Fiume Bidente delle Celle
Testo di Bruno Roba (25/10/2024) - COORDINATE WGS84: Origine (Poggio Bini) 43° 54’ 28” N / 11° 43’ 41” E – Celle 43° 53’ 46” N / 11° 44’ 03” E - Sbocco (Bidente di Campigna) 43° 54’ 14” N / 11° 47’ 09” E - QUOTE: Origine 1110 m - Celle 752 m - Sbocco 520 m - SVILUPPO 8,5 km (1,83+6,67).
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.
La Valle del Fiume Bidente delle Celle racchiude il bacino idrografico di quel ramo occidentale del Bidente delimitato a NO dal contrafforte principale che la divide dalla valle del Fiume Rabbi inizialmente costituito dalle pendici di Pian Cancelli che, dal Monte Falco, proseguono per la costa di Pian delle Fontanelle, scendono ripidamente tramite Costa Poggio Corsoio; quindi, risalgono a Poggio Bini e a Monte Ritoio. Qui il contrafforte vira bruscamente verso Est fino a Monte dell’Avòrgnolo, dove riprende l’andamento principale puntando verso Forlì per terminare alla chiesa di Collina sopra Grisignano, non prima di avere evidenziato un’ulteriore sequenza di rilievi (i Monti Guffone e della Fratta, i Poggi Penna e Montironi, i Monti Prignolaia, Altaccio, Spino, delle Forche, Martellino, Grosso, Fuso, Brucchelle e Velbe, i Colli delle Caminate e di Lardiano). Sul versante sx la chiusura della Valle delle Celle è costituita dalla dorsale di Pian dell’Olmo che dall’Avòrgnolo si stacca verso SE, separando la Valle del Fosso della Fontaccia dalla Val Bonella, dove scorrono i Fossi di Val della Noce e di Verghereto. Il versante SE della valle, in dx idrografica, è delimitato da una dorsale inizialmente caratterizzata da uno dei tratti più impervi del versante appenninico. Alla morfologia piramidale di Poggio Martino, separata dal Monte Falco dalla sella di Pian dei Fangacci, fa seguito la geometrica sequenza di creste degli altri quattro rilievi, detti (alcuni secondo l’antico oronimo) Poggio di Zaccagnino, Poggio di Mezzo, Poggio del Palaio e Poggio delle Secchete, oggi Poggio Palaio, che si sviluppa verso Est, leggermente divaricandosi in un simil-parallelismo dallo Spartiacque Appenninico, secondo un evidente fenomeno geomorfologico di frattura e scivolamento di una colossale tratto di versante in ambiente marnoso-arenaceo, da attribuire alla storia geologica appenninica recente; lo scivolamento non ha modificato l’orientamento della giacitura stratigrafica originaria, caratterizzata dalla tipica asimmetria paesaggisticamente evidente. Mentre sul versante di Campigna la depressione conseguente al fenomeno geomorfologico ha determinato la formazione della valle progressivamente incisa dal Fosso dell’Abetìa o Abetìo e la creazione dell’habitat favorevole allo sviluppo dell’Abetìa rinomata quanto sfruttata specie tra il XV e XIX secolo, sul versante delle Celle la giacitura a reggipoggio ripete le fortissime pendenze modellate dall’erosione, con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati, che caratterizzano i due anfiteatri montani posti a Nord di Poggio Martino, attestati sul contrafforte e intercalati dalla Costa Poggio dell’Aggio Grosso. Da Poggio Palaio la dorsale si orienta a NE e digrada con OMO MORTO e la Costa Poggio dei Ronchi fino alla sella dei Tre Faggi, come Crinale di Corniolino prima si innalza con il Monte della Maestà, poi digrada andando a concludersi presso Lago sulla confluenza del Fiume Bidente delle Celle nel Fiume Bidente di Campigna, così contribuendo alla chiusura della valle.
L’asta fluviale principale si distingue in un tratto montano costituito dal Fosso delle Celle, in base al catasto moderno dallo sviluppo ridottissimo in quanto avente origine dalla confluenza, subito a valle de La Casina, dei Fossi Guscella e dell’Asticciola, con il Guscella proveniente da Poggio Bini e l’Asticciola dal versante poco più ad Ovest. Il tratto fluviale di fondovalle è quindi originato dalla confluenza, a Celle, tra il Fosso delle Celle e il Fosso di Pian del Grado, ma va precisato che la classificazione di Fiume per il Bidente delle Celle di questo tratto compreso tra la zona di Celle e lo sbocco nel Bidente di Campigna compare solo nella Carta Tecnica Regionale (CTR), mentre secondo il Nuovo Catasto Terreni (NCT) il Bidente delle Celle (senza classificazione) è generato dalla confluenza tra i Fossi di Pian del Grado e dell’Ortaccio. La restante cartografia antica e moderna attribuisce all’intero corso d’acqua la classificazione di Fosso, come a disconoscere la sua caratteristica di permanenza e il suo contributo tramite canale di gronda sotterraneo del Lago di Ridràcoli. Peraltro P. Zangheri (cit.), nella sua rigida classificazione non sempre recepita dalla cartografia, ritiene che al Fiume Ronco potrebbe essere attribuita l’origine dal Monte Falco ma, considerando che in effetti le sue sorgenti coprano un’estensione di una ventina di km, tra il Falco e Cima del Termine, precisa che l’origine deriva dal contributo di tre “grossi torrenti”, il Bidente di Corniolo (formato dalla confluenza del Bidente delle Celle e del Bidente di Campigna), il Bidente di Ridracoli e il Bidente di Strabatenza o di Pietrapazza.
