I Piani o Pian del Ghiro
Testo di Bruno Roba (25/01/2022) - Il bacino idrografico del Fosso Fondo Rignone appartiene ad un tratto di versante orientale del contrafforte secondario, compreso tra Poggio della Bertesca, il terrazzamento orografico interglaciale di Pian della Saporita, l’area dell’Eremo Nuovo e la dorsale che staccandosi dietro Siepe dell’Orso si sviluppa fino al Bidente subito a monte di Pietrapazza, delimitando a Nord la valle dei Fossi del Vallone e dei Poderini, dorsale già detta Raggio di Valprandola, la parte alta e Raggio da Rignuno o Rignuni o di Rignone, il tratto inferiore. Questo brano di territorio è reso particolarmente impervio dal susseguirsi di diramazioni montane che danno origine ad un fitto e quasi indistinguibile reticolo idrografico, tra cui si identificano il Fosso del Castagnaccio e il suo ramo alto, che forse indentifica l’intero torrente, significativamente detto dal Piano al Fondo (ovvero da Pian della Saporita al Fosso Fondo), affluente del Fondo Rignone, e il Fosso di S. Giavolo, affluente del Bidente. Il ramo principale del Fosso Fondo Rignone (accoppiamento toponomastico accrescitivo del termine, dal latino classico, rivus e tardo latino rigus, con il significato sia di fossone, vallone sia di rigagnolo) ha origine dall’ampia sella del contrafforte al Paretaio, che costituisce passo montano di collegamento con la viabilità di crinale e con la Valle di Ridràcoli. Nel XVI secolo il Rignone era l’area più elevata che si estendeva fino all’Abetaccia e a S. Giavolo mentre l’Himo Rignone o Rignone Basso riguardava l’area della Casetta, estendendosi fino a Cà dei Conti, a Petrella e al Mulino Milanesi di Pietrapazza o di Cà del Conte. L’area fino alla zona dell’Eremo Nuovo era detta Sangiavolo. Nel XVIII secolo la parte elevata era semplicemente detta Monte e i coltivi di Siepe dell’Orso erano detti i Campi da Monte.
Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di Pietrapazza, Fiume Bidente di Pietrapazza e Fosso Fondo Rignone.
In base al Catasto Toscano (1826/34) nel sistema vallivo dei Fossi Fondo Rignone e di S. Giavolo, in ordine geografico, sorgevano i fabbricati di Siepe dell’orso, detto anche Mottoni, o Siepe all’Orso o Siepe dell’Orso di Sopra, oggi Siepe dell’Orso, restaurato, La Siepe dell’orso, poi distinto in Siepe dell’Orso di Mezzo e Siepe dell’Orso di Sotto, scomparso, Abetaccia o Albaraccio o Abataccio o Abedaccio, nella Carta d'Italia I.G.M. odierna declinato l'Abetaccia, Castagnaccio, nella Carta d'Italia declinato il Castagnaccio, Rignone o Rignoni o Rignuno o Rignuni e Casetta o Casetta di Cà del Conte, nel N.C.T. declinato La Casetta, ridotti a rudere. S. Giavolo, già S. Giavoli o Sangiavolo nella Carta d’Italia dell’I.G.M. precisato C. S. Giavolo, posto nel crinale di separazione dal fosso omonimo, e I Piani o Pian del Ghiro, posto nel crinale di separazione tra i Fossi di S. Giavolo e dell’Eremo Nuovo, sono anch’essi ridotti a rudere o pochi resti. In riva al Bidente, tra gli sbocchi dei due Fossi Fondo Rignone e di S. Giavolo, in un luogo già detto Macchia da Rignoni, si trovano i ruderi di Campo della Sega, già Campo alla Sega, c.d. dai caratteristici affioramenti delle stratificazioni marnoso-arenacee, a volte sporgenti e frammentati come denti di sega. Un ulteriore fabbricato scomparso era Il Baraccone, risalente all’epoca della ferrovia Decauville del Cancellino o della sua trasformazione in rotabile, cui si deve il lascito toponomastico relativo al sito dove sorgeva, presso il tornante stradale che aggira il contrafforte secondario e fronteggiante Siepe dell’Orso, evidente nelle vedute panoramiche.
Sulle prime pendici orientali del Raggio di Rignone, scolanti sul Bidente ma anticamente appartenenti all’area di Rignone, si trovano Cà dei Conti, anticamente Casa del Conte e Cà del Conte, nel Catasto Toscano Cà de’ Conti, nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894) trascritto come oggi per intero, e Petrella, nella Carta d’Italia dell’I.G.M. odierna C. Petrella, altrimenti anonimo nella cartografia antica ma detto La Petrella. Presso Pietrapazza, in riva al fiume e di là dal ponte si trova il Mulino Milanesi o Mulino di Cà del Conte, presente ma anonimo nel Catasto Toscano, con il solo simbolo dell’Opificio a forza idraulica nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894) e con il solo simbolo del fabbricato in quella successiva del 1937.
