Fosso dei Tagli
Testo di Bruno Roba (15/03/2021 - Agg. 26/07/2023) - Coordinate WGS84: Origine (M. Cerviaia) 43° 51' 36' N / 11° 51' 17' E - Origine (M. Moricciona) 43° 51’ 45” N / 11° 51’ 53” E - Sbocco (Bidente) 43° 53’ 28” N / 11° 50’ 21” E - Quote: Origine (M. Cerviaia) 1050 m – Origine (M. Moricciona) 1020 m - Sbocco 456 m - Sviluppo 2,8 Km
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.
La Valle del Fiume Bidente di Ridràcoli riguarda quel ramo intermedio del Bidente delimitato, ad Ovest, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Ad Est la valle è delimitata dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si diparte da Poggio allo Spillo (collegando Poggio della Bertesca, Croce di Romiceto, i Monti Moricciona, La Rocca, Marino, Pezzoli e Carnovaletto) per concludersi sul promontorio della Rondinaia digradando a valle di Isola costretto dalla confluenza del Fiume Bidentino o Torrente Bidente di Fiumicino nel Fiume Bidente. La Rondinaia è nota per il castello con la sua torre «[…] baluardo di antica potenza, elevato fin dai tempi romani alla difesa contro le orde barbariche che dal nord d’Europa scendevano a depredare le belle contrade d’Italia.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 274, cit.).
Il bacino idrografico, di ampiezza molto superiore rispetto alle valli collaterali e che vede il lago occupare una posizione baricentrica con l’asta fluvio/lacustre f.so Lama/invaso/fiume posizionata su un asse mediano Nord-Sud, mostra una morfologia molto differenziata rispetto al suo baricentro. L’area sorgentifera, con la realizzazione dell’invaso artificiale, si differenzia tra quella che lo alimenta e quella a valle della diga che alimenta direttamente il fiume. A monte l’area imbrifera confluisce in cinque corsi d’acqua principali che costituiscono i corrispondenti bracci lacustri di cui si compone il lago. Essi sono il Fosso delle Macine, poi di Campo alla Sega, il Fosso degli Altari e il Fosso della Lama, tranne l’ultimo provenienti dal tratto di bastionata interna alla Riserva Integrale di Sasso Fratino. Quindi l’asta torrentizia costituita dalla sequenza dei Fossi del Ciriegiolone, dell’Aiaccia e del Molinuzzo, proveniente dall’anfiteatro generato dal contrafforte secondario nel distaccarsi dallo spartiacque appenninico a Poggio Scali. Infine il Fosso del Molino, originato dalla confluenza tra il Fosso Rogheta e il Fosso di Romiceto. A valle dell’invaso, mentre in sx idrografica il bacino idrografico si restringe in un’alternanza di pendii più dolci a prato-pascolo e di tratti intensamente deformati e brecciati, per la diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo, in dx idrografica il versante vallivo mostra una particolare complessità morfologica per la sequenza di impervie dorsali che si distaccano dal contrafforte secondario orientale, evidenziando vaste porzioni esposte di fitte stratificazioni marnoso-arenacee e separando le 8 vallate trasversali dove scorrono i principali affluenti fluviali. Da monte a valle si susseguono, il Fosso dei Tagli, il Fosso Corneta, il Fosso delle Casine, il Fosso del Catinaio, il Fosso delle Stolle, il Fosso di Ronco Vecchio, il Fosso di Val Spugna o Rio delle Valli e il Fosso di Campitello o delle Corneta che, in prevalenza, si attestano sul contrafforte secondario o sue dirette diramazioni.
Il Fosso dei Tagli si immette nel Bidente subito a valle della diga, ridotto ad un tombamento sotto la strada di servizio che segue il fiume. Nel Catasto toscano si differenziava in un tratto alto detto Fosso della Farniole mentre il ramo nascente dal Monte Moricciona era detto Fosso degli Strascinaj. Il bacino idrografico si attesta nel tratto di dorsale compresa tra i Monti Moricciona e Cerviaia (da cui nascono i suoi due rami) e il tratto di contrafforte secondario fino a Ripa di Ripastretta, mentre lateralmente è delimitato, a SO, dalla dorsale che si distacca dal Cerviaia separandolo dal bacino lacustre, a NE, dalla dorsale che si distacca da Ripastretta separandolo dal Fosso Corneta.
Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur mantenendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate.
Il luogo detto ai Tagli (c.d. dal latino classico talea, anche nel senso di vitigno da trapiantare, evocando una possibile diffusione di vigneti, ma, sicuramente, dal latino medievale talium, nel senso di fenditure o tagli, in fatti il luogo era detto ai Tagli, salvo che non derivasse da una particolare diffusione dei “roncamenti”) rientrava tra i beni sottratti ai conti Guidi dalla Repubblica fiorentina ed “assegnati in perpetuo” all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna. Dall'elenco di tali beni si ricava la citazione più antica relativa a questo luogo, risalente al 1547: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1547 […] – Un poderetto, senza casa, di terre aratìe e siepate in luogo detto ai Tagli confina col raggio delle Putine e vale lire 400, di some 10.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 152, 153 cit.). Per “raggio delle Putine” si intende il crinale di separazione rispetto alla Valle del Fosso Corneta, dove si trova il fabbricato Le Putine.
