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Fosso dell'Eremo Nuovo

inserita da Bruno Roba
Tipo : torrente
Altezza mt. : 735
Coordinate WGS84: 43 49' 30" N , 11 54' 34" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

COORDINATE WGS84: Origine (Pian della Saporita) 43° 49’ 32” N / 11° 53’ 12” E Eremo Nuovo 43° 49’ 30” N / 11° 54’ 34” E - Termine (confluenza Bidente di Pietrapazza) 43° 49’ 30” N / 11° 53’ 40” E - Quote: Origine (Pian della Saporita) 975 m - Eremo Nuovo 735 m - Termine (confluenza Bidente di Pietrapazza) 690 m - Sviluppo 700.

Testo di Bruno Roba (5/12/2021) - Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto di Spartiacque Appenninico compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.

La valle del Fiume Bidente di Pietrapazza riguarda il ramo più orientale del Bidente delimitato: ad Ovest, da un primo tratto del contrafforte secondario che, distaccatosi da Poggio allo Spillo, va a concludersi con il Raggio della Rondinaia; ad Est da un primo tratto del contrafforte principale che si stacca da Cima del Termine diretto verso Cesena. La sua testata si sviluppa tra il Passo della Crocina e la vetta minore di Cima del Termine, estendendosi, ad Ovest, al tratto del contrafforte secondario compreso tra Poggio allo Spillo e Poggio della Bertesca, ad Est, al tratto del contrafforte principale, le Rivolte, compreso tra Cima del Termine ed il Crinale o Raggio del Finocchio; quest’ultimo, staccandosi presso la sella di Prato ai Grilli, posta prima del Poggiaccio, converge quindi verso l’Eremo Nuovo. Completa la delimitazione del sistema vallivo l’ulteriore convergenza delle dorsali generate dagli opposti contrafforti. Da un versante provengono le dorsali che si staccano dai Monti Moricciona e La Rocca, dall’altro versante proviene quella, rilevante, che dal Monte Castelluccio si dirige verso il Monte Casaccia terminando con il Monte Riccio (dove, strategicamente collocato, il Castrum montis Riccioli, almeno già dal 1321 sorvegliava ogni transito - ne restano vaghe tracce: «Anche sopra la via che va a Strabatenza, presso la località detta Ca’ di Veroli, ove dimora tuttora un ramo della famiglia Bardi, lassù rifugiatasi, fra i monti più alti, ai tempi delle famose contese medioevali, vedonsi i muri imponenti di un vecchio maniero, e quel luogo dicesi Montericcio»: D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 279). Qui, presso la confluenza dei Fossi di Strabatenza e Trappisa nel Bidente, a ridosso di Pian del Ponte, la Valle di Pietrapazza si restringe quasi a chiudersi creando una discontinuità con quella di Strabatenza, così rendendo possibile una specifica identità geo-morfologica. A valle dell’improvvidamente demolito ma mai idealmente rimosso villaggio di Strabatenza, pur senza soluzione di continuità morfologica, si modifica l’idronimo e il Bidente di Pietrapazza diviene di Strabatenza laddove confluisce il Fosso delle Cannetole, avente origine dalla piega tra i Monti La Rocca e Marino.

Ai passi e alle incisioni dello Spartiacque Appenninico corrispondono i rami degli affluenti più montani del Bidente: il Fosso del Rovino, già delle Capanne o Capannacce, il Fosso delle Ranocchie, lo stesso Fiume Bidente e il Fosso dei Segoni, già della Buca Prati o della Buca dei Preti, mentre i Fossi della Spiaggia o delle Spiagge e della Neve, che confluendo danno vita al Fosso della Bocca, già della Buca, hanno origine dal primo tratto del contrafforte principale tra Cima del Termine e lo stacco del Crinale del Finocchio. Il Fosso dell’Eremo, affluente del Fosso della Bocca con origine dal Crinale del Finocchio e il Fosso dell’Eremo Nuovo convergono da versanti opposti sul sito eremitico. I Fossi di S. Giavolo, dal Piano al Fondo o del Castagnaccio, Fondo Rignone già dell’Abetaccia, dei Pianelli, del Vallone, dei Poderini, di Cà dei Maestri, delle Fiurle, delle Case, del Poggiolo, delle Palaine di Mezzo, del Troghetto, del Trogo, del Paretaio, di Ricavoli e delle Cortine, nascono dal contrafforte secondario, quindi appartengono alla sx idrografica bidentina. I Fossi di Rio D’Olmo o Ridolmo, della Capra, delle Graticce, e del Lastricheto, nascono dal contrafforte principale, mentre gli affluenti del Lastricheto, i Fossi della Capaccia, della Casaccia, del Podere e della Lastraccia, nascono dal crinale Castelluccio/Riccio, come pure i Fossi di Michelone e dei Pozzetti, comunque tutti appartengono alla dx idrografica bidentina

