Fossi delle Farnie e di Campitelli
Fosso delle Farnie - Coordinate WGS84: Origine (Dorsale P.gi Squilla-Aguzzo) 43° 53’ 42” N/ 11° 47’ 19” E - Sbocco (Bidente) 43° 53’ 55” N/ 11° 46’ 55” E- Quote: Origine 905 m – Sbocco 535 m - Sviluppo 720 m
Fosso di Campitelli - Coordinate WGS84: Origine (Dorsale P.gi Squilla-Aguzzo) 43° 53’ 49” N/ 11° 47’ 19” E - Sbocco (Bidente) 43° 54’ 07” N/ 11° 47’ 07” E- Quote: Origine 840 m – Sbocco 522 m - Sviluppo 750 m
Testo di Bruno Roba (1/06/2024) - Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.
La Valle del Fiume Bidente di Campigna racchiude il bacino idrografico di quel ramo intermedio del Bidente delimitato ad Ovest dal primo tratto di una dorsale caratterizzata da uno dei tratti più impervi del versante appenninico. Alla morfologia piramidale di Poggio Martino, separata dal Monte Falco dalla sella di Pian dei Fangacci, fa seguito la geometrica sequenza di creste degli altri quattro rilievi, detti (alcuni secondo l’antico oronimo) Poggio di Zaccagnino, Poggio di Mezzo, Poggio del Palaio e Poggio delle Secchete, oggi Poggio Palaio, che si sviluppa verso Est, leggermente divaricandosi in un simil-parallelismo dallo Spartiacque Appenninico, secondo un evidente fenomeno geomorfologico di frattura e scivolamento di una colossale massa rocciosa in ambiente marnoso-arenaceo, da attribuire alla storia geologica appenninica recente; lo scivolamento non ha modificato l’orientamento della giacitura stratigrafica originaria, caratterizzata dalla tipica asimmetria paesaggisticamente evidente. La depressione conseguente al fenomeno geomorfologico ha determinato la formazione della valle progressivamente incisa dal Fosso dell’Abetìa o Abetìo e la creazione dell’habitat favorevole per lo sviluppo dell'Abetìa rinomata quanto sfruttata specie tra il XV e XIX secolo. Da Poggio Palaio la dorsale si orienta a NE e digrada con la Costa Poggio dei Ronchi fino alla sella di Colla Tre Faggi, come Crinale di Corniolino prima si innalza con il Monte della Maestà, poi digrada andando a concludersi presso Lago costretta dalla confluenza del Fiume Bidente delle Celle nel Fiume Bidente di Campigna. Ad Est il bacino idrografico è delimitato da parte del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Il tratto di crinale da Poggio Scali a S. Paolo in Alpe nel Seicento era detto Raggio di S. Paolo (cfr. S. Fabiani, G. Fabiani, Cronache del territorio del Capitanato di Bagno, in: ALPE APPENNINA 06-2023, cit.). Da Poggio Squilla si distacca una dorsale secondaria che, declinando a Nord, dopo il picco di Poggio Aguzzo precipita verso Corniolo con sproni puntati su Lago così completando la chiusura della valle. La sua testata si estende a ridosso delle maggiori quote dello Spartiacque Appenninico (quale parte della c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), caratterizzate dalle fortissime pendenze modellate dall’erosione, con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Scali, il Canale o Canalone del Pentolino, le Ripe della Porta e le Ripe di Pian Tombesi, oltre che con distacco dello spessore detritico superficiale, conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale.