Nel Settecento, chi voleva salire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]», per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» e per S. Paolo in Alpe «[...] largo in modo che appena si può passarvi [...].»(Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), consente di conoscere il tracciato della viabilità antica che raggiungeva Ridràcoli. È utile il confronto con il Nuovo Catasto Terreni (1930-52 – scala 1:2000). Attraversato il Bidente di Corniolo presso Isola, con il Ponte dell'Isola, sul luogo del ponte odierno, essa si manteneva in sx idrografica risalendo subito a mezzacosta fino a raggiungere Biserno, per quindi ridiscendere nel fondovalle del borgo, dove si concludeva con un lungo rettilineo al cui termine si trovava Il Ponte di Ridracoli. Tale viabilità, anonima nelle mappe citate, verrà poi denominata Strada Comunale Ridràcoli-Biserno e Strada Comunale Isola-Biserno; solo in occasione dei lavori di costruzione dell’invaso quest’ultima verrà ristrutturata e ampliata diventando parte della S.P. n.112.
Vari itinerari trasversali collegavano le vallate adiacenti, principalmente dipartendosi dal baricentro militare-residenziale del Castello di Ridràcoli (nel 1216 è documentato come Castrum Ridiracoli un villaggio fortificato che, secondo la Descriptio Romandiole del 1371, raggiungeva appena 6 focularia) e dai nuclei economico e religioso del ponte e della chiesa (una villam Ridraculi cum omnibus ecclesiis è documentata già dal 1213), dialetticamente separati in base alla morfologia del luogo, determinata dalla fitta sequenza delle anse fluviali. Dal Castello partiva la Strada che dal Castello di Ridracoli conduce alla Chiesa della Casanova, risalente la Valle dei Tagli ed imperniata su Casanova dell’Alpe (su una pietra cantonale della chiesa sono ancora leggibili le distanze chilometriche – evidentemente non più valide - km 12,358 per Bagno e km 5,933 per Ridràcoli); costituiva parte della successiva Mulattiera Ridràcoli-Bagno. Dal Ponte di Ridràcoli partiva la Strada che da Ridracoli va al Poggio alla Lastra, che, superata la chiesa, risaliva la Valle del Corneta, parte della successiva e rinomata Mulattiera di Ridràcoli diretta a Santa Sofia tramite Strabatenza. Entrambe le mulattiere incrociavano sul crinale la Strada Maestra di S. Sofia o Strada che dalla Casanova va a Santa Sofia, la prima presso il Monte Moricciona, la seconda sul Passo della Colla, posto sulla Colla del Monte interposta tra i Monti Marino e La Rocca. Molto note e ancora riportate come tali nella cartografia moderna, negli anni ’50 alle estremità delle mulattiere vennero installati dei cippi stradali riportanti la rispettiva denominazione, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; rimasero localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, infatti le odierne strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo.
A differenza della Mulattiera di Ridracoli, scomparsa o desueta a seguito della realizzazione della S.F. Ridràcoli-Passo del Vinco, la Mulattiera Ridràcoli-Bagno ha mantenuto gran parte del suo tracciato, risalendo la valle in dx idrografica e toccando gli insediamenti La Garfagnana, con la vicina Maestà del Castello o della Garfagnana, Le Caselle, I Tagli, La Spiaggetta, Sermolino, Le Farniole, Le Farniole di Sopra e Campo dei Peri. Il Molino di Sopra è posto presso la confluenza del Fosso dei Tagli nel Bidente. La mulattiera raggiungeva il crinale del Monte Cerviaia nella sella presso la grande Croce di Pratalino (in legno con grande basamento lapideo monoblocco, forato al centro per la sede crucifera, che è stato posizionato accanto in occasione del restauro curato, come da targa, dall’Associazione Nazionale Alpini, GRUPPO ALTO BIDENTE “Capitano DINO BERTINI”), prossima alla Maestà della Chiesaccia (dove un parziale restauro ha eliminato le tracce dell’incisione precedente M.M. 1919 ed è stata posta un’icona con targhetta MADONNA GRECA VENERATA A RAVENNA datata agosto 2004). Detti manufatti religiosi erano entrambi presenti nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto del 1894.
In questo contesto storico-geografico, tra le alte valli bidentine quella di Ridràcoli è quella che meno ha subito il fenomeno dell’abbandono grazie alle caratteristiche ambientali e climatiche più favorevoli della sua parte meno elevata. Il borgo principale, posto nel baricentro sia geografico sia del sistema insediativo, è quello più noto e frequentato e la frazione di Biserno è quella più abitata, ma le parti delle vallecole laterali più profonde e difficilmente raggiungibili sono trascurate e molti fabbricati oggi sono in stato di abbandono o ridotti a rudere o scomparsi, con vari casi di ristrutturazione interrotta, ma non fanno eccezione neanche le valli meglio infrastrutturate che, se hanno evitato il completo abbandono dei poderi, hanno scarsamente contribuito al riutilizzo dei rispettivi insediamenti, in prevalenza abbandonati o, al più, riutilizzati a fini turistici.
Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Catasto toscano, Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati della Valle del Fosso dei Tagli si possono schematizzare come di seguito elencato:
- La Garfagnana; non rappresentato nel Catasto toscano e nella Carta d’Italia I.G.M. (1894), o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1937) e in quella moderna, o Carfagnana nel N.C.T., o La Garfagnana nella C.T.R.
- Le Caselle nel Catasto toscano, o le Caselle nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937) e in quella moderna, o le Caselle nel N.C.T., o Le Caselle nella C.T.R.
