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Ponte dell'Isola

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : ponte
Altezza mt. : 309
Coordinate WGS84: 43 55' 32" N , 11 52' 13" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (26/12/2022) – Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto di Spartiacque Appenninico compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km. La Valle del Fiume Bidente di Ridràcoli riguarda il ramo intermedio del Bidente, la sua testata si sviluppa tra Poggio Scali e Poggio allo Spillo ed è delimitata dai contrafforti secondari che, dopo il distacco da detti rilievi, vanno entrambi a terminare presso Isola, rispettivamente digradando con Poggio Castellina e il Raggio delle Rondini.

Per l’inquadramento territoriale v. scheda Valle del Bidente di Ridracoli.

Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur mantenendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate. Comunque, nel Settecento, chi voleva risalire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» e per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). Ancora ... «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, 1992, p. 32, cit.). Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.).

È appurato che una via militare romana, proveniente da Arezzo, risaliva verso lo Spartiacque Appenninico transitando da BibbienaFreggina e il Fosso Tellito (poi di Camaldoli). «Un tracciato romano molto razionale è riconoscibile anche nel bacino dell’Archiano, per Partina, Camaldoli e la valle del Bidente, anche perché documenti dei secoli XI e XIV menzionano una “Via Romana” sul crinale a monte di Camaldoli, che sarebbe alquanto difficile da spiegare nel senso di Via Bizantina, o di via che conduce a Roma (A. Fatucchi, La viabilità storica, in: AA. VV., 1995, p. 27, cit.). Tra le ipotesi, la via, giunta sul versante orientale di Poggio Scali, piegava a dx discendendo lungo la sella di Pian del Pero (corrisponde al tratto in seguito noto come Via del Giogo di Scali, ricordato nell’atto leopoldino, oggi sentiero della Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino vietato al transito), quindi percorreva il noto (e transitabile) contrafforte secondario verso S. Paolo in Alpe (dalla fine dell’anno Mille divenne luogo eremitico), poi si biforcava presso Poggio Squilla da un lato discendendo verso Corniolo per l’erta scorciatoia del Fosso delle Cerrete (nel XII secolo vi sorgerà il Castello di Montinalto), e dall’altro lato, nel dirigersi verso Forlì, sulle pendici di Poggio Castellina, darà luogo all’insediamento del Castello di Spugna di Sopra (Spugnae de supra e de subtus castrumSpugna di sopra posta sotto il castello), documentato nel 1303 ma di cui non rimane traccia. Sul Passo Sodo alle Calle o La Scossa, dove pare sia stata rinvenuta qualche moneta del III secolo a.C. ed armi e Carlo Siemoni avrebbe trovato resti evidenti di massicciata romana, converge la Strada che dalla Seghettina va a Stia e, poco distante, la Strada delle Pulci verso La Lama (così soprannominata dagli addetti al traino del legname per la noiosità del lungo tragitto in salita). Anche i percorsi transitanti da La Lama paiono far parte dellq’antica Via Romana, ricordata in due carte del Regesto di Camaldoli«L’antichità di questa via è ricordata in due carte del Regesto Camaldolese. Nella prima, del 1027, viene citata discendente dalla giogaia delle Alpi tra la Toscana e la Romagna, passando per la foresta dell’Eremo di Camaldoli […]. Nel secondo documento del 1047, che conferma tutti i beni agli eremiti di Camaldoli da parte del Vescovo Teodaldo, viene citata come via “Romana”. L’atto stabiliva i confini sul crinale di un grosso appezzamento di terra. Questo andava dal fosso chiamato Tellito, cioè quello di Camaldoli, fino alla via citata come “Romana” e il giogo che divideva la Romagna dalla Toscana. […] Di lì passo Papa Pasquale II di ritorno dalla Lombardia. […] Quel passaggio fu ricordato in una testimonianza, molti anni dopo, in un processo tra il Vescovo di Arezzo e quello di Siena celebrato tra il 1177 e il 1180. Nell’occasione fu interrogato il presbitero Homodeus, che […] disse che vide lo stesso Papa Pasquale presso Camaldoli, di ritorno dalla Lombardia […]. Questo documento conferma anche la continuità del percorso della via che […] il Papa aveva scelto, anche per rivedere i suoi luoghi natali di Galeata, ritornando dal nord Italia verso Roma. […] vidi io stesso, sotto il Giogo di Seccheta nel versante romagnolo, tra il crinale e la curva degli Acuti, la via romana che saliva verso lo spartiacque.» (G. Innocenti Ghiaccini, 2018, pp. 29-30, cit.). Il poco distante passo del Gioghetto (Gioghicciolo negli antichi documenti camaldolesi), che è raggiunto da un percorso sia di esbosco che di transumanza proveniente da La Lama (in parte scomparso o sostituito a seguito della costruzione dell’ottocentesca Via degli Acuti), sarebbe attraversato dalla Via Romana che, dal sito dell’Eremo, scendeva a Camaldoli tramite la Via Corta, per poi percorrere la valle dell’Archiano fino a Soci Bibbiena. Valicando il Gioghetto il ravennate Romualdo nel 1024 giunse a Campo Amabile (Camaldoli) per fondare l’Eremo (nel 1012 secondo la tradizione): «[…] per salire all’Eremo (Campo Amabile), i pellegrini romagnoli, S. Ambrogio di Milano e Leopoldo II Granduca di Toscana, percorrevano la via dei fedeli di San Romualdo che da Santa Sofia, per Ridracoli, la Seghettina e la Lama, sale al Gioghetto per ridiscendere al sottostante Eremo.» (P.L. della Bordella, 2004, p. 190, cit.) … «[…] ricordiamo, in particolare, il Gioghetto, attraverso il quale il ravennate san Romualdo scese a Campo Amabile […]» (F. Pasetto, 2008, p. 207, cit.). Constatata qualche confusione nel tragitto descritto dal della Bordella, della Via dei fedeli di S. Romualdo rimarrebbero consistenti resti, sul versante romagnolo, del tortuoso tratto finale risalente al passo nella località La Docciolina, presso La Cava dei Frati, ma pare poco credibile che, ormai all'inizio del basso medioevo, il tragitto abbandonasse i crinali per attraversare un luogo infossato e paludoso come La Lama, come di seguito considerato.

