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Pian del Ponte - La Bottega

inserita da Bruno Roba
Tipo : località
Altezza mt. : 469
Coordinate WGS84: 43 52' 17" N , 11 53' 33" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (19/11/2022) - Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto di Spartiacque Appenninico compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.

La valle del Fiume Bidente di Pietrapazza riguarda il ramo più orientale del Bidente delimitato: ad Ovest, da un primo tratto del contrafforte secondario che, distaccatosi da Poggio allo Spillo, va a concludersi con il Raggio della Rondinaia; ad Est da un primo tratto del contrafforte principale che si stacca da Cima del Termine diretto verso Cesena. La sua testata si sviluppa tra il Passo della Crocina e la vetta minore di Cima del Termine, estendendosi, ad Ovest, al tratto del contrafforte secondario compreso tra Poggio allo Spillo e Poggio della Bertesca, ad Est, al tratto del contrafforte principale, le Rivolte, compreso tra Cima del Termine ed il Crinale o Raggio del Finocchio; quest’ultimo, staccandosi presso la sella di Prato ai Grilli,posta prima del Poggiaccio, converge quindi verso l’Eremo Nuovo. Completa la delimitazione del sistema vallivo l’ulteriore convergenza di tre dorsali che si diramano dagli opposti contrafforti: due di esse si staccano dai Monti Moricciona e La Rocca, la terza si stacca dal versante opposto, ovvero  dal Monte Castelluccio (anticamente detto Poggio de Castellare), determinando un contesto di notevole interesse morfologico e paesaggistico. Dopo aver espresso una serie di picchi anticamente detti (nell’ordine, da monte a valle) Poggiolo dei Ronchi o della Balza dei RonchiPoggiolo delle Casaccie e Poggio di Rio Salso, detta dorsale infatti si prolunga assottigliandosi e arcuandosi in parallelo al Bidente, nel contempo evidenziando il Monte Casaccia prima di terminare con il Monte Riccio (dove, strategicamente collocato, il Castrum montis Riccioli, almeno già dal 1321 sorvegliava ogni transito - ne restano vaghe tracce: «Anche sopra la via che va a Strabatenza, presso la località detta Ca’ di Veroli, ove dimora tuttora un ramo della famiglia Bardi, lassù rifugiatasi, fra i monti più alti, ai tempi delle famose contese medioevali, vedonsi i muri imponenti di un vecchio maniero, e quel luogo dicesi Montericcio» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 279, cit.). Qui, presso la confluenza dei Fossi di Strabatenza e Trappisa nel Bidente, la Valle di Pietrapazza si restringe quasi a chiudersi creando una discontinuità con quella di Strabatenza, così rendendo possibile una specifica identità geo-morfologica. A valle dell’improvvidamente demolito ma mai idealmente rimosso villaggio di Strabatenza, pur senza soluzione di continuità morfologica, si modifica l’idronimo e il Bidente di Pietrapazza diviene di Strabatenza laddove confluisce il Fosso delle Cannetole, avente origine dalla piega tra i Monti La Rocca e Marino.

Il versante sud-occidentale della dorsale dal Castelluccio appartiene alla Valle di Pietrapazza si possono distinguere varie aree. Il versante sud-occidentale appartiene alla valle del Fosso del Lastricheto, costituendone l’area degli insediamenti per morfologia ed esposizione più favorevole: all’inizio del Cinquecento la parte adiacente allo sbocco era detta le Felcetine o Falcedino. Il versante occidentale, scolante direttamente nel Bidente di Pietrapazza, si può distinguere nell'anticamente detta Valle del Frassine, nell’area intermedia de la Celteraja e in quella nodale di Pian del Ponte – la Bottega, c.d. «[…] per l’appalto di generi vari e di monopolio che v’era.» (G. Marcuccini, Le valli alte del Bidente: un cammino nella memoria, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p. 120, cit.). Le due ultime erano attribuite alla Valle di Strabatenza, benché detto ramo del Bidente iniziasse poco oltre, come sopra evidenziato. Comunque, in tutte dette aree la presenza di insediamenti era favorita dall’infrastrutturazione locale principale, costituita dalla strada di fondovalle (prima anonima, poi Mulattiera del Bidente, oggi S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza o Str. Com.le del Bidente), lungo la quale essi si distribuivano (ma le rispettive aree poderali si estendevano anche sull’opposto versante fluviale), e dall’importante snodo viario, caratterizzato da un sistema di ponti indispensabili per l’attraversamento delle anse fluviali e dei fossi ivi affluenti.

