Molino di Spugna
Testo di Bruno Roba (13/09/2021- Agg. 10/07/2023) - La Valle del Fosso di Val Spugna o Rio delle Valli, anticamente detto anche Rio Spugna, è una delle valli in dx idrografica della parte della Valle del Fiume Bidente di Ridràcoli posta dopo la diga. Compresa tra la dorsale di separazione dalla Valle di Ronco Vecchio che si stacca dal Monte Marino, poco emergente se non evidenziasse il picco di Monte Verna e la rilevante dorsale che si stacca dal Monte Pezzoli, che evidenzia il Monte Dragone, mostra il contrasto tra una limitata porzione ricadente nel fondovalle del Bidente, pianeggiante o di lieve pendenza, e il suo territorio montano. Anche le parti più impervie hanno consentito l’insediamento. I principali insediamenti sono posti presso l’incrocio tra gli antichi percorsi di fondovalle del Bidente e di controcrinale, o altri lungo il tratto che segue il fondovalle del fosso, o altri ancora presso i percorsi dei circostanti crinali.
Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di Ridràcoli, Ridràcoli e Fosso di Val Spugna o Rio delle Valli.
La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), consente di conoscere il tracciato della viabilità antica che raggiungeva Ridràcoli. Attraversato il Bidente di Corniolo presso Isola, sul luogo del ponte odierno, essa si manteneva in sx idrografica risalendo subito a mezzacosta fino a raggiungere Biserno, per quindi ridiscendere nel fondovalle del borgo, dove si concludeva con un lungo rettilineo al cui termine si trovava Il Ponte di Ridràcoli. Tale viabilità, anonima nelle mappe citate, verrà poi denominata Strada Comunale Ridràcoli-Biserno e Strada Comunale Isola-Biserno; solo in occasione dei lavori di costruzione dell’invaso quest’ultima verrà ristrutturata e ampliata diventando parte della S.P. n.112. Nell’antichità, l’unico tracciato di viabilità secondaria sul versante in dx idrografica si distaccava da quella principale attraversando il Bidente all’altezza della Val Spugna diretto alle Case Monte di Valle: da esso si diramavano la citata Strada delle Valli e la Strada di Ronco Vecchio, che si inoltravano nelle rispettive valli risalendo verso il crinale montano; delle corrispondenti mulattiere, a volte sostituiti da tratti di piste della bonifica montana, ancora si trovano ampi tratti.
L’insediamento di Spugna è documentato fin dal 1179 tra i possedimenti dell’Abbazia di Isola. Altre terre furono donate al monastero nel 1237 dai conti della Rondinaia e negli anni seguenti (Spogli delle Cartapecore di Camaldoli, D. Mambrini, 1935 – XIII, cit.). Un poggetto presso Spugna di sopra è ritenuto il probabile sito di un castello, Spugnae de supra e de subtus castrum, documentato nel 1303 ma di cui non rimane traccia. Anche nell’insediamento di Spugna di Sotto si ipotizza la presenza di un sistema difensivo costituito da una o forse due torri di guardia poste sulle due sponde del Fosso di Val Spugna, poi inglobate nello sviluppo dei fabbricati. Gli Annali Camaldolesi documentano un atto del 1269 del sindaco del comune di Spugna che cita una Chiesa di S. Silvestro a Spugna di Sotto. La Descriptio Romandiole nel 1371 censì la località Villa Spognae con 8 focolari, ma non cita il castello probabilmente già scomparso. In base al censimento mediceo del 1551 era costituita da 35 focolari, circa 180 persone. Dagli inizi del XV secolo fino al 1811 fu sede di un comunello autonomo. «Del comune di Spugna esistono alcuni libri nell’archivio municipale di Galeata e da essi sappiamo che […]. Nel 1582 era camerlengo di queto Comune Antonio di Pietro e nel 1583 Salvatore di Giuliano. In questo stesso anno fu costruito un ponte in legno cogli abeti tolti dalla foresta di S. Maria del Fiore. Ora c’è un ponte in pietra a schiena d’asino che fu costruito dai signori Giorgi circa