- I Tagli nel Catasto toscano, o i Tagli nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937) e in quella moderna ma con simbolo dei ruderi, o i Tagli nel N.C.T., o I Tagli nella C.T.R.
- La Spiaggetta nel Catasto toscano, o C. Spiaggetta nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937), o Spiaggetta in quella moderna, o n.n. nel N.C.T., o non rappresentato nella C.T.R.
- Sermolino nel Catasto toscano, o non rappresentato nella Carta d’Italia I.G.M. (1894), o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1937), o non rappresentato in quella moderna, o n.n. nel N.C.T., o non rappresentato nella C.T.R.
- Le Farniole nel Catasto toscano, o le Farniole nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937), o Farniole di sotto in quella moderna ma con simbolo dei ruderi, o Forniole di Sotto nel N.C.T., o Le Farniole nella C.T.R.
- Le Farniole di Sopra nel Catasto toscano, o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937), o Farniole di sopra in quella moderna, o Forniole di Sopra nel N.C.T., o Le Farniole di Sopra nella C.T.R.
- Campo de’ Peri nel Catasto toscano, o Campo di Peri nella Carta d’Italia I.G.M. (1894), o Campo dei Peri nella Carta d’Italia I.G.M. (1937) e in quella moderna, o Campo dei Peri nel N.C.T. e nella C.T.R.
Risalendo dal castello trova subito il fabbricato detto La Garfagnana, risalente al 1928 ed abitato fino agli anni ’60, ovvero all’esproprio, recuperato ad uso turistico dalla Romagna Acque divenendo Il Nido, gestito da Idro Ecomuseo delle acque di Ridracoli. Così come è particolarmente infelice la collocazione del fabbricato anche il toponimo non ha niente a che vedere con questi luoghi. Storicamente di origine prediale, viene fatto risalire a nome proprio di persona latina, tale Carfanius con l'aggiunta del suffisso -ana ad indicare il possesso; nel caso specifico pare sia meramente dovuto ai trascorsi del primo proprietario, che durante la transumanza attraversava la nota valle toscana incuneata tra le Alpi Apuane e l'Appennino Tosco Emiliano in Provincia di Lucca. La mulattiera separava il fabbricato dalla Maestà del Castello: documentata già dal 1609 e descritta in una perizia del 1798 contenuta nel Repertorio delle strade comunali, conservato nell’Archivio Storico di Bagno di Romagna, poi detta della Garfagnana, «[…] è stata demolita verso la fine degli anni ’70.» (C. Bignami, a cura di, 1995, p. 37, cit.), era posta sul bivio subito sotto il fabbricato tra la via proveniente dalla chiesa e la Strada che dal Castello di Ridracoli conduce alla Chiesa della Casanova, poi Mulattiera Bagno-Pietrapazza-Ridràcoli. È documentata grazie a tre inquadrature fotografiche che la ritraggono, in particolare due di Torquato Nanni del 1943 e del 1946. In un'inquadratura compare in 1° p. mentre la vista si proietta sulla stretta valle del Rio Bacine, conclusa dall’Altopiano di S. Paolo in Alpe, mentre in 2° p. le case del Castello, con la rocca ancora svettante, completano la rappresentazione di un paesaggio ormai brullo e sassoso, al termine di un’epoca storica inconsapevole di una prossima svolta epocale. Nell'altra inquadratura, panoramica, appare chiaramente posta sul bivio stradale, come pure in un’ulteriore inquadratura panoramica di Onofrio Leoni degli anni ’50 dove, benché poco nitidamente, appare ugualmente posta sul bivio suddetto.
Oltrepassata la maestà il pendio spiana raggiungendo il podere de Le Caselle. È documentato nell’Archivio comunale dal 1548, inizialmente con un fabbricato ma entro qualche decennio ampliato fino a contare, nel 1777, undici stanze e fino ad ospitare due abitazioni certificate dal Giornale di campagna del Catasto toscano, una composta «[…] a terreno 4 stalle, cantina, 2 stallette, loggia, forno e capannetto. I° piano cucina e 2 stanze e capanno. II piano due palchi» l’altra composta «[…] a terreno 4 stalle, loggia, stalletto, forno e capanno. I° piano cucina, 3 stanzette e capanno.» (C. Bignami, a cura di, 1995, p. 37 cit.). La mappa dell’Archivio Comunale di Bagno di Romagna datata 1888-1913 (cfr. C. Bignami, a cura di, 1995, e C. Bignami, A. Boattini, 2022, cit.) riguardante l’attribuzione delle numerazioni civiche, registra però un unico edificio cui assegna il civico n. 10, che risulta composto di 7 locali e un capanno. Dopo l’abbandono alla fine degli anni ’50, negli anni ’70 diviene proprietà ex A.R.F. e, dall’elenco dei fabbricati, risulta della stessa consistenza di 7 vani. Il complesso conserva l’impianto planimetrico originale, restaurato ad uso turistico dalla Romagna Acque e gestito da Idro Ecomuseo delle acque di Ridracoli, così ancora si può osservare il tratto di mulattiera che lo attraversa, con i fabbricati un tempo collegati da un grande lastrone ad uso passerella/ponte sulla mulattiera (cfr.: S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, 1987, p.102, cit.), oggi sostituito da una più sicura struttura lignea, mentre il percorso turistico risulta leggermente modificato e traslato a monte dei fabbricati.