In particolare, il bacino idrografico del Fosso dell’Eremo Nuovo ricade nell’area dove, in ere geologiche, si è verificato il fenomeno erosivo che ha determinato la formazione di quel terrazzamento orografico interglaciale della valle corrispondente ai dolci pendii dell’altopiano di Pian della Saporita, di fatto un grande e netto piano inclinato, e attraversa con le sue ramificazioni tutto il piano inclinato del versante orientale che lo sorregge, ma un suo ramo, lungo 1,5 km, spinge le sue origini fino a Poggio della Bertesca. Il bacino idrografico del fosso è costituito in prevalenza dai coltivi degli antichi poderi dell’Eremo Nuovo e della Bertesca, oltre a diversi tratti del Castagneto dell’Eremo Nuovo, oggi abbandonato, tra cui spicca per interesse botanico un gruppo di quattro esemplari, probabilmente appartenente al nucleo più antico, stimato in 250 anni di età e 15 m di altezza. Ormai soffocata dal bosco circostante, nel 2011 l’area è stata interessata da un intervento di deforestazione mirato a ridare luce agli individui da frutto ancora vitali. Qui l’Abetina di Brasco, piccolo appezzamento grosso modo triangolare isolato nella faggeta, dove gli alberi svettano ad oltre 35 m di altezza, insieme alla più ampia abetina sovrastante a ridosso del crinale, appaiono reimpianti più che relitti dell’antico Abetio della Bertesca. Lungo la rotabile si trovano anche il maestoso Faggio della Fonte (delle Cavalle, età 300 anni) e, al margine dell’Abetina, il Maggiociondolo della Fonte, esemplare di pianta ceduata dalla particolare forma, ritenuto il più grande della specie rinvenuto nel Parco, alto 13 m, circonferenza fusto 3,7 m, ad oggi da stimare in 130 anni di età. A Pian della Saporita, a breve distanza dalla strada ma difficilmente raggiungibile, si trova il monumentale Faggione di Pian della Saporita, alto 25 m, circonferenza fusto 4,3 m, da stimare in 260 anni di età. Lungo la S.F del Cancellino si trova la Fonte delle Cavalle. Alle pendici dell’altopiano si trovano il Pero della Bertesca, alto 10 m, circonferenza fusto 2,5 m, da stimare in 190 anni di età, che svolgeva funzioni di ritrovo testimoniate dai vecchi chiodi a testa quadrata infissi sul tronco per legare il bestiame, infatti detto anche Pero della Sosta, e il Carpino della Bertesca, vecchio esemplare di Carpino bianco ripetutamente potato per ottenere frasca fresca per il bestiame.

Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur mantenendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate. Comunque, nel Settecento, chi voleva risalire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» e per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). Inoltre, «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, 1992, p. 32, cit.). Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.).

La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Pietrapazza, ricordando che se per la realizzazione delle prime grandi strade carrozzabili transappenniniche occorrerà attendere tra la metà del XIX secolo e l’inizio del XX, il crinale che dal Passo della Crocina si svolge fino alla Rondinaia in gran parte venne fortunatamente salvaguardato dal distruttivo progetto dell’ingegnere granducale Ferroni che, tra le ipotesi di “strada dei due mari” che doveva unire la Toscana e la Romagna, indicava il tracciato montano Moggiona-Eremo di Camaldoli-Passo della Crocina-Casanova in Alpe-Santa Sofia (essendo ritenuto idrogeologicamente valido).

