Fonte del Maresciallo
Testo di Bruno Roba (16/11/2024) - Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.
La Valle del Fiume Bidente di Ridràcoli racchiude il bacino idrografico di quel ramo intermedio del Bidente delimitato, ad Est la valle dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si diparte da Poggio allo Spillo (collegando Poggio della Bertesca, Croce di Romiceto, i Monti Moricciona, La Rocca, Marino, Pezzoli e Carnovaletto) per concludersi sul promontorio della Rondinaia digradando a valle di Isola costretto dalla confluenza del Fiume Bidentino o Torrente Bidente di Fiumicino nel Fiume Bidente. Ad Ovest la valle è delimitata dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Bidente di Corniolo.
Il bacino idrografico del Fiume Bidente di Ridràcoli, di ampiezza molto superiore rispetto alle valli collaterali e che vede il lago occupare una posizione baricentrica, con l’asta fluvio/lacustre f.so Lama/invaso/fiume posizionata su un asse mediano Nord-Sud, mostra una morfologia molto differenziata rispetto al suo baricentro. L’area imbrifera, con la realizzazione dell’invaso artificiale, si differenzia tra quella che lo alimenta e quella a valle della diga che alimenta direttamente il fiume. La sua testata si estende da Poggio Scali fino al Passo della Crocina mostrando, specie nella parte a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico (la c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati, talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Pian Tombesi, le Ripe della Porta, le Ripe di Scali e il Canale o Canalone del Pentolino, oltre che dal distacco dello spessore detritico superficiale, con conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale, come la Frana Vecchia, 1950, e la Frana Nuova, 1983-1993, sempre attiva, di Sasso Fratino. Vengono quindi generati cinque corsi d’acqua principali che costituiscono i corrispondenti bracci lacustri di cui si compone il lago. Essi sono il Fosso delle Macine, poi di Campo alla Sega, il Fosso degli Altari, il Fosso della Lama, l’asta torrentizia costituita dalla sequenza dei Fossi del Ciriegiolone, dell’Aiaccia e del Molinuzzo, cui contribuisce la ramificazione del Fosso del Raggio o Rio Fossati, e infine il Fosso del Molino. Il Fosso di Campo alla Sega, il Fosso degli Altari e il Fosso della Lama, provengono direttamente o indirettamente dallo Spartiacque Appeninico e il primi due indirettamente anche dalla Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino.
Come accennato, da Poggio Scali si stacca la caratteristica sella “a corda molle” di Pian del Pero che costituisce il primo tratto del contrafforte secondario fino allo snodo di Poggio della Serra. Da questo poggio si dirama un’affilata dorsale secondaria, con preciso orientamento O/E fino al Poggio di Campominacci, dividente l’ampio e assolato bacino del Fosso del Ciriegiolone da quello profondo e ristretto del Fosso delle Macine, che poi diviene di Campo alla Sega una volta raccolti i contributi giungenti dall’alto versante appenninico. Dal poggio che domina Campominacci la dorsale si biforca, un ramo declinante NE verso Poggio della Gallona, l’altro ramo mantenente l’orientamento più orientale, così delimitando il bacino dell’affluente in sx idrografica Fosso dei Botriali già delle Palate. Dallo Spartiacque Appenninico all’altezza di Poggio Porcareccio, si stacca un’altra dorsale piegante decisa verso Settentrione fino alla Posticcia di Matteino guidata dall’ampia curva della netta incisione valliva del Fosso della Fonte del Porcareccio, quindi dalla biforcazione crinalizia che segue all’antico Poggio di Sciagano, digrada repentinamente trovando come toponimo identificativo il sito detto La Bruciata. Dalla biforcazione del Poggio di Sciagano si dirama la Costa Poggio Piano che delimita in dx idrografica il Fosso dei Preti e che, in continuità con la dorsale della Seghettina, chiude a SE il bacino idrografico del Fosso di Campo alla Sega.