L’asta fluviale principale cambia spesso denominazione, destino comune di ogni ramo bidentino, con differenze tra le varie cartografie storiche o moderne. La Carta Tecnica Regionale (CTR), consultabile tramite il Geoportale e le applicazioni Moka (cit.) evidenzia l’idronimo dei vari tratti. Se nel suo sviluppo appare una maggiore omogeneità morfologica con l’incisione del Fosso dell’Abetìo, evidente anche nelle vedute panoramiche, in effetti l’origine fluviale principale viene individuata a Poggio Lastraiolo, a circa 40 m dal Rifugio CAI Città di Forlì, con ramificazioni che si spingono fino a Poggio Sodo dei Conti ed una intermedia originata dalle acque sorgive della scomparsa Fonte al Bicchiere. Questo primo tratto è detto Fiume Bidente del Corniolo; ricevuto il contributo del Fosso dell’Abetìo si sviluppa fino al sito un tempo detti I Tre Fossati, oltre il quale viene detto Torrente Bidente, benché sia ormai prossimo a perdere le caratteristiche torrentizie. I Tre Fossati è il luogo posto sul versante oltre il fiume, dove si verifica la contemporanea confluenza del Bidente con il Fosso della Corbaia (che nasce dalla Pendice della Calla) e il Fosso dell’Antenna, che a sua volta ha appena raccolto le acque del Fosso delle Bruciate. Il tratto definito Torrente Bidente prosegue ricevendo in dx idrografica il Fosso della Ghiraia, il Fosso della Ruota, il Fosso del Fiumicino, il Fosso di Bagnatoio e il Fosso del Fiumicino di S. Paolo, anticamente detto Fosso il Pianaccione, uno dei maggiori affluenti del Bidente di Campigna, avente origine dalle pieghe tra i Poggi Ricopri e Capannina e il contrafforte, alimentato da un’ampia ramificazione idrografica avente origine dal contrafforte secondario compreso tra Poggio Capannina e l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, ovvero i Fossi delle Fontanelle, dell’Alberaccia, del Perono o Perone e di Ristefani. Gli altri affluenti del tratto in dx idrografica sono i Fossi di Campacci, delle Farnie e di Campitelli.
Le vallecole dei Fossi di Campacci, delle Farnie e di Campitelli sono racchiuse dalle diramazioni montuose che si distaccano dagli ultimi picchi o nodi montani che caratterizzano la dorsale proveniente da Poggio Squilla, posti alle quote 953,5 e 916,7, fino all’acuminato Poggio Aguzzo, posto alla quota 762,5 ed evidenziato da una croce luminosa, prospiciente Corniolo. Le anse dell’ultimo tratto del Fiume Bidente di Campigna ne aggirano gli sproni terminali fino al deciso meandro presso Lago, dove riceve le acque del Fiume Bidente delle Celle, avviandosi poi verso il suo termine costituito dal meandro che aggira la punta estrema della dorsale, laddove si immette il Fosso di Verghereto e ha inizio il Fiume Bidente di Corniolo.
Il sito di Lago è posto alla convergenza delle dorsali (e sistemi vallivi da esse delimitati) costituite, a meridione, dal Crinale di Corniolino oltre a quella già descritta, a settentrione, dalle diramazioni provenienti dal sistema montuoso dei Monti dell’Avòrgnolo e Guffone. La morfologia del luogo non è antichissima anzi l’apparente idronimo rappresenta il consolidamento di una memoria relativamente recente, legata al cedimento del suo delicato equilibrio idrogeologico quando, nel 1681, la frana di Fordilino creò quell’ostruzione che effettivamente generò un lago, poi colmato da sedimentazioni successivamente modellate dal continuo scorrere delle acque, salvo eventuali interventi antropici di risanamento ambientale. La frana sommerse e distrusse il trecentesco Mulino Vecchio, il più antico dei mulini comunali dell’area, molto utile in quanto il Mulino di Fiumari veniva spesso rovinato dalle piene del Bidente, e comunque anche il contributo del Mulino di Sabatino, posto sotto Corniolo, appena soddisfaceva le esigenze della popolazione. Se le speranze di un recupero del Mulino Vecchio si protrassero per alcuni anni prima che scomparisse definitivamente sepolto nel lago (infatti solo nel 1686 venne chiesta la cancellazione tributaria all’amministrazione fiorentina), a causa della frana, nella notte tra l’8 e il 9 aprile 1681, scomparve completamente la casa del podere di Fiordilino, detta anche Fior di Lino, come documenta il drammatico resoconto del proprietario, il pievano don Matteo Fabbri, uccidendo i due lavoranti Domenico e Goro Michelacci con le loro consorti (Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, p. 40, cit.). Il Mulino Vecchio si trovava dove oggi sorge Lago e Fiordilino forse poco sopra, ma sono del tutto scomparsi, mentre i massi affioranti sul pendio sovrastante appartengono all’antica frana.