Ricordando che sia il toponimo Giogo sia i diminutivi GioghettoGiogarelloGioghicciolo erano piuttosto diffusi, alcuni documenti costituirebbero ipotesi per una diversa localizzazione di un luogo della tradizione storica camaldolese. In particolare, uno schizzo planimetrico della metà del XVIII secolo, conservato nell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze e relativo ad aree controverse tra l’Opera e i Monaci di Camaldoli (riportato in: A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 31, cit. - V. anche M. Ducci, G. Maggi, 2022, cit.), contengono altre interessanti informazioni che farebbero ipotizzare un diverso itinerario, che avrebbe utilizzato come  valico il Passo della Crocina (raggiunta Casanova dell’Alpe ancora oggi si estende fino al Raggio della Rondinaia, proteso verso S. Sofia), mentre sarebbe da escludere l’utilizzo della Via de Monte Acutum, documentata nel Regesto di Camaldoli già dal 1084, risalente a Cima del Termine tramite le Rivolte di Bagno, ma più funzionale al collegamento con la Badia a Pretaglia. Si legge, in una relazione del 1652 sulle selve di proprietà dell’Opera: «è la Lama in un piano a cui verso il Giogo sovrasta un altissimo monte che si dice la Penna con una spiaggia che si dice i Beventi luoghi tutti coperti per lo più di faggi […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 269, cit.), e, nel Contratto livellario del 1818 tra l’Opera e il Monastero: «[…] ventiseiesimo, […] Proseguendo sempre verso levante per il crine l’Opera tiene in proprio le acque che scorrono in Romagna […] seguitando per i vocaboli d’alture del Prato di Bertone e sopra l’Eremo, si giunge al luogo detto Fonte al Sasso e percorrendo sempre l’appennino continuano a confinare i Reverendi Monaci di Camaldoli con i vocaboli di alture di Prato agli Aceri, ed altura sopra i Prati alla Penna e della Duchessa fino al Gioghetto, da questo scendendo alla fonte dei Beventi, o fonte del Gioghetto, s’incontra un termine nella strada che conduce in Romagna e seguitando la direzione di questo si sale ad un braccio dell’Appennino ove con altro termine confinano i Comunisti di Serravalle; ventisettesimo, da questo punto ossia termine i Reverendi Monaci di Camaldoli seguitando il crine dei Beventi, di Monte Cucco, dei Segoni, seguitando l’istesso crine fino alle Rivolte […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 465-466, cit.). Da tali documenti e dalla mappa citata, oltre all’identificazione del toponimo Via Bordonaia, che è attribuito ad un tratto viario di crinale tra Prato alla Penna e il Passo dei Fangacci, si trae una rappresentazione dei luoghi solo in parte diversa da quella odierna, laddove, verso Est, si rappresenta un toponimo Beventi (luogo noto, già allora, per essere ricoperto da una estesa faggeta che si estendeva fino al Monte Penna) e si ritrova il “vocabolo” Gioghetto che (corrispondendo alla citata descrizione confinaria) pare posizionato presso Poggio Tre Confini (effettivamente è un punto di valico, presso il quale si trovano antichi cippi confinari con stemma camaldolese); il luogo sovrasta la Fonte dei Fangacci, ivi denominata fonte del Gioghetto o dei Beventi, posta presso il Rifugio CAI Onorio Mellini - Fangacci.