Il Fosso delle Macine ha origine da Poggio della Serra e costituisce il tratto montano del Fosso di Campo alla Sega, già del Campo alla Sega o di Campo Minacci, che ha infatti origine dalla confluenza del suo tratto montano con il Fosso di Sasso Fratino (a volte detto anch’esso Fosso delle Macine), a sua volta generato dalla ramificazione proveniente dall’anfiteatro della Riserva, tra cui il Fosso dell’Acqua Fredda o dell’Asticciola. «I torrenti principali che attraversano la Riserva sono (da Ovest a Est): Sottobacino Bidente di Ridracoli – Fosso delle Macine, che costituisce la porzione alta del F.di Campo alla Sega […] Fosso di Sasso Fratino, affluente di destra del F. d. Macine – Fosso di Campo alla Sega, derivato dalla confluenza del F. d. Macine e del F. d. Sasso Fratino […]» (A. Bottacci, P. Ciampelli, a cura di, p. 27, cit.). Poco prima dell’origine del Fosso di Campo alla Sega, a 20 m dalla rotabile e poco oltre il confine della Riserva, si trova la Fonte del Maresciallo, segnalata nella cartografia del Parco delle Foreste Casentinesi e cosiddetta forse per le moderne frequentazioni ma dai primi anni di questo secolo frequentemente in secca e forse esaurita.
Già in una mappa dei possedimenti dell’Opera di S. Maria del Fiore (Duomo di Firenze) del 1637 il Fosso della Macine, insieme al Fosso dell’Asticciola, appare il più rilevante dell’area montana occidentale. Fosso della Macine o della Macina o alla Macina erano le antiche denominazioni del nostro fosso, come risulta dal Contratto livellario del 1840 che il Granduca fece stipulare con il Monastero di Camaldoli, in riferimento ai “vocaboli” del podere di Campominacci ed ai suoi confini: «N. 5 - Podere denominato Campo Minacci […]. Ed i descritti fabbricati posano in mezzo ad una tenuta di terra tutta giacente in poggio ed in una costiera rivolta a mezzogiorno la quale è intersecata da più e diversi fossi che scendono nel principale detto il Fosso della Macine e più inferiormente dell’Asticciola e dalla strada che sale alla casa colonica come pure da altre stradelle vicinali e viottoli. […] E questa tenuta di terre oltre la generale denominazione di Campo Minacci si conosce per i seguenti vocaboli: Campo Grande, La Fossa Cupa, il Poggiolo dei Confini, Cerreta, Balza dell’Acerone, i Piani, Fosso alla Macina, Diaccetti, l’Aiaccia, i Prati, l’Aia di Canino, la Serra, la Finocchiaia. Ed i confini che la recingono sono, […] 3° e per lungo tratto dirigendosi a ponente Fosso dell’Asticciola e della Macina al di là del quale terreni compresi nella Tenuta Forestale, […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 514, 515, cit.).
La minore acclività del versante sx della valle del Fosso di Campo alla Sega e sue diramazioni, al contrario di quella della Riserva, ha consentito il diffondersi di insediamenti ed appoderamenti dediti al pascolo e al taglio del bosco e varie aree erano abitate fin dal XVI secolo nelle parti più remote. Tale ricorrente toponimo ricorda la principale attività svolta nell’area dai secoli addietro fino alla prima metà del XX … «Ivi il Padre Apennino non corruso ma verde, mostravasi aperto e vestito con alberi sul fianco, appiè del quale una cascata di acque da sega in sega e tra i massi rompendosi lieve lieve come velo copriva un ponticello …» (P. Ferroni, Autobiografia, 1825, in: G.L. Corradi, O. Bandini, “Per quanto la veduta consenta di spaziare”. Scelta di testi dal XIV al XIX secolo, in: G.L. Corradi, 1992, p.78, cit.). Gli insediamenti oggi superstiti sono alcuni fabbricati del nucleo de La Seghettina e, fino alla fine del secolo scorso, Campominacci, già Campo Minacci, Campo di Minaccio e Campo Ominacci, che giunse ad essere recuperato ed indicato come rifugio nella prima cartografia del Parco delle Foreste Casentinesi, oggi ormai abbandonato al destino di rudere, come peraltro l’Ammannatoia ed i Botriali. Di Pratovecchio e Poggio a Pratovecchio (posti sul crinale di Poggio della Gallona ma il primo appartenente al sistema vallivo del Fosso del Molinuzzo) e di Campo alla Sega rimangono poche pietre. Vari capanni (di alcuni si trovano resti poco consistenti) si trovavano sia sulla sella del contrafforte posta a monte dell’origine del Fosso delle Macine, l’ex rifugio di Pian del Pero, sia presso il suo corso (uno a metà circa di probabile uso forestale, sia verso il termine, forse un’antica macina, peraltro posta in un sito nel XIX secolo noto come La Macine), sia presso Campominacci e Campo alla Sega.