Attraversato lo stretto corridoio viario tra Le Caselle, la mulattiera penetra nella Valle dei Tagli attraversandone i poderi con i rispettivi insediamenti perfettamente attestati e distribuiti sull’antica via. Il luogo detto ai Tagli, come detto è documentato dal 1547. Un censimento dell’epoca registrava nel luogo nove abitazioni, raggruppate in un numero non definito di fabbricati. Nel 1777 il podere dei Tagli risulta composto da due fabbricati, ovvero un «[…] casamento di stanze sedici da celo a terra, con alcuni soprapalchi, conversa, scala con altra entrata diffori, altra conversa con forno e fornello e loro resedi con stalletti […] Un casolare detto di S. Niccola rovinato e suoi resedi […] un casolare di due stanze rovinate […] una casa che minaccia rovina […]» (C. Bignami, a cura di, 1995, p. 38, cit.). Il Giornale di Campagna del 1835 sostanzialmente conferma la consistenza catastale di fine Settecento. La suddetta mappa dell’Archivio Comunale di Bagno di Romagna gli assegna il solo n. 11, quando evidentemente risulta un unico edificio abitativo. Il confronto tra il Catasto toscano e lo stato odierno, documentato dal NCT, evidenzia una notevole difformità planimetrica: il fabbricato abitativo adiacente alla mulattiera risulta di nuova costruzione, il grande annesso sotto strada parzialmente corrisponde con la porzione alta del fabbricato antico (dalla documentazione fotografica del P.S. comunale è evidente la traccia della porzione del fabbricato antico, sopraelevata ed ampliata), mentre il piccolo e caratteristico annesso sopra strada è da ritenere originario. La mulattiera appare notevolmente spostata e ricostruita nello stesso arco temporale e in aderenza al nuovo fabbricato, in corrispondenza di uno stretto scannafosso. Le porzioni di fabbricato antico scomparse potrebbero corrispondere al “casolare detto di S. Niccola” documentato nel 1777. La Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894) riporta ancora un unico fabbricato mentre la mappa successiva (1937) mostra i due fabbricati odierni. Abbandonato negli anni ’50, due decenni dopo diviene proprietà ex A.R.F. e, dall’elenco dei fabbricati, risulta della consistenza di 6 vani e di essere richiesto in uso alla stessa Azienda.
Una breve diramazione dalla via principale conduce a La Spiaggetta (diminutivo di “piaggia”), insediata in un luogo originariamente detto la Spiaggia, appoderato e dotato di abitazione già dal 1548. Doveva trattarsi di un edificio precario tanto che solo nella seconda metà del secolo seguente risulta nuovamente l’esistenza di una casa con forno e stalle, la cui consistenza, dopo un ulteriore secolo, risulta di 4 stanze e un annesso su due livelli con stalla al seminterrato. Il Giornale di Campagna del 1829 certifica una consistenza catastale composta da cucina, forno, camera, 2 capanni, seccatoio e due stalle. La suddetta mappa dell’Archivio Comunale di Bagno di Romagna assegna il n. 12 benché il fabbricato, suddiviso in 8 vani, non risulti utilizzato a fini abitativi. Prima del definitivo abbandono verrà abitato solo nel secondo decennio del XX secolo lasciando scarsi resti, che comunque oggi documentano l’ingombro planimetrico.
Sermolino è il toponimo, in realtà fitonimo (Sermolino selvatico, Sermolino o Erbuccia sono denominazioni popolari del Timo Serpillo, Thymus serpyllum), di un piccolo insediamento documentato anch’esso dal 1548, abitato saltuariamente che, in base al censimento del 1777 (ultima datazione documentale scritta), risulta composto da un fabbricato di quattro locali su due livelli utilizzati come capanna e stalla. Coerentemente non compare nella citata mappa dell’Archivio Comunale di Bagno di Romagna sulle numerazioni civiche, mentre compare sia nel Catasto toscano sia nella tavoletta di impianto della Carta d’Italia I.G.M. (1937), mappe che ne indicano la collocazione in aderenza alla via principale, lato monte. In corrispondenza di tale sito è possibile individuare un cumulo di pietrame sotto strada probabilmente già appartenente al fabbricato.