Anticamente questo tratto di fondovalle era disabitato, ma i dintorni sono documentati già dal 1082, quando un appezzamento con selva in località Cortine di Metato Vecchio viene donato dai probabili fratelli del futuro papa Pasquale II (pontefice dal 1099 al 1118, figlio di Crescenzio Raineri, signore del castello di Bleda) al priore di Camaldoli per costruirvi la chiesa e il monastero. Poco dopo, nel 1091, è documentato un insediamento castellano nel sito di Strabatenza, quando un altro signore di Bleda, Ugo, dona all’abbazia di Isola varie possessioni, tra cui il castrum Strabatenzoli che, era posto … «Più su della villa, alla distanza di 200 metri circa, dove il terreno pianeggia, nella strada che mena per Casanova dell’Alpe […] a Camaldoli […]. Null’altro abbiamo trovato d’importante che riguardi il castello di Strabatenza, il quale, diroccato dai terremoti, sarà stato abbandonato dai feudatari, quando nella fine del secolo XIV cedettero il possesso ai Camaldolesi.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 295, 299, cit.). Nella Descriptio Romandiole del 1371 risulta inoltre documentata la piccola villam Strabatenzoli cum omnibus pertinentiis suis o villa Strabatenzole, dipendente dai signori di Valbona ma ormai in declino, che possedeva un certo rilievo non per il numero minimo di focularia (3) ma perché, nell’ambito dell’Appennino tosco-romagnolo, vantava la più antica presenza monastica grazie all’insediamento dell’eremo camaldolese. Un ulteriore riferimento all’area risale al secolo successivo ed è documentata nella donazione del 1442 (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”) all’Opera del Duomo di Firenze della selva di Casentino overo di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli, dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi. L’Opera per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta: «[…] quanto allo legname di decte selve e quanto alli abeti et alberi che sono e saranno per lo adivenire in decte selve le quali si possino e debbino governare dagli operai di decta opera e tucto l’utile sia dell’Opera;[…]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 16, cit.). Nel 1595 Strabatenza risulta avere 260 abitanti, ridottisi a 230 nel 1746 e a 205 nel 1894. La documentazione relativa ai poderi risale invece al Cinquecento ma si ferma a quelli posti poco più a monte. Essa consiste in una disputa giudiziaria del 1531 relativa ad una compravendita risalente al 1524 di un appezzamento sito in un luogo detto Falcedino. Alcuni luoghi sono inoltre documentati fin dal 1546 nell’inventario eseguito dopo che l’Opera, avendo preso possesso delle selve, dove desiderava evitare nuovi insediamenti, aveva constatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti (“roncamenti”) non autorizzati; pertanto, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1546 […] Un poderetto di terra lavorativa e roncata in luogo detto la Fossa dell’Olmo di some 5 […] Un pezzo di terra lavoratia, siepata e roncata in luogo detto il Susinello di some 5. […] un pezzo di terra lavorativa e roncata posta in luogo detto i Ripiani e di some 6. Un podere di terra lavorativa e roncata con casa, in luogo detto le Felcetine. […] Un poderino alle Graticce di some 5. […] 1547 […] Un podere con casa e terre lavorative e vignate e roncate in luogo detto la Celteraia. […] Un podere o vero tenimento di terre parte lavorative e parte roncate e boscate con vigna e casa, in luogo detto Campo di Sopra e vale lire 1000. Un podere ai Ripiani di some 25. […] Un podere con casa e terre lavorative roncate et altro, in luogo detto le Cortine e vale scudi 200.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 151-153, cit.). Peraltro, una relazione del 1789 conferma quale fosse il tipo di interesse dell’Opera nel mantenimento dei poderi che … : «[…] sono situati alle falde di vasto circondario delle selve d’abeti e sembra che sieno stati fabbricati in detti luoghi per servire di custodia e per far invigilare dai contadini di detti poderi dal fuoco, al taglio insomma alla conservazione  di dette selve […] non ardirei mai di far proposizione di alienarli ma di seguitare a tenerli […] come si rileva chiaramente dalla loro posizione servendo di cordone e custodia alle macchie medesime […] ma […] potrebbero allinearsi e vendersi per essere […] ridotti in tal cattivo stato dai passati affittuari […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441, 442, cit.). I sopraddetti appezzamenti comunque vennero presto alienati, così nel 1818, all’epoca del Contratto livellario tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli, nella descrizione dei confini vengono ormai nominati alcuni proprietari privati, i cui poderi paiono estendersi fino al crinale: «Una vasta tenuta di terre […] alla quale per la circonferenza confina: […]; secondo, da detto punto confina Giuseppe Mosconi di Ridolmo seguitando la strada che da Prato ai Grilli conduce al Poderaccio, lasciando la strada su prendere il crine che conduce alle Palestre; […] quarto, Mario Mosconi col podere detto Ripiani […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 463-464, cit.). Anche grazie alle alienazioni, nell’arco temporale di un secolo nell’area del Frassine si contavano 3 abitazioni, salite a 4 nel corso dei secoli, nella Celteraja 2 abitazioni, mentre nelle immediatezze dello stretto fondovalle incentrato su Pian del Ponte, da ritenersi compreso tra i Mulini delle Cortine e della Bottega, solo da fine Settecento in poi vi è stato uno sviluppo abitativo. Nel fondovalle si sono così concentrate fino a 12 abitazioni, interessando entrambi i versanti fluviali.

Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur mantenendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate. Comunque, nel Settecento, chi voleva risalire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» e per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). Inoltre, «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, 1992, p. 32, cit.). Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.).

La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Pietrapazza, ricordando che se per la realizzazione delle prime grandi strade carrozzabili transappenniniche occorrerà attendere tra la metà del XIX secolo e l’inizio del XX, il crinale che dal Passo della Crocina si svolge fino alla Rondinaia in gran parte venne fortunatamente salvaguardato dal distruttivo progetto dell’ingegnere granducale Ferroni che, tra le ipotesi di “strada dei due mari” che doveva unire la Toscana e la Romagna, indicava il tracciato montano Moggiona-Eremo di Camaldoli-Passo della Crocina-Casanova in Alpe-Santa Sofia (essendo ritenuto idrogeologicamente valido).

Sul contrafforte principale da Cima del Termine, probabilmente già dal 1084, è documentata nel Regesto di Camaldoli la Via de Monte Acutum, come peraltro «[…] conferma un’opinione espressa nel 1935 dal Mambrini circa l’esistenza di una strada percorribile fra i boschi di quel perfetto triangolo, il Monte Acuto, costantemente rilevato nella documentazione medievale come punto di confine fra la Romània e la Tuscia […].» (C. Dolcini, Premessa, in: C. Bignami, A.Boattini, A. Rossi, a cura di, 2010, pp. 7-8, cit.). Il Mambrini fa un altro riferimento a tale strada nel trattare del Castello di Riosalso«Il cardinale Anglico così lo descrive nel 1371: “Il castello di Riosalso è nelle Alpi in una certa valle sopra un sasso forte. Ha una rocca ed una torre fortissima ed è presso – circa un miglio – alla strada che mena in Toscana.” […] La strada qui ricordata era sul crinale del monte sopra il castello e per Nocicchio, passando a destra di Montecucco, per Badia Prataglia conduceva in Casentino. Qua e là restano gli avanzi di questa strada.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 288, cit.). Una relazione del 1652 conservata nell’Archivio dell’Opera del Duomo, che descrive la ripartizione delle aree in gestione in otto parti, è utile per ricavare un utile riferimento su tale sito: «L’ottava e ultima parte delle selve dell’Opera viene separata dalla precedente col Poggio della Bertesca e resta fra esso poggio e il Poggio delle Rivolte di Bagno ultimo termine di dette selve.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 263-271, cit.). In una mappa del 1637 allegata ad una relazione del 1710 del provveditore dell’Opera del Duomo di Firenze (riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, in A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.) si ritrova il toponimo Rivolte (oggi sent. 201 CAI), ulteriormente specificato nel Contratto livellario stipulato nel 1818 tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli: «Comunità di Bagno. Una vasta tenuta di terre nell’indicata comunità, abetata, faggiata, frascata, lavorativa, prativa, massata, trafossata come più e meglio verrà descritta in appresso sia nella qualità che nella quantità, alla quale la circonferenza confina: primo, con la Comunità di Bagno incominciando dal luogo detto le Rivolte e precisamente dal termine giurisdizionale delle Comuni di Bagno-Poppi, da questo termine calando per la scesa delle Rivolte fino al Prato ai Grilli; […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 461-463, cit.). Con il Catasto Toscano tale via diviene la Strada che da Montecarpano va alla Badia a Prataglia. Al Giogo, come genericamente era detta la via sullo Spartiacque Appenninico, poi Via Sopra la Giogana o semplicemente la Giogana, si giungeva anche tramite il Passo della Crocina (anticamente Crocina di Bagno e Croce di Guagno o Guagnio) grazie all’antica Via Maestra che vien dall’Eremo, toponomastica della citata mappa del 1637 oltre che contenuta in una relazione del 1663: «[…] si venne per la strada del Poggio tra la Bertesca e Valdoria et il Pozzone et arrivati alla Croce di Guagnio e pigliato il Giogo tra il confino de reverendi padri di Camaldoli e l’Opera di Santa Maria del Fiore si seguitò detta giogana […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 315, cit.). Nel Catasto Toscano detta via maestra si trova per un tratto riclassificata Strada che dal Sacro Eremo va a Romiceto, quindi era detta Strada Maestra di S. Sofia  fino Casanova dell’Alpe verso Sud, e Strada che dalla Casanova va a Santa Sofia in riferimento al tratto Nord compreso tra la Ripa di Ripastretta e il Passo del Vinco: esso interessava il Monte La Rocca e raggiungeva il Passo della Colla, aggirava i Monti Pezzoli e Marino sul versante SE e scendeva a Poggio alla Lastra divenendo di fondovalle fino a S.Sofia. Dalla via maestra, al Passo della Bertesca, si staccava inoltra la Strada che da Camaldoli va alla Bertesca, giungente fino all’Eremo Nuovo, oggi in parte sostituita da viabilità poderale (sent. 205 CAI); quindi la Strada che dall’Eremonuovo va a Pietrapazza si ricollegava con la Strada che da Pietrapazza va a Bagno, che valicava la Colla di Càrpano incrociando la citata Strada che da Montecarpano va alla Badia a Pretaglia proveniente dalle Rivolte di Bagno. Questa viabilità doveva essere ritenuta di rilievo per i collegamenti tra S. Sofia e l’interno, tanto da essere l’unica riportata nella schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia insieme alla viabilità di crinale, mancando invece un tracciato di fondovalle tra Pietrapazza Poggio alla Lastra, questo anche significando quale fosse il limite dell’area di influenza camaldolese.  