La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), consente di conoscere il tracciato della viabilità antica che raggiungeva Ridràcoli. Attraversato il Bidente di Corniolo presso Isola con il Ponte dell’Isola, sul luogo del ponte odierno, essa si manteneva in sx idrografica risalendo subito a mezzacosta fino a raggiungere Biserno, per quindi ridiscendere nel fondovalle del borgo, dove si concludeva con un lungo rettilineo al cui termine si trovava il Ponte di Ridràcoli. Tale viabilità, anonima nelle mappe citate, verrà poi denominata Strada Comunale Ridràcoli-Biserno e Strada Comunale Isola-Biserno; solo in occasione dei lavori di costruzione dell’invaso quest’ultima verrà ristrutturata e ampliata diventando parte della S.P. n.112.
Vari itinerari trasversali collegavano le vallate adiacenti, principalmente dipartendosi dal baricentro militare-residenziale del Castello di Ridràcoli (nel 1216 è documentato come Castrum Ridiracoli un villaggio fortificato che, secondo la Descriptio Romandiole del 1371, raggiungeva appena 6 focularia) e dai nuclei economico e religioso del ponte e della chiesa (una villam Ridraculi cum omnibus ecclesiis - con tutte le chiese - è documentata già dal 1213), dialetticamente separati in base alla morfologia del luogo, determinata dalla fitta sequenza delle anse fluviali. Dal Castello partiva la Strada che dal Castello di Ridracoli conduce alla Chiesa della Casanova, risalente la Valle dei Tagli ed imperniata su Casanova dell’Alpe (su una pietra cantonale della chiesa sono ancora leggibili le distanze chilometriche – evidentemente non più valide - km 12,358 per Bagno e km 5,933 per Ridràcoli), costituiva parte della successiva Mulattiera Ridràcoli-Bagno. Dal Ponte di Ridràcoli partiva la Strada che da Ridracoli va al Poggio alla Lastra, che, superata la chiesa, risaliva la Valle del Corneta, costituendo parte della successiva e rinomata Mulattiera di Ridràcoli diretta a Santa Sofia tramite Strabatenza. Entrambe le mulattiere incrociavano sul crinale la Strada Maestra di S. Sofia o Strada che dalla Casanova va a Santa Sofia, la prima presso il Monte Moricciona, la seconda sul Passo della Colla, posto presso il Monte La Rocca. Molto note e ancora riportate come tali nella cartografia moderna, negli anni ’50 alle estremità delle mulattiere vennero installati dei cippi stradali riportanti la rispettiva denominazione, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; rimasero localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, in quanto le odierne strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo. Mentre dai piedi del centro religioso si staccava un percorso che giungeva fino alle pendici della Seghettina … «[…] praticabile solamente nella bella stagione, quando le acque del fiume erano scarse, e si snodava lungo il corso del Bidente che veniva attraversato ben 33 volte […]» (C. Bignami, 1995, p. 90, cit.), dalla via castellana si staccava la strada comunale, sempre percorribile, che risaliva il Bidente per un lungo tratto correndo accanto all’alveo fluviale, per la parte fino alla diga oggi sostituito dalla viabilità di servizio, per il resto ormai sommerso. La via scavalcava il Fosso dei Tagli, presso lo sbocco nel Bidente, forse sul luogo oggi occupato dall’asfalto stradale, con il Ponte dei Tagli, struttura precaria in legno presa in carico dal comune negli Anni ’20, rimasta in uso fino all’epoca della costruzione dell’invaso, quando appariva dotata di selciato e ringhiere in ferro. Subito dopo la mulattiera passava sotto un arco del Mulino di Sopra costeggiandone