Sul contrafforte principale da Cima del Termine probabilmente già dal 1084 è documentata nel Regesto di Camaldoli la Via de Monte Acutum, come peraltro «[…] conferma un’opinione espressa nel 1935 dal Mambrini circa l’esistenza di una strada percorribile fra i boschi di quel perfetto triangolo, il Monte Acuto, costantemente rilevato nella documentazione medievale come punto di confine fra la Romània e la Tuscia […].» (C. Dolcini, Premessa, in: C. Bignami, A. Boattini, A. Rossi, 2010, pp. 7-8, cit.). Il Mambrini fa un altro riferimento a tale strada nel trattare del Castello di Riosalso: «Il cardinale Anglico così lo descrive nel 1371: “Il castello di Riosalso è nelle Alpi in una certa valle sopra un sasso forte. Ha una rocca ed una torre fortissima ed è presso – circa un miglio – alla strada che mena in Toscana.” […] La strada qui ricordata era sul crinale del monte sopra il castello e per Nocicchio, passando a destra di Montecucco, per Badia Prataglia conduceva in Casentino. Qua e là restano gli avanzi di questa strada.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 288, cit.). Una relazione del 1652 conservata nell’Archivio dell’Opera del Duomo, che descrive la ripartizione delle aree in gestione in otto parti, è utile per ricavare un utile riferimento su tale sito: «L’ottava e ultima parte delle selve dell’Opera viene separate dalla precedente col Poggio della Bertesca e resta fra esso poggio e il Poggio delle Rivolte di Bagno ultimo termine di dette selve.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 263-271, cit.). In una mappa del 1637 allegata ad una relazione del 1710 del provveditore dell’Opera del Duomo di Firenze (riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, in A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.) si ritrova il toponimo Rivolte (oggi sent. 201 CAI), ulteriormente specificato nel Contratto livellario stipulato nel 1818 tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli: «Comunità di Bagno. Una vasta tenuta di terre nell’indicata comunità, abetata, faggiata, frascata, lavorativa, prativa, massata, trafossata come più e meglio verrà descritta in appresso sia nella qualità che nella quantità, alla quale la circonferenza confina: primo, con la Comunità di Bagno incominciando dal luogo detto le Rivolte e precisamente dal termine giurisdizionale delle Comuni di Bagno-Poppi, da questo termine calando per la scesa delle Rivolte fino al Prato ai Grilli; […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 461-463, cit.). Con il Catasto Toscano tale via diviene la Strada che da Montecarpano va alla Badia a Pretaglia. Al Giogo, come genericamente era detta la via sullo Spartiacque Appenninico, poi Via Sopra la Giogana o semplicemente la Giogana, si giungeva anche tramite il Passo della Crocina (anticamente Crocina di Bagno e Croce di Guagno o Guagnio) grazie all’antica Via Maestra che vien dall’Eremo, toponomastica della citata mappa del 1637 oltre che contenuta in una relazione del 1663: «[…] si venne per la strada del Poggio tra la Bertesca e Valdoria et il Pozzone et arrivati alla Croce di Guagnio e pigliato il Giogo tra il confino de reverendi padri di Camaldoli e l’Opera di Santa Maria del Fiore si seguitò detta giogana […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 315, cit.). Nel Catasto Toscano detta via maestra si trova per un tratto riclassificata Strada che dal Sacro Eremo va a Romiceto (oggi sent. 207 CAI), quindi era detta Strada Maestra di S. Sofia  fino Casanova dell’Alpe verso Sud, e Strada che dalla Casanova va a Santa Sofia in riferimento al tratto Nord compreso tra la Ripa di Ripastretta e il Passo del Vinco: esso interessava il Monte La Rocca e raggiungeva il Passo della Colla, aggirava i Monti Pezzoli e Marino sul versante SE e scendeva a Poggio alla Lastra divenendo di fondovalle fino a S.Sofia. Dalla via maestra, al Passo della Bertesca, si staccava la Strada che da Camaldoli va alla Bertesca, giungente fino all’Eremo Nuovo, oggi in parte sostituita da viabilità poderale (sent. 205 CAI); quindi la Strada che dall’Eremonuovo va a Pietrapazza si ricollegava con la Strada che da Pietrapazza va a Bagno, poi Mulattiera Bagno-Pietrapazza-Ridràcoli, che valicava la Colla di Càrpano incrociando le Rivolte di Bagno. Questa viabilità doveva essere ritenuta di rilievo per i collegamenti tra S. Sofia e l’interno, tanto da essere l’unica riportata nella schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia insieme alla viabilità di crinale, mancando invece un tracciato di fondovalle tra Pietrapazza e Poggio alla Lastra, questo anche significando quale fosse il limite dell’area di influenza camaldolese.  

Tra il XIX secolo e la prima metà del XX si assiste alla completa ri-organizzazione della viabilità locale e di crinale, che culminerà con la classificazione delle Mulattiere colleganti anche trasversalmente le vallate collaterali, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte di esse, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli (alcune strade forestali verranno realizzate solo al termine del ventennio successivo).

