il Casone, Podere Romiceto, Pratalino e Valdora, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo tranne il totale riutilizzo di Podere Romiceto. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, I sentieri dei passi perduti. Territorio e mulattiere tra alta Val Savio e alta Val Bidente nel Comune di Bagno di Romagna. Storia e Guida, Coop. Culturale “Re Medello”, C.M. dell’Appennino Cesenate, S. Piero in Bagno 1987;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;

A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;

E. Rosetti, La Romagna. Geografia e Storia, Hoepli, Milano 1894;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba

La valle del Fosso Rogheta è facilmente visibile dalla S.F. Grigiole-Poggio alla Lastra alle pendici del Monte Moricciona e, oltrepassata la sbarra, tramite la pista che raggiunge Pratalino, seguitando sul sentiero 235 CAI fino al Casone, si può entrare al suo interno; da qui, ma anche da Casanova e da Podere Romiceto, sentieri segnati con bolli rossi (per esperti) raggiungono gli altri insediamenti.

foto/descrizione :

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00a1/00a9 – Dal Monte Penna, panoramica sulla valle del Bidente di Ridràcoli con vedute ravvicinate sulla valle del Fosso Rogheta: sul tratto di contrafforte tra Croce di Romiceto, Casanova dell’Alpe e il Monte Moricciona; sul sito della Maestà della Chiesaccia dove, sottostante alla più evidente pista per il Monte Cerviaia, l’innevamento lascia intravedere la traccia del tratto dell’antica Strada che dal Pontino va alla Casanova, che si stacca proprio dalla Maestà; sul Casone e Il Castelluccio, che emerge oltre Poggio Fonte Murata (7/02/11 – 26/01/12 – 13/01/16 - 10/05/21).

00b1/00b5 – Dai pressi di Poggio allo Spillo, panoramiche sulla valle del Fosso Rogheta (2/07/20 - 10/05/21).

00c1/00c4 – Da Poggio Fonte Murata, scorcio del versante vallivo del Rogheta compreso tra i Monti Palestrina e Cerviaia, segnato dalle aree disboscate degli appoderamenti e conseguenti fenomeni erosivi (19/06/20).

00d1/00d12 - Dal Monte Moricciona e dalla pista che raggiunge Pratalino ed oltre (sentiero 235 CAI), panoramiche sulla valle del Fosso Rogheta e vedute ravvicinate sulle aree degli appoderamenti e sul versante del contrafforte inciso dalle valli dei Fossi delle Piagge e dei Bruciaticci, affluenti del Rogheta (16/10/16 – 4/07/17 – 28/08/18 - 8/09/20).

00e1 - Schema da cartografia moderna del bacino idrografico del Fosso Rogheta.

00e2 – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento evidenziante il sistema insediativo-infrastrutturale ed idrografico, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con i principali rilievi (identificati da utilizzo di grassetto nero).

00e3 – 00e4 – Schemi molto differenti per scala di rappresentazione: la prima da mappa di fine Ottocento immediatamente precedente la costruzione della ferrovia Decauville destinata all’esbosco del legname, la seconda della prima metà del Novecento, dove compare già realizzata la Strada del Cancellino in sostituzione della ferrovia. La toponomastica riprende quella originale.

00f1 – 00f2 – Dal Casone, vedute del versante opposto e del fondovalle dove convergono i Fossi Rogheta, dei Bruciaticci e Romiceto dando origine al Fosso del Molino (6/11/15).

00f3 – 00f4 – 00f5 – Dai pressi di Casanova dell’Alpe, vedute verso la testata valliva del Rogheta tra Casanova e il Monte Moricciona e verso valle dal bordo di una falda in erosione (7/08/20).

00f6/00f9 – Dalla mulattiera che dal Casone conduceva a Cà di Rombolo, vedute delle aree in erosione conseguenti agli appoderamenti (6/11/15).

00g1/00g8 – Vedute dei rami principali del Fosso Rogheta tagliati dalla mulattiera che aggira la valle attorno a quota 820 (7/08/20).

00h1/00h6 – Veduta del ramo del Fosso Rogheta proveniente da Casanova tagliato dalla stessa mulattiera (7/08/20).

00i1/00i5 – Il Fosso Rogheta al guado, sottostante Il Castelluccio, della mulattiera che proveniva dal Mulino del Carpanone e risaliva la valle (7/08/20).

00i6/00i13 – Il Fosso Rogheta allo sbocco nel Fosso del Molino (5/05/15 - 7/08/20).

00l1/00l9 – La mulattiera proveniente dal Molino di Carpanone che, guadato il Rogheta, risaliva la valle toccando il Castelluccio (ruderi), Cà di Rombolo e La Casina, di cui si vede solo l’impronta (7/08/20).

00l10 – 00l11 – 00l12 – Mentre la mulattiera principale risaliva verso il crinale scomparendo tra le erosioni, una deviazione prosegue ancora evidente verso il Rogheta (7/08/20).

00m1/00m8 – Dal contrafforte, tra Maestà di Valdora e Croce di Romiceto (nella prima veduta), si stacca una dorsale che delimita il sistema vallivo, ed in particolare il Fosso dei Bruciaticci, segnata da una mulattiera che attraversa il Fosso dei Bruciaticci presso Valdora (7/08/20).

00n1/00n7 – A Valdora (scomparsa, 3a veduta) giungeva l’antica Strada che va alla Casanova, di cui permangono ampie tracce, un tratto riutilizzato dalla pista poderale giungente da Romiceto (3/07/14 – 7/08/20).

00o1/00o5 – Da Valdora una pista (probabilmente relativa alle bonifiche del XX sec.) scende verso il fondovalle; da essa si stacca un sentiero che guada il Fosso dei Bruciaticci a quota 700 (7/08/20).

00o6/00o10 – La mulattiera proveniente dal Molino del Carpanone attraversa il Fosso dei Bruciaticci (7/08/20).

00p1 – 00p2 - 00p3 - L’antica Strada che va alla Casanova attraversa il Fosso delle Piagge a quota 800 (7/08/20).

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