La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Ridràcoli, ricordando che se per la realizzazione delle prime grandi strade carrozzabili transappenniniche occorrerà attendere tra la metà del XIX secolo e l’inizio del XX, il crinale che dal Passo della Crocina si svolge fino alla Rondinaia in gran parte venne fortunatamente salvaguardato dal distruttivo progetto dell’ingegnere granducale Ferroni che, tra le ipotesi di “strada dei due mari” che doveva unire la Toscana e la Romagna, indicava il tracciato montano Moggiona-Eremo di Camaldoli-Passo della Crocina-Casanova in Alpe-Santa Sofia (essendo ritenuto idrogeologicamente valido).

Il tracciato principale della viabilità storica diretta a Ridràcoli attraversava il Bidente di Corniolo presso Isola, sul luogo dell’odierno Ponte dell’Isola, in pietra ad arco circolare con profilo a tutto sesto, mantenendosi in sx idrografica e risalendo subito a mezzacosta fino a raggiungere Biserno, per quindi ridiscendere nel fondovalle del borgo, dove terminava con un lungo rettilineo al cui termine si trovava il Ponte di Ridràcoli. Tale viabilità, anonima nelle mappe citate, verrà poi denominata Strada Comunale Isola-Biserno e Strada Comunale Ridràcoli-Biserno; in occasione dei lavori di costruzione dell’invaso la prima verrà ristrutturata e ampliata diventando la S.P. n.112, mentre la seconda è rimasta per uso locale riutilizzata anche come percorso escursionistico. Presso il Ponte dell’Isola, si trovano Ponte di Là, prospiciente il Bidente di Corniolo e un fabbricato anonimo, raggiunto dalla pista che scende al fiume detta Via Isola-Gualchiera, adiacente ad un arcaico attraversamento fluviale pedonale del Bidente di Ridràcoli, che sull’altra sponda trovava Cosmedino; il ponticello (c.d. Ponte tra Isola e Cosmedino o Ponte a Cosmedino, rimangono resti) è sorretto da pile realizzate con tronchi di legno (quercia o castagno) terminanti a forcella per aumentare la base di appoggio del piano viario costituito da travi longitudinali e tavolato di assi (idoneo solo al transito leggero). Tecnicamente detto pedanca, questo attraversamento storico, forse affiancato anche da un guado posto a ridosso della confluenza tra il Bidente di Ridràcoli e il Bidente di Corniolo (dante inizio al Fiume Bidente), collegava il luogo, noto anche come Gualchiera, alla Strada dei Marroni che, in dx idrografica, giungeva da Bleda: la strada successivamente risaliva verso l’insediamento di Fontaccio Fontorso e il Monte Carnovaletto per poi ridiscendere alla Rondinaia (Castrum Rondenarie, resta la torre, «[…] baluardo di antica potenza, elevato fin dai tempi romani alla difesa contro le orde barbariche che dal nord d’Europa scendevano a depredare le belle contrade d’Italia.» - D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 274, cit). Poco più a monte è presente un altro guado carrabile prossimo al Molino della Sega, raggiungibile con deviazione dalla S.P. n.112 adiacente al fabbricato detto La Maestà o La Maestà di Cornieta, presso il quale si trova identica passerella su tronchi lignei, il c.d. Ponte al Molino della Sega o Ponte della Sega, ancora consistente ma non transitabile, che consentiva l’accesso nella Valle delle Corneta tramite la futura S.Vic.le Campitello-Farneto-Poggio dell’Ulivo. L’unico rilevante tracciato storico di viabilità secondaria sul versante in dx idrografica si distaccava da quella principale a Poggiolo, attraversava il Bidente tramite il Ponte Beppino (ricostruito, ma sempre soggetto a rischio di alluvione) all’altezza della Val Spugna diretto agli insediamenti di Spugna e alle Case Monte di Valle: da qui si diramavano la Strada delle Valli e la Strada di Ronco Vecchio, che si inoltravano nelle rispettive valli risalendo verso il crinale montano. Come accennato, da Biserno la strada provinciale ha abbandonato il tracciato storico, così interferendo con il percorso trasversale discendente al c.d. Ponte al Molino di Biserno, dove una pedanca o palancola adiacente il mulino (oggi modernamente ricostruita) ripropone il collegamento con la viabilità oltre il fiume. Poco più avanti, dove già esisteva un guado o forse altro attraversamento, il c.d. Ponte Monte di Valle consente un collegamento carrabile tra la provinciale e la strada consorziale Monte di Valle a servizio delle case omonime. La strada comunale da Biserno ancora raggiunge Canforchigi in parte come percorso turistico, qui però abbandonando il tracciato antico che scendeva direttamente ad attraversare il Fosso di Canforchisio, in base alla cartografia probabilmente a guado, luogo oggi riutilizzato dalla provinciale; dopo un’ampia curva aderente all’ansa fluviale si ritrova lo storico rettilineo finale che dal Casone porta al Palazzo Giovannetti e adiacente Oratorio della Madonna della Neve, dove si ritrova l’unico residuo di selciato che scende ripido al Ponte di Ridràcoli. La sua caratteristica struttura in pietrame ad arco circolare con profilo a sesto ribassato risale al 1817-19, sostituisce quella precedente in legno su spallette in muratura di pietrame, distrutta almeno tre volte nel ‘700 e una nel 1815. Aderente ad una spalletta si trova dal 1816 il fabbricato detto Ponte C. Ponte (Casa Ponte), dove almeno dal 1872 venne aperta una locanda e, dall’inizio del secolo scorso, la nota Osteria del Terrore, dal soprannome del gestore; abitato fino agli Anni ’70, è stato restaurato con suddivisione in 4 unità turistico-abitative. Poco distante il Bidente è attraversato dal c.d. Ponte nuovo di Ridràcoli, dotato di parapetti lignei e bene inserito nel contesto con alti argini rivestiti in pietra, che consente l’accesso alla nuova area del Museo delle Acque.