un secolo fa, obbligandosi il comune di S. Sofia al rimborso rateale della spesa. […] Nel 1700 gli abitanti di questo Comune erano 56. […] La chiesa di S. Silvestro a Spugna all’epoca della visita Peruzzi (1595) era diroccata […]. La chiesa […] era in un rialzo che si vede appena varcato il ponte. Vi si trovano pietre lavorate, frantumi di cotto e grosse lastre di marmo rosso di Verona. Sorse poi a Spugna un altro oratorio dedicato a S. Giovanni Battista che nel 1746 fu visitato […]. Restano alcuni frammenti dell’altare. I poderi dell’antico territorio di Spugna ora si chiamano Spugna grande, Spugna piccolo, Imo alla Villa, Mulino di Spugna. Altri 2 sono posti più in alto.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, pp. 244-246, cit.). La zona era rinomata per i vigneti e i pascoli (E. Rosetti, D. Mambrini, cit.). Vi sono notizie anche di un piccolo cimitero per tracce emerse durante lavori di aratura.
In questo contesto storico-geografico, tra le alte valli bidentine quella di Ridràcoli è quella che meno ha subito il fenomeno dell’abbandono grazie alle caratteristiche ambientali e climatiche più favorevoli della sua parte meno elevata. Ma se il borgo principale, posto nel baricentro sia geografico sia del sistema insediativo, è quello più noto e Biserno è quello più abitato, molti fabbricati delle vallecole laterali oggi sono in stato di abbandono o ridotti a rudere con vari casi di ristrutturazione interrotta.
Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati della Valle di Spugna si possono schematizzare come di seguito elencato:
- Spugna di Sopra nel Catasto toscano, o Spugna nella Carta d'Italia I.G.M. (1894-1937) e in quella moderna, o Spugna Casone nel N.C.T., o Spugna Grande nella C.T.R.;
- Spugna nel Catasto toscano, o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937) e in quella moderna (con parziale rappresentazione di ruderi), o Spugna Piccolo nel N.C.T., o Spugna Piccola nella C.T.R.;
- rappresentato ma anonimo nel Catasto toscano e nella Carta d’Italia I.G.M. (1894), o Spugna nella Carta d’Italia I.G.M. (1937) e in quella moderna, o Spugna Imovilla nel N.C.T., o Imolavilla nella C.T.R.;
- Val di Spugna nel Catasto Toscano, o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1894), o non rappresentato nella Carta d’Italia I.G.M. (1937), in quella moderna, nel N.C.T. e nella C.T.R.;
- rappresentato ma anonimo nel Catasto toscano, o non rappresentato nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937) e in quella moderna, o Molino di Spugna nel N.C.T. e nella C.T.R.;
- La Casina nel Catasto toscano, o Casina nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937), o assente in quella moderna, o Casina di Spugna nel N.C.T., o assente nella C.T.R.;
- assente nel Catasto toscano, e nella Carta d’Italia I.G.M. (1894-1937), o assente con rappresentazione di ruderi in quella moderna, o Seccatoio nel N.C.T., o assente nella C.T.R.;
- Le Valli nel Catasto toscano, o Valli nella Carta d’Italia I.G.M. (1894), o le Valli nella Carta d’Italia I.G.M. (1937), o C. Valli in quella moderna, o n.n. nel N.C.T., o assente nella C.T.R.;
- Cortine (aggiunto a matita) nel Catasto toscano, o Cortina nella Carta d’Italia I.G.M. (1894), o le Cortine nella Carta d’Italia I.G.M. (1937) e in quella moderna, o n.n. nel N.C.T., o Le Cortine nella C.T.R.;
- Cel dell Allocco nel Catasto toscano, o C.Ciel dell’Allocco nella Carta d’Italia I.G.M. (1937) e in quella moderna ma con rappresentazione di ruderi, o n.n. nel N.C.T., o Ciel Dell’allocco nella C.T.R. ma con rappresentazione del fabbricato;
- i Monti nel Catasto toscano, o rappresentato ma anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. (1894), o assente nella Carta d’Italia I.G.M. (1937) e in quella moderna, o n.n. nel N.C.T., o assente nella C.T.R.
