Sega di Mezzo
Testo di Bruno Roba (10/05/2018)
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km. In quest’ambito, la Valle del Bidente di Campigna riguarda un ramo fluviale occidentale ed intermedio delimitato ad Ovest, dalla dorsale che, staccatasi dal gruppo del Monte Falco, da Poggio Palaio digrada con la Costa Poggio dei Ronchi verso i Tre Faggi per risalire subito evidenziando il Crinale di Corniolino ed il Monte della Maestà, termina a Lago; ad Est, dal contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che, disegnata la sella di Pian del Pero ed evidenziata una sequenza di rilievi ( tra cui i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, Poggio Squilla), termina digradando al ponte sul Fiume Bidente di Corniolo presso Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli. Da Poggio Squilla si distacca un’altra dorsale che, declinando a Nord, precipita verso Corniolo mentre un costone delimitato dall’incisione del Fosso delle Cerrete dopo Poggio Aguzzo punta anch’essa verso Lago.
Gli alti bacini idrografici bidentini mostrano in genere una morfologia nettamente differenziata dovuta alla diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo; per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, i versanti orientali appaiono solitamente frastagliati mentre i versanti prevalentemente esposti a meridione mostrano pendii più dolci a prato-pascolo, spesso su terrazzi orografici, che si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati. Il bacino del Bidente di Campigna ha una conformazione vagamente deltoide e profondamente incisa da un reticolo idrografico maggiormente sviluppato in dx idrografica dell’asta fluviale principale, laddove due importanti confluenze sono costituite dai quasi omonimi Fosso del Fiumicino e Fosso Fiumicino di S. Paolo, i cui bacini sono separati da un’imponente dorsale che, distaccatasi da Poggio Capannina con orientamento SE-NO, a breve distanza vede Poggio Ricopri svolgere la funzione di nodo montano per cui assume un perfetto orientamento Nord, caratterizzando la morfologia della valle per il suo profilo sempre più affilato verso il suo termine quando, concluso con il Poggio di Montali (toponimo in uso nel XIX secolo) il trittico dei suoi rilievi, punta verso il Bidente con una ramificazione di costoni e sproni finali che obbligano il fiume a tortuose circonvoluzioni. Mentre solo Poggio Capannina mostra la tipica asimmetria geo-morfologica dei suoi opposti versanti, già il tratto tra i due poggi (che pure ha un orientamento simil-parallelo allo spartiacque tosco-romagnolo), il Poggio di Montali (che fa da fulcro ad una diramazione “stellare” di almeno 5-6 costoni), e il restante sviluppo della dorsale, possiedono una prevalente omogeneità dell’ambiente marnoso-arenaceo comportante caratteristiche morfologiche e vegetazionali poco differenziate, con limitate aree brecciate e a forte pendenza, per quanto il versante occidentale presenti una maggiore ampiezza rispetto a quello orientale, che però ha quote di fondovalle nettamente superiori.
L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio. Se in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantengono l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui i crinali diventano anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, sede di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, degli eremi e degli hospitales, mentre nei fondovalle si moltiplicano i mulini. Oggi, tramite gli antichi itinerari posti sui crinali insediativi, si raggiungono siti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi le loro memorie), prevalentemente di carattere religioso o difensivo, ovvero si attraversano piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale. Gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana e/o derivanti dall’opera di abili artigiani anche di provenienza settentrionale. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici.