Il reticolo idrografico del vasto anfiteatro vallivo ha prevalentemente origine altomontane attestandosi con uno sviluppo di quasi 360° sui maggiori rilievi di questo versante appenninico. In dx idrografica, in senso antiorario, si trova il Fosso di Pian del Grado, come detto il principale affluente fluviale con una ramificazione che si estende tra Monte Falco, Pian delle Fontanelle e Costa Poggio Corsoio, ovvero i Fossi di Sodi, dell’Orticaio, del Trincerone o del Barbicaio, e delle Secchete; in un ramo interposto tra questi due ultimi si può riconoscere una continuità con il Fosso di Pian del Grado, che avrebbe quindi origine da Pian delle Fontanelle.
Segue il noto Fosso del Satanasso, il cui ramo principale è alimentato dalla Fonte Sodo dei Conti, la più elevata delle Foreste Casentinesi (1605 m). La sua ramificazione, estesa tra il Monte Falco e Poggio Sodo dei Conti, nel XIX secolo era distinta nei Fossi delle Palestrine, della Fonte di Conti e del Sodo dei Conti. Il vallone del ramo detto delle Palestrine, fino allo sbocco profondamente incassato ed affiancato da ripide pareti rocciose, è classificato Geosito di rilevanza locale in quanto caratterizzato da particolari morfologie da erosione come cascate e marmitte dei giganti su potenti stratificazioni marnoso-arenacee giacenti a reggipoggio. Gli altri rami di questo versante sono i Fossi delle Capanne già delle Capannevecchie che confluisce nel Fosso del Cavallino o dell’Ortaccio, i Fossi di Poggio Rabio e della Ripa della Donna confluiscono tra loro poi con il Fosso dell’Inferno o delle Secchete dando luogo al Fosso di Coloreta: hanno origine dalle incisioni comprese tra Poggio Martino e Poggio Palaio. Il Fosso delle Mandriacce nasce dal versante compreso tra Poggio Palaio e OMO MORTO ed è alimentato da scoli minori provenienti dal Crinale di Corniolino, assieme a tanti altri direttamente gettanti nel Bidente. Dal versante in sx idrografica del contrafforte compreso tra Poggio Bini e il Monte dell’Avòrgnolo provengono: il Fosso del Foscolo confluente nel Fosso dei Fondi, avente origine dal Monte Ritoio, i Fossi di Roncheto e delle Fontacce con origine da Monte Cavallo, il Fosso di Lavacchio ed il suo affluente di Campo di Fiori con origine dal tratto di contrafforte compreso tra i Monti Cavallo e dell’Avòrgnolo, infine il Fosso della Fontaccia con origine dal Monte dell’Avòrgnolo.
L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio. In epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur mantenendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate. Comunque, nel Settecento, chi voleva risalire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» e per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). Inoltre, «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, 1992, p. 32, cit.). Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.). Così, se al diffondersi dell’appoderamento si accompagna un fitto reticolo di mulattiere di servizio locale, per la realizzazione delle prime grandi strade carrozzabili transappenniniche occorrerà attendere tra la metà del XIX secolo e i primi decenni del XX: «La nuova strada S. Sofia – Stia, bellamente pianeggiando sotto il Corniolo, attraversa il Bidente che viene dalle Celle e poi inizia l’ascesa del monte verso Campigna poco più su dal luogo donde si diparte, a sinistra, la mulattiera che mena a S. Paolo in Alpe ove, fino al secolo XVI, era un eremo agostiniano.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 270).
La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), da integrare per la classificazione storica del Bidente con le Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna (1808-1830 – scala 1:5000) e la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 – scala 1:20.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Campigna. Tra le altre, le c.d. vie dei legni, o Strade dette dei legni per il trasporto dei medesimi (così riportate nella Carta Geometrica) utilizzate per il trasporto del legname attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli dalla selva di Castagno, oggetto della prima donazione del 1380 a favore dell’Opera del Duomo di Firenze ed estesa tra Pian del Grado (Macchia dell’Opera detta le Buche del Piano del Grado), dove abitavano gli Operai e le guardie dell’Opera, Celle, Monte Corsoio (Pastura detta di Monte Corsojo), Pian delle Fontanelle e Poggio della Serra, fino al Porto di Dicomano o al Porto di Moscia sulla Sieve, per limitare i costi di smacchio e trasporto, o al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio (cfr. M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, 2024, cit.)