Dal Poggiolo, attraversato il Bidente, si entra nell’area di Spugna. Poco distante dal Ponte Beppino si trova il Mulino di Spugna, risalente al principio del XIX secolo ma ricostruito perdendo la tipologia originaria.
Proseguendo sulla collina, dapprima si trovano i resti del fabbricato di Spugna Imolavilla, o Imo alla villa (in fondo alla villa, nella parte più bassa), di cui non si hanno notizie, né lo stato dei ruderi consente verifiche, salvo la constatazione delle notevoli difformità planimetriche, e conseguenti modifiche strutturali, tra quanto rappresentato dal Catasto toscano, quando era composto da due piccoli edifici adiacenti, poi risultanti accorpati e ampliati nel N.C.T., posti lungo la vecchia via, situazione superata con la realizzazione della pista della bonifica, dopo l’abbandono del fabbricato.
Da Imolavilla si staccavano due vie, la Strada delle Valli, parallela all’argine dx del Fosso di Spugna, l’altra attraversava il fosso dando presto origine ad un altro bivio da cui si staccavano la Strada di Ronco Vecchio, che seguiva il fosso omonimo e la c.d. Strada, parallela al Bidente e diretta a Stolle ed oltre.
All’inizio della Strada delle Valli si trova Spugna Grande, risalente al XVI-XVII secolo e costituito da un fabbricato colonico articolato in più corpi e da un grande annesso-fienile dotati di particolari architettonici quali una colombaia con mensole e piccolo cordolo sporgente e finestre incorniciate da elementi monolitici arenaria, di cui alcuni ad arco, tra cui un concio già appartenente alla chiave di volta di un portale cinquecentesco recante scolpito un giglio fiorentino. Le planimetrie di tali fabbricati sono sostanzialmente identiche a quella del Catasto toscano, mentre sono scomparse una serie di piccole costruzioni adiacenti di probabile servizio agricolo. Particolari architettonici di rilievo del fabbricato colonico sono: architravi decorati da cornici in arenaria con modanature di gusto classico che coronano sia una nicchia armadio cinquecentesca, in origine fungente da acquaio aperto verso l’esterno, sia una porta di accesso alla scala (evidentemente elementi di reimpiego), oltre a due finestre nel sottotetto incorniciate da elementi monolitici in arenaria con due sedili laterali all’interno. Ancora in discreto stato di conservazione nei primi anni ’80, nei primi anni del XXI secolo entrambi gli edifici sono stati ottimamente restaurati. Il fabbricato colonico risulta edificato in tre fasi successive, cui si aggiunse in ultimo la loggia con forno. Il nucleo originario era costituito da un fabbricato su due livelli più sottotetto, con un solo locale per livello e scala interna di collegamento, di dimensioni contenute (misure interne del vano circa m 5,00x4,00) probabilmente senza uso abitativo considerata l’assenza di tracce di camini o canne fumarie, quindi facenti escludere le caratteristiche della casa-torre. Questa tipologia di sviluppo verticale di Spugna Grande e le similari caratteristiche di Spugna Piccolo, fabbricato in origine costituito da un solo locale su quattro livelli dalle dimensioni particolarmente ridotte (misure interne del vano m 3,50x3,10) non attribuibile alla tipologia della casa-torre per assenza di tracce di camino e canna fumaria, confrontato con la dislocazione dei fabbricati sulle sponde opposte del Fosso di Val Spugna e presso l’incrocio dell’unica viabilità di penetrazione nelle vallate oltre-Bidente, fanno presumere si trattasse in origine di antiche torri difensive, specie riguardo il fabbricato minore. La seconda fase di crescita di Spugna Grande vede l’affiancamento di un locale più grande per ogni livello, ad uso cucina quello al piano terra, quindi con introduzione dell’uso abitativo, che comporta la rotazione dell’orientamento del tetto secondo il nuovo lato lungo, aspetto ancora rivelato dal timpano di tamponatura evidente nella muratura del prospetto SO; la scala è mantenuta nel locale originario. Con la terza fase vengono affiancati ulteriori due locali per ogni livello, più piccoli dei precedenti, uno dei quali al P.T. dotato di camino, quindi anch’esso ad uso cucina. Tutti i locali seminterrati erano ad uso stalla o servizio mentre gli altri vani del P.T. e i due maggiori del sottotetto erano vani letto.