Dal Ponte di Ridràcoli partiva la Strada che da Ridracoli va al Poggio alla Lastra che risaliva la Valle del Corneta quale porzione della successiva e rinomata Mulattiera di Ridràcoli, diretta a S. Sofia tramite Strabatenza. La mulattiera, rasentate le case dei due poderi ecclesiastici e superata la Chiesa dei SS. Martino e Lorenzo, attraversava il Fosso Corneta con il Ponte delle Cornete: documentato quale struttura lignea dai primi anni dell’800 è stato probabilmente ricostruito in pietra (ad arco circolare con profilo a sesto ribassato) tra la fine del secolo e l’inizio del successivo, come rappresentato dal corrispondente simbolo grafico nella Carta d’Italia I.G.M. del 1937. È stato trasformato a seguito del riutilizzo da parte della S.F. Ridràcoli-Passo del Vinco che, negli anni 1965-70, ha rettificato e reso rotabile parte della Mulattiera di Ridràcoli, accessibilità garantita grazie al moderno ponte in c.a. che, sostituendo il ponte antico di cui riprende la tipologia ad arco ma a tutto sesto, collega con la viabilità di servizio alla diga, la quale oltrepassa pure il punto di confluenza del Rio Bacine nel Bidente e, più a monte, di nuovo il Rio Bacine, tutte strutture prive di interesse tipologico. Un tratto viario a mezzacosta, oggi sent. 231, collegava il centro religioso con il Castello da cui partiva la Strada che dal Castello di Ridracoli conduce alla Chiesa della Casanova, costituendo prima parte della futura Mulattiera Bagno-Pietrapazza-Ridràcoli. Mentre dai piedi del centro religioso si staccava un percorso che giungeva fino alle pendici della Seghettina … «[…] praticabile solamente nella bella stagione, quando le acque del fiume erano scarse, e si snodava lungo il corso del Bidente che veniva attraversato ben 33 volte […]» (C. Bignami, 1995, p. 90, cit.), dalla citata via castellana si staccava la strada comunale, sempre percorribile, che risaliva il Bidente per un lungo tratto (fin quasi a Lagacciolo) correndo accanto all’alveo fluviale, per la parte fino alla diga oggi sostituito dalla viabilità di servizio, per il resto ormai sommerso. La via scavalcava il Fosso dei Tagli, presso lo sbocco nel Bidente, forse sul luogo oggi occupato dall’asfalto stradale, con il Ponte dei Tagli, struttura precaria in legno presa in carico dal comune negli Anni ’20, rimasta in uso fino all’epoca della costruzione dell’invaso, quando appariva dotata di selciato e ringhiere in ferro. Subito dopo la mulattiera passava sotto un arco del Mulino di Sopra costeggiandone il bottaccio. Con la costruzione della diga e con il riempimento dell’invaso, è scomparso pressoché l’intero tracciato viario e sono scomparsi mulini, insediamenti (le Celluzze – che a volte riemerge, la ForcaLagaccioloVerghereto), ponti e guadi che, come sopracitato, attraversavano 33 volte il Fiume della Lama o Obbediente (come era anticamente classificato), come il Ponte alla Forca  e il Ponte a Ripicchione, quest’ultimo comparente in una mappa dei possedimenti dell’Opera del Duomo di Firenze del 1637, nota in quanto allegata ad una relazione del 1710, e citato nel Contratto livellario del 1840 tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli: «N. 8 - Podere di Lagacciolo […] Terreni. Un solo tenimento di terra […] riconosciuto per i vocaboli: […] Ponte Ripicchione […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 519, cit.) (riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, l’originale a colori, in A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.). Il ponte, nella mappa rappresentato con profilo ad arco con spallette (tipologia possibile solo con struttura in pietra), era posto subito a valle della confluenza del