La viabilità più antica parzialmente riguardante la valle delle Celle nel suo limite occidentale altomontano corrisponde ad un ramo della Via Flaminia Minor, realizzata «[…] sfruttando tratti di percorsi etruschi preesistenti […]» (A. Fatucchi, La viabilità storica, in: AA. VV., 1995, p. 27, cit.) ed utilizzata dalle legioni romane per valicare l’Appennino al fine di sottomettere Celti, Liguri e Galli Boj che stanziavano nella pianura padana. Si ipotizza che risalendo dal Casentino fino al Monte Falco, percorreva quella che oggi è nota come Pista del Lupo lungo la Costa di Pian Cancelli, transitava da Pian delle Fontanelle, così detta per la presenza di polle d’acqua, da Poggio Corsoio e dal Valico dei Tre Faggi, quindi discendeva verso Castel dell’Alpe, Premilcuore e Faenza per immettersi nella Via Aemilia (questo è ritenuto il più antico itinerario di valico). In alternativa da Poggio Corsoio si raggiungeva Forlì e Ravenna transitando dal crinale del contrafforte principale sul limite settentrionale della valle, con le vette emergenti dei Monte Ritoio e Guffone; questo itinerario era anche una delle Vie del Sale maggiormente utilizzate per il contrabbando. Anche il Crinale di Corniolino, limite sud-orientale della Valle delle Celle, era percorso da viabilità antica di origine preromana di cui si conservano ancora notevoli tratti selciati pure proveniente da Mevaniola: si tratta dell’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola il cui tracciato ben infrastrutturato dal crinale discendeva alla Colla Tre Faggi per risalire verso i Monti Ritoio e Gabrendo e ridiscendere sul versante opposto verso Stia. L’inizio del tratto alto-bidentino di questo antico tracciato è facilmente individuabile presso Lago (almeno nello sviluppo posteriore alla fine del XVII sec., successivo alla rimodellazione post-lacustre conseguente all’ostruzione franosa del 1681 che effettivamente generò un lago determinando la scomparsa del podere di Fior di Lino e del Mulino Vecchio). Come documentato dal Catasto toscano la via antica attraversava il Bidente delle Celle laddove si trovano i resti del Ponte di Fiordilino (poetica denominazione ripresa dal nome del sopracitato podere) costituiti da una spalla e dall’imposto di un arco limitato a qualche concio inclinato di innesto, che si scorgono a fianco del ponte moderno. La saggistica (AA.VV., 1982, p. 188, cit.) documenta una struttura risalente all’ampio periodo tra i secoli XV e XIX con tipologia ad arco (in questo caso non è specificato se a sesto circolare o ribassato - un utile riferimento si può trovare nel progetto del 1556 per il rifacimento ad arco a tutto sesto del vicino Ponte della Balza – cfr. Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, p. 168, cit.). Quanto resta visibile (i resti dell’altra spalla, se sussistenti, giacciono sommersi dalla vegetazione) potrebbe essere la conseguenza di successivi rimaneggiamenti, tenendo conto che ancora prima dei danni del cataclisma seicentesco la tipologia era stata ricondotta a quella ormai consueta che prevedeva l’utilizzo di travi lignee, come documentato dai rifacimenti delle spalle in pietra ad opera di maestri muratori lombardi (1580-1584) e dell’impalcato in castagno (1591) ad opera di Marco da Pellegrino (Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, pp. 39, 43, cit.). Qualche certezza la fornisce il seguente resoconto che pare riferirsi al precursore del ponte della nuova strada provinciale (anch’esso ad arco a sesto ribassato in pietra), il Ponte del Lago, ventilando che alla data non esistevano strutture praticabili: «1898. Sorge il problema della disoccupazione anche al Corniolo che ora ha più di mille abitanti. Per alleviare tale disagio, si propone di avviare la costruzione della strada rotabile Corniolo-S. Sofia, la costruzione in pietra del ponte del Lago (si vede ancora una pila di questo) […].» (Pro Loco Corniolo-Campigna - a cura di, 2004, p. 142, cit.). In effetti nella Carta d’Italia I.G.M. di primo impianto (1894) compare il simbolo grafico della “pedanca” in corrispondenza della mulattiera, in totale conformità con la rappresentazione del Catasto toscano; in base alla suddetta citazione si può quindi presumere la preesistenza di un ponte in legno barrocciabile o carreggiabile a due campate con pila centrale, ormai diruto, che però contrasterebbe per posizione con i resti dell’imposto dell’arco sopracitati. Nella successiva mappa del 1937 compare il simbolo del “ponte in muratura” in corrispondenza al tratto della provinciale in corso di realizzazione ed ancora oggi in uso, come sopra auspicato. Oltre il ponte la via si inerpicava subito sull’erta rocciosa, in allineamento allo stesso, verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie ed il Castellaccio, per poi proseguire sul crinale sfruttando le gradonate di estesi affioramenti rocciosi, dove sono evidenti le tipiche alternanze di arenarie e marne formanti cornicioni sporgenti fratturati a “denti di sega”.
Un itinerario tra mezzacosta e fondovalle che doveva essere ritenuto di rilievo per i collegamenti, tanto da essere l’unico riportato nella citata e schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia insieme alla descritta viabilità di crinale e alla via che lo raggiugeva risalendo nella Valle di Lavacchio, seguiva inoltre l’intero corso del Bidente. Attraversava tra l’altro le Ripe Toscane, classificate Geosito di rilevanza locale per affioramento molto esteso del Membro di Premilcuore della Formazione Marnoso Arenacea, di notevole valenza divulgativa in quanto attraversato da sentiero CAI, mentre alla base delle Ripe è ben esposto lo strato Contessa e si succedono per circa 1 km pronunciati meandri incassati lungo l'alveo fluviale, dovuti ad interessanti morfologie di erosione. Le stratificazioni rocciose ancora oggi si mostrano funzionali alla percorrenza anche a seguito della “modernizzazione” del tracciato, che si voleva rendere interamente barrocciabile secondo un progetto del 1906 ma iniziato nel 1909 che, mai completato, consistette sostanzialmente nell’esecuzione del tratto Costacci-Fonte di Fossacupa-Filettino di sopra, al fine di evitare l’infossamento che scendeva a Filettino di sotto. All’imbocco della valle questo percorso ha subito il pesante inserimento degli interventi collaterali alla realizzazione dell’invaso di Ridràcoli, tra cui le opere di captazione e adduzione idraulica, tramite la sopracitata gronda sotterranea, e di sbancamento relative all’ampia strada di servizio, al fine di mantenerla adiacente all’alveo fluviale.