Tra il XIX secolo e la prima metà del XX si assiste alla completa ri-organizzazione della viabilità locale e di crinale, che culminerà con la classificazione delle Mulattiere colleganti anche trasversalmente le vallate collaterali, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte di esse, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli (alcune strade forestali verranno realizzate solo al termine del ventennio successivo).

L'antico tracciato di fondovalle, che si inoltrava verso Pietrapazza, collegato con il tracciato della Traversa di Romagna per Bagno, correva vicino al fiume e lo attraversava spesso tramite numerosi ponti alla ricerca della situazione orografica più favorevole. Esso giungeva a Bottega in sx idrografica, con attraversamento presso Cà di Bogri (o Bori, come dal toponimo ottocentesco, quando l’insediamento si trovava dall’altro lato del Fosso delle Cannetole), tramite il ponte omonimo, documentato dalla Carta d’Italia I.G.M. del 1937 (forse ne rimangono le spalle in pietrame), quindi rimaneva presso tale sponda, forse attraversando il Fosso di Strabatenza sul luogo dell’attuale Ponte delle Fontanine o di Trapisafino al Molino delle Cortine (il Ponte della Bottega, sostituzione di una palancola o pedanca, risale al 1857), in questo tratto coincidendo con la Strada che va alla Casanova, che diventerà Mulattiera di Casanova. Qui, tramite guado, si guadagnava il versante opposto risalendo a mezzacosta verso La Cetoraja, abbandonando il greto del fiume che, fino al Fosso del Lasticheto e forse fino a fine Settecento o primi Ottocento, coincideva con la sede viaria. Dalla Cetoraja si raggiungeva quindi Campo di Sopra e si proseguiva per valicare il crinale andando a collegarsi con la Strada di Riosalso, mentre al Ponte delle Fontanine aveva pure inizio la Mulattiera di Casanova, che risaliva la valle del TrogoCon la Mulattiera del Bidente, che utilizzava ancora l’antico Ponte di Cà di Veroli sul Fosso di Rio Salso (successivamente abbandonato, ma ancora esistente), il tracciato stradale viene definitivamente spostato sul versante in dx idrografica, a sua volta quasi integralmente confermato dalla viabilità moderna. A Pian del Ponte – la Bottega, dove si trova un sistema di ponti antichi e moderni (Ponte del Faggio) e due cippi segnalano l’incrocio con la Mulattiera di Ridràcoli e l'inizio del tratto intermedio Ponte Bottega-Pietrapazza della mulattiera di fondovalle e una colonnina indicava la deviazione relativa al tratto Rio Salso-S. Piero in Bagno. Sulle pietre cantonali delle case era incisa la distanza in km intercorrente in direzione Pietrapazza (p.es.: a Cetoraia km 0,610 fino a Campo di Sopra e qui km 1,200 fino a Cà Micheloni). Il Ponte della Bottega o di Strabatenza in pietrame ad arco a tutto sesto, attraversato della Mulattiera di Ridracoli (insieme alla Casina del Ponte che ne osserva il transito costituisce un interessante scorcio paesaggistico), si può considerare il primo sul Bidente di Pietrapazza. Il Ponte della Cortina al Mulino delle Cortine, in ferro ad una campata su pile in pietrame e tavolato ligneo, con i rifacimenti degli anni ’20 e ’50 in luogo di una pedanca risultante in rovina già dal 1816, dopo oltre 120-150 anni è tornato a collegare le due sponde all’altezza di CetoraiaPiù a monte, il Fosso del Lastricheto è attraversato dal c.d. Ponte di Felcitino e, sotto Cà di Pasquino, un malandato Ponte al Mulino delle Graticce (il terzo dei mulini comunitativi dell’antico Comune di Poggio alla Lastra, dopo quello di Pontevecchio e delle Cortine), in legno ad una campata su spalle in pietrame, eseguito secondo una tecnica costruttiva che doveva essere molto comune nell’area del Bidente (tra l’altro si trova codificata in una relazione di quell’epoca del comune di Bagno di Romagna), costituita da tre tronchi poggianti su pile laterali in pietrame a secco, tavolato protetto da un manto di pietrisco e parapetto in legno, attraversa ancora il fiume percorso dalla mulattiera per Cà dei Maestri/M. Roncacci ma è ormai intransitabile. Sul Fosso di Cà dei Maestri in prossimità della confluenza nel Bidente i resti di un ponticello (Ponte di Cà dei Maestri) mostrano ancora la modesta tecnica costruttiva delle passerelle costituite da una o due travi accostate senza parapetto su spalle in pietra.