Il vecchio tracciato di fondovalle della Mulattiera del Bidente iniziava al Ponte di Cà Morelli, sul ramo fluviale di Strabatenza, in collegamento con il tracciato della Traversa di Romagna per Bagno, e correva vicino al fiume, attraversandolo spesso tramite numerosi ponti alla ricerca della situazione orografica più favorevole. A Pian del Ponte – la Bottega, c.d. «[…] per l’appalto di generi vari e di monopolio che v’era.» (G. Marcuccini, Le valli alte del Bidente: un cammino nella memoria, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p. 120, cit.), dove si trova un sistema di ponti antichi e moderni (Ponte del Faggio) e due cippi segnalano l’incrocio con la Mulattiera di Ridràcoli, iniziava il tratto intermedio Ponte Bottega-Pietrapazza della mulattiera di fondovalle e una colonnina indicava la deviazione relativa al tratto Rio Salso-S. Piero in Bagno. Sulle pietre cantonali delle case era incisa la distanza in km intercorrente in direzione Pietrapazza (p.es.: a Cetoraia km 0,610 fino a Campo di Sopra e qui km 1,200 fino a Cà Micheloni). Il Ponte Bottega o di Strabatenza in pietrame ad arco a tutto sesto, posto all’inizio della Mulattiera di Casanova (insieme alla Casina del Ponte che ne osserva il transito costituisce un interessante scorcio paesaggistico) si può considerare il primo sul Bidente di Pietrapazza. Il Ponte al Mulino alle Cortine, in ferro ad una campata su pile in pietrame e tavolato ligneo collegava  le due mulattiere citate all’altezza di Cetoraia. Sotto Cà di Pasquino un vecchio ponte in legno ad una campata su spalle in pietrame, eseguito secondo una tecnica costruttiva che doveva essere molto comune nell’area del Bidente (tra l’altro si trova codificata in una relazione di quell’epoca del comune di Bagno di Romagna), costituita da tre tronchi poggianti su pile laterali in pietrame a secco, tavolato protetto da un manto di pietrisco e parapetto in legno, attraversa ancora il fiume percorso dalla mulattiera per Cà dei Maestri/M. Roncacci ma è ormai intransitabile. Sul Fosso di Cà dei Maestri in prossimità della confluenza nel Bidente i resti di un ponticello mostrano ancora la modesta tecnica costruttiva delle passerelle costituite da una o due travi accostate senza parapetto su spalle in pietra.

Incidendo pesantemente sull’orografia dei luoghi, alla Mulattiera del Bidente (brevi tratti si riescono ad individuare in prossimità degli insediamenti) negli anni 1965-70 si è sovrapposta quasi ovunque l’odierna strada forestale che raggiunge comodamente una Pietrapazza ormai disabitata. Qui si trova (restaurato) il piccolo Ponte delle Graticce, alla confluenza dell’omonimo fosso nel Rio d’Olmo e prima che questo si immetta nel Bidente. Risalente al 1898 ed eseguito in pietrame presenta tipologia ad arco circolare leggermente ribassato con pavimentazione in pietra arenaria posta di taglio, prima della sua costruzione la mulattiera guadava il fosso poco più a monte inizialmente aggirando il versante sx. Il ponte costituiva snodo di collegamento con la citata Strada che da Pietrapazza va a Bagno, poi Mulattiera Bagno-Pietrapazza-Ridràcoli, che risaliva sostando davanti alla Maestà della Casaccia (ma da Rio d’Olmo è tuttavia ancora possibile ritrovarne lunghi tratti ormai abbandonati tra i tornanti dell’ampia strada forestale) fino a valicare la Colla di Càrpano, dove consentiva una sosta alle Case di Monte Càrpano (anticamente M. Carpi) presso una nota Osteria: «Monte Carpano […] era un notevole luogo di transito: non a caso alla fine dell’Ottocento v’era un’osteria frequentata da quel piccolo mondo di mestieri e traffici col Casentino (fattori, sensali, mercanti di bestiame) e, soprattutto, con la foresta della Lama e Camaldoli per il rifornimento di legname per madiai e bigonciai, di “cime” d’abete per i coronai.» (G. Marcuccini, 1992, pp. 119, 120 cit.). Poco dopo il Ponte delle Graticce si distacca ancora inalterata (sent. 205 CAI), attraversando il Rio d’Olmo su una passerella in legno e travatura in ferro (che sostituisce un ponte con una struttura principalmente in pietra ed un tratto in legno ancora documentata negli scorsi anni ’80) la citata Strada che dall’Eremonuovo va a Pietrapazza. Essa risale sul Crinale o Raggio del Finocchio sostando davanti alla Maestà del Raggio o della Cialdella o di Pietrapazza, poi ridiscende presso il Bidente fino l’Eremo Nuovo superandolo sul Ponte della Chiesina, ricostruito, dopo il quale diviene ampia pista poderale fino alla Bertesca e all’incrocio con la S.F. del Cancellino (collegante con il Passo dei Lupatti, aperto nel 1900 in occasione della costruzione della ferrovia Decauville del Cancellino, poi trasformata in strada forestale.