L’analisi della geomorfologia locale fornisce utili indicazioni per immaginare la genesi di tale evento. A fronte dei tipici affioramenti marnoso-arenacei delle dorsali meridionali che, per quanto soggetti ad erosione, paiono rispecchiare una situazione geomorfologica abbastanza antica e stabilizzata e non evidenziante aree di distacco cui attribuire responsabilità per quell’antica ostruzione del fondovalle, la valle del Fosso della Fontaccia è in parte caratterizzata da una morfologia da scivolamento, determinata da detrito di versante incoerente di dimensioni e litologie varie, depositato per gravità e ruscellamento, risalente all’Era del Quaternario, Epoca del Pleistocene superiore-Olocene (da 1,8 milioni a 10 mila di anni fa, epoca dell’ultima glaciazione). Tale area è delimitata da un bordo scosceso, relativamente alto ed esposto verso sud relativo a terreni caratterizzati da più antiche (Langhiano-Serravalliano inferiore, da 15,9 a 11,6 milioni di anni fa) stratificazioni arenaceo-argillose della Formazione Marnoso-arenacea. All’epoca della formazione del deposito pleisto-olocenico evidentemente l’area doveva presentarsi più incisa e incassata e regimante un corso d’acqua, comunque tale da accogliere il riempimento che ha creato i dolci pendii dei prati-pascoli di Certino-Ciortino e Cà S.Giovanni. Superato Lago verso Est, mentre si restringe, il fondovalle compie un brusco tornante aggirando un ulteriore promontorio, posto al confine tra i terreni delle stratificazioni arenaceo-argillose e l’area, di epoca immediatamente precedente, delle più instabili stratificazioni argilloso-arenacee (con marne, lenti e blocchi di calcare), laddove si viene a creare una sorta di imbuto indirizzato proprio a monte degli odierni edifici. Essendo un evento strettamente localizzato, come correttamente documentato dalla Guida di Corniolo (cit.) questa è l’area specifica di frana dove si trovava il fabbricato di Fiordilino, riconoscibile per il pendio cosparso di numerosi massi erratici, che causò l’ostruzione seicentesca del fiume e la sommersione del Mulino Vecchio. Successivamente sul fiume, ricevuto il contributo del Fosso di Verghereto e divenuto Bidente di Corniolo, sempre da settentrione incombono ben 4 ampie aree di paleofrana, mentre l’asta fluviale attraversa paleo-depositi alluvionali. Con evidenza questo versante vallivo, perennemente instabile (infatti oggi fittamente piantumato a pinacee), tra tutti presenta quindi geomorfogia e orientamento con caratteristiche uniche per l’area e tali da generare e incanalare importanti eventi franosi in direzione della confluenza dei Bidenti fino ed oltre il borgo di Corniolo, tali da fermarne le acque, storicamente sul sito dell’abitato odierno di Lago fino a espandere il ristagno lacustre verso Sud, contribuendo alla formazione di ulteriori depositi alluvionali presso il Bidente di Campigna, laddove sorgono alcuni edifici ed un insediamento turistico-ricettivo, con strette ramificazioni verso Ovest, interessando il tratto terminale del Bidente delle Celle, per il resto verso Est, come detto. Nel caso che il livello del ristagno avesse raggiunto i 545 m s.l.m., con sbarramento in corrispondenza del citato promontorio, la superficie avrebbe superato gli 11 ettari di estensione. Comunque, dalle descrizioni dell’epoca di seguito riportate risulterebbe un ristagno limitato, tale da non sommergere completamente il mulino, distrutto dai successivi accumuli di materiale trasportato con le piene: «Cinque anni dopo, nel 1686 cioè, […] si dovette prendere atto che il Mulino Vecchio non era più recuperabile […]. Si era indugiato perché era sempre possibile vedere il vecchio mulino in mezzo alle acque del lago […]. Ma poi il lago a poco a poco si riempì di sassi e di terra portati dalla piena del Bidente, e il vecchio mulino rimase definitivamente sepolto.» (Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, pp. 40-42, cit.).