Dal confronto con il Catasto toscano la viabilità antica proveniente da Corniolo attraversava il Fosso di Verghereto un centinaio di metri più a valle di quello odierno, secondo la Carta d’Italia I.G.M. di fine XIX secolo con un ponte in muratura; quindi, seguiva il tracciato della provinciale fino a Lago, inoltrandosi poi per circa 90 m in sx del Bidente delle Celle; si può trovare corrispondenza tra la traccia antica e la strada di servizio nel tratto fino al bivio della strada privata che risale sul versante, da seguire fino al primo tornante. Come si è perso il bivio da cui si staccava il collegamento con il Ponte di Fiordilino si è persa anche la traccia che si inoltrava nella valle. Da detto tornante manteneva la quota al fine di superare un costone roccioso, poi andando ad attraversareforse a guado il Fosso della Fontaccia circa 100 m più a monte del ponte moderno, in epoca più recente con un ponte interamente in legno documentato da una foto degli scorsi anni ’80, il Ponte sul Fosso della Fontaccia. Il ponte e questo tratto viario sono oggi scomparsi mentre, risalendo ai ruderi del vicino fabbricato noto nel luogo come Casina, si ritrovano i resti della mulattiera e/o barrocciabile, che potrebbero corrispondere alle eventuali migliorie di inizio Novecento. Peraltro, la mulattiera rappresentata nella Carta d’Italia I.G.M. del 1937 pare corrispondere sia al tratto di strada di servizio fino al Fosso della Fontaccia sia alla posizione del ponte in legno fino al superamento sul retro del suddetto fabbricato. Proseguendo per 450 m oltre la sbarra si notano correre i resti delle opere di sostegno della via antica almeno 5-10 m sopra strada, per alcuni tratti ancora percorribili a fatica. Nel punto di avvicinamento dei due tracciati si trova quindi un innesto precario, segnalato anche come sentiero 261 CAI, che consente così di calpestare il vecchio selciato. Percorsi 250 m si transita ai piedi di Capria di Sotto e il Ponte sul Fosso di Lavacchio, a differenza del precedente mantenuto e sostituito da una (scivolosa) struttura in legno sostenuta da traversine in ferro, ha permesso di conservare l’attraversamento della profonda incisione torrentizia. Un migliaio di metri di leggera salita prospicente sul fiume porta alla zona di Filettino, toponimo (ritenuto di importazione bizantina) di un luogo che potrebbe essere ricollegato al periodo della forte contrapposizione bizantino-longobarda, da ritenersi idoneo quale piccolo presidio di controllo del transito. Per attraversare la zona occorrono circa 1,5 km mentre la via si inoltra sul versante rialzandosi fin quasi di 100 m rispetto all’alveo fluviale al fine di poter guadare il Fosso delle Fontacce, presso il quale si trova la sempre attiva Fonte di Fossacupa, rifatta dall’A.R.F. nel 1981. Il successivo Fosso di Roncheto segna il limite oltre il quale la via, modellata sulle stratificazioni arenacee affioranti, entra nelle spettacolari Ripe Toscane, mantenendosi sempre un centinaio di metri più alta rispetto al fiume (ma l’areale geologico si innalza ulteriormente altrettanto), mentre l’uscita è segnata dallo scorrimento superficiale derivante dalla Fonte del Bercio (risistemata dall’A.R.F. nel 1980), che contribuisce a mantenere attiva un’area di frana. Dopo 250 m la via attraversa il Fosso dei Fondi, poco sotto caratterizzato da una marmitta dei giganti. Il Ponte sul Fosso Foscolo Fondi, lungo quasi 13 m a due campate con spalle e pila centrale in pietrame, interessante anche quale rara testimonianza di struttura originale in legno, rappresenta un tipico esempio delle tecniche costruttive codificate nel XIX secolo per i ponti barrocciabili, ovvero travi in legno di quercia su muratura in filaretto a gramignuola e impasto di calce e rena, impalcato in tavoloni di quercia con traversoni parabreccia laterali per il contenimento di un regolare strato di ghiaia, il tutto assicurato alle travi da chiodatura con cavicchi di ferro e corredato da ringhiere dette barriere alte 90 cm, costituite da traverse di castagno e colonnetti di quercia assicurati con staffe di ferro.