Da Spugna un tratto stradale si dirigeva, senza raggiungerlo, a Val di Spugna, posto sulle prime pendici della dorsale del Monte Dragone che circoscrivono l’area poderale di fondovalle. Noto solo in quanto censito dal Catasto toscano ha lasciato solo pochi sassi; il suo collassamento non pare legato alla realizzazione della pista della bonifica Farnetino-Spugna, benché i suoi resti siano posti a circa 30 m a valle di essa, su un crinaletto aggirato dal tornante stradale. Ancora presente nella Carta d’Italia I.G.M. del 1894 non è più rappresentato nella successiva e più dettagliata tavoletta del 1937.
Dal bivio di Imolavilla, attraversato il Fosso di Spugna si raggiunge Spugna Piccolo, costituito da una casa colonica fronteggiata da un articolato annesso stalla-fienile, sostanzialmente corrispondenti al rilievo del Catasto toscano. L’edificio più interessante è il fabbricato colonico principale, che presenta particolari architettonici riferibili al XVII-XVIII secolo ed è costituito da due corpi paralleli, dimensionalmente molto differenti, di origine indipendente, distinti e separati dalla mulattiera, poi collegati da un passaggio coperto ad arco che la scavalca, a seguito dei successivi ampliamenti. Tale situazione di transito coperto, ancora confermata dal N.C.T., verrà superata solo con la realizzazione della pista della bonifica, dopo l’abbandono del fabbricato. La porzione originaria del corpo maggiore, posto più a valle, era costituita da un fabbricato su quattro livelli di cui uno seminterrato ed utilizzo del sottotetto, con un solo locale per livello e accessi esterni tramite il dislivello del terreno, dalle dimensioni particolarmente ridotte. Come più sopra descritto, il forte sviluppo verticale di Spugna Piccolo e le similari caratteristiche di Spugna Grande rimanda alla tipologia delle torri difensive. Al nucleo originario di Spugna Piccolo si è affiancato prima un locale più grande ai piani terra e primo ed utilizzo del sottotetto, con l’abitazione ai livelli superiori e la cucina raggiunta da una scala esterna, poi un ulteriore grande locale, originariamente dotato di accesso autonomo, come mostrano le tracce di una porta murata ed alcuni gradini sul prospetto. I successivi ampliamenti hanno comportato la realizzazione del passaggio coperto e l’inglobamento della scala esterna all’interno del fabbricato. Il corpo minore, posto più a monte, era costituito da un fabbricato su tre livelli ed utilizzo del sottotetto, con un solo locale per livello e accessi esterni tramite il dislivello del terreno, che al primo piano avveniva lateralmente tramite una loggetta con forno da cui si accedeva al locale adiacente, forse una cucina. Gli ulteriori sviluppi di questo corpo sono quelli conseguenti al collegamento tra i due corpi con realizzazione del passaggio coperto. I particolari architettonici sono da riferire all’ultima fase e sono costituiti dall’arcata coperta di collegamento in conci di arenaria, il portale di ingresso a tutto sesto, con arcata monolitica e piccola cuspide in chiave ed alcune finestre incorniciate da elementi monolitici in arenaria.