Fossato del Ciregiolo (oggi Fosso del Molinuzzo) nel fiume, proprio nel luogo dove oggi sorge la diga, consentendo di risalire la riva sx del fosso verso Le Celluzze e il Molinuzzo (nella mappa compare La Poderina, posto ancora più a monte); nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894) compare il simbolo detto pedanca, corrispondente ad un ponte ligneo pedonale, non più presente nella successiva e particolareggiata mappa del 1937. Noto per la sua precarietà e pericolosità, prima di metà del secolo scorso non fu più ripristinato venendo sostituito da una teleferica rudimentale che consentiva di recarsi ai fabbricati posti oltre il fiume … «In quel punto il fiume era particolarmente ricco d’acque e per raggiungere la riva opposta i ridracolini avevano studiato un particolare marchingegno che chiamavano “la teleferica”. Salivano infatti su di un carrello portante, una specie di rudimentale funicolare composta da due fili d’acciaio […]. Situata qualche metro sopra il livello dell’acqua non era poi troppo scomoda e neanche troppo pericolosa. Vi si saliva in tre o quattro persone per volta ed era necessaria per recarsi alle Celluzze ed alle altre case poste oltre il fiume […]» (C. Bignami, 1995, pp. 91-94, cit.). La mulattiera, sorpassata la Fonte dei Bisernini, dopo Lagacciolo abbandonava l’argine fluviale, risaliva a Case di Sopra e attraversava il fosso detto Il Fossone, in un’area ormai sommersa, con una palancola lignea, il c.d. Ponte vecchio sul Fossone, noto solo per scarni ricordi letterari (cfr. C. Bignami, A. Boattini, 2022, cit.) sostituito più a monte da una moderna struttura in legno, il c.d. Ponte nuovo sul Fossone, utilizzato dal sent. 237. Di seguito giungeva a La Forca, da cui con il Ponte alla Forca o della Seghettina, attraversava il Bidente: in base all'elenco stradale del 1939 la sua struttura era costituita da travi in ferro e impalcato ligneo su spallette in pietra, ma sostituiva le precedenti strutture lignee più volte rifatte: il ponte originario risale al 1843. Oltrepassato il ponte con un lungo tragitto si poteva risalire fino a S. Paolo in Alpe oppure si imboccava l’importante e sopracitata Strada che dalla Seghettina va a Stia valicante il Passo Sodo alle Calle o La Scossa. Dalla Seghettina nel risalire la valle il tracciato della mulattiera rimaneva temporaneamente in quota guadando il Fosso degli Altari fino a superare le origini del Bidente (confluenza tra i Fossi del Molino e della Lama) per poi ridiscendere verso il fondo attraversando il Fosso della Lama, poco a valle della confluenza del Fosso dei Pianelli, tramite il c.d. Ponte sul Fosso della Lama ai Pianelli, di fatto una pedanca documentata dalla Carta d’Italia I.G.M. del 1894 ma non più presente nella successiva del 1937. Successivamente il tragitto proseguiva in dx idrografica fino a La Lama, dove giungeva attraversando il Fosso dei Forconali con il c.d. Ponte vecchio ai Forconali, ponte documentato sia dalla Carta d'Italia I.G.M. del 1894 che dalla successiva del 1937, dove però risulta posto al termine della S.F. del Cancellino, nel frattempo realizzata. La sistemazione moderna del luogo ha comportato la deviazione del Fosso dei Forconali a Sud della Casa Forestale, ora attraversato da una moderna passerella lignea, il c.d. Ponte nuovo ai Forconali, mentre il completamento della S.F. Lama-S. Paolo in Alpe-Corniolo e la riorganizzazione del Pian della Lama hanno reso necessario l’attraversamento del Fosso della Lama con il c.d. Ponte sul Fosso della Lama a La Lama, la cui unica caratteristica è il parapetto per il quale sono stati riutilizzati spezzoni dei binari della dismessa Ferrovia del Cancellino.