Ora la via si immerge nella parte più remota della valle dominata dalle cime appenniniche dove si insediarono il villaggio di Pian del Grado e il centro industriale/religioso di Celle giungendovi in sx idrografica dopo aver attraversato il Fosso delle Celle (ramo di origine bidentino), poco prima di dare corso al fiume, tramite il Ponte di Celle, piccola struttura barrocciabile in pietra ad arco a sesto ribassato, di cui non è nota l’epoca, che per l’inserimento nella pendice rocciosa pare non essere sostituente di precedenti strutture lignee. Il ponte si pone all’importante incrocio con l’itinerario trasversale di controcrinale Fiumicello-S.Paolo in Alpe e qui, a Celle, termina l’itinerario percorribile di fondovalle. Traccia abbandonata di una prosecuzione verso Pian del Grado si trova percorrendo (con difficoltà) lo stradello che si diparte a ridosso dei ruderi della chiesa di Celle, raggiunge il cimitero e prosegue per un centinaio di metri fino ai pressi della moderna carrabile. Questo ramo viario collegava con il probabile guado del Fosso di Pian del Grado e consentiva il collegamento barrocciabile tra Celle e l’opposto versante sfruttando l’alveo piatto del fosso, utile per i suddetti collegamenti ma anche per raggiungere il sito industriale dell’Opificio a forza idraulica costituito prima dal (ribatezzato) Molino di Sopra poi anche dal Molino delle Celle. Oggi l’attraversamento diretto da Celle è permesso da una passerella pedonale interamente lignea, documentata dal simbolo della pedanca nella Carta d’Italia I.G.M. del 1937. In base alle foto d’epoca anche in passato questo Ponte delle Celle probabilmente presentava le medesime caratteristiche tecniche. In base al Catasto toscano una mulattiera discendeva da Colla Tre Faggi e giungeva al citato guado del Fosso di Pian del Grado passando a ridosso del fabbricato del Molino di Sopra (come ancora oggi si può notare) interponendosi rispetto al berignale o gora di alimentazione del bottaccio (che prelevava l’acqua subito dopo la confluenza del Fosso dell’Ortaccio), aspetto che pare confermato nella mappa I.G.M. di fine secolo. Nella Carta d’Italia I.G.M. del 1937 la situazione pare invece simile a quella odierna, con due fabbricati sul luogo del mulino, però in assenza del simbolo dell’opificio, e con la via che passa sul luogo della gora, andando ad attraversare i fossi più in prossimità della loro confluenza, ma sempre a guado (peraltro agevole in caso di scarsa portata idraulica per la morfologia piatta dell’alveo oggi interrotta da briglie costituite da gabbionate lignee); le uniche strutture rappresentate in mappa sono infatti le due pedanche di Celle. Per impedire l’altrimenti inevitabile abbandono della valle, in sostituzione dell’antica mulattiera che collegava con Campigna e S.Paolo in Alpe tramite il valico di Colla Tre Faggi (in parte ripercorrendola) a metà del Novecento è stata realizzata la Pista di servizio S.P.4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado. L’attraversamento del fosso con il Ponte sul Fosso di Pian del Grado: datato 1997 (PONTE DI 2A CATEGORIA – DM 04 MAGGIO 1990) e costituito da una robusta struttura lignea di plurime travi affiancate su parimenti robuste spalle in pietra di grosso taglio, pare un rifacimento di una struttura lignea ad una campata, forse risalente all’epoca dell’ammodernamento stradale, documentata negli Anni ’80 allo stato di rudere (AA.VV., 1982, p. 195, cit.).
Tra le valli laterali del Bidente delle Celle, come sopra specificato, solo la valle del Fosso di Lavacchio era interessata da una via che pareva di rilievo nel XIX secolo in quanto unica riportata nella schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia insieme alla descritta viabilità di crinale; essa praticamente faceva capo alla viabilità proveniente da Corniolo tramite la valle del Fosso della Fontaccia, toccando gli insediamenti di Capria di Sopra, Campo di fiori, poi di Fuori, oltre i vari Lavacchio. Inoltre, in base al Catasto toscano diversi itinerari trasversali penetravano nelle valli laterali per valicare il crinale e raggiungere la valle del Fiumicello e quindi del Rabbi. Alcuni di essi, come l’accennato l’itinerario trasversale di controcrinale Fiumicello-S.Paolo in Alpe, facevano capo a Celle e a La Fossa, importante insediamento di transito (documentato nella Descriptio Romandiole del 1371 come Villa Alefosse) da cui si diramava una ramificazione di vie. Raggiungere il crinale a Poggio Bini transitando da Fossa e Forni, poi Casa Torni nella valle del Fosso delle Celle, era utile per dirigersi verso lo Spartiacque Appenninico e la Toscana. La via che transitava da Foscolo entrando nella valle del Fosso del Foscolo consentiva di valicare diretti a Camporomagnolo e oltre. Da Foscolo, tramite La Traversa e la valle del Fosso dei Fondi, si valicava presso le pendici di Monte Ritoio diretti a Pian di Mezzano e Fiumicello. Un’altra via da La Fossa si fermava a Fondi, e da qui era ormai facile raggiungere Acquaviva e il Monte Ritoio. Anche Pian del Grado era collegato con il crinale a Poggio Bini transitando da Forni, poi Porcini di Sopra e Torni: nel luogo viene ricordata una Via delle Vacche che potrebbe corrispondere a detto itinerario, peraltro il versante presenta aree pascolive di recente utilizzo. Sul margine delle Ripe Toscane un ripidissimo itinerario risale sui crinali del Monte Cavallo avvicinandosi a Casa Sabelli, Acquaviva e il Monte Ritoio, con una deviazione trasversale che transitava dalle varie Case di Monte Cavallo attraversando la valle del Fosso delle Fontacce e raggiungendo la valle del Fosso di Lavacchio. La valle del Fosso della