Nelle varie epoche (fino alla demanializzazione delle foreste) nel baricentro economico-religioso di Casanova dell’Alpe si incrociavano gli itinerari di collegamento con le vallate laterali, frequentati dagli operatori del settore del legname, lavoratori e commercianti. Tra essi la Mulattiera di Ridràcoli, che valicava il crinale tramite il Passo della Colla (posto nella sella tra il Monte La Rocca e il Monte Marino), che scendeva a Strabatenza e a la Bottega e la Mulattiera della Colla, che risaliva invece sul Marino da Poggio alla Lastra riunendosi a quella proveniente da Strabatenza; complessivamente le due mulattiere nel Catasto Toscano costituivano la Strada che da Ridracoli va a Poggio alla LastraDa la Bottega la Mulattiera di Casanova risaliva la valle del Trogo, mentre la Mulattiera di Pietrapazza (qui incentrata) collegava Ridràcoli con Bagno di Romagna tramite la Valle del Rio d’Olmo e il Passo di Monte Càrpano, da un lato, e la Valle del Fosso Fondo Rignone e la sella Siepe dellOrso-Paretaio, dall’altro. Questo tratto, nel Catasto Toscano detto Strada che da Siepe dell’orso va a Pietrapazza, attraversa il Bidente sul Ponte al cimitero di Pietrapazza (restaurato), in muratura di pietrame ad un’arcata circolare a tutto sesto pavimentato con pietra arenaria posta di taglio, costruito nel 1895 dai Milanesi - rinomati scalpellini di Cà di Pasquino di una stirpe familiare di origine comacina localmente nota, «Vi lavorarono come muratori (lombardi, come si diceva in quel tempo) […]» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 132, cit.) - in luogo di una struttura in legno ormai pericolante e già a metà del ‘700 ridotta a «[…] una trave d’abeto coi mantingoli […]» (S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, 1987, p. 105, cit.), quando era definita ponte sul fiume Bidente al fosso dell’Eremo Nuovo, quindi Ponte dell’Eremo Nuovo. Nella mappa del 1637 compare il disegno approssimativo di un altro antico percorso, la Via del Rovino, direttamente collegante il fondovalle del Bidente di Pietrapazza e l’Eremo Nuovo con il Giogo: dai raffronti cartografici e morfologici essa è da collocare prevalentemente sul crinale di quella citata lunga dorsale che si distacca da Poggio Rovino, ancora oggi segnata da evidenti tracce di trascorse (o rinnovate) percorrenze. L’Eremo Nuovo era pure collegato con i poderi in dx idrografica (Poderuccio, Buca) attraversando il fiume tramite il Ponte dell’Eremo, ormai in rovina, modestamente costituito da tre travi accostate (ne resiste una) su robuste spalle in pietra, che comunque certifica una certa importanza del tracciato non servito da un semplice guado, ma il percorso, nel catasto moderno corrispondente alla S. Vic.le Campo Rosso-Eremo Nuovo, raggiungeva le Rivolte di Bagno tramite il valico di Prato ai Grilli, con discesa a Campo del Rosso.