Appendice del nucleo era Casina di Spugna, posto a breve distanza sulla Strada delle Valli ne restano scarse tracce ulteriormente compromesse dalla riconfigurazione operata dalla pista della bonifica.
La strada antica si inoltrava nelle profondità vallive (se ne trovano vari tratti) raggiungendo il podere Le Valli, di cui si trovano ancora vari resti sparsi per quasi 200 m in riva dx del fosso, tra i 570 m di quota del suo alveo e i 600 m di quota fino alla pista della bonifica, andando ad interessare una superficie di quasi un ettaro; sotto la pista si trova un capanno fatiscente (tabellato sul bordo strada). Presso la mulattiera congiungente con Ronco Vecchio dal 1937 è documentato il seccatoio, di cui si trovano i ruderi, il cui toponimo è attestato dal N.C.T.
La Strada delle Valli termina dirigendosi con lasciti, senza raggiungerlo, verso l’insediamento poderale Le Cortine, di cui si trovano ancora consistenti strutture, per quanto molto fatiscenti, costituite da un fabbricato colonico fronteggiato da un seccatoio. I due fabbricati, che conservano le strutture originarie, sono allineati e collegati da una sorta di piattaforma rialzata, forse per favorire il transito dal piano abitativo superando il pendio, ma anche per difesa dalle acque meteoriche e dilavanti, considerata la prossimità al Fosso di Val Spugna, che qui presenta un alveo particolarmente inciso e poco rassicurante. Il seccatoio probabilmente è di fattura recente in quanto compare solo nella dettagliata Carta d’Italia I.G.M. del 1937, mentre sia nel Catasto toscano sia nella Carta d’Italia I.G.M. del 1894 compare un solo fabbricato. Il toponimo, che nella mappa antica è stato trascritto a matita a posteriori, è piuttosto diffuso e può rappresentare una derivazione dal termine latino cohors = corte, cortile o tardo latino cortina(m) = tenda, cortina, difesa (anche militare), oltre a quanto si frappone impedendo la vista: questa interpretazione trova significativa coerenza nella morfologia di quell’area, incassata ed occultata tra profonde incisioni, cortine, di fossi e stratificazioni rocciose.
I fabbricati montani o di crinale ricadenti nella valle in base al Catasto toscano apparivano isolati e non collegati alla viabilità e solo a partire dalla Carta d’Italia I.G.M. del 1894 risultavano raggiungibili solo tramite la viabilità di crinale. Una mulattiera che ancora taglia il versante NO del Monte Pezzoli collega Ciel dell’Allocco con la sella tra il Pezzoli e Poggio Busca, pressi Maestà Valbonesi, dove transitava l’antica Strada che dalla Casanova va a Santa Sofia. I suoi ruderi, posti sul ciglio di un poggetto, dal toponimo che evoca l’elevato habitat del rapace in corrispondenza di un sito particolarmente recondito, in vista del completo collassamento conserva le caratteristiche originarie. Nei pressi si trova anche un caratteristico ricovero, della stessa tipologia di quello che si trova, poco distante, sul versante occidentale del Monte Pezzoli.
I Monti, posto presso la sommità del Monte Dragone, è documentato solo nel XIX secolo. Un cumulo di pietrame ricoperto di muschio, posto nella macchia boschiva a circa 90 m dalla pista di crinale, ad una quota di 25 m inferiore, testimonia la sua trascorsa esistenza. La mulattiera di crinale che raggiungeva il Passo di Monte Dragone collegava il fabbricato con la citata sella tra il Monte Pezzoli e Poggio Busca, pressi Maestà Valbonesi e la Strada che dalla Casanova va a Santa Sofia. In seguito, il passo venne collegato con la prosecuzione della Strada delle Valli.
Casina di Spugna, Ciel dell’Allocco e Le Cortine negli Anni ’70 risultano sussistenti e nella disponibilità dell’ex A.R.F. ma non dimensionati, infatti non utilizzati.