L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio. Già nel paleolitico (tra un milione e centomila anni fa) garantiva un’ampia rete di percorsi naturali che permetteva ai primi frequentatori di muoversi e di orientarsi con sicurezza senza richiedere opere artificiali. Nell’eneolitico (che perdura fino al 1900-1800 a.C.) i ritrovamenti di armi di offesa (accette, punte di freccia, martelli, asce) attestano una frequentazione a scopo di caccia o di conflitto tra popolazioni di agricoltori già insediati (tra i siti, Campigna, con ritrovamenti isolati di epoca umbro-etrusca, Rio Salso e S. Paolo in Alpe, anche con ritrovamenti di sepolture). Nel Settecento, chi voleva risalire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» e per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). È stato precisato inoltre, «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, 1992, p. 32, cit.). Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo di Firenze è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.). Peraltro, si trattava di viabilità ancora piuttosto precaria, come ha lasciato testimonianza lo stesso Leopoldo II: «Cavalcando […] vidi […]. La foresta dell’Opera sulla pendice precipitosa verso Romagna era manto a molte pieghe dell’Appennino, al lembo di quel manto apparivano le coste nude del monte […]. Sulli spigoli acuti delle propaggini del monte si vedevano miseri paeselli con le chiese: San Paolo in Alpe, Casanova, Pietrapazza, Strabatenza; impercettibili sentieri conducevano a quelli, e lì dissero le guide i pericoli nel verno, la gente caduta e persa nelle nevi, […] i morti posti sui tetti per non poterli portare al cimitero, e nelle foreste i legatori del legname sepolti nelle capanne.» (F. Pesendorfer, a cura di, 1987, pp. 176-177, cit.). Così, se al diffondersi dell’appoderamento si accompagna un fitto reticolo di mulattiere di servizio locale, per la realizzazione delle prime grandi strade carrozzabili transappenniniche occorrerà attendere tra la metà del XIX secolo e i primi decenni del XX: «La nuova strada S. Sofia – Stia, bellamente pianeggiando sotto il Corniolo, attraversa il Bidente che viene dalle Celle e poi inizia l’ascesa del monte verso Campigna poco più su dal luogo donde si diparte, a sinistra, la mulattiera che mena a S. Paolo in Alpe ove, fino al secolo XVI, era un eremo agostiniano.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 270).
La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), da integrare per la classificazione storica del Bidente con le Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna (1808-1830 – scala 1:5000, cit.) e la suddetta Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese e adiacenze (1850 – scala 1:20.000, cit.), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Campigna. Tra le altre le c.d. vie dei legni, o Strade dette dei legni per il trasporto dei medesimi (così riportate nella Carta Geometrica) utilizzate per il trasporto del legname fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli o dai camaldolesi fino al Porto di Ponte a Poppi. Come sopracitato, specificamente elencata nel contratto di vendita del 1857 con cui le foreste passarono dall’Opera del Duomo di Firenze alle Reali Possessioni, si trova la via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe. Già citata nelle Bozze di mappa nel tratto alto come Strada del Poggio Scali e nel Catasto toscano come Via di Scali, è pure confermata tra le vie dei legni individuate all'inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone, nella relazione sullo stato delle foreste demaniali (cit.) come via del Poggio, che da S. Sofia, per S. Paolo in Alpe e Pian del Pero, sale a Poggio Scali.
Oltre alla Via di Scali, strada di crinale che correva lungo il limite orientale della valle, la viabilità più antica interessante questo territorio era costituita da quel ramo della Via Flaminia Minor che discendeva lungo la Valle delle Celle percorrendo a mezza costa le Ripe Toscane (le cui stratificazioni rocciose formano gradonate ancora oggi funzionali alla percorrenza, anche grazie alla “modernizzazione” dei primi anni del ‘900) ed oggi si ritrova a tratti fino al fabbricato di La Casina, ad Ovest di Lago, in corrispondenza del moderno tratto di infrastrutturazione viaria di servizio dell’impianto di prelievo idrico afferente l’invaso di Ridràcoli. Nel Nuovo Catasto Terreni tale ramo si trova ancora interamente riportato e classificato come Str.com. Corniolo-Celle-Pian del Grado. Presso Lago si ricongiungeva con