La Lama era collegata con lo Spartiacque Appenninico tramite le sopracitate Via degli Acuti e Strada delle Pulci, utilizzate soprattutto per l’esbosco del legname, oggetto di risistemazioni e modifiche di tracciato soprattutto in epoca ottocentesca, da parte del Siemoni, e in epoca moderna: per esse la cartografia storica solo in un caso documenta l’esistenza di strutture pontive. Un primo attraversamento alla confluenza del Fosso degli Acuti nel Fosso della Lama è documentato dalla Carta d’Italia I.G.M. del 1893-94 ed un secondo è documentato Carta d’Italia I.G.M. del 1937 presso la confluenza del Fosso dei Fangacci dal confronto delle quali il tracciato viario risulta spostarsi dalla sx alla dx idrografica: in loro corrispondenza oggi si trovano, rispettivamente, il c.d. Ponte sul Fosso degli Acuti a La Lama e il c.d. Ponte sul Fosso della Lama ai Fangacci, da far risalire all’800 e coevi per l’identica fattura delle strutture in pietra ad arco circolare con profilo a tutto sesto, peraltro il nuovo tracciato lo si ritrova già nella Pianta Geometrica della Regia Foresta Casentinese del 1850. Un ramo laterale del Fosso degli Acuti è inoltre attraversato dal c.d. Ponte sul Fosso degli Acuti, come ponte documentato dalla Carta d'Italia I.G.M. del 1937, anch’esso in pietra ad arco a tutto sesto e apparentemente coevo ai precedenti. Sul Fosso dei Fangacci, lungo il Sentiero degli Scalandrini (227 CAI), si trova una piccola passerella lignea, comunque indispensabile per il transito: il c.d. Ponte sul Fosso dei Fangacci. Nel fondovalle degli altri affluenti si trovano ulteriori ponti e passerelle di moderna o recente fattura. Il Fosso del Molino in loc. Comignolo, laddove il fosso si appresta a divenire braccio lacustre, è attraversato dalla moderna passerella lignea del c.d. Ponte al Comignolo, utilizzato dal sent. 235 CAI. Il Fosso di Ponte Camera, affluente del Fosso di Romiceto, a sua volta dante origine al Fosso del Molino insieme al Fosso Rogheta, era già attraversato da una struttura pontiva con alte spalle in pietra della Ferrovia del Cancellino, spalle riutilizzate dalla strada forestale per sostenere il nuovo Ponte Camera, la cui unica caratteristica è il parapetto per il quale sono stati riutilizzati spezzoni dei binari della dismessa ferrovia. Con la prosecuzione della S.F. Lama-S. Paolo in Alpe-Corniolo, tra il 1935 e gli anni ’50, si sono rese necessarie alcune strutture pontive per attraversare i fossi provenienti dalla Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, della quale la strada costituisce limite invalicabile. Il c.d. Ponte sul Fosso dei Pianelli è una struttura in pietra ad arco a tutto sesto. Il c.d. Ponte della Bucaccia, sul fosso omonimo, ha come unica caratteristica di trovarsi presso un punto di ingresso alla Riserva riservato e tabellato. Il Ponte alla Sega è un ampio ponte ligneo carrabile con spalle in pietra sul Fosso Campo alla Sega, caratteristico per l’ottima fattura, ben inserita in un luogo di interesse ambientale. Il Ponte alla Macchia è un robusto ponticello ligneo con spalle in pietra sul Fosso Campo alla Sega che viene utilizzato anche come carrabile da piccoli mezzi agricoli per collegare la Seghettina alla S.F. Lama-S. Paolo in Alpe-Corniolo tramite la strada forestale diretta all’Ammannatoia.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