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Ridràcoli.
N.B.: - Informazioni preziose riguardo luoghi e fabbricati si hanno grazie alla Descriptio provinciae Romandiole, rapporto geografico-statistico-censuario redatto dal legato pontificio cardinale Anglic de Grimoard (fratello di Urbano V) per l’area della Romandiola durante il periodo della 'Cattività avignonese' (trasferimento del papato da Roma ad Avignone, 1305-1377). Se la descrizione dei luoghi ivi contenuta è approssimativa dal punto di vista geografico, è invece minuziosa riguardo i tributi cui era soggetta la popolazione. In tale documento si trova, tra l’altro, la classificazione degli insediamenti in ordine di importanza, tra cui i castra e le villae, distinti soprattutto in base alla presenza o meno di opere difensive, che vengono presi in considerazione solo se presenti i focularia, ovvero soggetti con capacità contributiva (di solito nuclei familiari non definiti per numero di componenti; ad aliquota fissa, il tributo della fumantaria era indipendente dal reddito e dai possedimenti). In particolare, nelle vallate del Montone, del Rabbi e del Bidente furono costituiti i Vicariati rurali delle Fiumane.
- L'Appennino romagnolo era caratterizzato fino a metà del XX secolo (superata in qualche caso per un paio di decenni) da una capillare e diffusa presenza di mulini ad acqua, secondo un sistema socio-economico legato ai mulini e, da secoli, radicato nel territorio del Capitanato della Val di Bagno. Intorno al Cinquecento ognuno dei 12 comuni del Capitanato (Bagno, Careste, Castel Benedetto, Facciano, Montegranelli, Poggio alla Lastra, Ridràcoli, Riopetroso, Rondinaia, San Piero, Selvapiana, Valbona) disponeva di almeno un mulino comunitativo la cui conduzione veniva annualmente sottoposta a gara pubblica a favore del migliore offerente; a quell’epoca nell’area si registrano assegnazioni per 230 bolognini. La manutenzione poteva essere a carico del comune o del mugnaio. Alla fine del Settecento l’attività riformatrice leopoldina eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire altri mulini in concorrenza produttiva, cui seguì un progressivo disinteresse comunale con riduzione dell’affitto annuale dei mulini pubblici fino alla loro privatizzazione. Nell’Ottocento, con la diffusione dell’agricoltura fino alle più profonde aree di montagna, vi fu ovunque una notevole proliferazione di opifici tanto che, ai primi decenni del Novecento, si potevano contare 8 mulini dislocati nella valle del Bidente di Ridràcoli. Dagli anni ’30, la crisi del sistema socio-economico agro-forestale ebbe come conseguenza l’esodo dai poderi e il progressivo abbandono dell’attività molitoria e delle relative costruzioni. Gli Opifici a forza idraulica (def. I.G.M.) posti sul Bidente di Ridràcoli o i suoi affluenti oggi noti sono: il Molino di Sotto o di Ridràcoli o del comune, il Molino di Sopra o della Teresona o dei Tagli, il Molino di Biserno, il Mulino della Forca, il Molino della Sega, il Molino di Spugna, il Molinuzzo o Mulinuzzo, posto sull’omonimo fosso, il Molino di Carpanone o del Carpanone o di Carpinone, posto sul Fosso di Romiceto presso la confluenza con il Fosso del Molino.