Nelle varie epoche (fino alla demanializzazione delle foreste) nel baricentro economico-religioso di Casanova dell’Alpe si incrociavano gli itinerari di collegamento con le vallate laterali, frequentati dagli operatori del settore del legname, lavoratori e commercianti. Tra essi la Mulattiera di Ridràcoli, che valicava il crinale tramite il Passo della Colla (posto nella sella tra il Monte La Rocca e il Monte Marino), scendendo a Strabatenza e a la Bottega, e la Mulattiera della Colla, che risaliva invece sul Marino da Poggio alla Lastra riunendosi a quella proveniente da Strabatenza; complessivamente le due mulattiere nel Catasto Toscano costituivano la Strada che da Ridracoli va a Poggio alla Lastra

Incidendo pesantemente sull’orografia dei luoghi, alla Mulattiera del Bidente (brevi tratti si riescono ad individuare in prossimità degli insediamenti), come accennato, negli anni 1965-70 si è sovrapposta quasi ovunque l’odierna strada forestale che raggiunge comodamente una Pietrapazza ormai disabitata. LMulattiera di Pietrapazza (qui incentrata) collegava Ridràcoli con Bagno di Romagna tramite la valle del Rio d'Olmo e il Passo di M. Càrpano, da un versante come già descritto, e la Valle del Fosso Fondo Rignone e la sella Siepe dellOrso-Paretaio, dall’altro versante. Questo tratto, nel Catasto Toscano detto Strada che da Siepe dell’orso va a Pietrapazza, attraversa il Bidente sul Ponte al cimitero di Pietrapazza (restaurato), documentato ponte sul fiume Bidente al fosso dell’Eremo Nuovo al Mulino detto di Cà del Conte. Il ponte è in muratura di pietrame ad un’arcata circolare a tutto sesto pavimentato con pietra arenaria posta di taglio, costruito nel 1895 dai Milanesi - rinomati scalpellini di Cà di Pasquino di una stirpe familiare di origine comacina localmente nota, «Vi lavorarono come muratori (lombardi, come si diceva in quel tempo) […]» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 132, cit.) - in luogo di una struttura in legno ormai pericolante e già a metà del ‘700 ridotta a «[…] una trave d’abeto coi mantingoli […]» (S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, 1987, p. 105, cit.). A Pietrapazza si trova (restaurato) il piccolo Ponte delle Graticce o della Cantinaccia, alla confluenza dell’omonimo fosso nel Rio d'Olmo e prima che questo si immetta nel Bidente. Risalente al 1898 ed eseguito in pietrame presenta tipologia ad arco circolare leggermente ribassato e pavimentazione in pietra arenaria posta di taglio. Prima della sua costruzione la mulattiera guadava il fosso poco più a monte inizialmente aggirando il versante sx. Il ponte costituiva snodo di collegamento con le citate Strada che da Pietrapazza va a Bagno e Strada detta della Lastra che va a Monte Càrpano che, impraticabili per molti mesi dell’anno, solo nel 1841 vennero parzialmente abbandonate (ma da Rio d'Olmo è tuttavia ancora possibile ritrovarne lunghi tratti tra i tornanti dell'ampia strada forestale) e sostituite dai tracciati più a mezzacosta della Mulattiera Bagno-Pietrapazza-Ridracoli. Da Pietrapazza risaliva sostando davanti alla Maestà della Casaccia fino a valicare la Colla di Càrpano, dove consentiva una sosta alle Case di Monte Càrpano presso una nota (ma non documentata) Osteria«Monte Carpano […] era un notevole luogo di transito: non a caso alla fine dell’Ottocento v’era un’osteria frequentata da quel piccolo mondo di mestieri e traffici col Casentino (fattori, sensali, mercanti di bestiame) e, soprattutto, con la foresta della Lama e Camaldoli per il rifornimento di legname per madiai e bigonciai, di “cime” d’abete per i coronai.» (G. Marcuccini, Le valli alte del Bidente: un cammino nella memoria, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, pp. 119, 120 cit.). Poco dopo il Ponte delle Graticce si distacca ancora inalterata la citata Strada che dall’Eremonuovo va a Pietrapazza (sent. 205 CAI), attraversando il Rio d'Olmo su una passerella in legno e travatura in ferro (che sostituisce un ponte con una struttura principalmente in pietra ed un tratto in legno ancora documentata negli scorsi anni ’80). Essa risale sul Crinale o Raggio del Finocchio sostando davanti alla Maestà del Raggio o della Cialdella o di Pietrapazza, poi ridiscende presso il Bidente fino all’Eremo Nuovo superandolo sul Ponte della Chiesina, ricostruito, dopo il quale diviene ampia pista poderale fino alla Bertesca e all’incrocio con la S.F. del Cancellino (collegante con il Passo dei Lupatti, aperto nel 1900 in occasione della costruzione della ferrovia Decauville del Cancellino, poi trasformata in strada forestale.