La viabilità più antica interessante la valle di Campigna, di origine preromana, sul limite occidentale percorreva il crinale di Corniolino con l’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata, l’antica Mevaniola. Sul limite orientale un’altra via militare romana che, proveniente da Arezzo, risaliva lo spartiacque transitando da Bibbiena, Freggina e il Fosso Tellito (poi di Camaldoli), nel giungere sul versante orientale di Poggio Scali piegava a settentrione discendendo lungo la sella di Pian del Pero, sul sopracitato contrafforte secondario che, superato S. Paolo in Alpe, si sviluppa verso Forlì. «Un tracciato romano molto razionale è riconoscibile anche nel bacino dell’Archiano, per Partina, Camaldoli e la valle del Bidente, anche perché documenti dei secoli XI e XIV menzionano una “Via Romana” sul crinale a monte di Camaldoli, che sarebbe alquanto difficile da spiegare nel senso di Via Bizantina, o di via che conduce a Roma.» (A. Fatucchi, 1995, p. 27, cit.). Vi corrisponde un tratto di sentiero (vietato al transito per la parte interna alla Riserva di Sasso Fratino) in seguito noto come Via del Giogo di Scali, dalla cui ripidezza, quasi una scalata, è derivato il toponimo del rilievo (dal latino scala, -ae = scala), infatti nel 1791 si ritrova denominato Poggio della scala e, nella Carta Generale della Toscana della Litografia Militare Granducale del 1858, Poggio delle Ripebianche. Riguardo il percorso antico di fondovalle da Corniolo a Campigna, l’inizio è facilmente individuabile presso Lago (almeno nello sviluppo posteriore alla fine del XVII sec., infatti la morfologia del luogo non è antichissima ma è dovuta ad una frana che nel 1681 creò un’ostruzione che effettivamente generò un lago -che sommerse il Mulino Vecchio risalente al XV secolo- poi colmato da sedimentazioni modellate dallo scorrimento delle acque), grazie ai resti del Ponte di Fiordilino struttura dalla poetica denominazione sul Bidente delle Celle adiacente al ponte moderno, dopo il quale si inerpicava subito sull’erta rocciosa senza deviazioni in allineamento al ponte stesso, come documentato dal Catasto Toscano del 1826-34, quindi deviava fino a rasentare il Bidente di Campigna per poi risalire verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Da qui una deviazione discendeva nuovamente verso il Bidente prima toccando Casina Corniolino quindi attraversando il fiume con il Ponte dei ladroni, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona). Dopo un brevissimo tratto ancora integro e percorribile fino al Ponte Ilario (1969), procedeva su un tracciato prossimo al fiume, riutilizzato dall’odierna strada forestale (risalente agli anni 1966-67), fino ai pressi della confluenza del Fosso Fiumicino di S. Paolo, che veniva attraversato da ponte ligneo in buona corrispondenza con il moderno Ponte Cesare, oltre il quale si inerpicava verso Casa Moscoso, ma rasentandola dal lato Est (praticamente dietro l’annesso posto accanto al suo attuale accesso stradale) e poco dopo, attraversato il sito oggi occupato della rotabile, calava di livello dirigendosi verso Case Fiumari e l’omonimo mulino. Ritrovata una corrispondenza di tracciato tra questi due ultimi insediamenti fino al moderno Ponte Giovannone, presso la Chiesa di S. Agostino, superato un breve e ripido tratto ricoperto da soletta in calcestruzzo, cessa ogni infrastruttura “moderna” e si riscopre l’antica mulattiera mentre prosegue verso Campigna. Presso i due edifici di Case Fiumari si innestava la via che, scavalcata la sella del crinale ed attraversato il Fosso Fiumicino di S. Paolo, si inerpicava fino all’alpeggio di S. Paolo, toccando Campodonatino e Campodonato, mentre Casa Perinaia e Pian del Coltellino/Fosso del Nespolo, facenti parte del Popolo di S. Paolo, all’inizio del XIX secolo risultano collegati solo con l’insediamento religioso di appartenenza tramite una ripida mulattiera ed occorre attendere la fine nel secolo per vedere collegati i due insediamenti con il fondovalle tramite un sentiero la cui traccia verrà sostanzialmente confermata dall’odierna rotabile. Un tracciato secondario di crinale percorreva la dorsale Poggio di Montali-Poggio Ricopri-Poggio Capannina, con carattere spiccatamente insediativo grazie alla presenza di Moscoso e Fiumari di sopra, come detto posti sulla sottile cresta terminale, Ronco del Cianco e Val di Covile, posti sui suoi due opposti versanti con più ampi poderi, mentre una diramazione digradava da