l’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola di origine preromana che risaliva da Galeata (l’antica Mevaniola) e percorreva il crinale insediativo di Corniolino. Ben infrastrutturata e conservante ancora notevoli tratti di selciato naturale, seguendo la morfologia sopra descritta, superata la sella di Colla Tre Faggi risaliva verso il Monte Gabrendo, giungendovi o dopo una più agevole deviazione dalle Mandracce o per via più diretta sfruttando le balze di Costa Poggio dei Ronchi e Omo Morto ed in ultimo insinuandosi verso Poggio Palaio per ridiscendere a Campigna tramite la Via del Balzo o sul versante opposto verso Stia. L’inizio del tratto alto-bidentino di questo antico tracciato è facilmente individuabile a Lago (almeno nello sviluppo posteriore alla fine del XVII sec., successivo alla sopracitata rimodellazione post-lacustre, mentre nel periodo lacustre è immaginabile un allungamento del tragitto verso Corniolino di oltre 1.5 km, dovendo proseguire oltre S. Giovanni e il Fosso della Fontaccia per ridiscendere ad attraversare in qualche modo il Bidente delle Celle, quantomeno all’altezza della Casina – presso l’odierna sbarra – e aggirare a mezzacosta il versante opposto, forse in corrispondenza di un sentiero di cui alla CTR) dove, tramite il Ponte di Fiordilino si attraversava il Bidente delle Celle. I resti del ponte dalla poetica denominazione (ripresa dal nome del sopracitato podere), costituiti da una spalla e dall’imposto di un arco limitato a qualche concio inclinato di innesto, che si scorgono a fianco del ponte moderno (i resti dell’altra spalla, se sussistenti, giacciono sommersi dalla vegetazione), sicuramente sono la conseguenza di successivi rimaneggiamenti. La saggistica (AA.VV., 1982, p. 188, cit.) documenta una struttura risalente all’ampio periodo tra i secoli XV e XIX con tipologia ad arco (in questo caso non è specificato se a sesto circolare o ribassato - un utile riferimento si può trovare nel progetto del 1556 per il rifacimento ad arco a tutto sesto del vicino Ponte della Balza – cfr. Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, p. 168, cit.). Quanto resta è sicuramente la conseguenza di successivi rimaneggiamenti ed ancora prima dei danni del cataclisma seicentesco la tipologia era stata ricondotta a quella ormai consueta che prevedeva l’utilizzo di travi lignee, come documentato dai rifacimenti delle spalle in pietra ad opera di maestri muratori lombardi (1580-1584) e dell’impalcato in castagno (1591) ad opera di Marco da Pellegrino (Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, pp. 39, 43, cit.). Qualche certezza la fornisce il seguente resoconto che pare piuttosto riferirsi ad un precursore o allo stesso ponte della nuova strada provinciale (a sesto ribassato, in pietra), forse con qualche confusione rispetto ai resti di una pila: «1898. Sorge il problema della disoccupazione anche al Corniolo che ora ha più di mille abitanti. Per alleviare tale disagio, si propone di avviare la costruzione della strada rotabile Corniolo-S. Sofia, la costruzione in pietra del ponte del Lago (si vede ancora una pila di questo) […].» (Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, p. 142, cit.). In effetti nella Carta d’Italia I.G.M. di primo impianto (1894) compare il simbolo grafico della pedanca mentre quello del ponte compare solamente nella mappa del 1937 in relazione al tratto della provinciale in corso di realizzazione ed ancora oggi in uso.
Come documentato dal Catasto toscano, la via antica infatti si inerpicava subito sull’erta rocciosa (oggi rimodellata) in allineamento al ponte antico stesso (di lato alla provinciale e al ponte moderno) ma poi deviava fino a rasentare il Bidente. Le mappe antiche aiutano a ricostruire la morfologia del luogo prima della realizzazione della moderna provinciale che tagliò la balza mentre la Via Romagnola proseguiva a mezzacosta verso l’abitato di Corniolino raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Evidenti resti della muratura di sostegno di questo tratto viario si notano poco sopra la provinciale, a 200 m dal ponte di Lago. Da Corniolino la prosecuzione della vecchia via è stata rimodernata fino all’innesto presso un tornante della S.P. a circa 2 km da Lago, dove si ritrova il tracciato antico (sent. 259 CAI) che si inerpica verso il Castellaccio e prosegue sul crinale riutilizzando le gradonate di estesi affioramenti rocciosi, dove sono evidenti le tipiche alternanze di arenarie e marne formanti cornicioni sporgenti fratturati a “denti di sega”.