il bottaccio. Con la costruzione della diga e con il riempimento dell’invaso, è scomparso pressoché l’intero tracciato viario e sono scomparsi mulini, insediamenti (le Celluzze – che a volte riemerge, la Forca, Lagacciolo, Verghereto), ponti e guadi che, come sopracitato, attraversavano 33 volte il Fiume della Lama o Obbediente (come era anticamente classificato), come il Ponte a Ripicchione (documentato da una mappa del 1637 allegata ad una relazione del 1710 del provveditore dell’Opera del Duomo di Firenze - riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, l’originale a colori, in A. Bottacci, P. Ciampelli, 2018, p. 35, cit.) e il Ponte alla Forca. La mulattiera, dopo il Ponte a Ripicchione abbandonava l’argine fluviale risalendo progressivamente il versante e, sorpassata la Fonte dei Bisernini, raggiungeva Lagacciolo; un bivio divideva il tratto che da Case di Sopra risaliva fino al Monte Cerviaia dalla prosecuzione della via che ridiscendeva fino a La Forca e al suo mulino, prima attraversando con una palancola lignea il fosso detto Il Fossone in un’area ormai sommersa. La viabilità lungo il Bidente terminava con l’attraversamento tramite il Ponte alla Forca o della Seghettina, risalente al 1843. Oltrepassato il ponte con un lungo tragitto si poteva risalire fino a S. Paolo in Alpe oppure si imboccava l’importante Strada che dalla Seghettina va a Stia valicante il Passo Sodo alle Calle o La Scossa. Da questa via si staccava pure un itinerario (detto anche Via dei Fedeli) che scendeva ad attraversare il Fosso degli Altari per poi seguire il Fosso della Lama penetrando nella sua valle fino a valicare il crinale con il passo del Gioghetto, diretto all’Eremo di Camaldoli. La valle del Fosso di Campo alla Sega era inoltre interessata da alcune c.d. vie dei legni, utilizzate per il trasporto del legame tagliato dai boschi di prelievo fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli; una di queste, che probabilmente attraversava la Riserva di Sasso Fratino, era la via che dalla Lama conduceva alla Seghettina e quindi a Pian del Pero e la Calla, individuata all’inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone nella relazione sullo stato delle foreste demaniali (cit.). Alla seconda metà del secolo scorso risalgono il Ponte alla Sega, ampio ponte ligneo carrabile che consente alla S.F. Lama-S. Paolo in Alpe-Corniolo di attraversare il Fosso di Campo alla Sega e il Ponte alla Macchia, un robusto ponticello ligneo con spalle in pietra che viene utilizzato anche come carrabile da piccoli mezzi agricoli per collegare la Seghettina con la strada predetta tramite la strada forestale diretta all’Ammannatoia.
In questo contesto storico-geografico, tra le alte valli bidentine quella di Ridràcoli è quella che meno ha subito il fenomeno dell’abbandono grazie alle caratteristiche ambientali e climatiche più favorevoli della sua parte meno elevata. Il borgo principale, posto nel baricentro sia geografico sia del sistema insediativo, è quello più noto e frequentato e la frazione di Biserno è quella più abitata, ma le parti delle vallecole laterali in dx idrografica più difficilmente raggiungibili sono trascurate e molti fabbricati oggi sono in stato di abbandono o ridotti a rudere o scomparsi, con vari casi di ristrutturazione interrotta, ma non fanno eccezione neanche le valli meglio infrastrutturate che, se hanno evitato il completo abbandono dei poderi, hanno scarsamente contribuito al riutilizzo dei rispettivi insediamenti, in prevalenza abbandonati o, al più, riutilizzati a fini turistici.