Poggio Ricopri lungo il versante occidentale di Poggio Capannina verso il Fosso di Ricopri, che poco dopo confluisce con il Fosso delle Cullacce dando origine al Fiumicino, trovando prima un ridottissimo ricovero ancora efficiente poi i resti di due piccoli edifici. Il primo è una capannina a mezzacosta, in sintonia toponomastica con il poggio, che nel recente passato veniva descritta con il toponimo Casetta, con esatta descrizione del percorso: «[…] lasciando il crinale, si evita la diramazione che sale a Poggio Capannina per continuare su un largo sentiero che taglia il pendio sotto il Poggio medesimo a mezza costa. […] dopo aver superato una capanna in sasso, ad una biforcazione. Lasciato a destra il sentiero che scende alla Casetta ci si immette in un sentierino che risale […] sulla strada Corniolo-Lama […]» (O. Bandini, G. Casadei. G. Merendi, 1986, pp. 127-128, cit.). Tale toponimo fa presumere un utilizzo originario come ricovero per boscaioli. Il secondo edificio, essendo posto accanto all’alveo del Fosso di Ricopri, verosimilmente in origine era destinato a ospitare attrezzature di una sega ad acqua, peraltro riguardante strutture già documentate nel sito di Ricopri o Ricuopri, fino al XIX secolo rinomato per la presenza di numerosi abeti e faggi di pregio. È infatti noto che le difficoltà di trasporto del legname per morfologia dei luoghi e/o assenza di vie di smacchio portarono nei secoli ad autorizzare la costruzione di alcuni impianti, anche a servizio dell’Opera del Duomo di Firenze: «Si sa che nel febbraio 1444 fu concessa una sega sul fosso di Ridracoli verso Valbona […], un’altra fu concessa nel 1482 sul fiume di Ricopri […] utile a detta selva per la località e la via inaccessibile che è a circa quattro miglia […]. Una terza ancora […] sempre sul fiume di Ridracoli nel 1484, ed una quarte nello stesso anno sul fiume di Ricopri in luogo detto i Diaccioni; una quinta nel Pianazzone nel 1490 ed una sesta nel 1503 […], con tanto di edificio, […] sul fiume dell’Asticciola.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 63-64, cit.). Alcuni di tali 'strumenti idrolici' erano documentati come Sega di Sotto, di Mezzo e di Sopra e per essere collocati presso il “fiume di Ricopri”. Dal verbale di un’ispezione del 1652: «La terza parte delle selve dell’Opera succede sotto Campigna a levante e contiene […]. Più la Raggio Mozzo, le Tavolaccie, il Crocicchio, Poggio Piano, Palestrina, Sega di Mezzo, Sega di sotto, Ricuopri e sul Poggio di Ricuopri il Pianaccio, del Diaccione e la Cerracchiaia con le Carbonaie […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 267, cit.). Dalla relazione di un’ispezione eseguita nel 1677 da funzionari dell’Opera si ha notizia dell’esistenza di una sega ad acqua a Campigna mentre di quelle che stavano a Ricopri occorreva ripristinarne almeno una: «Relazione della gita e visita […] descritta da esso Sig. Provveditore […]. ci incamminammo poi il lunedì mattina e arrivammo […]. In detto luogo di Campigna vi è una cappella da celebrarci la messa con tutti li paramenti sacerdotali et altro che vi bisogna. Non molto lontano di lì ancora si trova uno strumento idrolico di una sega la quale in tempo che ci è acqua a sufficienza sega i panconcelli che d’ordinario qua si vendono […]. La mattina di mercoledì andammo a visitare le macchie che si domandano di Ricopri luogo di grandissima tenuta dove vi sono grandissimi e grossissimi abeti ma molto difficili di cavarsi da quivi. In codesto luogo si considerò due posti dove altre volte erano state due seghe ad acqua conforme a quella di Campigna e si fece riflessione se fusse bene rimetterne su almeno una […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 320, 321, cit.). Da un ulteriore verbale dello stesso anno si apprende che la struttura di Campigna è insufficiente e si conferma che ne andrebbe installata un’altra nei pressi o lungo il “fiume di Ricopri”, dove già si trovavano anticamente in numero di tre, da utilizzare per gli abeti impossibili da trainare per dimensioni eccessive rispetto alle possibilità operative, preferibilmente nel sito di “sega di mezzo”: «Relazione della gita e visita […] descritta da me Ulisse Magnani Cancelliere […]. Lunedì 20 si partirono […] per la volta di Campigna[…]. Si riconobbe l’edificio della sega a acqua trovando essere in buon grado e parve dover far reflessione se si deva aggiungere altra simile sega o quivi sotto o altrove come parrà meglio giacché questa pare