Presso Corniolino si innestava il percorso di fondovalle diretto a Campigna che scendeva al Bidente superandolo grazie al Ponte dei Ladroni o del Ladrone o della Madonna, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona), che però si trovava circa 80 m più a monte, come risulta dal confronto con il Catasto toscano. Il ponte è stato segnalato dal Segretariato Regionale del Ministero della cultura dell’Emilia-Romagna nel portale https://www.tourer.it/. Dopo un breve tratto ancora integro e percorribile fino al moderno Ponte Ilario, datato 1969 e privo di interesse tipologico, la mulattiera procedeva in prossimità del fiume secondo un percorso diverso dalla strada forestale (iniziata negli anni 1966-67), che risale transitando poco sotto Campacci, oggi C. Campaccio. L’antico tracciato infatti giungeva fino al sito di un altro fabbricato che, benché anonimo, era evidentemente destinato a mulino già in base all’evidente rappresentazione di inizio ‘800 del lungo berignale o gora per il prelievo dell’acqua e del bottaccio di accumulo della stessa, confermata dalla simbologia (ruota dentata) dell’Opificio a forza idraulica della Carta d’Italia I.G.M. del 1894. Nella successiva mappa del 1937 il definibile Mulino di Campacci, perse le sue funzioni originarie, è ormai rappresentato come semplice fabbricato. Oggi il luogo è raggiungibile tramite la strada di servizio alle opere di imbrigliamento idraulico dei rami bidentini a favore dell’invaso di Ridràcoli e una moderna stazione di pompaggio ne occupa il sito. Oltrepassato Campacci, secondo un percorso simile a quello moderno, il tragitto antico prima attraversava il Fosso del Fiumicino di S. Paolo con una pedanca (ponte in legno pedonale documentato almeno dall’inizio del XX secolo), oggi sostituita dal Ponte Cesare, poi si inerpicava sul crinale rasentando Moscoso dal lato Est (praticamente dietro l’annesso posto accanto al suo attuale accesso stradale) e poco dopo, attraversato il sito oggi occupato della rotabile, calava di livello dirigendosi verso Fiumari (di sotto). Mentre la via principale proseguiva verso il Mulino di Fiumari e Campigna, dove giungeva tramite la ripida Via di Villaneta (oggi sent. 243 CAI), almeno per tutto il XIX secolo un sentiero corrispondente alla viabilità antica risaliva fino a Fiumari (di sopra) e, scavalcata la sella antistante, scendeva ad attraversare il Fiumicino per poi inerpicarsi fino all’alpeggio di S. Paolo in Alpe e all’Eremo di S. Agostino tramite Campodonatino e Campodonato.
In base a quanto registrato nei primi decenni del XIX secolo dal Catasto toscano l’evento catastrofico del XVII secolo ha cancellato ogni traccia insediativa nell’area di Lago, mentre nel versante sx del Bidente verso Corniolo fino alla confluenza del Fosso di Verghereto erano documentati due insediamenti, uno detto La Casina e l’altro anonimo che nel NCT verrà detto Casina Bianca, posti presso strada, lato valle. Un secolo dopo, la Carta d’Italia I.G.M. del 1937 registra un fabbricato anonimo ed un piccolo annesso nel sito di Lago in aderenza al lato inferiore della nuova provinciale e il simbolo grafico di un Opificio a forza idraulica, oggi detto Mulino Casina Bianca, presso l’ansa fluviale prossima alla confluenza del Fosso di Verghereto. Nel corso del XX secolo la nuova viabilità ha consentito lo sviluppo di Lago quale tipico insediamento allineato lungo strada, con sedimentazione toponomastica e trascrizione moderna di una memoria e tradizione antica e vari episodi edilizi presso l’ultimo tratto del Bidente di Campigna ad uso residenza ed attività turistico-ricettiva (Hotel Leonardo).
Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Catasto toscano, Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati del versante del Bidente attraversato dai Fossi di Campacci, delle Farnie e di Campitelli oltre che dell’area tra Lago e Corniolo si possono schematizzare come di seguito elencato:
- Campacci nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o C.Campaccio nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o C. Campaccio in quella moderna, o Campacci nel N.C.T., o Campaccio nella C.T.R.;
- Mulino di Campacci: anonimo nel Catasto toscano, o simbolo anonimo Opificio a forza idraulica nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), nel N.C.T. e nella C.T.R.;
- Lago: assente nel Catasto toscano e nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o Lago in quella moderna, o Lago nel N.C.T. e nella C.T.R.;
- Fiordilino: assente in tutta la cartografia;
- Mulino Vecchio: assente in tutta la cartografia;
- La Casina nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in tutta la cartografia moderna;
- Casina Bianca: assente nel Catasto toscano, o anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in quella moderna, o Casina Bianca nel N.C.T., o anonimo nella C.T.R.;
- Mulino Casina Bianca: assente nel Catasto toscano, o assente nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o simbolo anonimo Opificio a forza idraulica nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o anonimo in quella moderna, o Molino nel N.C.T., o anonimo nella C.T.R.
Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente di Campigna, Fiume Bidente di Campigna e/o relative ad acque, monti e insediamenti citati.
N.B.: - Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo la presa in possesso l’Opera aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.