L’Eremo Nuovo era pure collegato con i poderi in dx idrografica (Poderuccio, Buca) attraversando il fiume tramite il Ponte dell’Eremo, ormai in rovina, modestamente costituito da tre travi accostate (ne resiste una) su robuste spalle in pietra, che comunque certifica una certa importanza del tracciato non servito da un semplice guado, ma il percorso, nel catasto moderno corrispondente alla S. Vic.le Campo Rosso-Eremo Nuovo, raggiungeva le Rivolte di Bagno tramite il valico di Prato ai Grilli, con discesa a Campo del Rosso.

In base al Catasto Toscano a Pian del Ponte - la Bottega, lungo la mulattiera ancora in sx idrografica, sorgevano: Bottega (restaurato) nel Catasto Toscano, o la Bottega nella Carta d'Italia I.G.M. di impianto (1894), anonimo in quella del 1937, di nuovo la Bottega in quella moderna, o La Bottega nel NCT (1935-1952) e nella CTR della Regione Emilia-Romagna; Molinaccio (restaurato) comparente anonimo sia nel Catasto Toscano sia nella Carta d'Italia I.G.M. di impianto (1894), non comparente nell’ulteriore cartografia ma riutilizzato come servizi igienici dell’Area di Sosta Ponte del FaggioPomina (ruderi), anonimo sia nel Catasto Toscano sia nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894, 1937), o Maneggio (i suoi prati) in quella moderna, di nuovo anonimo nel NCT e nella CTR; Il Molino delle cortine (restaurato) nel Catasto Toscano, anonimo con simbolo dell’Opificio a forza idraulica nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), doppio simbolo dell’Opificio in quella del 1937, o Molino di Cortina in quella moderna, o Il Molino della Cortina nel NCT e nella CTR. In dx idrografica, prima che la mulattiera attraversasse il fiume, una breve deviazione conduceva a Belvedere (scomparso) nel Catasto Toscano, anonimo nella Carta d'Italia I.G.M. di impianto (1894), simbolo dei ruderi in quella del 1937, assente nella cartografia moderna; Molinaccio (restaurato), anonimo nel Catasto Toscano, o il Ponte (il luogo) nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894, 1937), o Il Ponte in quella moderna, o Mulinaccio nel NCT, o Molinaccio nella CTR; La Vigna (scomparso) nel Catasto Toscano, anonimo nella Carta d'Italia I.G.M. di impianto (1894), simbolo del vigneto in quella del 1937, assente in tutta la cartografia moderna. Nel corso del XIX secolo e nei primi decenni del XX si sono aggiunti (quindi assenti nel Catasto Toscano): C. Bori (ricostruito) nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), Ca di Bogri in quella moderna, anonimo nel NCT e nella CTR; Molino della Bottega (restaurato), simbolo dell’Opificio a forza idraulica nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), simbolo anonimo di Casa in muratura in quella del 1937 e in tutta la cartografia moderna; Casina del Ponte (restaurato), anonimo nella Carta d'Italia I.G.M. di impianto (1937) e in tutta la cartografia moderna; Cà del Topino o Palazzina (restaurato), anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in tutta la cartografia moderna; Ca di Pomo o Capanno della Pomina (restaurato), anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937) e in tutta la cartografia moderna; La Casina o La Palta (restaurato), anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in tutta la cartografia moderna. Nel Nuovo Catasto Terreni (NCT) l’area in dx idrografica presso il Ponte della Bottega viene denominata Pian del Ponte.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.

N.B.: - Informazioni preziose riguardo luoghi e fabbricati si hanno grazie alla Descriptio provinciae Romandiole, rapporto geografico-statistico-censuario redatto dal legato pontificio cardinale Anglic de Grimoard (fratello di Urbano V) per l’area della Romandiola durante il periodo della “Cattività avignonese” (trasferimento del papato da Roma ad Avignone, 1305-1377). Se la descrizione dei luoghi ivi contenuta è approssimativa dal punto di vista geografico, è invece minuziosa riguardo i tributi cui era soggetta la popolazione. In tale documento si trova, tra l’altro, la classificazione degli insediamenti in ordine di importanza, tra cui i castra e le villae, distinti soprattutto in base alla presenza o meno di opere difensive, che vengono presi in considerazione solo se presenti i focularia, ovvero soggetti con capacità contributiva (di solito nuclei familiari non definiti per numero di componenti; ad aliquota fissa, il tributo della fumantaria era indipendente dal reddito e dai possedimenti). In particolare, nelle vallate del Montone, del Rabbi e del Bidente furono costituiti i Vicariati rurali delle Fiumane.

- Negli scorsi Anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui il M° d. Cortina (dimensionato), divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, nell'area tranne M° d. Cortina senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.