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Ridràcoli e/o relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.: - I luoghi della Valle di Campo alla Sega si sono trovati coinvolti a vario titolo nell’evoluzione del ciclo delle acque di Ridràcoli, note e sfruttate fin dall’antichità in tutta la Romagna. Lo stesso toponimo deriverebbe dal latino Rivus Oracolum o Oraculorum per la probabile presenza presso il torrente di un piccolo tempio pagano con sibilla oracolante, ipotesi comunque verosimile e conforme alla leggenda della Sibilla appenninica delle vicine montagne marchigiane. Già nel II secolo d.C. le problematiche legate al reperimento delle risorse idriche e soprattutto alle necessità di Ravenna e del porto di Classe portarono l’Impero Romano alla realizzazione di un imponente acquedotto che sfruttava il flumen aqueductus Bidente; tracce di esso si trovano negli scritti antichi ed essenzialmente nella toponomastica locale. Dopo un lunghissimo interregno, negli anni ’30 del XX secolo le esigenze della civiltà moderna portano ad effettuare i primi studi per localizzare una diga nell’Alto Appennino forlivese e, nei primi anni ‘60, al fine di fornire risorse idriche sufficienti alle aree di Forlì e Ravenna e alla fascia costiera romagnola, viene individuata l’area a monte di Ridràcoli come idonea per l’imbrigliamento delle acque dell’alto corso del Bidente (oltre ad altre risorse idriche tramite condotte sotterranee), con conseguente realizzazione dell’opera tra il 1975 e il 1982. Oggi, come probabilmente il lago artificiale ha alterato il microclima dell’anfiteatro della Lama, portando variazioni nell’assetto vegetazionale con un diverso equilibrio a vantaggio delle specie oceaniche (faggio) in confronto a quelle continentali, così l’ambiente circostante è stato modificato da viabilità ed opere connesse alla diga e diversi edifici, acquisiti dalla Romagna Acque-Società delle Fonti S.p.A., hanno subito modifiche e/o riutilizzi a fini turistici.
- L’Opera del Duomo di Firenze, dopo la presa in possesso delle selve “di Casentino e di Romagna”, aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.
- La Descriptio Provinciae Romandiolae è un rapporto geografico-statistico-censuario redatto dal legato pontificio cardinale Anglic de Grimoard (fratello di Urbano V) per l’area della Romandiola durante il periodo della “Cattività avignonese” (trasferimento del papato da Roma ad Avignone, 1305-1377). Se la descrizione dei luoghi ivi contenuta è approssimativa dal punto di vista geografico, è invece minuziosa riguardo i tributi cui era soggetta la popolazione. In tale documento si trova, tra l’altro, la classificazione degli insediamenti in ordine di importanza, tra cui i castra e le villae, distinti soprattutto in base alla presenza o meno di opere difensive, che vengono presi in considerazione solo se presenti i focularia, ovvero soggetti con capacità contributiva (di solito nuclei familiari non definiti per numero di componenti; ad aliquota fissa, il tributo della fumantaria era indipendente dal reddito e dai possedimenti). In particolare, nelle vallate del Montone, del Rabbi e del Bidente furono costituiti i Vicariati rurali delle Fiumane. La Descriptio venne recepita dal Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis: 1335-1389, edito nel 1862 dall’Imprimerie du Vatican a cura di A. Theiner.
- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XIX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno.