AA. VV., Il Casentino, Octavo Franco Cantini Editore – Comunità Montana del Casentino, Firenze – Ponte a Poppi 1995;

C. Bignami (a cura di), Il popolo di Ridracoli, Nuova Grafica, Santa Sofia 1995;

C. Bignami, A. Boattini, La gente di Ridràcoli, Monti editore, Cesena 2022;

A. Bottacci, La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, 1959-2009, 50 anni di conservazione della biodiversità, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, Pratovecchio, 2009;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997;

P.L. della Bordella, Pane asciutto e polenta rossa, Arti Grafiche Cianferoni, Stia 2004;

M. Ducci, G. Maggi, TERMINI DI PIETRA, Appunti per la ricerca dei confini del territorio granducale e del monastero di Camaldoli nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, AGC Edizioni, Pratovecchio Stia 2022;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

G. Innocenti Ghiaccini, Le Vie Romee nella storia del Casentino. Gli spedali e le chiese per i pellegrini, FRUSKA, Bibbiena 2018;

D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;

F. Pasetto, Itinerari Casentinesi in altura, Arti Grafiche Cianferoni, Stia 2008;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze

Comune di Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba – Al km 1+100 della S.P. 112 Isola-Biserno-Ridràcoli si attraversa il Ponte dell'Isola sul Bidente di Corniolo.

foto/descrizione :

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

00a1 – 00a2 – Poco sopra Fontorso un punto panoramico consente la vista verso il Ponte dell’Isola sul Bidente di Corniolo e il tratto della S.P. 112 da cui si stacca la pista che scende al Ponte di Cosmedino sul Bidente di Ridràcoli (24/07/18).

00b1 – 00b2 - Schema cartografico, con particolare, di ponti, pedanche o palancole della Valle del Bidente di Ridràcoli che rappresenta lo stato del territorio dei primi decenni del XX secolo, quando ancora non era stata realizzata la S.P. 112 ed era in corso di costruzione la S.F. Lama-S.Paolo in Alpe-Corniolo, mentre era già stata completata la S.F. del Cancellino risalente agli anni ’30; sono stati effettuati alcuni utili aggiornamenti speditivi di ponti e viabilità.

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