Le citazioni più antiche relative al luogo detto alle Farniole (dal latino medievale farnetum, terra piantata a farnia), si trovano nel sopracitato elenco dell’Opera del Duomo e risalgono al 1546 e al 1547: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1546 […] Un pezzo di terra lavorativa alle Farniole di staia 5 […] 1547 […] Un podere con casa e terre lavorative alle Farniole e vale lire 860 di some 12.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 147-149, 152, cit.). Già alla fine del secolo il fondo risulta suddiviso nei due poderi di Farniole di Sotto e di Sopra, ciascuno dotato di casa colonica, entrambi documentati nel Catasto toscano, dove risultano distintamente appartenenti al Popolo di Ridracoli e a quello di Casanova ma, nella citata mappa dell’Archivio Comunale di Bagno di Romagna, compare solo quello inferiore, composto da due fabbricati adiacenti cui viene assegnato il n. 13. Analisi storico-tipologiche approfondite (AA.VV., 1984, cit.) associano Le Farniole di Sopra al documento del 1547, mentre a Le Farniole di Sotto, anche per le trasformazioni subite, non vengono attribuite particolarità di rilievo. Riguardo quest’ultimo, infatti, il Catasto toscano rappresentava due fabbricati con notevole difformità planimetrica rispetto allo stato odierno, documentato dal NCT, che invece mostra un fabbricato (abitativo) adiacente alla mulattiera interamente (ri)costruito in epoca moderna, come dimostra l’utilizzo di cemento armato nei cordoli delle murature in corrispondenza dei solai e negli architravi delle finestre, che peraltro oggi rivela tutta la sua alterabilità. L’annesso adiacente è invece in gran parte sovrapponibile con uno dei fabbricati antichi, probabilmente solo ristrutturato, infatti senza utilizzo di c.a. Mentre la viabilità non risulta modificata - negli scorsi anni ’80 era ancora visibile un pilastrino circolare di segnalazione della mulattiera (cfr.: S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, 1987, p. 101, cit.) – l’altro fabbricato antico è del tutto scomparso (quindi demolito) e, dai confronti di mappa, il suo perimetro risulta coincidere con un confine particellare moderno, probabilmente corrispondente a strutture di sostegno ancora presenti (ricoperte dalla vegetazione). La modalità di rappresentazione dei simboli grafici dei fabbricati riportati nelle edizioni della Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937), per essere rispettivamente corrispondenti ai catasti antico e moderno, conferma l’ipotesi che le modifiche siano avvenute nei primi decenni del XX secolo (forse a seguito degli eventi sismici del ’18), quando infatti avvenivano i primi esperimenti di utilizzo del cemento armato (le prime norme regolatorie italiane risalgono al 1907). Il catasto antico descrive una casa composta da una cucina, una camera, una stanzetta, due stalle e un capanno. Abitato ancora nel 1964, dopo l’abbandono negli Anni ’70 diviene proprietà ex A.R.F. ma, dall’elenco dei fabbricati, risulta non essere utilizzato. Le Farniole di Sopra, oggi composto da due fabbricati, rispetto al Catasto toscano mostra difformità planimetriche per l’edificio principale; al contrario, l’annesso distaccato compare solo Nuovo Catasto Terreni del 1930-52. Il Giornale di Campagna allegato al Catasto Toscano riporta la seguente descrizione dell’edificio: «Casa colonica e Aja. A terreno: quattro Stalle Stanzetta Stalletto Loggia Forno e Capannetta. I° Piano: Cucina tre stanze e Capanno» (AA.VV., 1984, p. 120, cit.). Ancora in buono stato di conservazione negli scorsi anni ’80, si presentava apparentemente appena abbandonato e conservante anche alcune delle suppellettili utilizzate dai suoi ultimi abitanti (cfr.: S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, 1987, p. 101, cit.), le pavimentazioni in grandi elementi lapidei e tavolati in legno, come le scale interne. Alla data di redazione del P.S. comunale (2004) risulta nuovamente acquisito e restaurato. Ripetute ristrutturazioni si sono succedute a cavallo tra il XIX e il XX secolo che hanno conferito al complesso un aspetto unitario. Alcuni particolari architettonici rivelano le ristrutturazioni subite, tra cui la suddivisione in due unità immobiliari con trasformazione in casa padronale e realizzazione di due ingressi distinti, uno da monte ed uno da valle, questo preceduto da una ripida e tipologicamente impropria scala lapidea di accesso ad un portale a tutto sesto con chiave d’arco incisa con la scritta “F.F.R.P.” e “A.D. 1906”, mentre l’altro ingresso coincideva con quello originario e tipologicamente congruente costituito dalla cucina affiancata dalla loggia con forno. All’interno il camino della cucina con il frontale recante l’incisione “FECE FARE LA SIGNORA PAOLA GIOVANNETTI A.D. 1873” documenta un’altra fase delle ristrutturazioni subite. Grazie agli studi effettuati negli scorsi Anni ’80 (AA.VV., 1984, cit.), è possibile stabilire quattro fasi di crescita. Del fabbricato più antico, sviluppato su tre livelli con due stalle al seminterrato con ingresso a valle, la cucina e una stanza con ingresso a monte e due vani sottotetto, rimangono tracce nelle murature costituite da un antico portale a grandi conci di arenaria di accesso alle stalle, oggi murato, e un’ampia arcata a sesto ribassato nel loro interno. Come in tutti i fabbricati posti lungo le mulattiere, su una cornice di finestra della stalla è ancora leggibile la distanza km 3,735 per Ridràcoli. Sempre negli anni ’80 è stata realizzata una deviazione dalla sterrata per Poggio alla Lastra che raggiunge il fabbricato.