lavori poco e non faccia tanti panconcelli quanti potrebbe esitare […]. Mercoledì 22 […] si andò alla visita dell’abetia di Ricopri e suoi contorni passando il fiume di Campigna si arrivò al Borghicciolo e si salì a Crocicchi sino al fiume di Ricopri nel quale si riconobbe esservi già state anticamente tre seghe ad acqua e considerando che la sega ad acqua di Campigna non può resistere, come si disse sopra, a fare quel numero di panconcelli che bisognerebbe si considerò che sarebbe buon servizio dell’Opera rifare una quivi, massime per esserci grandissima quantità di abeti grossi buoni per panconcelli gia che per farvi travi sono troppo grosse e trascorse e impossibili quasi a potersi trainare e si risparmierebbero gli abeti di Campigna che perciò si ordinò al Ministro che facessi conoscere quale fusse il posto migliore e che spesa vi sarebbe per farla parendo che la sega di mezzo fusse molto opportuna.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 325, 328, cit.). Ricercando nella cartografia antica disponibile i luoghi idonei per l’installazione delle tre seghe ad acqua documentate lungo il Fosso di Ricopri, denominazione di un tratto intermedio del Fosso del Fiumicino, occorre prendere in considerazione i tracciati viari allora esistenti, di solito corrispondenti alle vie di smacchio. Intanto si può accennare che il luogo documentato presso Campigna dove immaginare collocata la propria struttura si trova presumibilmente in quel tratto in sx del Bidente a valle di Villaneta, nella zona un tempo detta I Tre Fossati, dove avviene la confluenza dei Fossi della Corbaia e della Ghiraia e che ancora è raggiunto da un buon tracciato viario, oggi utilizzato dal sentiero 243 diretto al Ballatoio, con attraversamento fluviale tramite ponte ligneo. Anche i ruderi con caratteristico arco posti presso la confluenza del Fosso di Castagnoli e di fronte a quella del Fosso della Ruota, oggi noti con il toponimo Capanna, potrebbero avere un’attinenza in merito. In dx dei Fossi del Fiumicino e di Ricopri tre piste corrono sul versante digradando verso i corsi d’acqua fino ad attraversarli, così segnalando i luoghi di possibile deputazione per le tre strutture. Tra esse, quella che corre lungo la sopracitata area spondale posta poco a monte della confluenza del Fosso delle Cullacce nel Fiumicino, nell’area di Ricopri a valle di Poggio Capannina, trova perfetta corrispondenza con quanto documentato da Catasto Toscano del 1826-34 che fornisce anche la denominazione di quel tratto viario: Via della Sega di Mezzo, così che i resti di quel fabbricato possono essere quantomeno attribuiti ad una ricostruzione sei-settecentesca della Sega di Mezzo, documentata già dal 1482, che peraltro corrisponderebbe al descritto percorso di quattro miglia (1 miglio = 1,650 km in tale epoca = km 6,6) di “via inaccessibile”, evidentemente da Campigna, eventualmente costituente la «casetta o capanna […] che serve per comodità del condurre i legni […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 326, cit.), di cui rimane parte del perimetro murario. Le attrezzature, prevalentemente lignee e deperibili, sicuramente poggiavano su un basamento in pietrame i cui resti pare di riconoscere sulla sponda del fosso, pesso la capanna. Anche nella stretta lingua di terra interposta a circa 100 m alla confluenza del Fosso delle Cullacce nel Fiumicino si vedono resti di muratura di pietrame, ma poteva trattarsi di opere di sostegno della viabilità. Riguardo gli altri due possibili siti “industriali”, utilizzando il criterio della collocazione altimetrica per l’attribuzione dello specifico toponimo, basandosi sugli antichi tracciati viari che raggiungevano ed eventualmente attraversavano il fosso, quello documentato di Diaccioni sul “fiume di Ricopri” posto subito a valle di Val di Covile (v. schema di mappa) e risalente al 1484, è da prediligere come luogo altimetricamente più basso di possibile installazione della Sega di Sotto, mentre la posizione superiore della Sega di Sopra, potrebbe localizzarsi presso gli attraversamenti del Fosso di Poggio Scali, già del Canale del Pentolino, raggiunti dalla Via della Sega di Mezzo come documentato dal catasto ottocentesco. La Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese e adiacenze, datata 1850 e conservata presso il Nàrodni Archiv Praha, consente di localizzare i luoghi descritti nei Contratti livellari stipulati tra l’Opera o lo stesso Granduca con il Monastero di Camaldoli.
Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle e/o relative a monti e insediamenti citati.
N.B.: - L’elenco dei luoghi contenuto nel verbale del 1652 pare essere casuale e non ordinato in base alla vicinanza tra gli stessi e/o la lontananza, pertanto non è possibile avere certezza se il toponimo Sega di sotto sia da intendere come posto in luogo altimetricamente inferiore rispetto a Sega di Sopra (come solitamente avviene), quindi più verso valle, o come posto in luogo più remoto rispetto a Campigna.
- Il sopracitato Fosso dell’Asticciola è oggi noto come Fosso dell’Acqua Fredda, nasce dall’area di Frana Nuova al limite di Sasso Fratino ed è un affluente del Fosso di Sasso Fratino, a sua volta affluente del Fosso delle Macine.
- Rispetto alla confusione, anche moderna, degli idronimi fa chiarezza la Carta della Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino (A. Bottacci, 2009, p.27, cit.), in base alla quale il Fosso delle Cullacce corrisponde a quello del XIX secolo e il Fosso del Fiumicino ha origine dalla confluenza tra esso e il Fosso di Ricopri, che qui termina mentre la sua parte più alta è il Fosso di Poggio Scali, nascente dalle Ripe di Scali, mentre il Canale del Pentolino è solo il suo notissimo e precipitoso ramo. Secondo quest’ultima e precisa carta, il Fosso della Porta nasce, ovviamente, dalle ripe dette La Porta, comprese tra quelle di Scali e le Ripe di Pian Tombesi, secondo la CTR sarebbe invece il Fosso del Canale del Pentolino, come nel XIX secolo. Riassumendo, l’intera sequenza dell’asta principale può intendersi così costituita: Fosso di Poggio Scali/Fosso di Ricopri/Fosso del Fiumicino.
- La sega ad acqua venne inventata da Villard de Honnecourt nel sec. XIII e Leonardo da Vinci ne studiò il funzionamento nel 1480. Già a metà del ‘400 in Casentino sono documentati una sega ad acqua a Camaldoli (i monaci sono stati sempre all’avanguardia nella lavorazione del legno) e due artigiani specializzati a Papiano (M. Massaini, 2015, cit.) mentre, sul versante romagnolo «All’interno della foresta si costruirono direttamente e per concessione a terzi, nel corso del ‘500 e del ‘600, alcune seghe idrauliche per la lavorazione del legname sul posto e la sua preparazione al trasporto (sega del fosso del Bidente, sega del Ridracoli, dell’Asticciuola, del Ricopri). Tali seghe lavoravano al limite della legalità e, nonostante una rigida legislazione e una serie di regolamenti e di divieti per impedire tagli abusivi, per tutta l’età moderna hanno favorito la spogliazione della foresta da parte delle popolazioni confinanti.» (N. Graziani, 2001, p. 149, cit.). In particolare nel ‘6-‘700 l’Opera del Duomo di Firenze puntò al depezzamento del legname in dimensioni di più agevole trasporto con la costruzione di numerose seghe ad acqua in foresta, che però si ridussero ad una tra ‘700 e ‘800 a seguito del progressivo e totale disimpegno della stessa Opera, in attesa dei miglioramenti introdotti dal Siemoni.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
O. Bandini, G. Casadei. G. Merendi, L’alto Bidente e le sue valli, Maggioli Editore, Guide Verdi, Rimini 1986;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
A. Fatucchi, La viabilità storica, in: AA. VV., Il Casentino, Octavo Franco Cantini Editore – Comunità Montana del Casentino, Firenze – Ponte a Poppi 1995;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
M. Massaini, Alto Casentino, Papiano e Urbech, la Storia, i Fatti, la Gente, AGC Edizioni, Pratovecchio Stia 2015;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Foreste Casentinesi, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2012;
Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
Testo di Bruno Roba
Sega di Sotto è raggiungibile dalla S.P. 4 del Bidente seguendo la rotabile S.Vic.le Corniolino-S. Paolo in Alpe, bivio per S.Agostino al km 35+100. Dalla sbarra che si trova dopo circa 6 km occorre superare Poggio Capannina trovando una sella che collega con Poggio della Serra. Appena passato il Poggio Capannina si trovano le tracce di un sentiero (bolli rossi) che scende seguendo un crinale verso il fondovalle del Fosso di Ricopri una breve deviazione consente di toccare i resti di Casetta (WGS84 43°51’36” N – 11°46’56” E). Da qui si scende liberi sul pendio verso il fosso, da seguire in direzione della confluenza del Fosso delle Cullacce, dove si trovano i resti perimetrali della muratura. Il luogo è raggiungibile anche da Ronco del Cianco seguendo il crinale fino a Poggio Ricopri, da cui una mulattiera discende lungo il versante di Poggio Capannina fino al capanno. I tracciati sono riportati in alcune edizioni di cartografia escursionistica.