Fontaccia, come sopra accennato, era collegata direttamente alla viabilità proveniente da Corniolo probabilmente transitante in primis da Fior di Lino, poi suddivisa in vari rami, oggi pressoché scomparsi e/o sostituiti da un’ampia strada locale, che servivano gli insediamenti di Giovanni, oggi Casa S.Giovanni, con la vicina Chiesa di S.Giovanni in Certino (documentata dal 1378 e riportata nella CARTA GEOGRAFICA DELLA DIOCESI DI S. ILLARO del 1754-59), Capo la Villa, Certino, oggi Ciortino, Casa Armai, oggi Ca’ d’Armati, Cas’Orso, oggi Ca’ d’Orso, Casabellela, oggi Ca’ di Belletta. Correndo su una dorsale proveniente dal Monte dell’Avòrgnolo, una via raggiungeva il crinale ma Pian dell’Olmo appariva isolato. Altri insediamenti raggiunti da brevi vie che si staccavano dagli itinerari principali erano Casa Gostaccio, poi Costacci e Fossacupa, non distanti dall’omonima fonte, Pianacci, posto su un poggetto sopra Celle ed enigmatico riguardo l’utilizzo originario, e una casa nuova (civico) n.73, entrambi sul breve e storico tratto che sale a La Fossa, con La Casina posta a breve distanza, mentre il Molino del Fornello appariva solitario in prossimità dello sbocco del Fosso dei Fondi. La via che sull’altro versante scendeva da Colla Tre Faggi a Celle toccava gli insediamenti di Poderone, Mandriacce e le case di Coloreta; una diramazione risaliva seguendo il Fosso di Poggio Rabio fino a Le Caldine, la Via di Partinico giunta all'omonimo insediamento proseguiva fino al Bidente guadandolo nel sito del Molino del Fornello, Poderina si trovava presso una via che da Poderone attraversava l’alta valle del Fosso delle Mandriacce fino al Crinale del Corniolino, Fosse Cavalline prende il nome da un’area sita tra Celle e Coloreta prossima alla via. Tra gli itinerari moderni si può ricordare il malfamato e pericolosissimo Sentiero del Satanasso, noto agli escursionisti e ricalcante quei percorsi forestali di antica frequentazione del versante settentrionale dello Spartiacque compreso tra Poggio Pian Cancelli e Poggio Palaio, che attraversava un ramo del Fosso di Poggio Rabio con il Ponte Tibetano, passerella moderna del tipo sospeso ormai giacente nell’alveo del fosso. In questa valle, anziché le tipiche maestà, sono presenti due cellette, una a Pian del Grado ed una a La Fossa, cui forse si deve la toponomastica locale (insieme al probabile riferimento alle cellae di un antichissimo ed ipotizzato eremo), piccoli e caratteristici chiostri votivi che paiono unire la funzione devozionale al culto delle acque, essendo dotati di fontana con soprastante resti di mensola/acquaio a corredo dell’icona sacra. Sul tratto di contrafforte a SO di Poggio Bini, ad avvalorare la frequentazione recente, esistevano alcuni ripari; due sono ancora documentati nel Piano Strutturale del Comune di S. Sofia e presenti in una passata edizione della CTR regionale, benché non più esistenti, mentre un terzo Riparo degli Alpini perfettamente restaurato, o costruito, si trova a circa 500 m dal bivio con il sent. 261 CAI.
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente delle Celle e/o relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.: - Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo la presa in possesso l’Opera aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.
- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XIX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi fluitato per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno. Per approfondimenti, v. M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, 2024, cit.
- Il toponimo “bidente”: «[…] due denti, sta ad indicare lo strumento agricolo a forma di zappa con due denti; ma anche l’animale, di solito pecora, che è alla seconda dentizione, cioè di due anni: generalmente esso veniva ucciso nei sacrifici più comuni dei romani (latino, bidens, bidentis). L’attribuzione di questo termine all’alto corso del fiume risulta però problematica. Alle ipotesi più conosciute si può, con più attendibilità, aggiungere quella che vede la parola bidente derivare dalla caduta della vocale iniziale di obbediente, come risulta chiaramente dai documenti relativi alla Romagna Toscana dei secoli XVI-XVII, dove l’alto corso del fiume viene detto per l’appunto “Obbediente”» (AA. VV., 1984, pp. 27, 28, cit.). Ma è «Seducente riportare gli idronomi Bedesis, Bidens … Bedes ad alterazione dell’età volg. di una radice celtica, bedo/bede/bidi = canale, biàlera dei mulini […]» (A. Polloni, 1966-2004, p. 42, cit.). Secondo E. Rosetti Plinio chiamò il fiume Vitis, nome che si vorrebbe derivato dalla vite, coltivazione tipica della vallata, e Tito Livio lo chiamò Utens o Vitens, da cui Bitens e Bidente. Il nome di Bedente comparve la prima volta nel Pontificale ravennate di Andrea Agnello (detto Agnello Ravennate), storico ravennate del principio del secolo IX: «[…]vogliono alcuni che questo nome sia una storpiatura di Bedese, nome applicato da Plinio probabilmente al Montone, mentre altri credono che derivi piuttosto dal nome Vitis, attribuito dallo stesso Plinio al Ronco […] Quindi non è difficile che da Bedese […] e poi in Bedente, sia derivato il nome di Bidente. … Dopo il secolo IX il Vitis o Bidente prese il nome di Acquedotto, forse perché costeggiava l’acquedotto di Trajano, che da Meldola conduceva acqua potabile a Ravenna, ed è solo dopo il secolo XII che nei documenti ravennati compare col nome attuale di Ronco […] Non è da tacersi infine che alcuni storiografi zoologici fantasticarono che il nome Bidente potesse derivare dalle capre e pecore, che pascolano nelle sue vallate.» (E. Rosetti, 1894, rist anast. 1995, pp. 143, 665-666).