La citazione più antica relativa al luogo detto Campo ai Peri e Cerviaja, ripresa dal sopracitato elenco, risale al 1546: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1546 […] Una tenuta di terra aratia posta in luogo detto Campo i Peri di some 2 e ½ […] Un podere di terre lavorative in parte e la maggior parte roncate e ripate con due casette in luogo detto Campo ai Peri e Cerviaja di some 30» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 147-149, 151, 152, cit.). Successivamente occorre attendere il XVIII secolo per avere ulteriori notizie che, nello specifico, informano di un atto del 1722 dove «[…] un certo Giovanni d’Agostino del Campo dei Peri Comune di Poggio alla Lastra compare come testimone […]» (www.fc.camcom.it) e dei lavoranti e proprietari documentati dal 1765/66 fino all’abbandono nel 1984 (cfr.: C. Bignami, a cura di, 1994, cit.). Campo dei Peri, oggi composto da due fabbricati, rispetto al Catasto toscano mostra difformità planimetriche in quanto l’edificio principale appariva saldato all’annesso, mentre tali fabbricati compaiono ben distaccati nel Nuovo Catasto Terreni del 1930-52. Il Giornale di Campagna allegato al Catasto toscano riporta la seguente descrizione dell’edificio: «Casa colonica e Aja. A terreno: quattro Stalle Stanzetta Loggia Forno e Stalletto Capannetta. I° Piano: Cucina due stanze e Capanna» (www.fc.camcom.it). Ancora in buono stato di conservazione negli scorsi anni ’80, si presentava apparentemente appena abbandonato e conservante anche alcune delle suppellettili utilizzate dai suoi ultimi abitanti (cfr.: S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, 1987, p. 101, cit.). Grazie agli studi effettuati negli scorsi Anni ’80 (AA.VV., 1984, p. 118, cit.), è possibile stabilire quattro fasi di crescita, successive alle due casette adiacenti, documentate nel 1546, di cui una scomparsa e l’altra costituente porzione originaria del fabbricato odierno, peraltro diverso dall’unico fabbricato documentato dal Catasto toscano. Del fabbricato originario, costituito da un unico vano sviluppato su due livelli con una stalla al seminterrato con ingresso a valle e la cucina al piano terra anche con funzione abitativa ed ingresso a monte, rimangono tracce di un’antica porta murata. Successivamente si aggiungono una stalla e due stanze al piano terra, mentre la loggia con due forni (per il pane e per i dolci) e varie nicchie con mensole e tre stanze al piano primo riguardano le ultime fasi di ampliamento del fabbricato. Anche la grande stalla-fienile, di cui permangono i resti, non compare nel Catasto toscano. Un altro piccolo stalletto, comparente anch’esso solo nel NCT, oltre al portale d’accesso con grossi conci lapidei, mostra una caratteristica pietra forata a sbalzo per legarvi gli animali.
Il Molino di Sopra o di Ridràcoli o del comune o della Teresona o dei Tagli, come detto collocato non lontano dalla diga presso la confluenza del Fosso dei Tagli nel Bidente, è documentato già a metà del ‘500; nell’estimo comunale del 1777 risulta dotato di un’abitazione di quattro stanze. Nel 1829 il Giornale di Campagna del Catasto toscano certificava: «[…] a terreno stanza delle macine a un palmento e stalla. I piano cucina e camera […]» (C. Bignami, 1995, p. 40, cit.). Pochi anni dopo verrà privatizzato tramite asta pubblica che favorì il proprietario degli altri mulini della vallata, creando di fatto un monopolio. La mappa dell'Archivio Comunale di Bagno di Romagna datata 1888-1913 (cfr. C. Bignami, a cura di, 1995, e C. Bignami, A. Boattini, 2022, cit.), riguardante l'attribuzione delle numerazione civiche, assegna al mulino il n. 25, quando risultava dotato di tre vani abitativi ma, pochi anni dopo, verrà ampliato. L’insediamento, abbandonato negli anni 1973-74 a seguito degli espropri per la realizzazione dell’invaso, è stato recuperato ad uso della Romagna Acque-Società delle Fonti S.p.A. ma, in quanto in area con accesso limitato, è avvicinabile solo in occasione di visite guidate alle strutture della diga.
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Ridràcoli e/o relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.: - Informazioni preziose riguardo luoghi e fabbricati si hanno grazie alla Descriptio provinciae Romandiole, rapporto geografico-statistico-censuario redatto dal legato pontificio cardinale Anglic de Grimoard (fratello di Urbano V) per l’area della Romandiola durante il periodo della 'Cattività avignonese' (trasferimento del papato da Roma ad Avignone, 1305-1377). Se la descrizione dei luoghi ivi contenuta è approssimativa dal punto di vista geografico, è invece minuziosa riguardo i tributi cui era soggetta la popolazione. In tale documento si trova, tra l’altro, la classificazione degli insediamenti in ordine di importanza, tra cui i castra e le villae, distinti soprattutto in base alla presenza o meno di opere difensive, che vengono presi in considerazione solo se presenti i focularia, ovvero soggetti con capacità contributiva (di solito nuclei familiari non definiti per numero di componenti; ad aliquota fissa, il tributo della fumantaria era indipendente dal reddito e dai possedimenti). In particolare, nelle vallate del Montone, del Rabbi e del Bidente furono costituiti i Vicariati rurali delle Fiumane.
- A partire dal XII secolo, con la nascita dei comuni nascono gli archivi comunali, che poi si sviluppano nelle istituzioni signorili e successivamente confluiscono negli attuali Archivi di Stato; nel Granducato di Toscana il Cinquecento fu epoca di trasformazione del regime archivistico alla quale, tra l’altro, risale la fondazione medicea degli Archivi generali dei Contratti. Le ricerche archivistiche hanno consentito agli studiosi di reperire documentazione sui poderi dell’area in alcuni casi risalente fino alla metà del XVI secolo.
- L’Opera del Duomo di Firenze, dopo la presa in possesso delle selve “di Casentino e di Romagna”, aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile.