- L’Appennino romagnolo era caratterizzato fino a metà del XX secolo (superata in qualche caso per un paio di decenni) da una capillare e diffusa presenza di mulini ad acqua, secondo un sistema socio-economico legato ai mulini e, da secoli, radicato nel territorio del Capitanato della Val di Bagno. Intorno al Cinquecento ognuno dei 12 comuni del Capitanato disponeva di almeno un mulino comunitativo la cui conduzione veniva annualmente sottoposta a gara pubblica a favore del migliore offerente. Nell’alta valle del Bidente di Pietrapazza il Comune di Poggio alla Lastra possedeva tre mulini, il Mulino di Pontevecchio, il Mulino delle Cortine e il Mulino delle Graticce; a quell’epoca nell’area si registrano assegnazioni per 230 bolognini. La manutenzione poteva essere a carico del comune o del mugnaio. Alla fine del Settecento l’attività riformatrice leopoldina eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire altri mulini in concorrenza produttiva, cui seguì un progressivo disinteresse comunale con riduzione dell’affitto annuale dei mulini pubblici fino alla loro privatizzazione. Nell’Ottocento, con la diffusione dell’agricoltura fino alle più profonde aree di montagna, vi fu ovunque una notevole proliferazione di opifici tanto che, ai primi decenni del Novecento, si potevano contare undici mulini dislocati lungo il Bidente di Pietrapazza e i suoi affluenti. Dagli anni ’30, la crisi del sistema socio-economico agro-forestale ebbe come conseguenza l’esodo dai poderi e il progressivo abbandono dell’attività molitoria e delle relative costruzioni.

- Quando il toponimo compare con anteposta l’abbreviazione “C.” presumibilmente si è manifestata l’esigenza di precisarne la funzione abitativa; in base alle note tecniche dell’I.G.M., se viene preferito il troncamento Ca, deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo. 

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

C. Bignami (a cura di), Il popolo di Strabatenza, C.C.I.A.A. di Forlì, Cooperativa culturale “Re Medello”, Forlì 1991;

C. Bignami, A. Boattini, A. Rossi (a cura di), AL TEMPE DEL COROJJE - Poderi e case rurali nel territorio parrocchiale di Bagno di Romagna - Immagini e storie di altri tempi, Edizioni Nuova S1 Il Girovago, Bologna 2010;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997; 

S. Fabiani, G. Marcuccini, W. Rossi Vannini, I sentieri dei passi perduti. Territorio e mulattiere tra alta Val Savio e alta Val Bidente nel Comune di Bagno di Romagna. Storia e Guida, Coop. Culturale “Re Medello”, C.M. dell’Appennino Cesenate, S. Piero in Bagno 1987;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba - Pian del Ponte si può raggiungere agevolmente nel tratto della S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza (sterrata di circa 10 km) a circa 4,5 km da Poggio alla Lastra.

foto/descrizione :

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.

00a1/00a5 – Da Poggio Rovino, scorci sullo stacco della dorsale del Monte Castelluccio ed il suo prolungarsi verso lo sbocco della valle del Bidente di Pietrapazza deformato prospetticamente fino al termine con il Monte Riccio, dove si trova l’area di Pian del Ponte, con segnalazione dei Monti Casaccia e Riccio (10/05/21).

00b1 – 00b2 – Da Cima del Termine si apre uno scorcio sulla Valle di Pietrapazza ed oltre, coronata dalla parte terminale del contrafforte secondario con i Monti Marino e Pezzoli fino a Poggio Busca. Sulla dx, oltre la sovrapposizione di dorsali provenienti dal Càrpano, si nota il tratto terminale di crinale che delimita lo sbocco della valle deformato dall’effetto prospettico, casualmente allineando le vette dei Monti Casaccia e Riccio (3/10/11).

00c1/00c6 - Dai pressi di Strabatenza, vedute del tratto più stretto della valle di Pietrapazza: su un versante si nota l’incisione del Fosso delle Cannetole, proveniente dalla piega tra i Monti La Rocca e Marino, con la pendice ancora ritagliata dai prati dell’insediamento di Cannetole, che confluendo (presso Cà di Bogri) segna il termine del Bidente di Pietrapazza e l’inizio di quello di Strabatenza, mentre sul versante opposto si notano i Monti Riccio e Piano; con indice fotografico degli insediamenti esistenti o scomparsi di quel tratto, che rimangono parzialmente coperti alla vista (1/06/18).

00d1/00d6 – Dai pressi di Pian del Ponte, scorcio dello sbocco della Valle di Pietrapazza, presso Ca di Bogri, e vedute delle aree del Mulinaccio e di Pomina, oltre che del versante opposto dal Monte Riccio al Monte Casaccia (1/06/18).

00e1 – Elaborazione da vista satellitare dell’ultimo tratto della valle del Bidente di Pietrapazza che evidenzia la convergenza delle dorsali, tra cui quella M.Castelluccio/M.Riccio.