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001a – 001b – Dal Sentiero degli Alpini (SA 301 CAI), sul contrafforte principale dai pressi del M. dell’Avòrgnolo, anche le giornate più nuvolose consentono di avere una vista dall’alto dei rilievi che delimitano l’ultimo tratto del Bidente di Campigna; oltre il Crinale del Corniolino si nota bene anche la parte del fondovalle dove l’arcuata dorsale distaccatasi da Poggio Capannina separa il Fosso Fiumicino di S. Paolo dal Fosso del Fiumicino mentre convergono sul Bidente, e la rotabile che risale verso S. Paolo in Alpe, particolarmente evidente in assenza di interventi di mitigazione paesaggistica, segna l’ultimo tratto di crinale prima di scomparire nell’incisione valliva (23/11/16).
001c/001f - Il panorama che si apre da Poggio Sodo dei Conti sui rilievi dell’Appennino romagnolo evidenzia la sequenza di dorsali e contrafforti che si sviluppano con prevalentemente parallelismo. In p.p. si evidenzia la continuità morfologica tra il primo tratto del contrafforte e il primo tratto della dorsale con l’allineamento Poggio della Serra-Poggio Capannina-Poggio Ricopri, la cui asimmetria delle giaciture dell’ambiente marnoso-arenaceo, pressoché parallelo allo spartiacque principale, pare dovuto a dislocazioni recenti lungo fratture sub verticali ipotizzabili anche per il Monte Penna, o Pian Tombesi sul versante toscano. Nel profondo del fondovalle del Fosso di Ricopri, seguendo la pendice di Poggio Capannina, è agevole immaginare la collocazione di Sega di Mezzo (22/12/11).
001g/001m - Da una cresta lungo la S.P. 4 del Bidente l’asse visivo è simile a quello da Poggio Sodo dei Conti, ma la quota inferiore e la distanza ravvicinata evidenziano la morfologia dell’intera dorsale; nelle ultime foto si evidenzia particolarmente l’incisione del Fosso di Poggio Scali che costituisce tratto iniziale del Fosso di Ricopri cui segue il Fosso del Fiumicino ed anche qui, alla base della pendice di Poggio Capannina, si notano bene le anse torrentizie dove si trovano i resti di Sega di Mezzo (26/03/12 – 11/02/16).
001n/001q - Risalendo sul Crinale del Corniolino e percorrendo il sentiero 259, sia da Tre Faggi sia dal lato del Castellaccio, si può notare la penetrazione nella valle della dorsale Poggio Capannina-Poggio Ricopri-Poggio di Montali e il condizionamento morfologico alla confluenza del Fosso Fiumicino di S. Paolo nel Bidente accentuato dalle ombre pomeridiane (30/11/16 - 13/12/16).
001r/001v - Schemi di mappa da cartografia storica (1826/34 - 1850 - 1937) e da cartografia moderna, con evidenziati gli assetti insediativi, idrografici ed infrastrutturali della valle del Fiumicino e della dorsale Poggio Capannina-Poggio Ricopri-Poggio di Montale; negli schemi delle mappe storiche si possono notare il tracciato delle antiche Via della Sega di Mezzo, che consente l’attribuzione toponomastica ai resti dell’impianto, e Via del Giogo di Scali, come altri ancora utilizzato fino alla realizzazione dell’odierna rotabile; la toponomastica riprende anche come scrittura quella originale; nel secondo schema le aree scure corrispondono alle faggete. Notare le divergenze riguardo gli idronimi tra le mappe ottocentesche, ma anche la CTR regionale diverge notevolmente rispetto alla documentata Carta della Riserva di Sasso Fratino.