- L'Appennino romagnolo era caratterizzato fino a metà del XX secolo (superata in qualche caso per un paio di decenni) da una capillare e diffusa presenza di mulini ad acqua, secondo un sistema socio-economico legato ai mulini e, da secoli, radicato nel territorio del Capitanato della Val di Bagno. Intorno al Cinquecento ognuno dei 12 comuni del Capitanato (Bagno, Careste, Castel Benedetto, Facciano, Montegranelli, Poggio alla Lastra, Ridràcoli, Riopetroso, Rondinaia, San Piero, Selvapiana, Valbona) disponeva di almeno un mulino comunitativo la cui conduzione veniva annualmente sottoposta a gara pubblica a favore del migliore offerente; a quell’epoca nell’area si registrano assegnazioni per 230 bolognini. La manutenzione poteva essere a carico del comune o del mugnaio. Alla fine del Settecento l’attività riformatrice leopoldina eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire altri mulini in concorrenza produttiva, cui seguì un progressivo disinteresse comunale con riduzione dell’affitto annuale dei mulini pubblici fino alla loro privatizzazione. Nell’Ottocento, con la diffusione dell’agricoltura fino alle più profonde aree di montagna, vi fu ovunque una notevole proliferazione di opifici tanto che, ai primi decenni del Novecento, si potevano contare 8 mulini dislocati nella valle del Bidente di Ridràcoli. Dagli anni ’30, la crisi del sistema socio-economico agro-forestale ebbe come conseguenza l’esodo dai poderi e il progressivo abbandono dell’attività molitoria e delle relative costruzioni. Gli Opifici a forza idraulica (def. I.G.M.) posti sul Bidente di Ridràcoli o i suoi affluenti oggi noti sono: il Molino di Sotto o di Ridràcoli o del comune, il Molino di Sopra o della Teresona o dei Tagli, il Molino di Biserno, il Mulino della Forca, il Molino della Sega, il Molino di Spugna, il Molinuzzo o Mulinuzzo, posto sull’omonimo fosso, il Molino di Carpanone o del Carpanone o di Carpinone, posto sul Fosso di Romiceto presso la confluenza con il Fosso del Molino.
- Negli scorsi Anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Farniole di Sotto, Caselle e Tagli, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo tranne il totale riutilizzo delle Caselle, ma solo ad uso turistico dopo l’acquisizione da parte della Romagna Acque-Società delle Fonti S.p.A, mentre Le Farniole di Sopra è stata acquisita e ristrutturata da privati. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
- Nel passato anche recente l’ambiente montano veniva visto soprattutto nelle sue asperità e difficoltà ed avvertito come ostile non solo riguardo gli aspetti climatici o l’instabilità dei suoli ma anche per le potenze maligne che si riteneva si nascondessero nei luoghi più reconditi. Dovendoci vivere si operava per la santificazione del territorio con atteggiamenti devozionali nell’utilizzo delle immagini sacre che oltre che espressioni di fiducia esprimevano anche un bisogno di protezione con una componente esorcizzante. Così lungo i percorsi sorgevano manufatti (variamente classificabili a seconda della tipologia costruttiva come pilastrini, edicole, tabernacoli, capitelli, cellette, maestà) la cui realizzazione, oltre che costituire punti di riferimento scandendo i tempi di percorrenza (p.es., recitando un numero prestabilito di “rosari”), rispondeva non solo all’esigenza di ricordare al passante la presenza protettiva e costante della divinità ma svolgeva anche una funzione apotropaica. Spesso recanti epigrafi con preghiere, sollecitazioni o riferimenti ad avvenimenti accaduti, oggi hanno un valore legato al loro significato documentario.
- Il termine radium, raggio, come sostantivo, era utilizzato nei documenti storici per descrivere crinali costituenti elementi morfologici evidenti del territorio, lineari (come quello di luce), allorquando erano parte di un itinerario (che consentiva collegamenti più diretti e rapidi tra luoghi altrimenti raggiungibili tramite lunghi tragitti) e/o costituenti confine di un’area e/o di una proprietà. Per rilevanza o consuetudine a volte il termine diviene esso stesso toponimo o ne fa parte (Il Raggio, raggio delle putine, Raggio del Finocchio, Maestà del Raggio, Raggio alle Secche, Raggio dei Picchi, Raggio Grosso, Raggio Lungo, Raggio Mozzo, Fosso del Raggio, Raggio di Sopra, etc.).
- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.
RIFERIMENTI
AA. VV., Il luogo e la continuità. I percorsi, i nuclei, le case sparse nella Vallata del Bidente, C.C.I.A.A., Amm. Prov. Forlì, E.P.T. Forlì, Forlì 1984;
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
C. Bignami, A. Boattini, La gente di Ridràcoli, Monti editore, Cesena 2022;
C. Bignami (a cura di), Il popolo di Ridracoli, Nuova Grafica, Santa Sofia 1995;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997;
M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;
A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Parco nazionale delle foreste casentinesi. Carta dei sentieri 1:25.000, N.20, Monti editore, 2019;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Link:www.fc.camcom.it;
Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
Testo di Bruno Roba - La Valle del Fosso dei Tagli è interamente attraversabile tramite il sent. 231 CAI (pressoché corrispondente alla Mulattiera Ridràcoli-Bagno), sia dal Castello di Ridràcoli sia dalla pista che dal Monte Moricciona va a Pratalino; km 5 circa, dislivello 540 m. Lo sbocco del Fosso dei Tagli nel Bidente, ridotto ad un tombamento sotto la strada di servizio che segue il fiume fino alla diga, è visibile in lontananza dal cancello invalicabile prossimo al Molino di Sopra.
Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore.
00A – Ubicazione della Valle del Fosso dei Tagli nell’ambito dei bacini idrografici dell’Alta Valle del Bidente.