- Negli scorsi Anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Casina di Spugna, Ciel dell’Allocco e Le Cortine, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
AA.VV., Indagine sulle caratteristiche ambientali suscettibili di valorizzazione turistico-culturale delle vallate forlivesi. Repertorio, C.C.I.A.A. Forlì, 1982;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;
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P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anastatica Castrocaro Terme 1989;
Piano Strutturale del Comune di Santa Sofia, Schede di analisi e indicazioni operative relative agli edifici del territorio rurale, 2009, Scheda n.383;
Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Parco nazionale delle foreste casentinesi. Carta dei sentieri 1:25.000, N.20, Monti editore, 2019;
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
Testo di Bruno Roba
Ridràcoli è facilmente raggiungibile tramite la S.P. 4 del Bidente da cui si stacca la S.P. 112 Isola-Biserno-Ridràcoli lunga km 8,7. Al km 2+500 circa della S.P. si trova il bivio della S.Vic.le di uso pubblico Poggiolo-Spugna da percorrere per 650 m fino a Molino di Spugna.
Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore.
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00a1 – 00a2 - 00a3 – Da Ronco dei Preti, panoramica dell’intero tratto terminale del contrafforte secondario, che va a digradare con il Monte Carnovaletto e il Poggio della Rondinaia, da cui si stacca la sequenza di dorsali che determinano il succedersi delle valli trasversali convergenti in dx idrografica sul Bidente di Ridràcoli (l’indice fotografico agevola l’individuazione) (24/10/18).
00b1 – 00b2 – Dal versante occidentale del Monte Carnovaletto, panoramica della valle del Bidente di Ridràcoli. Da sx la dorsale del Monte Dragone mostra le prime pendici, con i campi di Farnetino (in p.p.) e Farnetone in corso di rinaturalizzazione; oltre di essa emerge appena la dorsale di Poggio delle Stolle. Oltre il corso del Bidente, segnalato da una fascia boscata, si erge il contrafforte secondario proveniente da Poggio Scali ed ormai al suo termine di Poggio Castellina. La vista prepara alla Val Spugna, della quale però si scorge appena una piccola porzione prativa, mentre si nota il nucleo di Poggiolo, passaggio obbligato già dall’antichità per apprestarsi a superare il fiume e raggiungere Spugna (24/07/18).
00b3 - 00b4 – 00b5 – Dalle prime pendici settentrionali della dorsale del Monte Dragone le caratteristiche morfologiche del tratto della valle del Bidente compreso tra le aree poderali di Poggiolo e Spugna appaiono nella loro evidenza; mentre è evidente il nucleo di Spugna Grande tra la vegetazione si scorge appena il ponte, che aiuta a comprendere il tragitto del percorso viario nel superare lo sbalzo, inalterato nei secoli (24/07/18).
00b6/00b9 – Panoramica della Val Spugna dalle pendici occidentali della dorsale del Monte Dragone, del sito del ponte e del Molino di Spugna, occultato dalla vegetazione (31/07/18).
00c1/00c4 – Dalla SP 112, prima pressi Cà d’Achille, in asse con il Fosso di Val Spugna, poi a monte di Vignale, in asse con il Fosso di Ronco Vecchio, panoramiche in asse al Bidente e verso l’area poderale di Spugna, ma il sito del Molino di Spugna e del vicino ponte rimangono coperti (23/09/16 - 13/08/18).
00d1 – Schema cartografico della valle del Fosso di Val Spugna.
00d2 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, evidenziava esclusivamente il tracciato viario che da Isola raggiungeva Ridràcoli a mezzacosta transitando da Biserno. La toponomastica riprende, anche nella grafica, quella originale.
00d3 – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con utilizzo di grassetto nero. Qui compare anche la viabilità principale che attraversava il fiume e penetrava nelle valli laterali.
00d4 – Schema da cartografia della prima metà del ‘900, prima della realizzazione della viabilità moderna.
00e1 – 00e2 – Dalla S.Vic.le di uso pubblico Poggiolo-Spugna, veduta di Poggiolo, della Val Spugna e di Spugna Piccolo. P.S.: il ponte sul Bidente è sempre soggetto a rischio di alluvione (31/07/18).
00e3 – 00e4 – Vedute del sito del mulino (31/07/18).
00e5 – Il fabbricato. L’elaborazione pittorica delle foto del P.S. cerca di rimediare all’incongruenza tipologica.