- La pedanca o pedancola è una passerella in legno posta ad attraversare un corso d’acqua. L’adozione del termine da parte dell’Istituto Geografico Militare (I.G.M) per indicare il simbolo tecnico cartografico (⤚⤙), corrispondente ai ponti pedonali, è dovuta alla coincidenza tra il luogo di fondazione dell’Istituto, avvenuta a Torino nel 1861, e l’utilizzo di tale denominazione nel dialetto piemontese.
- L’Appennino romagnolo era caratterizzato fino a metà del XX secolo (superata in qualche caso per un paio di decenni) da una capillare e diffusa presenza di mulini idraulici, secondo un sistema socio-economico legato ai mulini e, da secoli, radicato nel territorio del Capitanato della Val di Bagno. Intorno al Cinquecento ognuno dei 12 comuni del Capitanato (Bagno, Careste, Castel Benedetto, Facciano, Montegranelli, Poggio alla Lastra, Ridràcoli, Riopetroso, Rondinaia, San Piero, Selvapiana, Valbona) disponeva di almeno un mulino comunitativo la cui conduzione veniva annualmente sottoposta a gara pubblica a favore del migliore offerente; a quell’epoca nell’area si registrano assegnazioni per 230 bolognini. La manutenzione poteva essere a carico del comune o del mugnaio. Alla fine del Settecento l’attività riformatrice leopoldina eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire altri mulini in concorrenza produttiva, cui seguì un progressivo disinteresse comunale con riduzione dell’affitto annuale dei mulini pubblici fino alla loro privatizzazione. Nell’Ottocento, con la diffusione dell’agricoltura fino alle più profonde aree di montagna, vi fu ovunque una notevole proliferazione di opifici. La Valle delle Celle già dal Cinquecento si distaccò dal Comune di Corniolo, preferendo dipendere direttamente da Firenze; pertanto, la comunità locale faceva capo al Molino delle Celle, che pare già esistente, comunque documentato nel Settecento. Nell’Ottocento fu impiantato il nuovo Molino delle Celle che usurpò il nome all’altro più antico, di conseguenza venendo detto Molino di Sopra, ma dagli Anni ’30 del Novecento la crisi del sistema socio-economico agro-forestale ebbe come conseguenza l’esodo dai poderi e il progressivo abbandono dell’attività molitoria, che qui incise totalmente, mentre le relative costruzioni hanno avuto un riutilizzo colonico fin verso gli Anni ’70, come documentato dal censimento dell’ex A.R.F. (v. nota seguente). Tra gli Opifici a forza idraulica (def. I.G.M.) posti sul Bidente delle Celle oltre ai citati è da ricordare il Molino del Fornello, documentato solo nel XIX secolo.
- Negli scorsi anni ’70, seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
AA. VV., Il Casentino, Octavo Franco Cantini Editore, Comunità Montana del Casentino, Firenze-Ponte a Poppi 1995;
AA. VV., Il luogo e la continuità. I percorsi, i nuclei, le case sparse nella Vallata del Bidente, Catalogo della mostra, C.C.I.A.A. Forlì, Amm. Prov. Forlì, E.P.T. Forlì, Forlì 1984;
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Regione Toscana – Progetto CASTORE – CAtasti STOrici REgionali;
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G. Inghirami, Carta Geometrica della Toscana, 1830;
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URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11644;
URL http://www.popolidelparco.it/media/archivio-pietro-zangheri-zan098/;
URL https://www.tourer.it/.;
URL https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=1616/1619/1660;
URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
Testo di Bruno Roba - L’ultimo tratto del Bidente delle Celle si può seguire percorrendo per 1,8 km la strada di servizio dallo sbocco a Lago fino alle opere di presa idraulica. Dopo 1 km di detta strada si innesta il sentiero 261 che per tutti i 5 km di sviluppo fino a Celle segue il fiume. Il tratto iniziale a Celle è comodamente raggiungibile tramite la Pista di servizio SP 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado, circa 6 km, in parte sconnessa e ripida, con innesto dalla S.P. 4 del Bidente. Risalendo sul 261 da Pian del Grado verso Torni dopo 900 m si guada il ramo Guscella del Fosso delle Celle.
Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
00a1 – 00a2 – 00a3 – Da Poggio Scali, oltre il Crinale del Corniolino, panoramica della Valle del Bidente delle Celle e vista frontale del tratto di versante presso Poggio Bini inciso dal ruscellamento di origine del Fosso delle Celle (si riconosce il Fosso Guscella), poi Bidente (4/08/16 – 16/08/16).