I Piani - documentato fin dal 1632 come podere cui si aggiunge, entro il decennio successivo, la casa colonica ed entro la fine del secolo anche un capanno ed il forno - nel corso del Settecento diviene noto anche come Pian del Ghiro dal cognome (Ghiri) di uno dei proprietari dell’epoca. Ricade nell’area detta Sangiavolo che anticamente riguardava il versante montano che si estende dal Raggio da Rignuno all’area dell’Eremo Nuovo, luogo noto per essere particolarmente impervio oltre che per essere «[…] fin dal medioevo ricetto per fuorusciti e banditi della Repubblica fiorentina.» (S. Fabiani e G. Fabiani, Cronache del territorio del Capitanato di Bagno. Aspetti della vita civile e religiosa. Il Cinquecento, parte prima (1502-1560), in: ALPE APPENNINA, 02/2020, pp. 220-221, cit.), tanto che nel poggio di S. Giavolo nel 1558 vi fu temporaneamente insediata una batteria di cannoni, tirati da buoi, per controllare tutta la vallata. Vuoi per essere malfamata, vuoi perché La muntâgna la è bëla da vdē … «La montagna è bella solo a vedersi, detta un proverbio romagnolo […] , mentre è brutta per chi la vive e chi la pratica, testimoniano tanti toponimi peggiorativi […]» (E. Casali, Aspetti e forme della cultura folclorica, in N. Graziani, a cura di, 2001, p.405, cit.), probabilmente il luogo si meritò tale toponimo ossimorico, dove la componente sacrale ed esorcizzante si vuole contrapporre a quella diabolica: in romagnolo ğàval o giàval è il diavolo, ğavlétt o giavlétt è il diavoletto o fanciullo insolente e i giavulon sono dei confetti. Le prime documentazioni sono pressoché contemporanee all’inventario dei beni posseduti dall’Opera del Duomo di Firenze in Romagna dal 1545, ma senza rientrarvi essendo di proprietà privata, epoca in cui all’operatività modernizzatrice fiorentina evidentemente conseguivano censimenti anche delle aree confinanti. Essendo continuativamente abitato solo fino al 1818, I Piani infatti non è compreso nella mappa dell’Archivio Comunale di Bagno di Romagna datata 1888-1913 (cfr. AA.VV., 1989 e C. Bignami, A. Boattini, 2018, cit.), riguardante l’attribuzione delle numerazioni civiche, mentre compare esclusivamente nel Catasto Toscano del 1826-34 senza toponimo ed accanto ad un accenno viario. Anche nella cartografia di impianto dell’I.G.M. (Carta d’Italia 1894 e 1937) la mulattiera tra l’Eremo Nuovo e S. Giavolo, presso la quale sorgeva, è riportata ormai a tratti. Del fabbricato oggi se ne trovano scarsissimi resti.
Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.: - Negli scorsi Anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Abetaccia, Cà dei Conti, La Casetta, La Pedrella, Rignone e S. Giavolo, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
- Il timore suscitato nell’immaginario collettivo dal possibile incontro con animali potenzialmente pericolosi rendeva frequente l’usanza di “battezzare” significativamente i luoghi di tali eventi: Cà dell’Orso, Cà D’Orso, Cà Orsarola, Fonte Lupaia, Fossa dell’Orso, Fossa del Lupo, Macchia d’Orso, Orsaiola, Orsaro, Passo dei Lupatti, Pian dei Lupi, Prato all’Orso, Tana all’Orso. A proposito si può citare l’inchiesta leopoldina del 1766 sull’economia locale del territorio, estremamente povera e di sussistenza specie nelle zone montane, eventualmente integrata con i prodotti della pesca e della caccia ai piccoli animali: se la caccia ai mammiferi maggiori era riservata ai grandi proprietari con riserva dei rapaci e delle loro uova al Granduca, ricompense venivano concesse a chi uccideva lupi e orsi bruni, questi ultimi segnalati ancora nel 1733 presso i confini geografici.
- Quando il toponimo compare con anteposta l’abbreviazione “C.” presumibilmente si è manifestata l’esigenza di precisarne la funzione abitativa; in base alle note tecniche dell’I.G.M., se viene preferito il troncamento Ca, deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
AA.VV., Il popolo di Pietrapazza, C.C.I.A.A. di Forlì, Cooperativa culturale Re Medello, Forlì 1989;
C. Bignami, A. Boattini, La Gente di Pietrapazza, Monti editore, Cesena 2018;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997;
M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
ALPE APPENNINA rivista on-line, n. 02, Raffaele Monti editore, Cesena 2020;
Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Link https://www.alpeappennina.it/;
Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
Testo di Bruno Roba - I Piani è raggiungibile con qualche difficoltà dalla S.F. del Cancellino (sterrata non transitabile di 20 km che si distacca al km 198+500 della S.R. 71 Umbro-Casentinese) lungo la quale si trova, poco più a Sud del km 7/13, l’innesto del Sent. 205 CAI che conduce in 700 m ad un tornante da cui parte una mulattiera con bolli rossi che in 650 m conduce sul luogo.
Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
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00a1 - 00a2 - 00a3 - Dal Monte Piano si può avere una delle più ampie viste dell’intero Spartiacque Appenninico e del contrafforte secondario che si stacca da Poggio allo Spillo/Passo della Crocina, dove la delimitazione di testata della valle del Fosso del Castagnaccio, costituita dallo scosceso versante NE di Poggio della Bertesca, nel digradare si trasforma nella dorsale che presto si rialza con il poggio dove si trovano i ruderi S. Giavolo ormai immersi nell’impianto restaurativo di pinacee; il Fosso di S. Giavolo, che nasce dai pressi dell’Abetina di Brasco, separa detta dorsale da quella minore ma similare dove si trovano i resti de I Piani, nell’area poderale in corso di spontanea ricolonizzazione arbustiva, che appena si scorge grazie all’innevamento oltre il crinale che proviene dal Monte Castelluccio (1/01/12).
00b1 - 00b2 - Dal Monte Castelluccio, oltre il crinale che digrada dal Monte Càrpano, si apprezza l’intero complesso vallivo dei Fossi Fondo Rignone, Castagnaccio e S. Giavolo con le abetine restaurative degli insediamenti di Abetaccia e S. Giavolo, mentre la ridotta area spoglia dei Piani si scorge seminascosta grazie all’innevamento (1/01/12).
00c1/00c4 - Dalle pendici del Monte Càrpano si notano la valle del Fosso di S. Giavolo, l’assetto dell’insediamento omonimo (dove la piantata di pinacee ricopre e circoscrive l’antica area poderale) e l’area poderale dei Piani, non ripiantata ed in corso di ricolonizzazione arbustiva spontanea (1/01/12).
00c5/00c8 – Dalla S.F. Nocicchio-Pietrapazza, presso il Poggiaccio, panoramiche del sistema vallivo con indice cartografico di localizzazione degli insediamenti e vedute del profilo della dorsale che consente una diversa osservazione dell’area ex-poderale dei Piani (3/10/11 – 15/11/11 - 16/02/17).
00d1/00d7 – Dal tratto alto del Crinale o Raggio del Finocchio, panoramiche dell’area detta Sangiavolo, che anticamente riguardava il versante montano che si estende dal c.d. Raggio da Rignuno all’area dell’Eremo Nuovo, e vedute ottimali dell’area poderale dei Piani, i cui resti sono occultati dagli arbusti (12/07/16).
00e1 – Schema cartografico del bacino idrografico del Fosso dell’Eremo Nuovo e adiacenze.
00e2 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, evidenziava esclusivamente i tracciati viari di crinale che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, il tracciato di fondovalle S.Sofia-Poggio alla Lastra che poi si riconnetteva al tracciato di crinale ed il tracciato trasversale che collegava i Passi della Bertesca e di Monte Càrpano transitando da Pietrapazza. La toponomastica riprende, anche nella grafica, quella originale; integrazioni in neretto a fini orientativi.
00e3 – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale. Qui compare anche la toponomastica della viabilità principale di fondovalle e di crinale.
00e4 – Schema del sistema viario storico principale al XIX secolo, che nella prima metà del XX secolo venne integrato con il sistema delle mulattiere, su base cartografica dei primi decenni del XX secolo, prima della realizzazione dell’invaso di Ridràcoli e della viabilità provinciale interna.
00e5 - Schema da cartografia della prima metà del ‘900, corrispondente alla situazione odierna.
00f1/00f11 – Dalla pista poderale che discende dalla S.F. del Cancellino, poco a monte della Bertesca, si stacca la mulattiera che reca a S. Giavolo dalla quale, subito dopo un tornante che aggira un crinale, si stacca una traccia di mulattiera che discende il versante presso un fossatello e raggiunge il sito dei Piani (25/02/21).
00g1 – 00g2 – 00g3 – Vedute dell’area ex-poderale dei Piani (25/02/21).
00h1/00h10 – Gli scarsissimi resti de i Piani: nella 1^ foto si nota la fossa che dovrebbe corrispondere a una porzione del fabbricato; si riconosce l’albero segnalato dalla freccia nella foto 00d7 (25/02/21).
00i1 – 00i2 – 00i3 – Vedute di tracce della mulattiera a monte del fabbricato, recante a S.Giavolo, e a valle, guadante un fossatello e proveniente dall’Eremo Nuovo (25/02/21).