002a/002e – Dall’antico sito di Faggio alla Fringuella, oggi modificato dalla rotabile nella sella compresa tra Poggio della Serra e Poggio Capannina, si stacca il sentiero che scende verso l’area di Ricopri e il fondovalle dell’omonimo fosso, evidenziato dalla traccia segnata sulla neve (31/03/12 – 16/11/16 – 8/05/18).
002f – 002g – 002h – La giovane faggeta che si attraversa non contiene memoria dei numerosi e grossi esemplari di abete e faggio che un tempo si trovavano a Ricopri, così si aprono scorci visivi su quell’eccezionale tratto della bastionata di Campigna costituito dalle Ripe di Scali e di Pian Tombesi (16/11/16).
002i – 002l – 002m – Un sentiero prevalentemente di crinale, marcato con bolli rossi, guida senza incertezze verso il fondovalle (16/11/16 – 8/05/18).
002n/002r – Raggiunto e seguito lo scorrere del fosso sulla scomparsa sede della Via della Sega di Mezzo si incontrano presto riconoscibili resti perimetrali di un capanno, la cui posizione accanto al fosso interroga l’ignoto viandante (16/11/16 – 8/05/18).
002s/002z – I resti della capanna di servizio dell’impianto “industriale” dovrebbero essere quelli della ricostruzione stabilita nel 1667 (16/11/16 – 8/05/18).
003a – 003b – Vicino alla capanna, sulla sponda del fosso un accumulo di pietrame pare conservare la consistenza del basamento di sostegno dell’attrezzatura idraulica (8/05/18).
003c/003h – Dopo cento metri di corso, la confluenza del Fosso della Porta è condizionata da una stretta lingua di terra utilizzata da una diramazione viaria, di cui rimangono probabili resti delle opere di sostegno (8/05/18).
003i – 003l – La traccia della mulattiera che seguiva il Fosso delle Cullacce ancora conduce all'omonimo crinale (bolli rossi); un’altra seguiva il Fiumicino (8/05/18).
003m/003s – Dai resti dell’impianto idraulico verso monte, tracce dell’omonima Via della Sega di Mezzo seguono ancor’oggi il Fosso di Ricopri fino al suggestivo sbocco del Fosso della Porta, secondo la CTR regionale del Canale del Pentolino (8/05/18).
003t – 003u – Poco più sopra, l’alveo del fosso e la sponda mostrano un assetto coerente con una possibile installazione della Sega di Sopra (8/05/18).
003v/003z – A 300 m dal Fosso delle Cullacce (WGS84 43°51’22” N – 11°47’6” E ) con evidenza la traccia viaria attraversa il fosso e risale sull’altro versante (Riserva di Sasso Fratino, accesso interdetto); anche questo sito presenta idoneità per l’installazione della Sega di Sopra, considerata anche la presenza dell’attraversamento; verso monte la via si inerpicava fino al crinale, ma la traccia si perde nella Riserva (8/05/18).
004a/004i – Da Sega di Mezzo verso valle, si trovano altre evidenti tracce dell’omonima via ma occorre attenzione per trovare la deviazione (WGS84 43°51’42” N – 11°46’40” E ) che, seguendo la curvatura di un dolce crinale raggiunge l’impervio e suggestivo sito di un altro guado del Fiumicino (WGS84 43°51’48” N – 11°46’19” E ), dove si svincolano ancora i sentieri (bolli rossi ) diretti da un lato al Rifugio Ballatoio e dall’altro a Val di Covile con due opzioni, lungo il fosso pare in direzione del sito di Diaccioni, sede documentata di un terzo impianto (Sega di Sotto?), o a mezzacosta (8/05/18).
004l/004q – Lungo una mulattiera che da Poggio Ricopri scende dolce tagliando a mezzacosta il versante di Poggio Capannina, si incontra prima un caratteristico ed efficiente ricovero poi si ritorna nell’area di Ricopri già attraversata, dove si trovano consistenti resti di una capanna ad evidente uso dei boscaioli, già nota come Casetta (16/11/16).