- L'Appennino romagnolo era caratterizzato fino a metà del XX secolo (superata in qualche caso per un paio di decenni) da una capillare e diffusa presenza di mulini idraulici, secondo un sistema socio-economico legato ai mulini e, da secoli, radicato nel territorio del Capitanato della Val di Bagno. Intorno al Cinquecento ognuno dei 12 comuni del Capitanato (Bagno, Careste, Castel Benedetto, Facciano, Montegranelli, Poggio alla Lastra, Ridràcoli, Riopetroso, Rondinaia, San Piero, Selvapiana, Valbona) disponeva di almeno un mulino comunitativo la cui conduzione veniva annualmente sottoposta a gara pubblica a favore del migliore offerente; a quell’epoca nell’area si registrano assegnazioni per 230 bolognini. La manutenzione poteva essere a carico del comune o del mugnaio. Alla fine del Settecento l’attività riformatrice leopoldina eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire altri mulini in concorrenza produttiva, cui seguì un progressivo disinteresse comunale con riduzione dell’affitto annuale dei mulini pubblici fino alla loro privatizzazione. Nell’Ottocento, con la diffusione dell’agricoltura fino alle più profonde aree di montagna, vi fu ovunque una notevole proliferazione di opifici tanto che, ai primi decenni del Novecento, si potevano contare 5-6 mulini dislocati nella valle del Bidente di Campigna. Dagli anni ’30, la crisi del sistema socio-economico agro-forestale ebbe come conseguenza l’esodo dai poderi e il progressivo abbandono dell’attività molitoria e delle relative costruzioni.Gli Opifici a forza idraulica (def. I.G.M.) posti sul Bidente di Campigna o i suoi affluenti oggi noti sono: il Molino de Fiumari, documentato per l’origine quattrocentesca, quando insieme al Mulino Vecchio e al Mulino di Sabatino, presso Corniolo di proprietà comunale, benché spesso danneggiati dall’irruenza fluviale, rispondevano alle necessità della popolazione della vasta area del Popolo di Corniolo. Ad essi vanno aggiunti i Mulini di Campigna, Campacci e Casina Bianca. Il Mulino di Sabatino però probabilmente si trovava all’inizio del Bidente di Corniolo, mentre il Mulino Casina Bianca, ancora completo delle opere di presa idraulica, si trova al termine del Bidente di Campigna ma pare risalga al principio del XX secolo.
- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XIX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi fluitato per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno. Per approfondimenti, v. M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, 2024, cit.
- Il termine “pedanca” deriva dal dialetto piemontese e ciò potrebbe spiegare anche l’adozione del termine da parte dell’I.G.M. o Istituto Geografico Militare, che fu fondato a Torino nel 1861, che quindi assorbì tale denominazione per indicare il simbolo tecnico cartografico (⤚⤙) corrispondente ai ponti pedonali.
- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo. Inoltre, le pratiche scritturali prevedono che tra l’abbreviazione “C”, l’interpunzione e la parola seguente non vi siano interspazi.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
AA.VV., Indagine sulle caratteristiche ambientali suscettibili di valorizzazione turistico-culturale delle vallate forlivesi. Repertorio, C.C.I.A.A. Forlì, 1982;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, “Le vive travi” e i loro cammini nel Parco e nella storia, Monti editore, Cesena 2024;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
F. Pesendorfer (a cura di), IL GOVERNO DI FAMIGLIA IN TOSCANA. Le memorie del granduca Leopoldo II di Lorena (1824-1859), Sansoni Editore, Firenze 1987;
A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;
Pro Loco Corniolo-Campigna (a cura di), Corniolo, storia di una comunità, Grafiche Marzocchi Editrice, Forlì 2004;
A. Sansone, Relazione sulla Azienda del Demanio Forestale di Stato – 1° luglio 1910/30 luglio 1914, Roma 1915;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Parco nazionale delle foreste casentinesi. Carta dei sentieri 1:25.000, N.20, Monti editore, 2019;
Regione Toscana – Progetto CASTORE – CAtasti STOrici REgionali;
Carta della Romagna Toscana e Pontificia: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=10910;
G. Inghirami, Carta Geometrica della Toscana, 1830;
Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11479;
Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11644;
URL http://www.popolidelparco.it/media/archivio-pietro-zangheri-zan098/;
URL https://www.tourer.it/;
URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
Testo di Bruno Roba – Le vallecole incise dai Fossi di Campitello e delle Farnie si possono osservare dalla S.P. 4 del Bidente; il Fosso di Campitelli si può raggiungere recandosi presso l’Hotel Leonardo a Lago.
Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
00A - Ubicazione delle Valli dei Fossi di Campacci, delle Farnie e di Campitello e del versante terminale del Bidente di Campigna tra Lago e Corniolo.
00a1 – 00a2 – La panoramica da Poggio Sodo dei Conti sui rilievi dell’Appennino romagnolo evidenzia il contrafforte si sviluppa da Poggio Scali fino all’Altopiano di S. Paolo in Alpe e lo snodo montano di Poggio Squilla da cui si stacca la dorsale che evidenzia una sequenza di picchi fino all’appuntito Poggio Aguzzo (22/12/11).
00b1 – 00b2 – 00b3 - Dal Sentiero degli Alpini (SA 301 CAI), sul contrafforte principale dai pressi del M. dell’Avòrgnolo, le giornate nuvolose consentono di avere senza il consueto controluce una vista frontale dall’alto (deformata dall’effetto prospettico) della dorsale che si sviluppa da Poggio Squilla a Poggio Aguzzo, incisa dalle vallecole dei Fossi di Campacci, delle Farnie e di Campitello Fiumicino di S. Paolo, per la parte terminale nascosta dal Crinale del Corniolino. Si notano gli impianti restaurativi di pinacee di Campaccio, Ristefani e Campodonatino (23/11/16).
00b4 – Dalla strada che da Corniolo sale al Passo della Braccina scorcio dell’arcuato crinale di Poggio Aguzzo, sempre riconoscibile per l’illuminazione crucifera (23/11/16).
00c1 – 00c2 – 00c3 – Dal Sentiero degli Alpini che risale verso il Monte dell’Avòrgnolo, panoramica dello sviluppo del contrafforte che proviene da Poggio Scali dove si notano le dorsali che si staccano da Ronco dei Preti e Poggio Squilla racchiudendo la valle del Fosso delle Cerrete; si notano inoltre le vallecole laterali della dorsale Poggio Squilla-Poggio Aguzzo dei Fossi di Campitello e delle Farnie, con scorci di Corniolo e Lago (26/11/16).
00c4 – 00c5 – Dai sentieri che risalgono nella Valle di Lavacchio, oltre il Crinale di Corniolino, dove spicca il Castellaccio, si nota emergere Poggio Aguzzo e il crinale inciso dalle vallecole di Campitello e delle Farnie (8/12/16 – 10/12/16).
00d1 - 00d2 – Dall’opposto Crinale del Corniolino, vedute della dorsale Poggio Squilla-Poggio Aguzzo incisa dai Fossi di Campitello, delle Farnie e di Campacci (30/11/16 – 24/01/18).
00e1 – 00e2 – Dai pressi di Lago, scorci della dorsale Squilla-Aguzzo al suo digradare sul borgo, con particolare del Fondovalle (8/12/16 – 10/12/16).
00f1/00f4 - Dalla S.P. 4 del Bidente, si hanno le vedute più ravvicinate delle vallecole di Campitello, delle Farnie e di Campacci (12/03/12 - 31/03/12 – 30/11/16 - 13/12/16).
00g1 – Da Poggio Aguzzo, scorcio sull’area di Lago dove si conclude la dorsale e il Bidente di Campigna riceve il Bidente delle Celle e compie una brusca svolta verso Corniolo (25/04/18).
00h1 – Schema da cartografia moderna del bacino idrografico del Fossi di Campacci, delle Farnie e di Campitello e del versante terminale del Bidente di Campigna tra Lago e Corniolo.
00h2 – Schema di mappa da cartografia di inizio XIX secolo, con evidenziati gli assetti insediativi, idrografici ed infrastrutturali della valle del Bidente e suoi affluenti, dove si possono notare i tracciati della viabilità antica. La toponomastica riprende quella originale.
00h3 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, riguardo la viabilità principale evidenziava esclusivamente i tracciati viari che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, mantenendosi prossimi al fondovalle fino a Corniolo, nella valle di Campigna risalendo sul crinale di Corniolino fino alla sella di Tre Faggi con discesa a Campigna e risalita al Passo della Calla.
00h4 - Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo viario e idrografico precedente al completamento della viabilità provinciale.
00i – Elaborazione pittorica tipo olio da una foto del 1924 che rappresenta il fondovalle del Bidente di Corniolo dove si nota la consistenza della strada per S.Sofia, come descritto nel testo ancora corrisponde a quanto documentato nel Settecento («[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]»).