In base al Catasto Toscano nell’area del Fosso dell’Eremo Nuovo compare anzitutto un nucleo di due fabbricati adiacenti denominati L’Eremo nuovo mentre più discosto compare un ulteriore fabbricato, anonimo ma segnato con la croce, relativo ai ruderi oggi noti come la Chiesina. Nella Pianta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850, conservata presso il Nàrodni Archiv Praha) compare la dizione Eremonuovo P.e attribuita ad entrambi i siti. Riguardo la Chiesina, di cui non si trovano notizie documentarie certe salvo la citata croce catastale, è concretamente ipotizzabile che si tratti di parte dei resti del nucleo eremitico comprendente l’Oratorio della Visitazione di Maria o della Beata Vergine e di S. Romualdo, così documentato in occasione delle visite pastorali fino alle ultime del 1746, 1761 e 1776, quando non si accenna più alla casa eremitica, probabilmente non più esistente: «Il 31 agosto 1761 fu nuovamente visitato l’Eremo. […] Il visitatore trovò tutto bene […]. Da notare è che in queste due ultime visite non si fa cenno alcuno alla casa che era adiacente. Forse non esisteva più.» (E. Agnoletti, 1996, p. 188, cit.). In seguito alla presa in possesso delle terre da parte dell’Opera del Duomo di Firenze vennero stabiliti i nuovi confinamenti, raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” (che costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile relativamente agli anni dal 1545 al 1626) da cui si apprende anche dell’esistenza di un Mulino dell’Eremo Nuovo: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Un’altra presa di terra in luogo detto le Bacie dell’Eremo Nuovo […] – Una presa di terra aggettata e boscata in luogo detto la Bertesca la quale comincia sopra l’Eremo Nuovo […] 1546 […] – Un pezzo di terra di some 3 in luogo Mulino dell’Eremo Nuovo.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 149-151, cit.). Del sopracitato nucleo più antico di due fabbricati denominato L’Eremo nuovo è del tutto scomparso il fabbricato più a monte, planimetricamente articolato, che appare adiacente al ramo del Fosso dell’Eremo Nuovo proveniente da Poggio della Bertesca e affiancato da un ampio resede campito dello stesso colore del fosso, tanto da poter corrispondente alla gora del documentato Mulino dell’Eremo Nuovo; dell’altro, quadrangolare, sono ancora visibili pochi ruderi, tipologicamente attribuiti ad uso casa-stalla, del quale non si può escludere l’esclusivo uso poderale. Presso il Ponte della Chiesina il Bidente presenta un notevole salto che ha creato una marmitta dei giganti; l’energia idraulica fu sfruttata a metà del XX secolo per la creazione di una piccola centrale elettrica a disposizione dell’Eremo Nuovo e della Bertesca, di cui restano avanzi di un piccolo capanno in pietra, non si può escludere che la centrale abbia riutilizzato le strutture dell’antico mulino. Altri insediamenti dell’area erano la Bertesca, costituito dal fabbricato colonico principale e da due annessi adiacenti, una stalla-fienile posta circa 200 m più a monte nota come Mandria Vecchia, documentata ancora negli scorsi anni ‘70 ma oggi scomparsa, e le Capanne, posto in sx idrografica del Fosso del Rovino presso lo sbocco nel Bidente, nel sito anticamente detto Pian del Miglio, di cui si hanno notizie fin dal 1642 ma sarebbe stato abbandonato già dai primi del ‘700. Nel 1963 l’Eremo Nuovo è stato abbandonano e ceduto all’E.R.S.A. che in seguito fece vari interventi di ristrutturazione con il rifacimento del tetto; la Bertesca è stata abbandonata nel 1970. L’Ente Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi ha annunciato (2013) la prospettiva dell’apertura di una fase di collaborazione con la Regione Emilia-Romagna verso intese finalizzate al recupero e conservazione di strutture pubbliche importanti per l’area protetta e con un’elevata valenza testimoniale, tra cui detti fabbricati, ma senza seguito.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque e rilievi citati.

N.B. - Nel tardo Pliocene e nel Quaternario un intenso processo erosivo ha interessato l’Appennino romagnolo: «[…] cercai di calcolare (basandomi sullo spessore della coltre alluvionale padana) […] e trovai che non poteva considerarsi inferiore al valore medio di circa 650 metri (sulla superficie occupata dalla montagna e dalla collina) […] calcolato in un millimetro annuo circa, si ottiene come quoziente il periodo di 650.000 anni, […] corrispondente […] con buona approssimazione, alla durata del Quaternario, cioè di quel periodo geologico nel quale qui si è avuta  per cause diverse […] il più potente effetto erosivo.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 40, cit.). Le erosioni, unitamente ai fenomeni collegati alle oscillazioni glaciali, comportarono la formazione dei terrazzi orografici (antichi piani fluviali) a partire dal Periodo interglaciale Mindel-Riss, 350-300.000 anni fa, fino a poche migliaia di anni fa. «L’importanza dei terrazzi è notevole a livello antropico, in un territorio geologicamente e tettonicamente “giovane dove la morfologia dominante offre pendici scoscese e terreni instabili, anche per colpa dell’uomo, e quindi difficili condizioni ambientali. È sui terrazzi del Mindel-Riss che si trovano ubicati numerosi dei più antichi nuclei abitati alpestri, come Poggio alla Lastra, Strabatenza, Castel dell’Alpe, Pian del Grado-Celle, Biserno, Sasso ecc., oppure i più recenti insediamenti sparsi legati alla diffusione della mezzadria in montagna nel corso del’Ottocento-Novecento – e significativamente segnalati dal toponimo iniziante con “pian” […]» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi - a cura di, 1992, p. 28, cit.).