00b1/00b6 – Dalla S.F. di Giogo di Castagno (vi si giunge tramite la S.P. n.94 del Castagno dal Passo della Calla) tagliata sotto Poggio Piancancelli, panoramica dal primo tratto del contrafforte tra Poggio Bini e il Monte Ritoio e del versante dove nasce il Fosso delle Celle (16/04/16 – 7/10/17 - 1/01/19)
00c1 – 00c2 – 00c3 – Dalla S.P. 4 le vedute del versante di origine del Fosso delle Celle consente di distinguere i due rami dell’Asticciola e Guscella, con indice fotografico (11/02/16).
00c4 - Dal Crinale del Corniolino, presso Colla Tre Faggi, veduta ravvicinata con allineamento similare alle vedute precedenti che consente di notare maggiormente l’incisività dei Fossi dell’Asticciola e Guscella (30/11/16).
00d1 – 00d2 – Dal Crinale di Partinico, che si diparte dai pressi delle Mandriacce, si notano le vallecole dei Fossi dell’Asticciola e Guscella riunirsi per dare origine al Fosso delle Celle e confluire nell’incisione di fondovalle del Bidente (2/12/16).
00e1/00e4 – Prima dalla S.F. di Giogo di Castagno poi alla cresta di Costa Poggio dell’Aggio Grosso, scorci panoramici e ravvicinati dello sviluppo della valle del Bidente delle Celle e delle Ripe Toscane (7/10/17 - 31/10/17).
00f1/00f4 – Dal Castellaccio del Corniolino, vedute della Valle delle Celle nell’ombra del crinale, opposte alle precedenti (30/11/16).
00g1/00g4 – Prima dal Sentiero degli Alpini tra il Passo della Braccina e il Monte dell’Avòrgnolo poi dalla mulattiera che risale verso la Valle di Lavacchio, panoramiche e vedute della Valle del Fosso della Fontaccia che converge verso l’ultimo tratto del Bidente fino allo sbocco di Lago (26/11/16 - 8/12/16 - 10/12/16).
00h1/00h5 - Da Poggio Aguzzo, panoramica e vedute della confluenza del Bidente delle Celle nel Bidente di Campigna a Lago (25/04/18).
00i1 – Ubicazione della Valle del Bidente delle Celle nell’ambito dei bacini idrografici dell’Alta Valle del Bidente.
00i2 – Mappa schematica del Bidente delle Celle e dei suoi affluenti principali: 1: Fosso delle Celle - 2: Fosso di Pian del Grado – 3: Fosso del Satanasso – 4: Fosso delle Capanne – 5: Fosso dell’Ortaccio – 6: Fosso di Coloreta – 7: Fosso di Poggio Rabio – 8: Fosso della Ripa della Donna – 9: Fosso dell’Inferno o delle Secchete – 10: Fosso delle Mandriacce – 11: Fosso dei Fondi – 12: Fosso del Foscolo – 13: Fosso di Roncheto – 14: Fosso delle Fontacce – 15: Fosso di Lavacchio - 16: Fosso della Fontaccia.
00i3 – Mappa schematica dei ponti sul Bidente di Campigna e suoi affluenti principali: 1: Ponte del Lago - 2: Ponte di Fiordilino – 3: Ponte sul Fosso della Fontaccia – 4: Ponte sul Fosso di Lavacchio – 5: Ponte sul Fosso Foscolo-Fondi – 6: Ponte di Celle – 7: Ponte delle Celle – 8: Ponte sul Fosso di Pian del Grado – 9: Ponte Tibetano.
00i4 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, riguardo la viabilità principale evidenziava esclusivamente i tracciati viari che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, mantenendosi prossimi al fondovalle fino a Corniolo, nella valle di Campigna risalendo sul crinale di Corniolino fino alla sella di Tre Faggi con discesa a Campigna e risalita al Passo della Calla.
00i5 – Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo viario e idrografico precedente al completamento della viabilità provinciale.
00i6 – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con utilizzo di grassetto nero.
00l1/00l5 – Dal Sentiero degli Alpini (SA 301 CAI) sul crinale del contrafforte principale e dal suo interno, panoramica e vedute dell’alta valle del Fosso delle Celle, tratto di origine del Fiume Bidente delle Celle; in particolare si nota l’incisione del Fosso Guscella, tra Torni e Porcini di sopra, e la vallecola del Fosso dell’Asticciola, rami di origine del Fosso delle Celle (16/04/16).
00m1 – 00m2 – 00m3 – Il Ponte di Celle scavalca il Fosso delle Celle poco sopra Celle (11/09/16 – 6/01/19).
00n1/00n10 – I Fossi delle Celle e di Pian del Grado confluiscono davanti al Molino delle Celle dando origine al Bidente, di cui si hanno le vedute possibili prima che il fiume si inoltri nella valle (2/12/16 – 15/12/16 - 6/01/19).
00o1/00o9 – Dalle Ripe Toscane, attraversate dal sent. 261, vedute del tratto di valle particolarmente impervio e ristretto per cui è difficoltoso scorgere il fiume (11/09/16).
00p1/00p12 – Da Pulita e dall’impianto di presa idraulica, riprende la possibilità di vedute del fiume fino all’area attrezzata ed al Ponte del Lago, con adiacenti resti del Ponte di Fiordilino, poco oltre i quali termina il suo corso confluendo nel Bidente di Campigna (11/09/16 – 15/11/16 - 8/12/16).