00e2 – Schema cartografico della parte della valle del Bidente a Nord di Pietrapazza, con evidenziazione della morfologia delle dorsali che vi convergono.

00e3 – Schema cartografico del bacino idrografico dello sbocco della valle del Bidente di Pietrapazza. Sono evidenziati i tratti superstiti della Mulattiera del Bidente.

00e4 – 00e5 - 00e6 - Schemi da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento relativi all’ultimo tratto della valle del Bidente di Pietrapazza, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale. Qui compare anche la toponomastica della viabilità principale di fondovalle e di crinale. Integrazioni in corsivo moderno a fini orientativi. Confronto schematico tra catasto antico e moderno da cui si rilevano le modifiche planimetriche intercorse nell’ultimo secolo di utilizzo dei fabbricati, prima della realizzazione della viabilità moderna.

00e7 - Schema  cartografico della bassa valle del Bidente di Pietrapazza antecedente alla realizzazione della S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza, così ancora evidenziante il tracciato della Mulattiera del Bidente.

00e8 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, evidenziava esclusivamente i tracciati viari di crinale che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, il tracciato di fondovalle S.Sofia-Poggio alla Lastra che poi si riconnetteva al tracciato di crinale ed il tracciato trasversale che collegava i Passi della Bertesca e di Monte Càrpano transitando da Pietrapazza. La toponomastica riprende, anche nella grafica, quella originale; integrazioni in nero a fini orientativi.

00e9 – Schema del sistema viario storico principale al XIX secolo che, entro la prima metà del XX sec. venne integrato con il sistema delle mulattiere, su base cartografica del 1937, prima della realizzazione dell’invaso di Ridràcoli e della viabilità provinciale interna.  

00f1 – 00f2 – Elaborazioni pittoriche da foto del PS comunale e da rete dove si nota la confluenza del Fosso delle Cannetole al termine del Bidente di Pietrapazza presso Cà di Bogri. Tra Cà di Bogri e La Bottega la viabilità principale, almeno fino a metà del XIX sec., attraversava il fiume spostandosi in sx idrografica.

00f3/00f7 – Il sito di Pian del Ponte tra il Mulino della Bottega e il Ponte del Faggio dove, in sx idrografica, passava l’antico tracciato viario per Pietrapazza, prima di essere spostato sul lato opposto, presso il quale si trovava un piccolo fabbricato (Molinaccio) che pare lo stesso ristrutturato a servizio dell’Area Attrezzata (12/10/16).

00f8/00f15 – Vedute dell’area degli insediamenti di Pian del Ponte presso il Ponte della Bottega (1857), dove ufficialmente iniziava la Mulattiera del Bidente, come da cippo stradale, e la viabilità verso Pietrapazza si stabilizzava in dx idrografica (12/10/16 – 19/04/18).

00g1 – Elaborazione di una foto degli anni ’80 dove si nota la nuova carrabile per Pietrapazza in dx idrografica, con segnalazione del tratto antico.

00h1/00h4 – Il Ponte delle Fontanine sul Fosso di Strabatenza probabilmente si trova sul percorso dell’antico tratto viario in sx idrografica; accanto al ponte rimane, seminascosto, il cippo stradale che segnalava la Mulattiera di Casanova (12/10/16).

00i1/00i4 – L’attraversamento carrabile del Bidente presso il Mulino delle Cortine (forse realizzato in luogo di un antico guado) e l’area della Pomina anticamente anch'essa interessata dalla viabilità principale (12/10/16).

00l1/00l4 - Il Ponte della Cortina, presso il Molino delle Cortine, rifatto nel 1920 e 1950 in luogo di una pedanca o palancola già in rovina nel 1816, è prossimo al sito dove la viabilità antica attraversava definitivamente il Bidente, in attesa della mulattiera di metà del XIX sec. (12/10/16).

00m1/00m6 – Vedute del tratto superstite di Mulattiera del Bidente che raggiunge Cetoraio, dove, su una pietra cantonale, era incisa la distanza in km intercorrente in direzione Pietrapazza, ovvero km 0+610 fino a Campo di Sopra (29/10/16).

00n1 – 00n2 – La mulattiera a Campo di Sopra (29/10/16).

00o1/00o8 – Il tratto più antico di mulattiera attraversa l’insediamento di Frassine; mentre lo stretto tracciato viario più antico attraversa l’insediamento, con l’ammodernamento la mulattiera viene spostata a monte, come evidenzia il grosso pietrame addossato all’annesso preesistente; la risalita prosegue quindi verso Cà Micheloni (4/11/16).

00p1 – La S.F. taglia la mulattiera tra Frassine e Cà Micheloni, compromettendone la visibilità e l’utilizzo (4/11/16).

00p2 – 00p3 - 00p4 – La mulattiera risale fino a Cà Micheloni (4/11/16).

00q1 – 00q2 – La S.F. aggira lo sprone dove sorge Cà Micheloni proseguendo verso Pietrapazza riprendendo il tracciato dell’antica mulattiera (4/11/16).

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