00a1/00a7 – Vedute della Valle del Fosso dei Tagli dal versante opposto in corrispondenza di Poggio Collina, con particolari della testata, compresa tra i Monti Cerviaia e Moricciona, e del tratto terminale, mentre lo sbocco è occultato nella ristrettezza del fondovalle (28/03/18).
00a8 – 00a9 – 00a10 – Da Ronco dei Preti, panoramica dell’intero tratto terminale del contrafforte secondario che va a digradare con il Monte Carnovaletto e il Poggio della Rondinaia, mentre, da questa visuale, si evidenzia anche la Valle dei Tagli con la profonda incisione del fosso che raggiunge il crinale presso il Monte Moricciona; è indicato il sito dei Tagli e il fabbricato di Farniole di Sopra (24/10/18).
00a11/00a15 – Da Poggio Squilla, crinali convergenti stringono la Valle del Rio Bacine verso il fondovalle del Bidente per risalire il versante opposto, con le valli dei Fossi Corneta e dei Tagli, dove brilla il nucleo delle Caselle (25/04/10 – 24/10/18).
00a16/00a21 - Da Poggio Scali, la Valle del Rio Bacine guida lo sguardo fino al fondovalle, dove si nota il crinale percorso dalla Mulattiera Ridràcoli-Bagno che dalla Garfagnana raggiunge Le Caselle, per poi dirigersi verso la Valle dei Tagli (24/10/18).
00b1/00b4 – Dal Crinale della Vacca e suo versante presso Ridondone, veduta delle convergenze geomorfologiche verso la diga di Ridràcoli con scorcio della Valle dei Tagli e particolare ravvicinato dell’insediamento topico (10/12/15 - 22/12/16).
00b5 – 00b6 – 00b7 – Dalla mulattiera che da Lavacchio scende a Ridràcoli, vedute della Valle dei Tagli; si nota la cresta percorsa dal primo tratto della Mulattiera Ridràcoli-Bagno, con il fabbricato La Garfagnana, e il nucleo Le Caselle, dove la mulattiera passa tra la ristrettezza dei due fabbricati. La valle dei Tagli inizia oltre il successivo crinale (19/07/18).
00c1 – 00c2 – 00c3 – Dalla diga di Ridràcoli, scorci della Valle dei Tagli e veduta ravvicinata del fondovalle sottostante la diga stessa con il Molino di Sopra o dei Tagli, accanto al quale sbocca il Fosso dei Tagli (7/10/17 – 21/04/18).
00d1/00d4 – Dal primo tratto della Mulattiera Ridràcoli-Bagno, panoramica verso valle, dove si evidenzia il Crinale della Vacca e si scorge il Castello, e scorci verso il fondovalle e la Valle dei Tagli (23/09/16 - 8/10/19).
00d5 – 00d6 – Dalla strada di servizio per la diga, vedute ravvicinate dello sbocco tombato del Fosso dei Tagli nel Bidente, con scorcio del Molino di Sopra (8/10/19).
00e1 - Schema cartografico del bacino idrografico del Fosso dei Tagli.
00e2 – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, perfettamente allineato sull’asse infrastrutturale, ed idrografico, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con i principali rilievi (identificati da utilizzo di grassetto nero).
00e3 – Schema da cartografia della prima metà del ‘900, prima della realizzazione della viabilità moderna. La toponomastica riprende quella originale.
00f1 – 00f2 – 00f3 – Panoramiche della valle del Fosso dei Tagli dove si evidenzia la dorsale che si distacca dal Monte Cerviaia (23/09/16 – 8/10/19).
00f4 – 00f5 – Vedute della testata del Fosso dei Tagli sul Monte Cerviaia e scorcio della porzione valliva del suo ramo avente origine dal Monte Moricciona, anticamente detto Fosso degli Strascinaj; i due rami sono separati da una dorsale minore intermedia tra i due monti (23/09/16).
00g1 – Il ramo principale del Fosso dei Tagli che proviene dal Monte Cerviaia (8/10/19).
00g2/00g5 – Il ramo che proviene dalle Farniole e dal Monte Moricciona (8/10/19).
O0g6/00g9 – Il Fosso dei Tagli, dopo la riunificazione dei rami, prosegue con una cascatella (8/10/19).
00g10 – 00g11 – Il ramo presso Campo dei Peri, proveniente dal Monte Moricciona, già detto Fosso degli Strascinaj, affianca e attraversa la mulattiera (23/09/16).
00g12 – 00g13 – 00g14 – Resti di una fonte presso Campo dei Peri che si potrebbe chiamare degli Strascinai (23/09/16).
00h1/00h4 – La Mulattiera Ridràcoli-Bagno, ancora selciata, entra nella Valle dei Tagli superando un piccolo canyon (8/10/19).
00h5 – 00h6 – 00h7 – La mulattiera rasenta I Tagli, attraversa il sito di Sermolino e raggiunge Le Farniole (8/10/19).
00h8/00h12 – La mulattiera attraversa il podere delle Farniole di Sopra e, come da tracciato antico, risale alla casa per subito ridiscendere (23/09/16).
00h13 – 00h14 – 00h15 – Dalle Farniole la mulattiera raggiunge e supera Campo dei Peri (23/09/16).
00h16 – 00h17 – La mulattiera prosegue verso il crinale (23/09/16).
00h18 – 00h19 – La sella sul crinale tra i Monti Cerviaia e Moricciona, con la Croce di Pratalino, dove si innesta la Mulattiera Ridràcoli-Bagno (19/07/16).