- La ruota idraulica probabilmente fu inventata in Asia e dopo l'VIII secolo iniziò ad affermarsi nelle campagne europee. L’utilizzo dell'energia dell'acqua e del vento in sostituzione della forza animale per il funzionamento delle macchine agricole segnò la rivoluzione agricola medievale. L’acqua di un fiume muoveva una ruota a pale collegata macina del grano o alla sega idraulica, inventata da Villard de Honnecourt nel sec. XIII mentre Leonardo da Vinci ne studiò il funzionamento nel 1480. A metà del ‘400 in Casentino sono documentate una sega ad acqua a Camaldoli (i monaci sono stati sempre all’avanguardia nella lavorazione del legno) e due artigiani specializzati a Papiano (M. Massaini, 2015, cit.) mentre, sul versante romagnolo «All’interno della foresta si costruirono direttamente e per concessione a terzi, nel corso del ‘500 e del ‘600, alcune seghe idrauliche per la lavorazione del legname sul posto e la sua preparazione al trasporto (sega del fosso del Bidente, sega del Ridracoli, dell’Asticciuola, del Ricopri). Tali seghe lavoravano al limite della legalità e, nonostante una rigida legislazione e una serie di regolamenti e di divieti per impedire tagli abusivi, per tutta l’età moderna hanno favorito la spogliazione della foresta da parte delle popolazioni confinanti.» (M. Pinzani, Lineamenti di storia forestale della Romagna toscana, in: N. Graziani, a cura di, 2001, p. 149, cit.). In particolare, nel ‘6-‘700 l’Opera del Duomo di Firenze puntò al depezzamento del legname in dimensioni di più agevole trasporto con la costruzione di numerose seghe ad acqua in foresta, che però si ridussero ad una tra ‘700 e ‘800 a seguito del progressivo e totale disimpegno della stessa Opera, in attesa dei miglioramenti introdotti dal Siemoni.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
O. Bandini, G. Casadei, G. Merendi, L’alto Bidente e le sue valli, Maggioli Editore, Guide Verdi, Rimini 1986;
C. Bignami (a cura di), Il popolo di Ridracoli, Nuova Grafica, Santa Sofia 1995;
A. Bottacci, P. Ciampelli (a cura di), La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, Reparto Carabinieri Biodiversità RCCB Pratovecchio, Pratovecchio-Stia 2018;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, “Le vive travi” e i loro cammini nel Parco e nella storia, Monti editore, Cesena 2024;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
M. Massaini, Alto Casentino, Papiano e Urbech, la Storia, i Fatti, la Gente, AGC Edizioni, Pratovecchio Stia 2015;
A. Sansone, Relazione sulla Azienda del Demanio Forestale di Stato – 1° luglio 1910/30 luglio 1914, Roma 1915;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Comune di Bagno di Romagna, PSC 2004, Insediamenti ed edifici del territorio rurale, 2004, Schede n.233-234-235-236-237-238-239-259;
Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Carta Escursionistica scala 1:25.000, S.E.L.C.A., Firenze;
Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Carta dei sentieri 1:25.000, N.20, Monti editore, 2019;
Regione Toscana – Progetto CASTORE – CAtasti STOrici REgionali;
URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11479;
URL http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;
URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
Testo di Bruno Roba - Il Fosso delle Macine-Campo alla Sega è raggiungibile in gran parte del suo corso. Il sito della Fonte del Maresciallo si può raggiungere tramite la rotabile S.F. S. Paolo in Alpe-La Lama, chiusa da una sbarra presso S. Paolo, percorrendone circa 6,3 km quando, poco dopo alcuni strettissimi tornanti, arriva a rasentare il Fosso delle Macine prima della confluenza del Fosso di Sasso Fratino proprio di fronte al luogo dove si trova la fonte, all’interno della Riserva di Sasso Fratino, ma comunque è solo possibile un’osservazione generica del versante opposto del fosso mentre non è possibile notare la sorgente nonostante la breve distanza (circa 20 m in linea d’aria).
Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
001 – 002 - 003 – Dal crinale tra i monti Cerviaia e Palestrina, nei pressi di Pratalino, e dallo stesso sito dell’insediamento di Palestrina la posizione ravvicinata evidenzia l’incisione valliva del Fosso delle Macine (16/10/16).
004 - Dalla dorsale che si sviluppa verso il lago ospitando la Seghettina, vista ravvicinata delle. valli dei Fossi delle Macine/Campo alla Sega (17/11/11).
005 - 006 – 007 - Dal Belvedere Bocab, sulla S.F. S.Paolo in Alpe-La Lama, vedute della valle del Fosso delle Macine fino alla confluenza del Fosso di Sasso Fratino, presso cui si trova la Fonte del Maresciallo oltre la quale inizia il corso del Fosso di Campo alla Sega (24/04/13 – 5/05/17).
008 – Schema da cartografia moderna della vallata dei Fossi delle Macine e di Campo alla Sega e loro affluenti.
009 – Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo viario e idrografico precedente alla realizzazione della viabilità moderna. La toponomastica riprende quella originale.
010/014 – In corrispondenza di un tornante della S.F., vedute del sito della Fonte del Maresciallo, interno alla Riserva (31/03/12 - 20/09/18).