- Informazioni preziose riguardo luoghi e fabbricati si hanno grazie ai rapporti delle visite pastorali o apostoliche. La visita, che veniva effettuata dal vescovo o suo rappresentante, era una prassi della Chiesa antica e medievale riportata in auge dal Concilio di Trento che ne stabilì la cadenza annuale o biennale, che tuttavia fu raramente rispettata. La definizione di apostolica può essere impropria in quanto derivante dalla peculiarità di sede papale della diocesi di Roma, alla cui organizzazione era predisposta una specifica Congregazione della visita apostolica. Scopo della visita pastorale è quello di ispezione e di rilievo di eventuali abusi. I verbali delle visite, cui era chiamata a partecipare anche la popolazione e che avvenivano secondo specifiche modalità di preparazione e svolgimento che prevedevano l'esame dei luoghi sacri, degli oggetti e degli arredi destinati al culto (vasi, arredi, reliquie, altari), sono conservati negli archivi diocesani; da essi derivano documentate informazioni spesso fondamentali per conoscere l’esistenza nell’antichità degli edifici sacri, per assegnare una datazione certa alle diverse fasi delle loro strutture oltre che per averne una descrizione a volte abbastanza accurata

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

AA.VV., Il popolo di Pietrapazza, C.C.I.A.A. di Forlì, Cooperativa culturale Re Medello, Forlì 1989;

E. Agnoletti, Viaggio per le valli bidentine, Tipografia Poggiali, Rufina 1996;

C. Bignami, A. Boattini, La Gente di Pietrapazza, Monti editore, Cesena 2018;

C. Bignami, A. Boattini, A. Rossi (a cura di), AL TEMPE DEL COROJJE - Poderi e case rurali nel territorio parrocchiale di Bagno di Romagna - Immagini e storie di altri tempi, Edizioni Nuova S1 Il Girovago, Bologna 2010;

A. Bottacci, La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, 1959-2009, 50 anni di conservazione della biodiversità, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, Pratovecchio, 2009;

E. Ceccarelli, N. Agostini, Giganti di legno e foglie. Guida alla scoperta degli alberi e dei boschi monumentali del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2014;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, I sentieri dei passi perduti. Territorio e mulattiere tra alta Val Savio e alta Val Bidente nel Comune di Bagno di Romagna. Storia e Guida, Coop. Culturale “Re Medello”, C.M. dell’Appennino Cesenate, S. Piero in Bagno 1987;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba - Il Fosso dell’Eremo Nuovo è raggiungibile solo tramite sentieristica o pista ciclabile dalla S.F. del Cancellino (sterrata non transitabile di 20 km che si distacca al km 198+500 della S.R. 71 Umbro-Casentinese) lungo la quale si trova, nei pressi del km 7/13, l’innesto del Sent. 205 CAI che conduce al tratto di fosso presso l’Eremo Nuovo, su 2,4 km di pista poderale. Alla S.F. del Cancellino si può giungere agevolmente anche tramite il Sent. 207 CAI dal Paretaio, dove si perviene dalla S.F. Poggio alla Lastra-Grigiole, percorrendo in tutto 2,3 km fino all’innesto del Sent. 205. Qualora si giunga da Pietrapazza, dove si perviene dalla S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza (sterrata di circa 10 km), si percorre prima un breve tratto (200 m) del Sent. 209 CAI quindi fin dall’inizio il Sent. 205 CAI per ulteriori 2,1 km fino a destinazione, seguendo un antico ed oggi interessante tragitto che si sviluppa sulla cresta del crinale. Il percorso è riportato in tutta la cartografia sentieristica. Un ulteriore sentiero non numerato (bolli rossi) ma comparente nella cartografia dedicata corrisponde alla S.Vic.le Eremo Nuovo-Campo Rosso che da Prato ai Grilli in circa 2 km scende al guado sul Bidente accanto al Ponte dell’Eremo, posto a 400 m dal romitorio.

foto/descrizione :

Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore.
Nota - Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un'altra scheda.

00a1 – 00a2 - 00a3 – Le spoglie fronde arboree dello spartiacque subito sopra il Passo dei Lupatti consentono di scorgere la valle del Bidente e l’incisione del Fosso dell’Eremo Nuovo presso l’insediamento topico, mentre le ombre invernali avanzano già nel primo pomeriggio (7/01/12).

00b1 – 00b2 – Dal Monte Càrpano si ha contestualizza l’inserimento del terrazzo interglaciale di Pian della Saporita-Bertesca nell’ambito dello Spartiacque Appenninico e dello stacco del contrafforte con il crinale della Bertesca (3/10/11).

00c1/00c4 – Dalla S.F. Nocicchio-Pietrapazza presso il Poggiaccio è possibile distinguere bene l’ampio pendio che sorregge Pian della Saporita e, grazie alle radure, i campi di Bertesca e Mandria Vecchia, che contrastano con l’asprezza dei rilievi appenninici. Legenda indice fotografico: A – Abetina di Brasco; B – Bertesca – M – Mandria Vecchia; P – Pian della Saporita (3/10/11 - 1/01/12 - 16/02/17 - 27/02/17).

00d1 – 00d2 – Dalla S.F. Nocicchio-Pietrapazza presso Ridolmo, lo spostamento dell’asse visivo consente una visione del profilo del terrazzo interglaciale di Pian della Saporita-Bertesca (18/10/11).

00e1/00e9 – Dal Crinale o Raggio del Finocchio si sovrasta la valle del Bidente all’altezza dell’Eremo Nuovo e sono possibili vedute ravvicinate (12/07/16 – 1/09/16).

00e10/00e20 – Dalla quota inferiore del versante occidentale del Crinale del Finocchio, pressi dell’insediamento topico, la limitata distanza consente di individuare il corso del Fosso dell’Eremo Nuovo, a monte e a valle dell’insediamento, oltre allo scolo che corre lungo la pista corrispondente al ramo proveniente da Poggio della Bertesca; il bosco ancora spoglio consente inoltre di individuare il nucleo più antico del castagneto (7/04/18).  

00f1/00f5 – Dai pressi di Poggio Rovino, adiacente al Passo della Crocina sullo Spartiacque Appenninico, scorcio sul versante orientale del contrafforte secondario ed in particolare del Poggio e dell’abetina della Bertesca delimitata dall’incisione del ramo alto del Fosso dell’Eremo Nuovo (2/07/20 – 10/5/21).

00g1 – Schema cartografico del bacino idrografico del Fosso dell’Eremo Nuovo e adiacenze.

00g2 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, evidenziava esclusivamente i tracciati viari di crinale che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, il tracciato di fondovalle S.Sofia-Poggio alla Lastra che poi si riconnetteva al tracciato di crinale ed il tracciato trasversale che collegava i Passi della Bertesca e di Monte Càrpano transitando da Pietrapazza. La toponomastica riprende, anche nella grafica, quella originale; integrazioni in neretto a fini orientativi.

00g3 – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale. Qui compare anche la toponomastica della viabilità principale di fondovalle e di crinale.

00g4 – Schema del sistema viario storico principale al XIX secolo, che nella prima metà del XX secolo venne integrato con il sistema delle mulattiere, su base cartografica dei primi decenni del XX secolo, prima della realizzazione dell’invaso di Ridràcoli e della viabilità provinciale interna.  

00g5 - Schema da cartografia della prima metà del ‘900, corrispondente alla situazione odierna.

00h1/00h4 – Il Fosso dell’Eremo Nuovo giunge presso i fabbricati, dove l’alveo è costituito da un selciato, e si unisce al ramo proveniente da Poggio della Bertesca (7/04/18 – 28/10/20).

00h5/00h9 – Il tratto finale del fosso, dall’Eremo Nuovo fino allo sbocco nel Bidente (28/10/20).

00h10 – 00h11 – Il Bidente di Pietrapazza a monte e a valle della confluenza del Fosso dell’Eremo Nuovo (28/10/20).

00h12 – Il ramo del fosso che proviene da Poggio della Bertesca, nel tratto a valle della Bertesca (28/10/20).

00i1/00i6 – Nel bacino idrografico del fosso si trovano gli esemplari superstiti dell’antico Castagneto dell’Eremo Nuovo; lungo la strada giacciono le cataste abbandonate degli ultimi tagli (28/10/20).

00i7/00i10 - Presso Pian della Saporita si trovano l’Abetina di Brasco e 3 alberi segnalati e schedati per le loro caratteristiche particolari. Sono: il Faggione di Pian della Saporita, alto 25 m, circonferenza fusto 4,3 m, stimato in 250 anni di età, il Faggio della Fonte (delle Cavalle) e, al margine dell’Abetina di Brasco, il Maggiociondolo della Fonte, esemplare di pianta ceduata dalla particolare forma, ritenuto il più grande della specie rinvenuto nel Parco, alto 13 m, circonferenza fusto 3,7 m, stimato in 120 anni di età. (24/08/11 - 16/07/12 – 28/10/20 – 25/02/21).

00i11 – 00i12 – Il Carpino (bianco) della Bertesca è adiacente alla pista poderale che scende all’Eremo Nuovo, sull’esterno dello stretto tornante sottostante alla Bertesca , il Pero della Bertesca o della Sosta si trova a circa 150 m dalla pista poderale che scende all’Eremo Nuovo, e si raggiunge seguendo la traccia della vecchia mulattiera che si distacca sul lato opposto della Bertesca, pressi di un pozzo e di un abbeveratoio (27/08/20).

00l1/00l8 – Tratto superstiti dell’antica Strada che da Camaldoli va alla Bertesca tra la Bertesca e l’Eremo Nuovo e di sistemazioni a valle della Bertesca (28/10/20).

00m1 – 00m2 – I resti del Ponte dell’Eremo (19/02/17).

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